29 gennaio 2007

Libertà d’informazione e di impresa



Tutto è cominciato questo autunno.
Il governo già arrancava di proprio.
Le liberalizzazioni di Bersani già facevano sorridere per inconsistenza e contraddizioni il Paese.
I ministri della repubblica si esercitavano in raffiche di dichiarazioni strampalate e spesso divergenti: la stanza del buco, il muro all’italiana , la regolarizzazione di tutti gli extracomunitari ed il diritto di voto dopo cinque anni.
E l’Italia intera si interrogava ancora sull’indulto di Mastella.
Le dichiarazioni d’allarme sui conti di Prodi, Visco e Padoa Schioppa facevano di contrasto a tanta politica allegra.
Il cittadino inconsapevole ed ancora credulone si domandava: come mai questi ministri fossero così attenti all’effimero, se l'Italia era nel disastro?
Qualcuno ricordava Pecoraro Scanio al funerale delle vittime dei militari italiani in Iraq e se ne faceva una ragione.
Se anche dovesse crollasse il mondo, i ministri italiani si mostrano sempre tanto distaccati dalla questione.
I dati della Corte dei Conti, però, smentivano il governo.
Le entrate a fine a giugno erano in forte crescita.
L’economia cresceva.
La finanziaria Tremonti-Berlusconi si dimostrava sufficiente a riportare il deficit nei limiti dei parametri di Maastricht.
In questo contesto la finanziaria di Prodi, con il commento del partito di Bertinotti: “anche i ricchi piangano”.
I soliti rifandaroli con la classica doppiezza comunista: solo un attimo di attenzione, infatti, e poi sembra che a piangere debbano essere proprio tutti.
Una finanziaria gravosa nel peso, punitiva verso chi produce, vessatoria, incerta, mutevole.
Una finanziaria che è stata subito definita dagli osservatori nazionali ed internazionali frenante per lo sviluppo e orientata al declino.
Banca d’Italia, Corte dei Conti, e società di rating che provvedono a declassare la fiducia finanziaria nel Paese ed anche sindacati e Confindustria, in un primo tempo più tiepidi, lanciano grida d’allarme.
Il centrodestra minaccia barricate in Parlamento, e annuncia un’opposizione senza sconti.
Al Senato la maggioranza paventa le difficoltà.
In questo contesto il ddl Gentiloni.
Non si vuole ora entrare nel merito delle singole norme.
Solo una appare subito sconvolgente e senza senso, illiberale e totalitaria, dirigistica e assurda.
L’opinione dei tanti portava a credere che quella del Governo fosse una forma di “persuasione” lanciata per moderare l’opposizione sulla finanziaria.
Alle minacce di Prodi e compagni ci eravamo anche abituati.
I falsi ed i bugiardi ricorrono sempre alla minaccia.
Anche i commenti dei giornali vicini al Governo, seppure non apertamente, sostenevano l’impressione della minaccia di ritorsioni per indebolire l'urto in Parlamento.
Invece no!
E nonostante l’opposizione tenace ma corretta della minoranza parlamentare sulla finanziaria, il ddl Gentiloni si riaffaccia in Parlamento senza modifiche ed anche senza contegno.
La materia non è di facile comprensione, e so anche che se parlo di tetto massimo del 45% della raccolta pubblicitaria, alcuni esprimerebbero anche soddisfazione, ritenendo che possa servire a porre un limite all’interruzione di film e fictions.
Non è così invece.
Una tv commerciale, senza il canone come la Rai, ha come introito preponderante, se non unico, i ricavi pubblicitari.
Parlare di 45% di tetto massimo significa "inventarsi” il 55% di introiti diversi, significa in sostanza chiudere l’azienda o quasi.
Poniamo il caso, ad esempio, che ad una industria di pelati si dica che la vendita dei derivati del pomodoro non possa superare il 45% del fatturato.
Cosa dovrebbe vendere l’azienda di trasformazione del pomodoro per realizzare il restante 55% del fatturato ?
Lavatrici? Automobili? Computer?
Ebbene è questo che ha detto ieri Catricalà, presidente dell’Antitrust. Parlando del ddl Gentiloni, il Presidente dell'Authority ha, infatti, sostenuto essere “illiberale il tetto sulla raccolta pubblicitaria, così si impedirebbe all’azienda di crescere”.
Per essere questo un Governo che spaccia per liberalizzazioni l’apertura di una sala da barba, e la chiusura di pompe di benzina a conduzione familiare, è certo una grossa delusione.

