29 gennaio 2007

Libertà d’informazione e di impresa



Tutto è cominciato questo autunno.
Il governo già arrancava di proprio.
Le liberalizzazioni di Bersani già facevano sorridere per inconsistenza e contraddizioni il Paese.
I ministri della repubblica si esercitavano in raffiche di dichiarazioni strampalate e spesso divergenti: la stanza del buco, il muro all’italiana , la regolarizzazione di tutti gli extracomunitari ed il diritto di voto dopo cinque anni.
E l’Italia intera si interrogava ancora sull’indulto di Mastella.
Le dichiarazioni d’allarme sui conti di Prodi, Visco e Padoa Schioppa facevano di contrasto a tanta politica allegra.
Il cittadino inconsapevole ed ancora credulone si domandava: come mai questi ministri fossero così attenti all’effimero, se l'Italia era nel disastro?
Qualcuno ricordava Pecoraro Scanio al funerale delle vittime dei militari italiani in Iraq e se ne faceva una ragione.
Se anche dovesse crollasse il mondo, i ministri italiani si mostrano sempre tanto distaccati dalla questione.
I dati della Corte dei Conti, però, smentivano il governo.
Le entrate a fine a giugno erano in forte crescita.
L’economia cresceva.
La finanziaria Tremonti-Berlusconi si dimostrava sufficiente a riportare il deficit nei limiti dei parametri di Maastricht.
In questo contesto la finanziaria di Prodi, con il commento del partito di Bertinotti: “anche i ricchi piangano”.
I soliti rifandaroli con la classica doppiezza comunista: solo un attimo di attenzione, infatti, e poi sembra che a piangere debbano essere proprio tutti.
Una finanziaria gravosa nel peso, punitiva verso chi produce, vessatoria, incerta, mutevole.
Una finanziaria che è stata subito definita dagli osservatori nazionali ed internazionali frenante per lo sviluppo e orientata al declino.
Banca d’Italia, Corte dei Conti, e società di rating che provvedono a declassare la fiducia finanziaria nel Paese ed anche sindacati e Confindustria, in un primo tempo più tiepidi, lanciano grida d’allarme.
Il centrodestra minaccia barricate in Parlamento, e annuncia un’opposizione senza sconti.
Al Senato la maggioranza paventa le difficoltà.
In questo contesto il ddl Gentiloni.
Non si vuole ora entrare nel merito delle singole norme.
Solo una appare subito sconvolgente e senza senso, illiberale e totalitaria, dirigistica e assurda.
L’opinione dei tanti portava a credere che quella del Governo fosse una forma di “persuasione” lanciata per moderare l’opposizione sulla finanziaria.
Alle minacce di Prodi e compagni ci eravamo anche abituati.
I falsi ed i bugiardi ricorrono sempre alla minaccia.
Anche i commenti dei giornali vicini al Governo, seppure non apertamente, sostenevano l’impressione della minaccia di ritorsioni per indebolire l'urto in Parlamento.
Invece no!
E nonostante l’opposizione tenace ma corretta della minoranza parlamentare sulla finanziaria, il ddl Gentiloni si riaffaccia in Parlamento senza modifiche ed anche senza contegno.
La materia non è di facile comprensione, e so anche che se parlo di tetto massimo del 45% della raccolta pubblicitaria, alcuni esprimerebbero anche soddisfazione, ritenendo che possa servire a porre un limite all’interruzione di film e fictions.
Non è così invece.
Una tv commerciale, senza il canone come la Rai, ha come introito preponderante, se non unico, i ricavi pubblicitari.
Parlare di 45% di tetto massimo significa "inventarsi” il 55% di introiti diversi, significa in sostanza chiudere l’azienda o quasi.
Poniamo il caso, ad esempio, che ad una industria di pelati si dica che la vendita dei derivati del pomodoro non possa superare il 45% del fatturato.
Cosa dovrebbe vendere l’azienda di trasformazione del pomodoro per realizzare il restante 55% del fatturato ?
Lavatrici? Automobili? Computer?
Ebbene è questo che ha detto ieri Catricalà, presidente dell’Antitrust. Parlando del ddl Gentiloni, il Presidente dell'Authority ha, infatti, sostenuto essere “illiberale il tetto sulla raccolta pubblicitaria, così si impedirebbe all’azienda di crescere”.
Per essere questo un Governo che spaccia per liberalizzazioni l’apertura di una sala da barba, e la chiusura di pompe di benzina a conduzione familiare, è certo una grossa delusione.

Vito Schepisi

Nessun commento: