24 dicembre 2006

Qualcosa è cambiato!

Sul Giornale del 23 dicembre ho letto l'Appunto di Filippo Facci che mi piace riportare. E' un chiaro esempio della "miseria" della informazione in Italia. Quest'anno sembra che un colpo di spugna abbia cancellato ogni problema. C'è Prodi e la sinistra al Governo e la parola d'ordine è partita. Solo felicità, i problemi sono finiti. Oggi va tutto bene, nonostante tutto, nonostante la finanziaria, gli effetti dell'indulto ed il senso di confusione e di precarietà tra la gente, i lavoratori, l'impresa, le famiglie, i risparmiatori, i giovani.
Ecco il testo di Filippo Facci dal titolo "Qulacosa è cambiato":


"Dove sono le barricate?
Dove sono i morti per strada, gli assalti agli alimentari, le interviste del Tg3 al ceto medio affamato e al commerciante disperato?
Dov'è il rapporto Eurispes numero tremila?
Dov'è il clima ansiogeno di Ballarò coi servizi sui pensionati che dormono sulle panchine?
Eppure è un Natale anche peggiore di quello che l’anno scorso registrò un inferno mediatico, un albero di Natale costa 27 euro anziché 25, una ghirlanda 3 euro anziché 2, palle colorate più 5 per cento, bambole più 8 per cento, borse griffate più 9, weekend in Italia più 4,5, settimana bianca più 2,6: dov'è il Corriere?
Dove sono le inchieste di Dario di Vico?
Il Codacons dice che i consumi calano del 5 per cento e che l'80 per cento delle tredicesime se ne va in assicurazioni e bollette e rate di mutui, la Confcommercio dice che cala anche il consumo di salmone e caviale e champagne (meno 6) per non parlare delle vacanze esotiche: schiere di famiglie impoverite migrano verso il Mar Rosso e abbandonano i Caraibi e l'Oceano Indiano, già il ponte di Ognissanti aveva registrato un 27 per cento di presenze in meno, dove sono i giornali?
Dov'è l'inchiesta sui bambini che alla quarta settimana non hanno più latte né panettone da intingervi?
Dov'è il Tg3 che l'anno scorso rilanciò il «Natale senza regali» nei giorni 12, 19, 22, 23, 25 e 26 dicembre?
Dov'è, dove siete?
È cambiato qualcosa?
Che cosa?"

Filippo Facci
Il Giornale 23 dicembre 2006

21 dicembre 2006

Grido di Libertà


"Signor Presidente, lei si vanta di aver dato al nostro paese una libertà della quale non ha mai goduto, mentre l'unica libertà che ancora non ci è stata tolta è quella di respirare e camminare, per il resto non abbiamo mai vissuto in una situazione peggiore per quanto concerne le libertà individuali e collettive.
Probabilmente non condividiamo il significato della parola libertà.
In una società libera gli studenti non sono cacciati dalle università in quanto dissidenti, non sono pestati regolarmente dai suoi sostenitori perché contrari al suo governo, non si vedono negare il diritto a organizzarsi in associazioni o a pubblicare riviste.
Lei ci ha accusato di essere agenti di potenze straniere, se riuscirà a dimostrare questa sua accusa ci autoimpiccheremo per aver tradito il nostro paese.
Quelle grida che lei ha ascoltato lunedì, non erano voci individuali, era la voce di un popolo che chiede libertà, democrazia e giustizia.

Impari ad ascoltarla."


Lettera scritta dagli studenti dell'Università di Teheran al Presidente Ahmanidenejad - Teheran dicembre 2006

20 dicembre 2006

Il Girasole e la Luna



Il Girasole e la Luna
di Erica Di Febo

Casa editrice "Prometheus" di Milano
41 poesie scritte tra il 2003 ed il 2005
volume di 50 pagine - Collana "Le Camene"
costo € 7,00

Prefazione del poeta Alessandro Villa, fondatore del Centro Giovani e Poesia di Triuggio(MI)





“Non esiste gioia che nasconda a se stessa
il proprio dolore…”


Io sono girasole e luna,
tu sei ombra che nasconde.
Parlami del buio,
quando luce,
lieve,
apparirà.
Ti racconterò come,
sorpresa d’estate e sollievo d’inverno,
la fine e il principio,
conosco.


“Non esiste forza che nasconda a se stessa le proprie debolezze.”
*
Erica Di Febo
Pagina 49 poesia conclusiva da cui prende il nome il volume

16 dicembre 2006

Una fiducia indecente


Si dovrebbe riflettere sul fatto che in un’Italia retta da una democrazia rappresentativa, divisa perfettamente in due alle ultime elezioni, i senatori a vita invece siano divisi solo in una parte politica.
C’è qualcosa che non funziona in questo meccanismo.
Il buon senso vorrebbe che questi uomini illustri rappresentassero il Paese, ne fossero la coscienza critica e propositiva, ne incarnassero l’ingegno e l’impegno.
Ma il Paese è schierato al cento per cento solo da una parte?
E’ mai questo il Paese del pensiero unico?
Se un osservatore asettico dovesse guardare verso il voto espresso nei reiterati appelli alla fiducia, nonché nelle elezioni delle cariche istituzionali e delle commissioni permanenti del Senato della Repubblica otterrebbe un’idea distorta del sentimento popolare.
Sarebbe portato ad osservare che in Italia prevale una coscienza solidale, un comune sentire, una cultura monolitica, un’espressione non da democrazia liberale ma da democrazia popolare.
Quelle forme che molti governanti di oggi, anni fa, applicate nei paesi dell'est europeo, spacciavano per miti della democrazia, della civiltà e della felicità sociale e che, invece, si sono rivelati come sacche di miseria e di ingiustizia, oltre che di violenza e repressione del pensiero.
Uno Stato che sceglie e decide servendosi di un manipolo di parlamentari, insediati per nomina o per diritto, anche su questioni prettamente tecniche e squisitamente politiche come una finanziaria.
Il Laticlavio a vita era stato pensato, invece, dai costituenti come un’opportunità per il Paese e per il Parlamento.
Una facoltà di potersi dotare di fonti di conoscenza ed esperienza da adoperare nella formazione delle leggi.
L’opportunità di servirsi di uomini, scelti tra il popolo, per aver rappresentato degnamente il Paese nelle arti, nelle scienze e dell'azione civile, scelti per essere nobili esempi di dirittura etica sui grandi temi del pluralismo e della tolleranza e garanti credibili nella indifferibile scelta dei valori della democrazia e dell’identità nazionale del popolo.
Ed Invece?
Invece vengono indecentemente utilizzati come massa votante, per invertire una maggioranza voluta dal popolo, per modificare gli assetti stabiliti dalle consultazioni elettorali dove il popolo sovrano ha espresso le sue scelte politiche e parlamentari.
Prestarsi a questo gioco non solo è umiliante per chi si presta ma anche indecente per coloro che fanno uso di questa “massa manovra”, utilizzata in chiaro spregio sia dello spirito costituente che della volontà popolare.
Non può sfuggire agli uni (senatori a vita) ed agli altri (partiti della maggioranza) che c’è una parte dell’ Italia che è maggioranza nel Paese che non sente più proprio questo Governo, c’è un’Italia quasi intera che non sente adeguata questa manovra finanziaria.
Una grossa fetta dell’Italia che considera immorale il comportamento di uomini, non investiti da mandato popolare, che mantengono in vita una maggioranza ed un Governo che considerano il peggiore che ci sia mai stato.


Vito Schepisi

13 dicembre 2006

Il Nazifondamentalismo



Non so se sia ammissibile che un capo di stato possa asserire, come ha fatto Mahmud Ahmadinejad, chiudendo i lavori della conferenza internazionale sulla negazione dell’Olocausto
Israele scomparirà presto
e continuare a mantenere rapporti diplomatici con gran parte dei paesi del mondo, Italia compresa.
E’ da tempo ormai che vengono reiterate queste minacce, senza che la comunità internazionale provveda in alcun modo a chiarire che un proposito del genere non può rientrare in nessuna casistica delle controversie tra i popoli.
Eppure l’Iran mantiene regolari rapporti diplomatici con le cancellerie di tutto il mondo, o quasi.
Tra i paesi che il presidente iraniano ritiene vicini l’Italia è in primo piano.
Il nostro ministro degli esteri, infatti, ha già ritenuto ammissibile il proposito dell’Iran di fornirsi della tecnologia atomica, in dispregio ai trattati internazionali sulla non proliferazione degli armamenti nucleari.
Il Presidente del Consiglio Prodi, in precedenza, non solo ha incontrato, di ritorno dal suo viaggio in Cina, lo stesso Ahmadinejad a New York in sede Onu, unico leader occidentale a farlo, ma in precedenza aveva proposto la mediazione del leader iraniano per i focolai bellici accesi dagli attacchi degli Hezbollah libanesi sul territorio di Israele.
E’ il caso di dire che per Prodi consegnare non solo i fiammiferi, ma anche la benzina, nelle mani dei piromani sia azione corretta.
E’ inquietante non solo la reiterata minaccia del dittatore iraniano, ma anche la sfrontatezza di tenere a Teheran una conferenza internazionale con il turpe scopo di negare l’Olocausto.
La repressione degli ebrei, per i fondamentalisti radicali iraniani, non è mai esistita.
Tutto questo nonostante che, con il passar del tempo, emergano ancora testimonianze e documentazioni sull’antisemitismo che è stato non solo fenomeno nazista ma anche diffuso nei regimi popolari dei paesi comunisti dell’est europeo.
Lo storico austriaco Raul Hilberg, noto per la sua attività di ricercatore e storico dell'Olocausto, all’inizio di questa settimana a Berlino in coda ai lavori della conferenza su "L'Olocausto nella memoria transnazionale" ha dichiarato: "La realtà emersa dai miei studi è che gli ebrei deceduti a causa delle persecuzioni naziste sono stati circa 5 milioni e centomila. Due milioni e novecentomila sono morti nei lager, un milione e quattrocentomila trucidati in esecuzioni di massa, ottocentomila nei ghetti.
Questa cifra comprende anche i settemila ebrei italiani, deportati prevalentemente da Roma, Milano e Trieste
".
Ma lo stesso storico ha anche affermato, a proposito dell’Iran e delle teorie negazioniste del suo Presidente, che il suo antisemitismo sia strumentale e che serva a trovare seguaci nel mondo musulmano.
Se il dittatore iraniano, però, intendeva inviare un messaggio di forza e convinzione, per imporsi come leader arabo nella lotta ad Israele, c’è da osservare che il suo proposito sia stato reso molto meno credibile dalla contestazione ricevuta dagli studenti di Teheran che hanno gridato “morte al dittatore” e dato fuoco ai suoi ritratti dinanzi ai suoi occhi.
La contestazione ricevuta lo ha reso di certo meno credibile, nonostante la pronta repressione e la sparizione fisica dei contestatori.
La sua influenza ne esce indebolita, tanto più che riemerge tra i suoi oppositori il riferimento al fallimento della sua politica economica che aveva fatto presa sulle masse e decretato il suo successo politico.
Non per questo, però, Ahmadinejad appare meno determinato a procurarsi la tecnologia per la costruzione degli ordigni atomici ed a sfidare la comunità internazionale ancora impegnata a discutere sulle sanzioni da applicare.
E’ suggestiva la tesi di David Meghnagi, libico ed ebreo, professore di Psicologia dinamica all'Università' Roma.
Si fonda su due premesse, la prima storica:
Sebbene la storia del sionismo dimostri come questa tesi non sia corretta, e' un fatto che l'esistenza di Israele viene vissuta in Europa e nel mondo occidentale come un atto di riparazione successivo alla Shoah".
La seconda psicoanalitica che fa dire al professore:
"in quanto simbolo di riparazione, gli atti di Israele non sono valutati secondo criteri politici, bensì morali, che non si applicano agli altri stati".
E’ su queste due premesse, afferma Meghnagi che , i fondamentalisti islamici hanno capito che la distruzione di Israele passa dalla negazione della Shoah.
Secondo il professore libico, la negazione dell’Olocausto trae origine dalla convinzione di dover scardinare la resistenza del mondo occidentale all’annientamento dello stato di Israele.
L’arma atomica in preparazione diviene così una grossa minaccia alla sicurezza ed alla pace ed un pericolo per la deflagrazione di un terzo conflitto mondiale.