Vito Schepisi

27 gennaio 2007

Dove eravamo?


Li ho rivisti ieri sera, in bianco e nero, anime tragiche, tragici volti stupiti, adunati come gregge sperduto, chiuso tra cani pastori con sembianze d'uomo.
Latrati incomprensibili davano tremito nascosto alle loro membra, al loro il cuore; la loro anima immobile di terrore, i loro pensieri mortificati da abusi su corpi e anime.
Era sempre inverno in quegli anni, anche in primavera e in autunno e in estate.
Dov'eravamo noi, allora?
Conducevamo quei treni, tragici forzieri d'umano carico, o li aspettavamo tra la neve, quei convogli?
Li ho rivisti ieri sera, in bianco e nero, e un attimo eterno di disperazione mi ha investita.
Disarmata e impotente ho sparso inutili lacrime nel guardarli, e ho chiesto un inutile perdono alla vita, per me e per tutti coloro che, allora, calpestarono esistenze innocenti con gli occhi dell'anima bendati.
* * *
Ringrazio sentitamente una mia cara e sensibile amica, autrice delle parole. Parole che ho condiviso e chiesto di rendermele disponibili.

Giornata della memoria




"Fatti non foste a viver come bruti...."

















Per non dimenticare....Mai!








Art 1, co.1, della Legge 20 luglio 2000, n. 211:

“La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.


* * *



Spero che la memoria dell'Olocausto sia sempe tenuta viva dagli uomini, e specialmente quando i pochi sopravvissuti a quell'orrore non ci saranno più a testimoniare ciò che il negazionismo vorrebbe negare.
Spero che ricordare il Male del passato sia anche di monito per non dimenticare il Male del presente.
Spero che venga considerato nemico della civiltà e dell'umanità chiunque non riconosca il diritto dello Stato di Israele ad esistere o proclami di volerlo distruggere.
Ed infine, in questa "Giornata della memoria", il mio pensiero e la mia preghiera vanno a tutte le vittime degli universi concentrazionari e della follia dei totalitarismi.



Dike Vendicatrice


http://blog.libero.it/vendicatrice/


Ringrazio l'amica Dike per aver messo a mia disposizione la sua riflessione sull'Olocausto.




