04 febbraio 2013

Coraggio e iniziativa per vincere la rassegnazione



Berlusconi ha appena finito di dire che «anche un imbecille è in grado di inventare nuove tasse, soltanto chi è intelligente sa ridurre le spese» e subito, a uno a uno, invece di pensare e di capire che l’Italia ha bisogno di recuperare la fiducia della sua gente, hanno reagito tutti, mostrandosi con le loro facce di tolla, a dire che Berlusconi fa promesse che non può mantenere.
Anche l’amico della Merkel e dei poteri finanziari internazionali, colui che aveva promesso di salvare l’Italia e che, fra gaffes e predicozzi, ci ha ridotti letteralmente alle pezze, si trova a dire che Berlusconi le sue promesse non le mantiene.
Come se si potessero accettare lezioni da chi con i prelievi fiscali del 2012 ha depresso i consumi, facendo avvitare il Paese attorno alla recessione, debilitandone il corpo, col pericolo che i virus della crisi sfondino le resistenze nel 2013.
Siamo in pericolo.
Continuando con una politica recessiva, quando gli altri stati sono usciti dalla fase critica della crisi e parlano già di sviluppo, l’Italia non se ne uscirà bene. Ciò che resta incomprensibile è che un professore della portata di Monti dovrebbe ben saperlo.
Tra gli osservatori e gli economisti si dice che il panettone del prossimo Natale possa essere davvero indigesto per gli italiani.
In Italia, però, stampa e poteri forti si guardano bene dal dirlo.
Quando la Banca d’Italia qualche settimana fa ha lanciato messaggi di pericolo è stata subito indotta a fare una mezza marcia indietro.
Sono tutti colpevoli. Le nostre istituzioni o sono schierate o sono tenute sotto schiaffo: è un tradimento alle spalle della parte più umile del popolo che, già chiamata a pagare pesantemente, pagherà ancora.
Tutti questi mestieranti, tutti i ladroni di Stato, tutti gli impuniti, tutti i quaquaraquà della politica italiana si sentono impegnati a difendere il fallimento di Monti, per difendere se stessi. In questo fallimento c’è tutta la loro responsabilità e la loro inadeguatezza: c’è la viltà d’aver danneggiato il Paese, creando ostacoli con le politiche dei “no” su tutto, per aver montato un clima da guerra civile e per aver creato difficoltà di governo in presenza di una crisi internazionale in cui l’Italia aveva già una debolezza strutturale che tutti conoscevano.
Come potevano non sapere che in Italia c’era un debito pubblico pari al 120% del Pil?
Chi non sapeva che il lavoro in Italia aveva una struttura così rigida da non consentire l’uso flessibile del mercato del lavoro quando, in un momento di visibile difficoltà, per mancanza di commesse, non era possibile mantenere gli organici di lavoro?
Chi non poteva immaginare che l’uso progressivo delle tasse avrebbe ridotto le disponibilità dei consumatori, avrebbe contratto i margini per gli investimenti e bloccato l’innovazione tecnologica nei circuiti della produzione?
Chi non sapeva, infine, che intervenendo sul mercato edilizio si bloccava una parte così consistente dell’economia italiana?
L’edilizia è il volano di un mercato che in Italia ha un indotto notevole, perché è un mercato che ruota attorno al bene primario delle famiglie. Sarebbe bastato al distratto(?) Monti chiedere le tabelle per sapere e per impegnarsi a capire. C’è stato nel 2012 un calo del 30% delle compravendite immobiliari. Quanti posti di lavoro, quanto reddito e quanto gettito fiscale è stato perso? Quanto indotto, dai materiali per la casa a quelli per gli arredi è venuto meno? Quante nuove famiglie non si sono potute costituire? E quanta ricchezza è stata sprecata, svalutata per effetto del precipizio della domanda e per la mancanza di convenienza negli investimenti immobiliari?
Sono colpevoli tutti perché, invece di chinare il capo a Monti e ai suoi tecnocrati senza idee, dovevano tutti mandarlo dove vorrebbe mandarlo Grillo. Il comico per molte cose ha ragione, ma ha anche molte idee sbagliate e nessuna proposta ragionevole.
Bisogna, invece, vincere la rassegnazione. Non è facile, ma ci vuole coraggio.
Vito Schepisi
 

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