Vito Schepisi

06 dicembre 2006

La strategia sciatta dell'Udc










Che prospettiva ha Casini e la sua Udc di portare innanzi una sua autonoma proposta politica?
Quale possibilità di successo possa avere il suo progetto, e può da sola l’Udc proporsi come alternativa alla sinistra?
A questi interrogativi oggi occorre dare risposte credibili.
Se non vi sono risposte affermative la conclusione è soltanto una: d’essersi inoltrati i centristi verso un’avventura politica.
Nella valutazione non si può non tener conto dell'attività della UDC, iniziata con la segreteria Follini, e proseguita con Cesa e Casini, che aveva ed ha come scopo ultimo quello di far scendere Berlusconi dalla sella.
Quando il vecchio segretario, ora leader del “partito di mezzo”, chiedeva un segno di discontinuità non era altro che un invito a sostituire Berlusconi con Casini.
Accompagnata al nominalismo della richiesta non vi era nessuna scelta programmatica, se non quella di un ritorno al proporzionale per favorire la strategia di condizionamento, garantendosi il mantenimento degli spazi di rappresentanza.
I centristi di Casini sono rimasti spiazzati non solo dalla tenuta ma anche dal sostanziale successo di F.I.
Sono rimasti addirittura senza fiato per i risultati raggiunti e per la quasi vittoria di Berlusconi.
Il loro successo elettorale, dopo aver avuto la massima visibilità possibile con la Presidenza della Camera e con un ruolo di distinzione nella maggioranza e partito frontiera della coalizione, è stato modesto.
Il proporzionale serviva a smarcarsi e distinguersi.
Sono sempre, però, il terzo partito della Cdl, con un quarto dei voti di FI e la metà di quelli di Alleanza Nazionale.
Avevano gridato contro la deriva populista di Berlusconi e attendevano all’incasso i voti moderati e centristi ma hanno ricavato solo un modesto raccolto.
Casini è cresciuto con la Cdl ed ha rappresentato un riferimento per l’elettorato cattolico moderato, grazie alla visibilità che la Cdl ha voluto offrirgli.
L’analogo partito nello schieramento di sinistra, l’Udeur di Mastella, supera a mala pena l’1% (uno percento) dell’elettorato.
Follini uscito dall’Udc qualche mese fa per fondare il suo “partito di mezzo” non se lo fila più nessuno.
Dai sondaggi risulta che i partiti della cdl ( Forza Italia, Lega ed Alleanza Nazionale) crescono rispetto ai risultati delle politiche del 9 e 10 aprile, mentre quello di Casini cala, almeno dell’uno per cento.
Finita la bolgia della visibilità per aver distinto la propria azione dalla Cdl, Casini e l’Udc non potranno che veder perdere costantemente i loro riferimenti elettorali.
L’Italia, e lo si è visto a Roma con la manifestazione del 2 dicembre, è bipolare, ha ormai acquisito lo spirito della scelta di campo.
La mossa dell’Udc non ha prospettive visibili ed è destinata a rivolgersi contro.
Se non dovesse trovare sbocchi diversi l’Udc vedrebbe ridursi anche la compagine parlamentare, ed anche i dirigenti centrali e locali finirebbero per abbandonare in massa il partito, non ritenendo perseguibile l’avventura del duo Cesa-Casini.
L’unico collante che sembra legare ancora la compattezza è la prospettiva del recupero di una funzione governativa in funzione dello spostamento dell’asse politico della maggioranza. Un’ipotesi, però, che sembra difficile se non impossibile.
Non hanno i numeri per sostituire tutti insieme Rifondazione Comunista, Verdi ed i comunisti di Diliberto, ed offrire il loro appoggio senza contropartite politiche significherebbe disperdere la loro funzione e ridurre ulteriormente la loro credibilità.
La strategia più probabile di un’aggregazione sul centro dei cattolici di destra e di sinistra, oltre ad essere velleitaria e di difficile realizzazione vedrebbe rispolverare la politica dei due forni di craxiana memoria.
Ma se il biporalismo ha una sua logica politica ed istituzionale, il partito di mezzo ne avrebbe solo una strumentale.
L’elettorato finirebbe per non apprezzarla.
L’aver, invece, rinunciato alla formazione del partito unico dei moderati o delle libertà è una grossa responsabilità dei centristi.
Rappresenta la rinuncia a voler lanciare la proposta politica del bipolarismo e di liberarsi delle scorie dei partiti di alternativa radicale sia di destra che di sinistra.
Se l’elettorato richiede la semplificazione della proposta politica, la risposta della Udc diviene una risposta divergente di frammentazione e di confusione.
Se dovesse passare il Partito Democratico della sinistra ed il centrodestra si dovesse ritrovare disunito e conflittuale, Casini si accollerebbe una pesante responsabilità politica nei confronti dell’elettorato e del Paese.
Disperderebbe la credibilità nel fornire risposte puntuali alla domanda di governabilità: un po’ quello che è successo nelle ultime elezioni quando si avvertiva già il rischio della divergenza e di due ben distinti processi di governabilità.
Ha sbagliato la Cdl nella scorsa legislatura a cedere all’imposizione di Follini e Casini sulla modifica del sistema elettorale.
Un sistema che alla luce dei fatti si è mostrato inadeguato e poco apprezzato dagli elettori, un sistema che ha fornito alla sinistra un’arma in più e che si è rilevato un bersaglio facile per la sua capacità di martellante propaganda.
Quella di Casini ho già avuto modo di definirla e lo confermo una strategia sciatta, di breve termine senza sguardo lungo, dettata dall’improvvisazione e dalla necessità di demolire l’immagine di un centrodestra incentrato sulla figura carismatica di Berlusconi.


Vito Schepisi

03 dicembre 2006

Una piazza mai vista


Non amo la piazza.

Non l'amo perchè è senza toni, manichea, integrata e dogmatica.

Afferma convinzioni: non discute e non si interroga, è sorda, monolitica, spesso usata.

Ho sempre scritto che la piazza non ha sempre ragione e l'affermo anche in questa occasione.

La piazza spesso tocca le corde più irrazionali del nostro modo d’essere.

Fa prevalere l'istinto alla ragione e suscita suggestioni che non sono sempre il giusto mezzo per far emergere i percorsi delle realizzazioni virtuose.

Non mi piace perchè è spesso costruita, trascinata, organizzata, elaborata, strumentalizzata.

La politica e le scelte vanno elaborate e meditate, vanno discusse e confrontate, vanno capite e condivise e la piazza può solo respingerle o acquisirle in modo acritico, senza riserve e senza convinzioni.

E' vero, però, che la piazza di ieri a Roma era fatta di gente pacifica, gli animi erano sereni, nessuna forzatura e strumentalizzazione ed i valori rievocati erano quelli del buon senso e della nostra identità.

Guardando la gente che sfilava ho spesso sentito l'orgoglio di questa Italia che esiste, che vive senza rumore, nelle attività quotidiane, nelle coscienze di donne e uomini comuni, che sente e non grida, che non si arma e non odia, che non distrugge e non urla, che si difende e non aggredisce.

L’Italia democratica, la vera Italia democratica.

L’Italia libera.


E' un Paese reale che non chiede per se, è una coscienza civile che guarda al futuro, che si preoccupa, che ha sentito in questa occasione di partecipare in massa, in tanti, tantissimi. Mai vista Piazza San Giovanni così gremita e... mai vista Piazza San Giovanni ...così gremita e senza le bandiere rosse ....così gremita e senza scene di isterismo...così gremita e senza slogan violenti...così gremita e senza odio

E' bella la nostra bandiera quando sventola fiera, quando nei suoi colori si rispecchiano i valori della nostra identità nazionale, quando dà l'idea della nostra libertà e della fierezza di un popolo laborioso, di un popolo che ha subito di tutto e che subisce ancora, di un popolo che mai si stanca di lottare.

E' bella la nostra bandiera conosciuta nel mondo come simbolo di esaltanti vittorie nell'arte, nella cultura, nella scienza, nello sport.