26 gennaio 2007

Reati d’opinione



Come se qualcuno avesse la coda di paglia!
Un disegno di legge che imbavaglia i neonazisti.
Prevede, infatti, la reclusione fino a tre anni per chi diffonde idee sulla superiorità razziale” e 4 anni per chi fa “apologia e istigazione dei crimini contro l’umanità” o “inciti o commetta atti discriminatori”.
E’ questo il disegno di legge approvato all’unanimità su proposta di Mastella al Consiglio dei Ministri.
Anche D’alema e Prodi l’hanno approvato.
Anche i ministri di rifondazione comunista, i comunisti italiani ed i verdi.
Un’altra ipocrita buffonata!
Nessuno, però, prevede sanzioni per quei governanti che incontrano Ahmadinejad e che asseriscono il diritto dell’Iran al nucleare o coloro che vanno a braccetto con gli Hezbollah.
Penso che a tanti sfugga l’attuale crisi dei rapporti italo-francesi per il Libano.
Il Governo italiano vorrebbe coinvolgere la Siria per la pacificazione del Libano e la mediazione tra Siniora e Hezbollah.
Ma è proprio la Siria che arma il partito del leader religioso Nasrallah, il Partito di Dio, e che fomenta la rivolta contro Siniora.
E’ questo paese che si è reso responsabile degli omicidi dei leader libanesi che predicavano l’autonomia del Libano dalla stessa Siria.
Se si pensa che nel programma di Hezbollah è prevista la cancellazione dello stato di Israele!
La stessa logica di Prodi che voleva l’Iran a mediare tra Israele ed Hezbollah nel recente conflitto nel Libano.
Anche Ahmadinejad ha nel suo programma la cancellazione dello stato di Israele.
Sembra che il Governo italiano sia proteso ad offrire il cerino ai piromani pur di incendiare lo stato ebraico.
Il contrasto con la Francia è proprio per la convinzione francese che la Siria è bene che stia nei suoi territori, tanto più che è stata una risoluzione dell’Onu a costringerla nell’aprile del 2005 a rimuovere il suo esercito dal territorio libanese, dopo l’assassinio del leader libanese Al Hariri ed i sospetti sui mandanti siriani.
Ed ora è come se il nostro Governo avesse la coda di paglia e voglia dimostrarsi inflessibile contro i neonazisti.
Nessuna sanzione, però, per coloro che bruciano le bandiere di stati stranieri, o che inneggiano alla distruzione di Israele, per non parlare delle 10, 100, 1000 Nassiria.
Nessuno ha detto a costoro che la civiltà si difende con i buoni esempi di lealtà, dignità e coraggio e non con il proibizionismo.
I buoni esempi di governo e la tolleranza sono molto più efficaci di ogni legge per la moralizzazione oltre che dei costumi anche degli animi.
Io sono contrario a proibire il pensiero anche quando è un pensiero infame e deprecabile.
In un paese democratico e liberale sono le azioni riprovevoli e disgustose che devono essere sanzionate.
Il reato di opinione è un cattivo esempio e una volta introdotto apre la strada alla mentalità repressiva.
Chi non può porsi la domanda cosa sarà proibito domani?
Massimo Teodori ha ricordato che il reato di opinione è stato introdotto in Italia negli anni ’30 dal codice Rocco.
Nessun reato, invece, per i negazionisti e per coloro che predicano la soppressione dello stato di Israele, anche in questa circostanza si ha idea di un compromesso: è una vergogna!
Domani 27 gennaio è la giornata della memoria.
La memoria dell’Olocausto e dei milioni di morti dell’odio nazista.
Lasciamo perdere questa gente meschina che ci governa e meditiamo senza invocare vendette.
Meditiamo sulla libertà dei popoli e sulla libertà degli uomini.
Meditiamo sul diritto di ciascuno di riconoscersi nelle proprie tradizioni e di essere rispettato per la storia di cui è testimone.
Meditiamo per la libertà di coscienza e contro ogni discriminazione.
Meditiamo per la tolleranza e per il diritto di tutti a sentirsi cittadini del mondo.
Meditiamo sul rispetto che dobbiamo sempre verso coloro che credono in un Dio, sia pure diverso dal nostro.
Meditiamo sulla violenza e sulla ferocia degli uomini.
Meditiamo sulle diversità di razza, di colore, di cultura e accettiamole come contributo all’arricchimento ed alla crescita dell’umanità.
Meditiamo, infine, sul rispetto che ogni cittadino del mondo deve avere per la storia, la cultura e le tradizioni dei popoli che li ospitano.
I valori di ciascuno sono i valori di tutti come quelli di tutti devono essere i valori di ciascuno.
Nel mondo, tra uomini, sempre si ha e si riceve e non è la quantità che conta ma l’umiltà di ciascuno.

Vito Schepisi

24 gennaio 2007

Urge fare chiarezza



Sembra che la stampa di Londra in questi giorni sia impegnata a riportare quanto è emerso sia dalle rilevazioni di Mitrokin, sull’attività del Kgb in Italia, che quanto hanno testimoniato, in vita, alcuni esponenti del kgb russo rifugiatisi in occidente.
In vita perché, guarda caso, aver parlato dell’Italia, dell’attività del Kgb nel nostro Paese e delle complicità ed affiliazioni al servizio segreto sovietico, è stato letale.
L’ultimo caso, quello di Litvinenko, ha fatto emergere una sostanza radioattiva, causa del suo decesso, che in molti in Italia non conoscevano: il Polonio 210.
Sostanza dagli effetti letali in uso a Cuba dove molti oppositori del comunismo sono stati eliminati rimanendone contaminati.
Sembra una scuola che si afferma!
Non a caso durante la guerra fredda tra i blocchi USA-URSS, Cuba rappresentava l’avamposto comunista al servizio di Mosca.
Ma torniamo alla stampa inglese.
L’ITV principale rete privata della Gran Bretagna, diretta concorrente della famosa BBC, ha messo in onda un’intervista a Litvinenko, come si è detto ucciso di recente a Londra in modo orribile, contaminato dal Polonio 210.
Nell’intervista l’ex spia russa dichiarava senza mezzi termini :
“Romano Prodi era un uomo del KGB”
ed affermava che il medesimo era considerato
“il collegamento per effettuare operazioni in Italia”.
Nel corso del servizio si rivela sempre per bocca di Litvineko che le operazioni effettuate dal KGB in Italia con l’aiuto di Prodi erano naturalmente “sporche”.
Il nostro attuale presidente del consiglio, però, non poteva definirsi spia sovietica, cioè “un agente russo” - sosteneva l’ex spia - ma “un nostro uomo”, come s’usava nel gergo del KGB.
Alle rivelazioni della rete ITV, qualche ora dopo faceva seguito un programma dedicato al giornalismo d’inchiesta della prestigiosa BBC, in cui venivano confermate le notizie della rete privata e annunciato d’esser loro venuti in possesso di un documento segreto, nella disponibilità del governo italiano, in cui Romano Prodi viene ritenuto
“un amico del KGB”.
C’è ragione per esser veramente increduli e preoccupati: è un’inquietudine che ci lascerebbe davvero senza parole e che ci auguriamo sia solo mal riposta.
Se fosse vero non si saprebbe quali possano o dovrebbero essere le conseguenze.
Un capo del governo, che sappiamo ostaggio della sinistra più radicale, che è stato confidente del KGB, considerato un loro uomo e di cui i famigerati servizi segreti sovietici si servivano per realizzare affari sporchi nel nostro Paese.
Il tutto durante i tempi del regime sovietico, quando era in atto tra occidente e mondo comunista una vera guerra fredda.
Nella casistica del caso, per usare il termine adeguato: un traditore.
L’ITV ha inoltre diffuso la notizia che in tutti i modi hanno cercato di mettersi in contatto con Prodi ed il suo staff per ottenere un suo commento o anche una sua difesa, una smentita: niente!
Il nostro sfuggiva ad ogni tentativo di contatto ed il suo staff si negava e assumeva posizioni dilatorie e sfuggenti.
Neanche una dichiarazione, niente di niente, neanche un “no comment”. All’ITV è sembrato un modo per ignorare la notizia.
La notizia? In Italia non esiste neanche!
In Italia dove ogni colpo di tosse di Berlusconi era motivo per palate di fango, la notizia della BBC e dell’ITV era degna solo di modesti trafiletti senza evidenza, in pagine interne, come fosse la solita bufala che si riporta più per “gossip” politico che per inquietante notizia.
BBC ed ITV, se solo si fosse trattato di altri, e sappiamo chi, sarebbero state citate come fonti autorevoli e famose per indipendenza e per l’abilità della conduzione del giornalismo d’inchiesta.
Prodi, però, fa notizia solo se rende “felici” gli italiani…
ed abbiamo visto come!

Vito Schepisi

21 gennaio 2007

Magistrati e separazione delle carriere




Se il Presidente della Repubblica aveva lanciato un appello di pacificazione e raccomandato la ricerca di “proposte condivise che tutelino l'autonomia e l'indipendenza della magistratura” la risposta di Mastella va da tutt’altra direzione.
E’ quanto è avvenuto ad un convegno a Milano, organizzato dall’Unione delle Camere Penali.
E dire che la traccia del convegno era:
“Giudice e pubblico ministero.
Due soggetti diversi nel processo, nell’ordinamento, nella Costituzione».
Un traccia che prefigurava l’esigenza di garantire l’autonomia e la responsabilità delle parti in un processo penale.
Solo la riflessione su quanto sia abnorme una situazione che vede contigue la parte giudicante e la parte inquirente in un procedimento penale, dovrebbe far gridare allo scandalo.
Non è una questione politica, non c’entra a questo punto la necessità di supportare uno schieramento.
Il grido d’allarme si vuole che sia trasversale.
Un sistema così non può che dar l’impressione di una forma di gestione autoritaria della giustizia.
E’ certamente un retaggio corporativo.
E’ come se in un processo civile un avvocato di parte appartenga allo stesso ruolo del giudice.
Come se l’uno e l’altro abbiano gli stessi organi di autogoverno e che partecipino insieme ad eleggerli, che abbiano la stessa associazione di categoria e che in essa concorrano insieme a nominarne i vertici.
Quanti dubbi verrebbero alla controparte, soccombente nella causa, che non ci siano state anche silenti connivenze e quanti sul sospetto che non abbia influito lo spirito di corpo?
E’ davvero impressionante sentire il ministro Mastella che dice: “nel mio programma non è prevista la separazione delle carriere”.
E’ impressionante perché, se una evidente questione di emergenza ponga alla ribalta una situazione altrimenti insostenibile, non possiamo immaginare che un Ministro della Repubblica si rifaccia ad un programma.
Verrebbe da chiederci ma questi ministri chi sono e cosa rappresentano?
E’ la stessa domanda, anche se diversa nei termini, che si è posto il Procuratore della Repubblica di Larino (CB) Nicola Magrone:
«una questione che non può avere risposte perché non inserita nel programma: ma quale programma? E soprattutto, il programma di chi?».
Un ministro che annuncia con candore disarmante che non può esserci perché non la vuole l’Associazione Nazionale Magistrati, che è l’organo corporativo di rappresentanza sindacale dei magistrati, ci lascia molto perplessi.
Si ha l’impressione che il Governo possa essere condizionato da un gruppo di cittadini vincitori di un concorso.
La stessa cosa di un associazione tranvieri che stabilisca nella città il percorso dei mezzi pubblici, o di una associazione dei medici che stabilisca quali patologie curare o una di ingegneri che decida su quali spazi costruire le case o di geometri che voglia introdurre un nuovo metodo di misura che sostituisca il metro.
Tutto questo a noi non sembrerebbe eccessivo?
E perché non lo dovrebbe essere la pretesa dei magistrati di regolare l’esercizio della giustizia che, è bene ricordarlo, la Costituzione vuole che sia esercitata in nome del popolo?
Il Presidente delle Camere Penali a Milano replica al Ministro e dice: “Il Governo segue le indicazioni dell’Anm, che è portatrice di una cultura autoritaria della giustizia».
Un’affermazione grave e inquietante.
Emerge l’impressione del consolidarsi di un regime in cui i poteri forti, e l’organo di gestione della Magistratura lo è, si arroccano a difesa di privilegi e potere, condizionando anche attraverso la gestione della giustizia l’esercizio del libero pensiero e della legalità nel Paese.