E' bella la nostra bandiera che esalta le capacità del Paese che ci fa conoscere per inventiva, genialità, bellezza, bontà.

E' bello il nostro tricolore nelle piazze gremite....è bella l'idea di libertà che diffonde.

E’ bella la piazza che si emoziona, la piazza che si carica che si dà coraggio e si muove per fare, per cercare, per diffondere.

Una piazza così, davvero non s’era mai vista.


Vito schepisi

01 dicembre 2006

Mitrokhin: l’Italia ha diritto di sapere



Ho idea che Paolo Guzzanti abbia messo le mani su qualcosa di grosso, forse più grande di lui per essere un giornalista intrepido e spumeggiante e non un sordido mestatore.
Il fuoco di sbarramento della sinistra, dopo l’eliminazione fisica di Alexsandr Litivinenko, è diventato massiccio ed organizzato.
La regia sembra ben preparata.
Politici, giornali e servizi si muovono di concerto per infangare, ridicolizzare e delegittimare.
Il solito gioco della disinformazione in cui il vero diviene falso.
Il falso, invece, ripetuto e congetturato, diviene verità.
Un nettare per le cattive coscienze dei tanti, assetati di odio per una parte politica, che è poi sempre la stessa.
Nessuno si scandalizza del fatto che le telefonate di Guzzanti, Senatore della Repubblica e Presidente delle Commissione Bicamerale Mitrokin, istituita con delibera del Parlamento e con i poteri della magistratura, siano state intercettate.
Fassino si permette, anche, di dire che la democrazia viene stravolta.
Lo stesso Fassino che chiese a Consorte, se, attraverso artifizi finanziari e storie di ambigui scambi, l’ex partito comunista, ora DS, potesse considerarsi padrone di una banca!
Fassino intercettato gridò allo scandalo, ora invece si accomoda sulla strumentalizzazione di telefonate private i cui testi contengono solo colorite descrizioni di uomini e scambi di opinioni e sensazioni senza nessuna fondata “notitia criminis”.
Prodi annuncia querele, si suppone contro Guzzanti.
Questi l’ha chiamato in causa, infatti, per la famosa seduta spiritica, i cui risvolti non si sono ancora mai conosciuti, in cui emerse la pista “Gradoli” ai tempi del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro.
I sospetti è che Prodi sapesse da altri settori ed il tacere sulle fonti ha, di fatto, reso impercorribile il tentativo di salvare la vita al Presidente della Democrazia Cristiana dell'epoca.
Guzzanti ha chiamato in causa Prodi anche per una frase pronunciata dall’ex agente del Kgb, avvelenato a Londra, in cui questi affermava d'aver saputo dal suo ex capo, generale Trofimov, che “Romano Prodi è il nostro uomo”, un uomo cioè vicino ai servizi segreti sovietici.
Perché Prodi non ha querelato prima?
Perchè non l'ha fatto quando Litvinenko era ancora in vita?
Questa notizia era nota da tempo e sembra che ci siano anche le registrazioni.
Il tutto riviene dall’ormai famoso dossier Mitrokhin.
Perché non si dice al popolo italiano quali siano stati i motivi che hanno spinto il governo Prodi dell’epoca a nascondere i nomi dei responsabili di intelligence con il Kgb, servizio segreto sovietico, di cui l’Italia in guerra fredda era in conflitto?
Quali i motivi che consigliarono a D’Alema, subentrato a Prodi alla presidenza del Consiglio, sebbene l’esistenza del dossier fosse diventato di dominio pubblico, grazie alla notizia pubblicata sul Times di Londra nel 1999, a tenere segreti i nomi degli informatori e delle spie italiane pagate da Mosca?
Gli italiani vogliono conoscere i nomi di questi signori e non le chiacchiere di Prodi e dei suoi uomini.
Chi non vuole che gli italiani si indignino per il comportamento dei 261 (politici, giornalisti, uomini influenti) italiani pagati da Mosca?
Altro che Betulla pagato pochi spiccioli dai servizi italiani.
Spioni e traditori del nostro Paese.
Che qualcuno occupi ancora posti di potere?
Vito schepisi

29 novembre 2006

Un premier di "basso livello"



Può un Presidente del Consiglio, riferendosi alla manifestazione del 2 dicembre, organizzata a Roma dall’opposizione,definirla “una manifestazione costruita sul nulla, di basso livello”?

Dopo che anche l’Ocse ha bocciato senza appello la finanziaria di Prodi, aggettivare in maniera così rozza la protesta dell’opposizione non è solo un azzardo di forma e di modi ma un’offesa all’intelligenza di tanti.

Non è nuovo Prodi a queste uscite di infimo livello e di bassa responsabilità.

Già in ottobre aveva lanciato un messaggio inquietante:

“può risultare politicamente rischioso andare in piazza contro questa manovra”.

Il nostro Presidente del Consiglio, nei momenti critici del suo regime, ha sempre un risvolto del suo aspetto indecente ed inquietante da farci scoprire.

Durante la discussione in parlamento sulla finanziaria, dopo aver affermato a più riprese in precedenza l’esigenza di dar vita, assieme alle forze del centrosinistra, ad un nuovo soggetto politico chiamato “partito democratico”, sostiene, all’incontrario, l’ipotesi di voler dar vita ad un nuovo partito da aggiungersi agli altri del centrosinistra.

Spesso non si riesce a distinguere quando parla sul serio da quando racconta bugie.

Non può un leader politico governare la sua maggioranza con le minacce.

Dopo aver governato a colpi di menzogne i primi sei mesi del suo dicastero, si consente il lusso di offendere il Parlamento, di offendere gli elettori, di offendere l’opposizione.

Cosa ci dovremo aspettare ancora?

Ha cavalcato persino il film di Deaglio sui brogli, pur sapendo, e non poteva essere diversamente, che si trattava di una bufala senza senso.

Si può immaginare che sia stato così sprovveduto, ed anche privo di consiglieri capaci, da aver, pur per un istante, immaginato vera l’arcana fantasia dell’ex direttore, negli anni '70, di “Lotta Continua” ?

Il 2 dicembre in Italia scende in piazza il popolo di centrodestra e non può dirsi che non ne abbia titoli e facoltà, non si può dire che non abbia dietro di se il consenso di una larga parte dei sentimenti degli italiani.

E’ vero che non è detto che la piazza abbia o debba avere sempre ragione, e che non sono e non devono essere le manifestazioni di piazza prese a pretesto per spallate politiche a maggioranze decretate dal consenso popolare degli elettori.

Le maggioranze politiche, però, si hanno con i voti!

Dove sono queste maggioranze di voti?

Un ramo del Parlamento (il Senato) ha visto la CDL prevalere per 250mila voti in più e l’altro ramo (la Camera) ha visto prevalere l’Unione per meno di 25mila voti in più.

Non c’è questa maggioranza degli elettori che possa consentire d’essere sordi alla protesta del restante 50% del Paese e legittimare l’operato di un Governo sordo alla protesta che sale in forma trasversale ed in ogni luogo.

C’è anche un sospetto, non ancora chiarito, di brogli nei seggi e l’attuale maggioranza ostacola le verifiche.

C’è un’Italia che protesta che va al di là della militanza nell’opposizione, un’Italia che solo un inadeguato e arrogante leader politico può definire “pazza”.

Il due dicembre questa Italia chiede di non essere ignorata e mortificata, ma solo ascoltata e considerata, in quanto parte attiva della dialettica democratica del Paese.

Di basso livello democratico è chi umilia il popolo che reclama e chi, avvezzo alla menzogna ed alla protervia, mortifica i diritti di tutti e tra i diritti anche quello di protestare pacificamente.

Vito Schepisi

28 novembre 2006

La dittatura della lentocrazia


Il grande imbroglio nei risultati elettorali non è ciò di cui si parla in questi giorni, ma è nella dittatura insindacabile della lentocrazia. Sono le supposizioni, i sospetti e le accuse non dimostrate che uccidono lo Stato di diritto e corrodono la democrazia. Che legittimità ha un regime che non garantisce in tempi rapidi l'accertamento delle verità elettorali su cui si fonda la sua classe dirigente? L'imbroglio nel voto non sta nella mancanza dei controlli previsti, ma nei tempi e nei modi in cui vengono effettuati con esiti del tutto inutili. Oggi si fa gran parlare del sospetto avanzato da Deaglio e Cremagnini secondo cui le schede bianche sarebbero state trasformate in voti per Forza Italia: ma la loro denuncia extraistituzionale può avere solo effetti scandalistici. Ieri era stato Berlusconi a sollevare dubbi sull'esito del voto ed a richiedere un riconteggio che però non si è mai fatto. Al Senato si trascina la questione dei seggi non attribuiti alla Rosa nel pugno aperta da una assai bizzarra interpretazione non formale della legge.
Nei due rami del Parlamento giacciono decine di ricorsi di ogni genere; e in passato non si contano gli episodi di parlamentari con diritto all'elezione che sono subentrati a coloro che non ne avevano diritto solo al momento dello scioglimento delle Camere.Questa la ragione per cui i controlli elettorali sono sempre stati una farsa: non per le procedure ultragarantiste seguite ma per i loro tempi di svolgimento. Come la giustizia civile e penale anche quella elettorale si trasforma nel suo opposto, l'ingiustizia, perché si compie «a babbo morto» quando non serve più. Il punto cruciale di tanto imbroglio sta nelle discutibili regole delle Giunte delle elezioni delle due Camere, organi perfettamente funzionanti senza che tuttavia riescano a dare risultati in tempi rapidi e certi.Mi spiace dovere dire che il presidente Bertinotti dice una castroneria quando proclama che «La legittimità del voto è pienamente garantita escludendo che vi possano essere modifiche»: le quali, invece, sono possibili dopo il lavoro di uno dei più importanti organi della sua Camera. La procedura del controllo funziona così. I dati elettorali vanno dai seggi ai tribunali e attraverso gli uffici circoscrizionali all'ufficio centrale nazionale presso la Cassazione. Questi li invia alle Camere i cui uffici, prima della seduta iniziale, cercano di far quadrare i conti restando ai dati formali numerici. È la Giunta delle elezioni, prima in sede provvisoria, che proclama (provvisoriamente) gli eletti che partecipano alla seduta iniziale e poi, in composizione definitiva procede alla «verifica ordinaria». Solo in questa fase si valutano i ricorsi, si esaminano i verbali, eventualmente si ricontano le schede, a campione o nella totalità, fino a giungere alla «convalida definitiva» che quando vi sono inciampi avviene per lo più verso la fine della legislatura.L'imbroglio attuale, come in passato, sta dunque nel fatto che, per ragioni di tempo, di energie ma soprattutto per quieto vivere, l'esito dei controlli e delle verifiche che legittimano definitivamente il voto non arriva mai. Che fare? Diversi potrebbero essere i rimedi: ripensare il cosiddetto «interna corporis» (previsto dall'art. 66 Cost.), concludere l'intera procedura del controllo nell'intervallo tra il voto e la convocazione delle Camere, departitizzare le operazioni di controllo... Ma l'unica vera riforma rivoluzionaria degna di uno Stato di diritto sarebbe sconfiggere la maledizione della lentocrazia che fa in modo che nessuno abbia mai ragione o torto.
Massimo Teodori