Vito Schepisi

19 gennaio 2007

Bugie irritanti



Le bugie irritano sempre, ma quelle profferite di continuo dal Presidente del Consiglio irritano ancora di più.
La sua maniera di dirle non si limita solo all’abitudine di non essere mai chiaro o di essere sempre torbido nelle sue enunciazioni.
Sarebbe un modo di essere, tipico da sempre di una certa sinistra democristiana.
Al torbido torpore di una comunicazione spesso capziosa, insinuante e untuosa di Prodi ci siamo quasi abituati.
Anche se è un’abitudine sconfortante!
Irrita l’offesa che si estrinseca dalle fondamenta delle sue bugie.
Nel caso di Vicenza, da supino esecutore delle linee dettate dalla sinistra alternativa, giustifica il suo assenso, quasi fosse un atto di mera politica urbanistica e territoriale e non un fatto politico.
Il suo non opporsi spacciato come responsabilità di un paese e di un governo nell’onorare un impegno preso dal Governo precedente, quello di Berlusconi per intenderci.
Il nostro responsabile politico delle scelte governative “non si oppone” all’ampliamento della base americana di Vicenza e fa intendere anche che la questione gli sia caduta tra capo e collo senza che ne sapesse nulla.
Denuncia la fantomatica esistenza di un accordo tenuto segreto da USA e Berlusconi.
Un'intesa arrogante, in forma riservata, in spregio al dovere di informare l'opinione pubblica.
Mantenuta persino nascosta ai cittadini del vicentino, interessati per vari ragioni alle politiche territoriali conseguenti all’allargamento di quella base.
Per intenderci poco ci manca alla denuncia della plutocrazia ed al complotto giudaico-massonico denunciato da Mussolini.
Il povero Presidente del Consiglio, però, è smentito da tutti: amici e nemici.
Persino il suo fido omino della difesa, più volte impegnato a rispondere ad interpellanze parlamentari sulla questione, lo smentisce e si fa dignitosamente assertore delle consegne ricevute dal suo predecessore.
Il ministro Parisi non poteva fare altrimenti.
Nello scorso autunno, in risposta ad alcune interpellanze, il Ministro della Difesa in persona rispondeva nel dettaglio della richiesta USA.
E dalle risposte Parisi affermava la piena consapevolezza del governo sulla richiesta USA, nell’ambito della riorganizzazione delle risorse, dell’allargamento della base vicentina e dell’utilizzo dell’area civile dell’aeroporto “Dal Molin di Vicenza”.
Anche la pubblica opinione, per essere stata questa impegnata a sostenere o ribattere le manifestazioni ormai rituali della sinistra alternativa dinanzi alla base, non può che confermare l'ennesima bugia del Presidente del Consiglio.
Da Sofia invece Prodi affermava che il Governo non ne era stato informato.
Accusava di fatto Berlusconi d'aver mancato di correttezza nei confronti del popolo italiano e d'averlo coinvolto inconsapevolmente in una scelta politico-militare di quella portata.
Un Capo del Governo, Prodi, che non ha memoria o che ci fa fessi?
Sia nell’un che nell’altro caso, ci sarebbe da considerare che sarebbe opportuno che lasciasse ad altri responsabilità che sono al di sopra sia delle sue capacità, che della sua limitata dignità.
Quest'uomo è una vergogna per il Paese.


Vito Schepisi

13 gennaio 2007

Tutti insieme appassionatamente



Penso che per un cittadino, contribuente puntuale e osservante di ogni regola civile, sia lecito chiedersi se le spese della manifestazione regale di Caserta siano un giusto prezzo da pagare, per dover dar modo al nostro Presidente del Consiglio di apparire su tutte le testate giornalistiche di televisioni e carta stampata per due giorni interi.In fin dei conti di questo si è trattato!
Cosa poteva non farsi e dirsi nei luoghi istituzionali deputati e senza inutile dispendio di risorse economiche e di tempo?Un inutile conclave e già il termine evoca tristezza.
La nostra conoscenza dei “Conclave” si fermava all’uso di nominare un nuovo Pontefice.
Non me ne voglia il Papa ma questo accade ad ogni morte di papa e negli ultimi lustri, a parte un’unica dolorosa circostanza, i papi sono durati abbastanza a lungo.Abbiamo saputo tutto già dall’inizio.
Ciò che di solito si sa alla fine, e cioè le conclusioni del conclave stesso, è stato riferito prima in una conferenza stampa di Prodi .
Un’insolita routine motivata dalla solita provocazione di Pannella che, in diretta tenendo il cellulare acceso, diffondeva per radio radicale il discorso del neo re borbone.
Abbiamo così saputo che a quel vertice non si sarebbe discusso di nulla e che serviva solo a guardarsi negli occhi tutti insieme.
Ministri e sottosegretari, capi partito e capi corrente, teste d’uovo e strateghi della politica, tutti insieme appassionatamente a guardarsi negli occhi e comunicare, dagli ambienti fastosi della reggia borbonica, di sentirsi i più bravi ed i più belli.Tutte le questioni sul tappeto sono state tutte rinviate.
A chi volesse chiedere di cosa si è parlato non rimane che rispondere con solo due vocaboli: di nulla.
Mi ricorda, per ironia della sorte, un commento di Prodi alla vigilia di un Congresso di F.I., prima del 2001, quando ad un’intervista di un giornalista definì “del nulla” un Congresso d Forza Italia: il partito che poi vinse le elezioni.Le conclusioni del conclave?
Tutto in un “bignami” delle 276 pagine del programma dell’Unione, sintetizzato in 10 punti guida di cui alcuni esilaranti, come se avessero scoperto l’acqua calda.
Tutti buoni propositi, senza che nessun tema in discussione nel Paese fosse stato focalizzato ed avviato a conclusione.
Una buffonata pazzesca!
Di rilievo il commento del segretario di Rifondazione Comunista Franco Giordano:
"Li abbiamo fermati. Partita chiusa."
Forse che avevano ragione gli automobilisti di Caserta che fuori della Reggia, imbottigliati nel traffico da un esercito tra poliziotti, giornalisti e curiosi, gridavano “Tornate a casa, Buffoni!”?
Se Boselli, a conclusione dei lavori, si è lasciato andare ad una dichiarazione di delusione:
“non c’è stato un briciolo di coraggio per affrontare i nodi che vanno sciolti. Si è imboccata solo la strada del rinvio.”
dobbiamo osservare che anche in questa occasione si è persa un’occasione per darci la parvenza della “serietà al Governo” che Prodi ed il centrosinistra spacciavano come allucinogeno in campagna elettorale.
Vito Schepisi