26 novembre 2006

"L'Arte della Guerra"



Ho ricevuto dall'amica Daniela Torre le riflessioni che riporto:



“L’Arte della Guerra”
Premessa
L’Essere Umano ha due forme pensiero, una di “bassa levatura”, e una di “Alta Levatura”. Ogni volta che noi agiamo d’istinto, senza coinvolgimento intellettuale, né spirituale o interiore, in maniera grossolana, si dice, un modo di agire di bassa levatura, in alcuni casi potremmo dire di non aver avuto alcun pensiero prima di quell’ azione, proprio perchè azioni frettolose, istintive o comuni; invece, quando ci sforziamo di riflettere prima di agire, ancora meglio, interiorizziamo prima il nostro pensiero, lo eleviamo al massimo livello attraverso la meditazione, e lo contempliamo, il risultato che otterremmo sarà così di un pensiero di “Alta Levatura”, o “Pensiero Elevato”. Qual’ è la differenza tra questi due modi di pensare ? E’ che il secondo modo, essendo stato oggetto di studio, di riflessione, di interiorizzazione, sarà più corretto, più sottile, più sofisticato, leggero (Alto), sicuramente più potente, come più potente ne conseguirà anche l’azione, ovvero sia, il risultato prodotto, materializzato. Il pensiero è energia, energia pura in movimento, in alcuni casi molto potente, e più è potente, e prima il pensiero arriva a materializzarsi.
Quando allora si parla di arte, non sarà certo qualcosa di frettoloso, di freddo, di comune, ma semmai al contrario qualcosa di ricercato, ispirato, desiderato, meditato; e poi di visualizzato, progettato ed eseguito. Un’Opera d’Arte.
Tutto parte da un pensiero. Nella Genesi si racconta che Dio stesso ad un certo punto della sua esistenza, decise che era arrivato il momento di rendere manifesto ciò che era immanifesto. Si potrebbe quindi dire che quello che si materializzò era già presente, ma come fosse ancora parte di un suo mondo, visione, pensiero, progetto, che poi rese materia.



* * *



Più “grande” è il progetto, più profondo e lungo il lavoro da fare, a cominciare dai tessuti e strutture, che danno consistenza, che formano l’oggetto in questione.
Per cui, in caso di guerra, ma eseguita sotto l’influsso di pensieri di Alto Livello, le cose si andranno a sviluppare su più versanti, a seconda delle epoche, mentalità, potenziale ecc :
In primo luogo si rendono deboli le strutture portanti.


Le Istituzioni.
L’Istituzione Religiosa
L’Istituzione Statale o il Regno
L’Istituzione Familiare
L’Istituzione Scolastica
L’Istituzione Sanitaria

Tra tutte, la più importante è quella della famiglia. Quando la famiglia giunge al suo massimo livello di rottura, un popolo è pronto per essere sottomesso.
Nella stabilità familiare, gli individui trovano equilibrio, forza, salute, creatività, coraggio... un’ individuo con una serena vita familiare, con affetti e benessere economico e spirituale, è sicuramente un individuo potente, o almeno un’ individuo che possiede un grande potenziale. Una società formata da queste caratteristiche familiari, è una società molto potente, o almeno con un potenziale enorme. Da sempre, chi è potente può essere oggetto di attacchi, per timore che fa tale potenza, o anche solo per invidia, per gelosia.
Cosa crea questa solidità familiare generale ?
In primis, l’unione dei coniugi, che se è supportata da profondo rispetto amoroso, è la vera forza del nucleo familiare; e poi la fede religiosa, molto importante per accrescere la fede interiore, che alimenta la fiducia per se stessi. Chi crede, chi ha una fede religiosa, è mosso da una forza molto grande, ha all’interno un grosso potere, che fa credere ogni cosa possibile... se Dio vuole. In ogni caso, sviluppa un potere dentro di sé molto grande, e più questo cresce e si rafforza, più potente l’individuo diventa, alcuni dicono “Grande come una Montagna”, ed è un’immagine molto chiara di grandezza, altezza, solidità, stabilità. Un Governante attento e sensibile, uno Stato evoluto e democratico, aiuta a mantenere queste caratteristiche intatte nel tessuto societario, per il bene della Nazione stessa, dello Stato stesso.
L’Istituzione Scolastica, forma l’individuo sotto il profilo intellettuale e creativo, e va a sviluppare il potenziale dei talenti degli allievi , oltre che offrire sapere, conoscenza, cultura. La base dell’individuo istruito: Alto livello d’ istruzione, medio livello, basso livello, a secondo del livello di istruzione, si avrà come risultato una società alta, media... e conseguente risultato nella vita societaria, lavorativa, culturale, politica, religiosa e così via. La formazione che riceve un bambino, un ragazzo, darà il risultato dell’ uomo del domani, sotto ogni profilo. Un quaderno con fogli bianchi su cui scrivere.
Una società con una gioventù non partecipe, debole, distratta, è una società che sta rischiando il proprio futuro.
Man mano che le fratture nelle Istituzioni fanno indebolire il potere di un popolo, di una civiltà, di una Nazione, e nelle persone la confusione aumenta , la stabilità e la solidità della società si è impoverita di valori, forza, fede, fiducia, potere economico... man mano si predispone a subire un’ attacco e a finire vittima di una brutta sorte, tanto brutta quanto lo saranno gli oppressori. Il metodo è poi il più naturale. In natura, la preda normalmente è prima inseguita, sfinita dal proprio predatore, e poi atterrata. Più la preda è grande, per cui più potente, più richiede attenzione e strategia. Un gruppo di predatori forti e coalizzati. Il gruppo comincia a muoversi insieme, impaurisce, rincorre, perseguita e sfinisce la preda, la isola, la accerchia e aspetta che cada in confusione, che dia segni di mancamento, e poi la attacca in branco.
Una società moderna ed evoluta, è una società che mira al benessere spirituale e materiale di tutti. Ha smesso di vivere come il predatore in natura. Non vive nel nome della legge della giungla. Ha elevato la propria coscienza e senso di responsabilità, oltre che la propria mente, non vive di supremazia. Gli uomini da sempre fanno i conti con il dualismo della propria mente, del bene dell’intelletto, dei propri conflitti interiori, da sempre si dividono tra bene e male.
Non vi è in natura un esempio di crudeltà, o ingiustizia, come nel mondo degli esseri umani. Gli animali hanno un modo chiaro di agire, in linea con il loro istinto, i loro bisogni primari. I metodi sono sempre gli stessi, l’equilibrio in questo caso, ha una sua stabilità antica, come sono antichi i tempi dei tempi. Solo l’uomo non possiede questo equilibrio, o rischia sempre di smarrirlo, il problema è l’uso e la strumentalizzazione che fa della sua mente, che può essere equilibrata o degenerata. A secondo dello stato mentale, l’ uomo agisce e opera cose di straordinaria bellezza o anche abominevoli, come nessuna bestia feroce potrebbe fare mai in alcuna occasione. Gli uomini fanno sogni e progetti, a questo riguardo uno dei più recenti e dei più terrificanti, fu quello di Adolf Hitler, del quale si ricorda l’olocausto più atroce che l’umanità ebbe da sopportare e ricordare. Quasi in contemporanea, in India un’altro uomo Gandhi, dava vita ad un suo sogno, quello dell’indipendenza del suo Paese in modo del tutto opposto, e creò un metodo innovativo di lotta, quello della non violenza. Entrambi furono seguiti da decine di migliaia di “aiutanti”, che risposero al bisogno di questi due uomini, che in modo differente segnarano la storia dell'umanità, anche se di diversa fattura umana, condividendo e partecipando alla realizzazione del loro sogno e progetto, materializzando quelle “forme pensiero”, che ebbero in precedenza. Ogni cosa parte da un pensiero, ogni “sistema” è stato ideato da qualcuno, che poi lo ha “trasmesso” ad altri. Alcuni lo condividono, altri lo subiscono, a volte lo chiamano destino. Tutto quello che è realtà è stato prima pensato da qualcuno.
Il pensiero è sempre Energia Creativa.

21 novembre 2006
Torre Daniela

23 novembre 2006

Libano: responsabilità anche italiane


Tutto nasce dallo spessore politico che ha assunto Nasrallah ed il suo “partito di dio”.
Spessore non per consenso democratico ed elettorale ma per implicito riconoscimento diplomatico.
Questi attraverso il braccio militare Hezbollah, con azioni di terrorismo e provocazioni, ha condotto sul campo, per interposta persona,
l’inizio della guerra di Iran e Siria ad Israele.
Si è posto, in Libano come protagonista della gestione del territorio nazionale.
Il Libano già martoriato da anni di guerra civile ed occupazione straniera, da trasformare ancora in fronte di guerra ed ospitare le basi del nuovo conflitto arabo israeliano, ovvero territorio che divenga nuova scena della guerra civile di tutti contro tutti.
Con questi signori, in Libano, a Bierut, il nostro Ministro degli Esteri ha passeggiato a braccetto, dinanzi alle rovine dei bombardamenti israeliani.
Per questi guerriglieri si sono chieste le forze di interposizione ONU, a cui i nostri militari stanno dando un cospicuo contributo di uomini e mezzi.
Per salvaguardare la possibilità che ricostruiscano in piena tranquillità le basi di missili e le fortificazioni distrutte da Israele.
L’assassinio del leader cristiano- maronita Gemayel è arrivato dopo un consistente braccio di ferro tra il premier Libanese Siniora ed Hezbollah.
Un braccio di ferro fatto di ricatti ed imposizioni e che in sostanza mira alla caduta dell'attuale governo per sostituirlo con altro di più marcata matrice filosiriana.
La Siria abbandonata l'occupazione di gran parte dei territori del Libano ne influisce la direzione politica.
Quello di Gemayel è il quinto assassinio politico che ha insanguinato il libano da quando la Siria, in seguito all’omicidio nel febbraio del 2005 dell’ex premier cristiano-maronita Rafik Hariri, è stata obbligata dalla Comunità internazionale a lasciare il Libano .
Per molti osservatori costituisce la conseguente azione di Damasco per mantenere il controllo politico della regione.
Dell’ultimo omicidio, però, si sostiene anche che la matrice sia solo di Hezbollah: per porre Siniora dinanzi alla scelta tra nuovo governo o guerra civile.
Nell’un caso e nell’altro i rischi della forza di interposizione Unifil sono grossissimi.
L’obiettivo malcelato è la guerra ad Israele.
Ancor più inquietante, a questo punto, appare la dichiarazione del nostro ministro degli esteri D’alema in cui afferma che la forza internazionale di interposizione in Libano è
condizione per la stabilità del Libano ed anche per la sicurezza di Israele”.
Inquietante tanto più che la Francia, attuale comando delle forze militari Unifil in Libano, prende le distanze da Damasco e l'accusa in modo diretto di essere mandante degli omicidi e di concorrere alla destabilizzazione del paese.
La diplomazia italiana, distratta e accondiscendente con la Siria, troverà a scontrarsi con la diplomazia francese? Ed i nostri soldati in quei territori?
Nel Parlamento Italiano, intanto, prende corpo il dubbio se non sia per caso tempo di rivedere la politica estera italiana.
Ad una intervista rilasciata a Mario Sechi l’ex ministro della difesa Antonio Martino alla domanda “Il ministro degli Esteri D'Alema ora ha paura di una svolta isolazionista negli Stati Uniti?" Ha così risposto:
"Mentre Ahmadinejad dichiara che vuole la distruzione dello Stato di Israele, mentre si rifiuta di rispettare la risoluzione Onu che gli impone di rinunciare al programma nucleare, D'Alema va a Teheran e proclama inalienabile il diritto dell'Iran al nucleare.
Inalienabile!
Che cosa avremmo pensato di qualcuno che negli anni Trenta fosse andato nella Germania nazista a proclamare che Hitler aveva il diritto inalienabile alle camere a gas?

Non abbiamo mai avuto un ministro degli Esteri così impresentabile».
Vito Schepisi

19 novembre 2006

Un Governo...albergo dell'odio.




I nostri soldati morti a Nassirya
E’ successo ciò che si sapeva.
Ma sono tanto meschini che troveranno una ragione anche per giustificare questo scempio.
Sono come coloro che, abietti, non hanno il coraggio di sostenere le loro azioni.
Anche questa volta diranno che si è trattato di un manipolo di idioti e di non essersi accorti di nulla.
Pensavamo che solo nei paesi pervasi da fanatismo ed odio religioso potesse accadere quanto si è visto ieri a Roma.
Pensavamo che solo nei paesi allo stato tribale, privi di tradizioni e di cultura, insensibili alle regole della democrazia, si potesse arrivare a tanto.
Prodi ed i suoi uomini diranno che prendono le distanze.
Distanze?
Cosa vuol dire?
Sono sostanza del loro modo d'essere: sono organici.
Ma il voto “non olet” per costoro!
Devono la loro maggioranza al voto di questa gente, hanno portato in parlamento coloro che tra questa, con questa, gente ha tratto il consenso elettorale.
Solo 25.000 voti in più, utili ad occupare il Paese.
I voti della sinistra illiberale, forcaiola, antidemocratica, violenta, vergognosa e miserabile.
Non c’è scempio peggiore che dare alle fiamme le bandiere in cui si riconosce l’identità nazionale di milioni di persone.
Non c’è scempio maggiore che bruciare nelle pubbliche piazze manichini di soldati morti in servizio per la Patria, sia giusta o sbagliata la causa che li volesse lì.
E che dire degli slogan?
Uno tra tutti.
Il più vile, il più scellerato…il più impunito:
“il solo tricolore da guardare è quello sulle bare”.
Pezzenti, mentecatti, vigliacchi, animali…..miserabili.
Indecenti miserabili!
Siate maledetti!
Nessuna pietà per gli affetti lasciati, nessuna pietà per le vite stroncate.
Sono gli stessi che distinguono tra i morti, sono quelli che definiscono eroine la Sgrena e le due Simona e mercenari Quattrocchi ed i suoi colleghi.
Solo che le prime non erano lì per bisogno, non andavano propriamente a guadagnarsi il pane, e la loro funzione era di solidarietà con le causa dei tagliatori di teste.
I secondi erano e sono povera gente, si proiettavano al futuro, facevano progetti di vita, rischiando e sapendo di rischiare.
E povera gente erano i militari morti a Nassirya .
In questa realtà sconcertante diventa ancora più agghiacciante l’operato del nostro Governo.
Le aperture di credito all’Iran di Ahmanidenejad.
La convinzione di quest’ultimo di trovare nel Governo italiano una sponda utile di negoziazione per portare avanti i suoi progetti nucleari.
Si comprende l’assenza di Prodi e del Governo italiano nel difendere la civiltà occidentale dinanzi ai pesanti attacchi del mondo islamico.
Si comprende la politica di D’Alema contro Israele e la sua passeggiata a Beirut a braccetto con un capo di hezbollah.
Si comprende anche l’astensione del rappresentante italiano, unico europeo, sul voto per l’elezione di un rappresentante dell’america latina al Consiglio di sicurezza delle nazioni unite.
L’unico paese europeo a non respingere la candidature dell’inquietante argentino Chavez.
Questa è una maggioranza che non rispecchia la dignità e la sensibilità del nostro Paese.
Questo è un Governo contro la coscienza civile degli italiani.
Questo è un Governo dove alberga l'odio.
Vito Schepisi

16 novembre 2006

Non si può bluffare su chi soffre.


D'Alema a braccetto tra il ministro degli Esteri libanese Faouzi Salloukh, alla sua sinistra nella foto, e l'Hezbollah Hussein Hassan





E’ squallido quanto avviene con la politica estera in Italia.
Non si può bluffare su chi soffre e muore.
Il capo della Farnesina non può gestire la politica estera del paese come farebbe per le strategie del suo partito o dell’intera sinistra.
L’intervista di D’Alema all’Unità dello scorso venerdì deve porre all’Italia un problema di legittimità ed adeguatezza.
Già il suo giudizio sulla risposta israeliana all’aggressione Hezbollah ai confini col Libano con cui definì “eccessiva” la reazione israeliana era da considerare oltre ogni limite della coerenza e della compostezza diplomatica.
Risparmiare gli aggressori per giudicare eccessiva la risposta degli aggrediti è già prova di faziosità e di virtuale collocazione.
La passeggiata a Beirut, tra le rovine dei bombardamenti israeliani, a braccetto con dirigenti Hezbollah, trasformò da virtuale a visibile e concreta la collocazione contro Israele della diplomazia italiana.
Chiedere, come è stato fatto, la presenza dei caschi blu dell’ONU, come forza di interposizione tra il territorio di Israele e la striscia di Gaza, con lo scopo di proteggere i miliziani palestinesi dalle risposte di Israele alle scorribande terroristiche ed al lancio di missili in territorio israeliano, è non equivicinanza, come si propone la politica estera italiana nell’area, ma legittimazione del terrorismo contro Israele.
Nell’intervista rilasciata all’Unità il “Metternich” della nostra diplomazia, il baffino barcarolo, attribuisce ad Israele la responsabilità della crisi in
Medio Oriente.
L’Italia libera e democratica dovrebbe già respingere il concetto di equivicinanza.
Non si può essere equivicini tra uno Stato democratico, legittimamente riconosciuto dall’ONU e dal consesso civile, come è Israele, e fazioni terroristiche come Hamas, sebbene proposta elettoralmente dal popolo palestinese, o Hezbollah (il partito di dio) che è una fazione minoritaria della politica libanese.
Né serve affermare, come fa il nostro marinaretto, che l’Italia non riconosce Hamas e che mantiene al pari della Comunità Europea l’embargo economico contro il governo palestinese.
L’atteggiamento di D’Alema, affermano le comunità ebraiche italiane, alimenta l’odio di gran parte della sinistra italiana, in questo allineata con le frange neofasciste, nei confronti di Israele e dell’ebraismo.
Le comunità ebraiche, inoltre, ricordano quanto accadde nel 1982, quando Israele era in guerra contro la fazione filosiriana e filopalestinese del Libano.
In quell’anno le manifestazioni della sinistra contro Israele alimentarono in Italia il fanatismo palestinese che si concretizzò con l’attentato alla
Sinagoga di Roma.
Non è difficile immaginare da quale parte fosse schierato il nostro attuale Ministro degli Esteri, allora leader emergente del dismesso
Partito Comunista Italiano.
Vito Schepisi


La cicala e la formica


Cambia l'atmosfera, cambiano le stagioni, cambia anche la favola " La formica e la cicala".

Da piccoli ci insegnavano come si doveva vivere e ci raccontavano : La formica lavora tutta la calda estate; si costruisce la casa e accantona le provviste per l'inverno.
La cicala pensa che, con quel bel tempo, la formica sia stupida; ride,danza, canta e gioca tutta l'estate.
Poi giunge l'inverno e la formica riposa al caldo ristorandosi con le provviste accumulate mentre la cicala trema dal freddo, rimane senza cibo e muore.