09 gennaio 2007

la Riforma Elettorale



Parlare di riforma elettorale senza correre dietro alle formule magiche.
Sembra la traccia di una tavolarotonda ma è invece un riferimento alla confusione presente nel Paese.
A risultati elettorali già acquisiti, quella del sistema elettorale è stato il proposito di riforma che ha avuto il puntuale e continuo richiamo sia nella maggioranza che nella opposizione.
Tutti oramai si sono accorti che il vecchio sistema, quello del maggioritario con il 25% di proporzionale corretto dallo scorporo, riformato dall’attuale legge nella scorsa legislatura, è stato modificato in peggio.
E l’opinione sul fallimento delle ultime modifiche sembra sia generalmente condivisa.
Anche coloro che hanno voluta questa riforma si defilano e cercano di confondersi con i critici.
Casini e Follini, ispiratori dell’attuale legge, e che per ottenerla hanno esercitato pressioni al limite della rottura nella passata legislatura, non si azzardano a cavalcarla.
L’elettorato la considera una pessima legge e con una consistente connotazione partitocratrica.
Ho già detto in altre occasioni, abituato come sono a dare nomi e definizioni per ogni cosa, che i due post democristiani dell’Udc hanno ottenuto ciò che si proponevano: far perdere le elezioni alla Cdl; assicurarsi con il proporzionale un numero di parlamentari utili a mantenere visibilità; smarcarsi da Berlusconi.
La loro strategia, però, non è stata vincente su tutto il fronte.
Grazie alla tenuta di Forza Italia, e della Cdl che ha “rischiato” addirittura la vittoria, non hanno ottenuto il pieno risultato che si proponevano.
Non hanno ottenuto la sconfitta di Berlusconi ed i numeri per poter essere l’Udc alternativa alla sinistra più radicale.
Se Prodi resta condizionato ai ricatti della sinistra estrema è perché non può porla in alternativa al centro di Casini e Follini.
Questi rimangono anche con le mani legate, non potendo passare dalla parte della maggioranza: verrebbe meno il progetto politico d’apparire come riferimento della centralità, in alternativa alla destra ed alla sinistra.
Il duo, perciò, mantiene il ruolo di opposizione ma col distinguo dalla Cdl.
Da questa realtà complessiva è partito il balletto delle ipotesi.
Il Presidente della Repubblica nel suo discorso di fine d’anno ha lanciato un sensibile monito, sia alla maggioranza che all’opposizione, a dialogare sulle riforme istituzionali, chiedendo iniziative in modo condiviso per la modernizzazione e la modifica del sistema elettorale.
In questo scontro di interessate incomprensioni è, inoltre, in corso la richiesta di una referendum per la modifica della attuale legge elettorale.
Ce n’è tanta di materia per riempire le pagine politiche dei giornali e non mancano editoriali ed interviste, oltre che proposte più o meno interessate.
In verità di interessante molto poco da una parte e dall’altra.
Molta tattica più che visioni strategiche; molte schermaglie all’interno dei poli e nessuna proposta veramente organica e chiara su cui confrontarsi.
Metodo tedesco proporzionale con sbarramento, metodo francese a doppio turno, metodo simile al sistema elettorale regionale e tra questi metodi ciascuno con la sua correzione personalizzata e confacente agli interessi della propria parte politica.
Opinionisti e politici si spostano con estrema disinvoltura a rimorchio di una o l’altra tesi ed alcuni in contrapposizione con le precedenti tesi e con le affermazioni di principio di sempre, altri in contrapposizioni con la logica e la Costituzione.
Gli uni e gli altri, comunque, animati dall’unico principio di portare acqua al proprio mulino.
Le proposte che emergono, in sostanza, non hanno nessun fondamento di serietà.
Quando Mariotto Segni introdusse, attraverso il referendum, il maggioritario nel Paese, pose la prima pietra su cui costruire la semplificazione del quadro politico e su cui porre la parola fine all’uso di utilizzare i partiti quali fonti di condizionamento e di ricatto.
In particolare si intendeva togliere ai piccoli partiti, non voce e testimonianza di istanze minoritarie, ma il potere di interdizione sulle linee politiche ed i programmi delle forze di più ampio consenso popolare.
Si intendeva, cioè, predisporre le coalizione ed i loro programmi per privilegiare la governabilità.
Pensare con alchimie diverse di modificare nuovamente lo strumento elettorale per riporlo nelle mani e nelle astuzie dei piccoli partiti (Mastela, Casini, Di Pietro, Bertinotti o Diliberto per intenderci) è pura follia.
Non penso sia opportuno immaginare aperture che mettano in gioco la spinta a coalizzarsi all’interno di un collocazione politica o che impediscano all’elettorato di scegliere, nel confronto tra i programmi proposti, la coalizione ovvero il leader ed il programma stesso proposto.
Pensare soluzioni proporzionali o che privilegino la frantumazione e la transumanza politica, per mettere in difficoltà l’una o l’altra coalizione, sarebbe semplice follia.
Il referendum proposto, fino ad ora in modo trasversale, e da cui si stanno defilando alcuni sostenitori (per ordine dall’alto?) offre una buona immagine bipolare.
Prevede, infatti, il premio di maggioranza al partito che ottiene la maggioranza relativa ed induce, per questo motivo, a formare coalizioni più ampie sulla scia, ad esempio, del Partito Democratico o Del Partito delle Libertà.
Non erano questi i propositi di Prodi e Berlusconi e dei partiti (rispettivamente DS e Margherita da una parte e Forza Italia e AN dall’altra) portanti della loro leadership?
O erano solo specchietti per le allodole?
O per gli allocchi?
Nessuno si è mai chiesto quanti soldi risparmierebbe il Paese con la semplificazione della politica?
Si potrebbero ridurre sia i gruppi parlamentari (e tutte le relative spese) che il numero dei parlamentari.
Si potrebbero ridurre il numero dei ministeri e dei sottosegretari ed anche presidenze e commissioni (non occorrerebbe più dar spazio e visibilità a tutti i piccoli partiti).
Potrebbero ridursi i giornali di partito, finanziati pubblicamente, ed i costi della politica e poi ancora le clientele e le feste di partito, i cui costi in definitiva paghiamo sempre noi.
O non è così?