* * * * * *

Oggi si deve sapere che : La formica lavora tutta la calda estate; si costruisce la casa e accantona le provviste per l'inverno.
La cicala pensa che, con quel bel tempo, la formica sia stupida; ride,danza, canta e gioca tutta l'estate.
Poi giunge l'inverno e la formica riposa al caldo ristorandosi con le provviste accumulate.
La cicala tremante dal freddo organizza una conferenza stampa e pone la questione del perché la formica ha il diritto d'essere al caldo e ben nutrita mentre altri meno fortunati muoiono di freddo e fame.
La televisione organizza delle trasmissioni in diretta che mostrano la cicala tremante dal freddo, nonché degli spezzoni della formica al caldo nella sua confortevole casa con l'abbondante tavola piena di ogni ben di Dio.
I telespettatori sono colpiti dal fatto che, in un paese così ricco, si lasci soffrire la povera cicala mentre altri vivono nell'abbondanza.
I sindacati manifestano davanti alla casa della formica in solidarietà della cicala, mentre i giornalisti organizzano delle interviste domandando perché la formica è divenuta così ricca sulle spalle della cicala ed interpellano il governo perché aumenti le tasse della formica affinché essa paghi la sua giusta parte.
In linea con i sondaggi il governo redige una legge per l'eguaglianza economica ed una (retroattiva all'estate precedente) anti discriminatoria.
Le tasse sono aumentate e la formica riceve una multa per non aver occupato la cicala come apprendista, la casa della formica è sequestrata dal fisco perché non ha i soldi per pagare le tasse e le multe: la formica lascia il paese e si trasferisce in Liechtenstein.
La televisione prepara un reportage sulla cicala che, ora ben in carne, sta terminando le provviste lasciate dalla formica nonostante la primavera sia ancora lontana.
L'ex casa della formica, divenuto alloggio sociale per la cicala, comincia a deteriorasi nel disinteresse della cicala e del governo.
Sono avviate delle rimostranze nei confronti del governo per la mancanza di assistenza sociale, viene creata una commissione apposita con un costo di 10 milioni di Euro.
Intanto la cicala muore di overdose mentre la stampa evidenzia ancora di più quanto sia urgente occuparsi delle ineguaglianze sociali; la casa è ora occupata da ragni immigrati.
Il governo si felicita delle diversità multiculturali del paese così aperto e socialmente evoluto.
I ragni organizzano un traffico d'eroina, una gang di ladri, un traffico di mantidi prostitute e terrorizzano la comunità.
I partiti propongono l'integrazione perché la repressione genera violenza e la violenza chiama violenza.
Morale: tutto non è come sembra e se si vuole l’impossibile diventa possibile


Questa favola, riveduta e corretta, l'ho ricevuta questa mattina dalla mia amica Emanuela in Israele.

L’autogol del presidente del Consiglio



E’ un perfetto autogol il -26 di Romano Prodi. Perché impone una considerazione banale che sembra sfuggire completamente al presidente del Consiglio. Se di quei 26 miliardi di euro di penalizzazione, 20 dipendono dalla necessità di rientrare nei parametri europei e sei sono il frutto di deficit di aziende pubbliche come Ferrovie, Autostrade e di “buchi” per le opere pubbliche mai fatte, la manovra avrebbe dovuto essere fin troppo semplice. Una parte dedicata al risanamento dei conti pubblici, una alla soluzione delle cause strutturali che provocano il deficit perenne di questi conti.Ma la manovra non prevede queste due parti. La Finanziaria torchia gli italiani per 40 miliardi. Ma non spende neppure una parola per dire come il governo intenda risolvere il problema delle Ferrovie, quello dell’Anas e via di seguito. E le parole mancano non perché nessuno si sia posto il problema di sbrogliare questi nodi che strangolano il Paese, ma perché chi se lo è posto, ha concluso che non può e non vuole trovare alcuna soluzione a questi problemi. Per avviare a soluzione la questione delle Ferrovie, ad esempio, si dovrebbe fare piazza pulita una volta per tutte, di quel sistema di cogestione tra sindacati e burocrazia privilegiata che occupa e appesantisce l’azienda ormai da quarant’anni a questa parte. Cioè dai lontani anni ’70 e dai tempi del consociativismo. Ma può il “governo amico” delle Confederazioni sindacali che gestiscono e si spartiscono le ferrovie da quattro decenni, permettersi di compiere una operazione del genere? Non può farlo. E soprattutto non vuole farlo. Perché è anche ideologicamente e tragicamente convinto che l’unico stato sociale possibile sia quello venuto fuori dalla storia del Paese e di cui ormai conosciamo la forma assistenziale degenerata.L’elenco potrebbe continuare ad andare avanti all’infinito. Per la semplice ragione che i 20 milioni di deficit non nascono dalla finanza creativa dei cinque anni di governo berlusconiano, ma da cause strutturali che risalgono agli anni peggiori della Prima Repubblica. Accanto al caso delle Ferrovie e delle Autostrade, Romano Prodi avrebbe potuto tranquillamente indicare il caso Alitalia, quello della Fiat e dei suoi prepensionamenti privilegiati finanziati dallo stato. E, via di seguito, il sistema sanitario nelle mani delle corporazioni sindacali, il sistema pensionistico sempre condizionato dalle grandi Confederazioni (non più dei lavoratori ma dei pensionati) e gli infiniti centri di spesa del potere centrale e di quelli locali che rendono patologica la malattia del disavanzo pubblico. Se Prodi avesse detto che la Finanziaria di classe sarebbe servita a risanare le ferrovie, le autostrade, il trasporto aereo, le infrastrutture tagliando le infinite spese inutili degli apparati centrali e locali dello stato, gli italiani avrebbero potuto capire. Ma Prodi insiste solo sulla faccenda dei conti. E gli italiani, che non sono sciocchi, s’imbufaliscono. Che serve rientrare nei parametri europei quest’anno quando, con le cause del deficit irrisolte, il problema si ripresenterà l’anno prossimo?
Arturo Diaconale
da L'opinione

10 novembre 2006

"Io sono un Berlinese"





Durante la sua visita a Berlino del 15 giugno 1963, il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy pronunciò un discorso toccante. Il suo discorso sarebbe divenuto simbolo della Guerra Fredda:


«Ci sono molte persone al mondo
che non comprendono, o non sanno,
quale sia il grande problema tra
il mondo libero e il mondo comunista.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che
il comunismo è l'onda del futuro.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che,
in Europa e da altre parti,
possiamo lavorare con i comunisti.
Lasciateli venire a Berlino!
E ci sono anche quei pochi che
dicono che è vero che
il comunismo è un sistema maligno,
ma ci permette di fare progressi economici.
Lasst sie nach Berlin kommen!
Lasciateli venire a Berlino! [...]
Tutti gli uomini liberi,
ovunque essi vivano,
sono cittadini di Berlino,
e quindi, come uomo libero,
sono orgoglioso di dire,
Ich bin ein Berliner! (sono un Berlinese).»

* * *

A berlino ci sono andato nell'agosto del 1971.

Dopo 10 anni dalla realizzazione del "muro" nella notte tra il 12 ed il 13 agosto del 1961.

Il 12 ed il 13 agosto del 1971 ero a Berlino.

Mi sono recato nella parte est della città il giorno 12, con un permesso che mi scadeva a mezzanotte, ho rischiato la chiusura del varco per una sfilata militare che m'impediva l'accesso alla Friederich strasse, unico passaggio per turisti e stranieri.

Il 13 agosto la Berlino comunista celebrava la separazione della città con una parata militare oceanica: celebrava il muro.

Ero là anche il 13 agosto mattina ad assistere.

Honeker sul palco nella Under Der Linden che arringava la folla.

La sua voce severa, dura, autoritaria.

Non avevo mai visto e sentito niente di simile dal vero.

Non capivo le parole ma ne interpretavo la violenza.

Mi sono sentito berlinese anch'io.


Vito Schepisi

Il giorno della libertà

Uno dei tanti che non ce l'hanno fatta

Questo Governo, certo, non lo festeggia.

Troppi scheletri negli armadi dei ministeri e al governo, perfino in cima sul colle più alto: meglio passare tutto sotto silenzio.

Non lo celebrano i Ds, che pure avevano dichiarato di essere cambiati geneticamente, di non essere più comunisti, o almeno comunisti in quel modo.

Di solito con una trentina di anni di ritardo anche i comunisti arrivano alle conclusioni alle quali erano pervenute le persone normali una generazione prima, ma questa volta è meglio tacere e fingere di dimenticare che proprio l'Italia in Occidente, anche attraverso dirigenti democristiani come Andreotti, fece il possibile per tenerlo in piedi, quel muro.

Non lo celebrano ovviamente quelli che comunisti ancora sono a dispetto dei santi e malgrado tutto.

Fin qui, tutto "normale", come direbbe il nostro marinaretto ministro degli Esteri.

Un po' meno "normale" è che i giornali non ne parlino, che i partiti di ascendenza più o meno liberale si siano già dimenticati di questa Giornata della Libertà, indaffarati come sono a tentar di ridurre il danno di una finanziaria da buttare per intero, magari aggiungendo a provvedimenti di stampo assistenziale altri provvedimenti assistenziali.

Eppure quel 9 novembre del 1989 dovrebbe significare molto per noi: ha significato certo la fine di un confronto armato che si protraeva da decenni, la caduta di un sistema di potere antidemocratico, totalitario e violento che aveva assoggettato una metà d'Europa, ha consentito la liberazione di tanti popoli.

Ha significato per molti la fine senza remissione di un sistema ideologico che ha causato molti milioni di morti, ingiustizie e violenze senza fine, di un imperialismo camuffato da fratellanza, di un bellicismo aggressivo nascosto sotto l'arcobaleno della pace fatto agitare dai popoli da sottomettere.

Ma tutto questo non vale per noi Italiani.

Noi dovremo attendere chissà per quanti anni ancora.

Intanto, i soli a ricordare l'anniversario sono, a quanto pare, gli studenti dei movimenti liberal-democratici.

Peccato che con loro si mescolino imbecilli che sotto il pretesto dell'anticomunismo inneggiano a personaggi come Mussolini e, ancor molto peggio, come il sanguinario Codreanu: come cadere dalla padella nella brace.

Un'unica notizia in qualche modo consolante: è morto Markus Wolf, l'ex capo della Stasi.

Con l'aiuto di una parte non irrilevante dei suoi concittadini ha spiato sistematicamente tutto il suo paese.

Marco Cavallotti


09 novembre 2006

Scioglimento Rosa nel Pugno?

Questa mattina ho ricevuto da Marco Pannella una mail che riporto integralmente

Alle compagne e ai compagni della Direzione Nazionale della Rosa nel Pugno

e, p. c. agli amici e compagni laici, socialisti, liberali e radicali

Roma, mercoledì 8 novembre 2006

Caro Vito,
Comincio a scriverti alle 22. Da stamane ci giungono da parte di esponenti parlamentari e dirigenti dello SDI formali preannunci di immediata ("ad horas") rottura e di conseguente immediato scioglimento della Rosa nel Pugno, quindi anche del Gruppo Parlamentare. Voglio sperare e credere che si tratti di una bizzarra tattica volta a saggiare le nostre reazioni o a indurci ad accettare quel che potrebbe di nuovo esserci richiesto.
Se così non fosse, resterebbe ancora da chiedersi se davvero qualcuno ritenga possibile liquidare una realtà politica e parlamentare costituita con la ratifica da parte di tanti eventi politico-elettorali, da tanti Congressi e convegni dei partiti e dei soggetti politici coinvolti. Anche questo mi appare come difficilmente immaginabile. Si afferma anche pubblicamente che il Congresso radicale di Padova non avrebbe minimamente affrontato i problemi della RnP e risposto alle richieste dello Sdi. Abbiamo invece dedicato un intero pomeriggio all'analisi e alla discussione della grave congiuntura nella quale il nostro nuovo soggetto politico ("strategico") si vorrebbe sia liquidato, come è accaduto nelle tre precedenti elezioni politiche per allora occasionali coalizioni meramente elettorali.
In questa situazione la prima reazione che mi sembra comunque obbligata è quella di informartene il più rapidamente possibile, sperando che questo fatto concorra a sciogliere finalmente non già la Rosa nel Pugno ma il grumo di inadeguatezze e di interessi contrari che sembrerebbe in questo momento sul punto di creare un fatto compiuto, nell'illusione di poterlo davvero compiere, conferendogli carattere definitivo. Sono personalmente determinato e convinto che così non possa, non debba essere.
Chiederò immediatamente, già domattina, ai compagni della Segreteria Nazionale della RnP di riunirsi con la massima urgenza e di procedere, comunque, alla immediata convocazione della Direzione Nazionale entro l'ultima settimana di novembre. Mi sembra urgente, doveroso, necessario, rispettoso di noi stessi, informarti di questo tentativo di azzerare quello che era stato salutato come "l'unico evento nuovo della politica italiana", quale avevamo la consapevolezza di potere costituire e far vivere e crescere nel nostro paese. Se effettivamente quanto tutt'oggi ci veniva annunciato dovesse corrispondere ad una reale intenzione e ad una decisione immediatamente operativa - ripeto: non voglio e non posso crederlo - sono convinto che da parte di tutti noi, di tutti coloro che hanno operato, sperato, sostenuto con tanto immediato ascolto profondo dell'opinione pubblica, si coglierà immediatamente questa occasione e questa drammatica, reiterata minaccia per tramutarle in un fantasma cui si dia alla fine corpo per poterlo trafiggere e per liberarcene.
Cercheremo di informarti in tempo reale, nelle ore che vengono, in ogni modo possibile dello sviluppo dell'evento, sia attraverso Radio Radicale, sia attraverso i siti radicali e della Rosa nel Pugno. Ti chiedo, chiedo a tutte le compagne e a tutti i compagni che sarò riuscito a raggiungere stanotte o sin dalle prime ore di domani, giovedì, le tue, le vostre reazioni, i vostri suggerimenti, le vostre iniziative per fare il necessario atto a proporre e contribuire ad imporre il rilancio pieno ed effettivo della nostra Rosa nel Pugno, data invece per morta o in agonia, spacciata; da parte di chi sin dall'inizio dell'anno ha operato in modo di soffocarci sul nascere o di eliminarci corrompendo tutto il corrompibile, ovunque per natura presente.
Quante volte Enrico ha avuto il merito di avvisarci tutti della forza, della violenza delle "pressioni" che più di noi tutti, l'intero Sdi, ovunque, era ed è sottoposto da parte dei titolari del potere oligarchico e conservatore operanti al vertice del regime politico attuale, cui la Rosa nel Pugno è sola forza davvero alternativa.
Si fa tardi. Ti chiedo di lottare insieme perché non diventi subito "troppo tardi" per salvare, rilanciare e rafforzare la tua, mia, nostra impresa. Ripeto ancora una volta, te ne chiedo scusa: se vi sono momenti nei quali ci sembra di non avere più speranza, quello è il momento in cui è possibile e necessario essere speranza per tutti. Se puoi, se vuoi sarò lieto di una tua risposta.

Marco Pannella
della Segreteria Nazionale della Rosa nel Pugno m.pannella@rosanelpugno.it

P.S. : A questo link trovi un servizio comparso stamattina nientemeno che sul "Secolo d'Italia". Naturalmente né io, né te (immagino) siamo disposti a fargli un sia pur minimo credito. Fantasie, di certo; anzi, fantasticherie prive di fondamento. Però ammetto di esserne stato un po' impressionato quando l'ho letto. Scherzi dell'arteriosclerosi! Marco
nei commenti la mia risposta inviata a Pannella alle 9, 15 circa di questa mattina

08 novembre 2006

La democrazia americana



Coloro che sono sempre pronti ad indicare il sistema americano come la dimora del maligno anche questa volta sono stati smentiti dai fatti.
Quella statunitense è la casa della democrazia.
Il popolo sposta il proprio consenso in considerazione dei programmi e delle finalità dei due partiti che da sempre li rappresentano.
Nessuno dei due schieramenti, uno liberal conservatore e l’altro liberal progressista, ha mai messo in discussione la continuità delsistema: il metodo liberale ed il comune sentire essenzialmente occidentale, demo cratico, rappresentativo, pluralista.
Nessuno dei gruppi politici , democratici ovvero repubblicani, ha mai messo in discussione la legittimità democratica dell’altro a proporsi ed a concorrere nella gestione.
Dalla consapevolezza della più consolidata democrazia d’oltreatlantico emerge la capacità di emendare e di giudicare le politiche tendendo le orecchie per ascoltare ed allungando lo sguardo per osservare.
Gli americani votano per scegliere e votano per giudicare.
Senza dubbio la politica di Bush ha creato difficoltà al popolo americano. L’immagine del Presidente determinato e vincente del dopo 11 settembre 2001 si è andata via via perdendosi dietro una serie di errori sia strategici che di valutazione.
La questione Iraq gli è sfuggita di mano.
La grande potenza militare americana rischia di impantanarsi in un secondo “Vietnam”.
Alla sproporzionata superiorità militare non corrisponde la capacità di controllo del territorio e di gestione della pace.
La lezione di democrazia e di maturità che ci viene puntualmente dagli statiuniti avrà, pertanto, ancora una volta la sua conferma.
Anche la vittoria dei democratici nelle elezioni del mid-term non sposterà di una virgola gli obiettivi del Governo americano che sono, in primis, la sicurezza e la lotta al terrorismo.
La ragione è che sono scelte politiche condivise.
In America non ci si divide per principio, come accade in Italia, dove da una parte politica, ad esempio, si ignora il pericolo della immigrazione clandestina. In America neanche le linee della politica economica subiscono sostanziali mutamenti.
Il popolo degli States, da sempre,ha scelto i suoi principi civili ed economici che l’hanno resa libera ed opulenta.
Nessuno dei poteri elettivi degli USA , Presidente, Congresso e Corte Suprema oserebbe mettere in discussione il ruolo del proprio paese nello scacchiere internazionale e neanche i principi di libero mercato e di iniziativa privata.
A volte gli interventi del Congresso sul libero mercato sono solo orientati a forme di protezionismo sul mercato interno.
In questa ottica, come sappiamo, anche il Made in Italy è stato spesso colpito da provvedimenti di restrizione.
La nuova collocazione politica del Congresso contribuirà a modificare la strategia, ad esempio, in Iraq e negli altri punti caldi della Terra, non a modificare la collocazione e la “ratio” del ruolo americano.
I valori, si ripete, su cui si muovono i rappresentanti del popolo sono condivisi e rispondono agli impegni presi.
Bush in queste elezioni di mid-term viene punito per aver fallito nel perseguire gli obiettivi proposti.
Se in Iraq l’obiettivo annunciato di esportazione della democrazia avesse conseguito il successo sperato, il Presidente, senza ombra di dubbio, avrebbe conseguito una vittoria strepitosa.
L’Irak sarebbe stato l’unico paese, eccetto Israele, nell’area mediorientale recuperato al processo democratico.
Bush sarebbe passato alla storia come fautore di democrazia in un’area a profondo rischio di deflagrazione.
La sua vittoria avrebbe certamente assicurato al Partito Repubblicano il prossimo Presidente degli States nel 2008.
Il fallimento della sua politica nell’obiettivo di sconfitta del terrorismo internazionale e mediorientale rende quasi certa la vittoria del Partito Democratico alle prossime presidenziali.
Conosceremo il programma e gli obiettivi del loro candidato e si rinnoverà il metodo della democrazia americana con gli elettori attenti alla realizzazione dei programmi ed al perseguimento degli obiettivi.
Vito Schepisi