Vito Schepisi

02 gennaio 2007

I (de)meriti del Presidente del Consiglio


Se ci fosse stato qualche dubbio sulle abitudini del nostro Presidente del Consiglio di essere un diffusore di parole senza senso e di raccontare spesso bugie, la riprova la si è avuta con il suo discorso di fine anno, a finanziaria approvata.

Prodi si è impadronito di una ripresa economica che è fatto contestualizzato nell’economia mondiale, si è impadronito persino dei risultati di introiti fiscali ottenuti con i provvedimenti del suo antagonista politico Berlusconi.

Con l’enfasi che gli conosciamo, sebbene contorto nel linguaggio, bofonchioso nell’espressione e buffo nella mimica, ha sostenuto di aver rilanciato l’economia.

Non si vede, però, con quali provvedimenti posto che la sua prima finanziaria che è poi la legge a cui si fa riferimento per l’attuazione di un programma di investimenti, priorità, risorse e fonti di finanziamento su cui si poggiano i fattori dell’economia, è appena stata varata ed i suoi effetti sono tutti proiettati nel 2007.

Qualcuno avrebbe dovuto ricordargli che la sua gestione faceva riferimento alla vituperata legge finanziaria di Tremonti- Berlusconi che, per coloro che non lo ricordano, era per lo stesso Prodi ed i suoi alleati, la finanziaria del tracollo del Paese.

Il maggior gettito fiscale è il risultato di diverse iniziative ed effetto del maggior allargamento della base impositiva.

E’ cresciuto il numero delle imprese, è cresciuta l’occupazione, sono state recuperate fasce di evasione.

Anche i condoni, per quanto antipatici ed ingiusti, hanno favorito l’emergere di redditività prima non conosciute.

Gli evasori totali che decidono di pagare per scampare il pericolo di essere scovati e per vedersi condonare parte del dovuto poi finiscono col regolarizzare la propria posizione fiscale.

Il condono è immorale, è ingiusto ed antipatico come si è detto, ma è anche pragmatico e realistico.

A volte serve a sfoltire il contenzioso fiscale ed a recuperare somme altrimenti definitivamente perdute anche per la lentezza della macchina giudiziaria e per la scure rappresentata dalla prescrizione.

Anche l’aumento della produzione industriale che Prodi si è attribuita è dovuta alla ripresa dei mercati, all’aumento della domanda ed alla più larga capacità di offerta produttiva del Paese, fenomeni che si sono accompagnati alla ripresa dei mercati internazionali.

Non si possono ignorare, infatti, gli effetti negativi sulle economie dei paesi industrializzati conseguenti agli attentati alle Twin Towers di New York dell’undici settembre del 2001.

Gli effetti positivi attribuitisi da Prodi sono stati ottenuti con la Riforma Biagi, che la sinistra vorrebbe cancellare; con la riduzione delle aliquote fiscali, che Prodi ha nuovamente inasprito; con l’aumento dell’età pensionabile, che la sinistra alternativa oggi vorrebbe nuovamente riportare a limiti non presenti in nessun paese della Comunità Europea.

Gli effetti della finanziaria Prodi si vedranno nell’anno appena iniziato e tutti gli osservatòri, tra cui anche le società di rating che hanno recentemente declassato l’Italia, non esprimono pareri confortanti.

Altra bugia di Prodi è l’affermare che l’anno in corso sarà quello della ripresa.

E’ un falso nei principi didattici dell’economia.

Questa si sviluppa in presenza di facilità di investimenti, di riduzione della pressione fiscale, di disponibilità delle risorse, di minori costi produttivi, di elasticità e mobilità delle risorse umane.

Esattamente tutto il contrario di ciò che Prodi propone con la sua legge finanziaria.

Vito Schepisi