03 novembre 2006

Radicali: un inutile congresso



E la montagna partorì il topolino. E’ questa la sintesi della prima giornata del congresso dei radicali italiani a Padova. Da giorni infuriava una tempesta sui colli radicali. Pannella contro tutti e soprattutto contro il suo segretario Capezzone, parafulmini della sua follia. Due posizioni inconciliabili, severe nella forma, inassimilabili nel contenuto. La segreteria che rivendicava le battaglie radicali e liberali, soffriva la gabbia governativa, paventava autonomia nelle decisioni, organizzava tavoli dei volenterosi. Pannella, spalleggiato da Bonino, difendeva le sue scelte, come sempre non disposto ad ammettere i suoi errori, scelte sempre inattaccabili. Nessuno strappo con la maggioranza e col Governo: atto di fede incondizionato con diritto di dissenso.
Il diritto di tribuna, insomma.
Pannella non ha mai torto e non sbaglia mai! Non ammetterà mai d'aver sbagliato, neanche dinanzi all’evidenza. Ha somatizzato in se il culto della sua personalità e non riesce a liberarsene. Nonostante la sua cultura laica e liberale, si è costruita per se la nicchia dell’infallibile.
Inconciliabili le posizioni del segretario con quelle del duo Pannella-Bonino. Lo strappo appariva evidente ed il congresso avrebbe discusso dello strappo; avrebbe stabilito la linea politica, anche motivato l’eventuale uscita dalla maggioranza. Capezzone dimissionario e la candidatura alternativa della Bernardini, panelliana da sempre.
Un congresso vero, una discussione serrata sulle scelte, sulla politica estera di D’Alema, sulla finanziaria di Prodi-Visco-Padoa Schioppa, sui diritti civili. Ci si aspettava un riferimento maligno di Capezzone alla Bonino per aver fatto finta di niente durante la missione in Cina, quando Prodi ha richiesto la fine dell’embargo della vendita delle armi alla repubblica cinese. Un vero congresso epocale per le scelte politiche dei radicali. Una conta che avrebbe segnato la svolta ed il chiarimento tra un radicalismo anarchico e di sinistra e l’altro di matrice liberale, riflessivo e propositivo di un vero indirizzo politico.
Niente di tutto questo.
Il Congresso radicale si apre con la relazione di Capezzone che sancisce la volontà dell’unità nella confusione.
Una relazione che comprende le esigenze di tutti, che fotografa l’attuale collocazione del partito, che mantiene gli impegni governativi, che osserva i limiti di questa maggioranza. Chiede solo spazio e visibilità e timide ed improbabili richieste di cambiamento. Solo questo. Un atto di fede verso Prodi, una dichiarazione di indissolubilità di un matrimonio contratto:
il ripudio del divorzio.
Spiace dirlo i radicali in Italia segnano il loro territorio; si ritagliano il loro spazio governativo; marcano la loro frontiera di nicchia elettorale; si accomodano sui banchetti distribuiti loro.
Disperdono nell’oblio la loro misera fine.
Vito Schepisi

29 ottobre 2006

ABBIATE PAURA !


Deve averlo tenuto a mente per tutto questo tempo.
Da quando è stata diffusa la notizia che Prodi avesse utilizzato la facoltà data dal Governo Berlusconi di donare proprietà ai figli, senza dover subire imposizioni fiscali, deve aver meditato la vendetta. Deve aver pensato d’essere stato oggetto di controlli.
La figura squallida di utilizzare le leggi animosamente contestate al suo “peggior nemico”, per trarne vantaggio personale, deve aver guastato per giorni la sua digestione.
E’ un uomo caparbio, il nostro, pieno di impeto reattivo, commisurato a pause di ispirazione curiale. Si è sentito come il classico “monello” di famiglia scoperto con le mani nel barattolo della marmellata. Deve averle osservate bene le sue mani e meditato sul giudizio degli altri:
mani sporche, pelose, untuose.
Arrivato al potere ad ogni costo, passando anche dai presunti brogli e festeggiando ipocritamente una vittoria mai arrivata.
Giunto dall’Europa che l’aveva pesato, valutato e rigettato indegno ed inadeguato, ha chiesto subito a Visco, suo viceministro dell’economia, con la delega alle Finanze, la rimozione della G. di F. di Milano.
Meditava, forse per vendetta, di poter esercitare pressioni e controlli più serrati verso colui che ritiene l’artefice del suo dolor di pancia. Tentativo fallito per manifesto abuso di autorità del “dracula” della politica italiana.
Anche questa onta si è aggiunta!
E la vendetta meditata, moltiplicava gli attori e gli scenari: si aggiungevano gli incubi notturni di Visco. In profonda sofferenza, questi, per non aver potuto “punire” gli artefici dell’indagine sulle cooperative rosse, colpevoli di aver fatto emergere le affinità di Consorte con Fassino.
Che sia questa la ragione alla base della sua volontà di provocare gli incubi notturni a tutti gli italiani operosi con la legge Finanziaria? Ma la vendetta non finisce qui. Si aggiunge quella di individuare il capro espiatorio degli spioni di Prodi. Indovinate chi?
Naturalmente Berlusconi!
Spioni di cosa non si è capito! In tanti a spiare tanti! A spiare, poi, cose che nel caso del nostro indecente Presidente del Consiglio, dovevano essere note a tutti…per legge. Sollevare polveroni, lanciare calunnie, distrarre forse gli italiani dalla consapevolezza di cose, invece, reali?
La corte dei Conti che ritiene la manovra non adeguata allo sviluppo. La banca d’Italia che vede la pericolosità degli inasprimenti fiscali come fonte di copertura della spesa. La Comunità europea che chiede urgenti riforme strutturali e promuove con riserva la finanziaria. Le società di rating che declassano l’ Italia. I famosi giornali economici inglesi Finanzial Times ed Economist, sempre citati ed usati come clava dalla sinistra ai tempi di Berlusconi, che si soffermavano, invece, sull’inadeguatezza di Mister Prodi e della sua manovra economica.
Una maggioranza che perde colpi e si contraddice. L’uscita televisiva dell’insostenibile Prodi che si rallegra perché tutti sono scontenti affermando, in sostanza, che il suo compito sia quello di scontentare tutti. Il ministro dell’economia che lamenta pressioni politiche da parte dei 9 partiti dell’Unione. Un’Italia che in grande quantità grida all’inganno.
Tutte questioni che erano sulle prime pagine dei giornali ed occupavano la scena fino alla grande notizia del nostro eroe ferito nell’onore per essere stato spiato naturalmente da Berlusconi.
Patetico!
Come è patetico il Presidente della Repubblica Napolitano, subito accorso a dar sostegno e solidarietà, mentre in Ungheria ancora manifestanti venivano repressi, lasciando sangue e vita sull’asfalto di Budapest, una città vittima di una feroce repressione sovietica nell’ottobre del 1956 con la compiacenza del nostro Presidente della Repubblica.
Vito Schepisi

28 ottobre 2006

La "fatwa" di Fassino


A Piero Fassino vorrei subito dire: pensa alle mascalzonate che i tuoi intellettuali dicono e scrivono su Giampaolo Pansa contro il quale è stata scagliata la tipica «fatwa» comunista italiana, non diversa da quella islamica che colpì Salman Rushdie. L'invito ad assassinare almeno l'immagine delle persone è la specialità della sinistra comunista e il segretario dell'ex Pci lo ha voluto confermare ieri lanciando una fatwa contro di noi del Giornale per essere stati «propalatori di una campagna di delegittimazione dell'avversario». Ciò sarebbe avvenuto quando «il centrodestra nel 2001» avrebbe «subito creato delle commissioni d'inchiesta come la Mitrokhin e la Telekom Serbia che erano delle clave dell'avversario». Non so se Fassino si renda conto di quanto sia grave l'attacco di un segretario del primo partito di governo ad un giornale d'opposizione. Ma voglio dirgli: caro Piero, sono stato per quattro anni il Presidente della Commissione Mitrokhin che ha risolto, nel silenzio assoluto (anche delle tre reti Mediaset) il caso dell'attentato al Papa, dell'attentato al treno del 1984, la questione delle Brigate rosse eterodirette dai sovietici, il delitto Moro, ha fatto riaprire le indagini sulla strage di Bologna e infine ha documentato i depistaggi del Sismi durante il governo dello stesso signor Prodi che sa far ballare i piattini e interrogare i fantasmi, chissà il da fare che avrà per Halloween.Il tutto nel silenzio colpevole e complice della stampa controllata dalla sinistra. La Commissione Telekom Serbia, che aveva abboccato alle esche, ha avuto tutti i riflettori addosso perché era caduta nella trappola accuratamente preparata. Per me che non avevo messo i piedi nella tagliola altri sono stati i premi: una vita blindata per me, mia moglie e i miei figli, mentre a Teramo si processano i giovanotti ucraini che introdussero granate destinate a un bersaglio su macchina blindata, indovina chi. Inoltre, caro Fassino, la Commissione Mitrokhin non l'ha inventata il centrodestra, ma Massimo D'Alema che disse di volerla e poi non ne fece niente. Lo scandalo di cui mi sono occupato io è stato sepolto da «misure attive» e nessuno nel centrodestra, neanche Berlusconi, ha usato i risultati della mia commissione non dico come una clava, ma neanche come uno stuzzicadenti sicché un'inchiesta faticosa, clamorosa e rigorosa sta andando al macero mentre i poveri italiani vengono rincoglioniti con i reality show e le vicende del calcio. Fassino, per curiosità, tu lo sai che il generale Siracusa, direttore del Sismi (altro che caso Abu Omar!) agliordini del governo Prodi per ben tre volte rifiutò di far intervistare Vasilij Mitrokhin che prima di morire voleva fornire la mappa degli italiani che dovevano formare la classe dirigente dell'Italia sovietizzata? Fassino, già persona riflessiva, ora dà di sprone a un cavallo a dondolo con il cipiglio di chi cavalca la tigre della verità, che semmai è mestiere nostro e non suo. E, eccitato da tal destriero, arriva ad accusare noi di propagandare odio quando proprio questo Giornale e chi scrive hanno lanciato vibranti campagne contro l'uso dell'odio in politica e contro il razzismo in politica, giacché proprio voi, caro Fassino, avete la responsabilità di averci applicato sulla giacca il marchio della razza inferiore indicandoci all'odio e agli sputi, cannoneggiati da una satira a senso unico pagata col denaro di tutti. Io detesto l'uso dell'invettiva «Vergogna!», che è robaccia della tua parte e non della nostra. Ma vivaddio, un'ombra di rossore non guasterebbe sul tuo ascetico viso, caro Piero, credimi.
Paolo Guzzanti
da "Il gionale" del 28 ottobre 2006