14 ottobre 2013

Letta sta portando l'Italia al collasso



Il Consiglio dei Ministri sta per presentare la legge di stabilità. Le polemiche, i moniti, gli aut aut, le mani in avanti si susseguono a ritmo più serrato man mano che ci si avvicina alla vigilia della presentazione.
Niente di diverso. Prima accadeva la stessa cosa con la legge finanziaria che, a differenza di quella attuale di stabilità, regolava le poste di bilancio, invece che le scelte economiche del Paese.
Dalle indiscrezioni sembra di capire che la legge per l’economia e la finanza italiana si muoverà attorno ad alcune questioni come:
- la trasformazione dell’IMU nella Service tax che sostituirà anche la Tares in una tassa unica sugli immobili, prima o seconda casa che siano, su aliquote che non si discosteranno dall’incidenza voluta da Monti per l’IMU del 7,6 per mille per la prima casa e del 10,6 per mille per le altre. Una patrimoniale mascherata che vedrà l’unificazione della tassa sulla proprietà degli immobili con quella sui rifiuti e sui servizi comunali, con la variante del coinvolgimento degli inquilini alla nuova imposta;
- la rivisitazione delle aliquote IVA. Sembra che sia allo studio l’aumento dell’aliquota, su alcuni beni di consumo, dall’attuale minima del 4% a quella tutta nuova del 7%. Non sono pervenute, invece, ipotesi di riduzione di quella massima del 22%, in vigore già dal primo ottobre di quest’anno per il “colpo di genio” di Letta che in Consiglio dei Ministri ha recitato da offeso;
- la riduzione selettiva del cuneo fiscale alle imprese che assumono e investono (ma quante tra le piccole e medie sono ancora in grado di farlo?) per un costo complessivo di 2,5 miliardi di euro; 
- la distribuzione in busta paga dei lavoratori, anche questa selettiva, di tasse per 150/250 euro l’anno per stimolare gli acquisti;
- il taglio su alcuni capitoli di spesa dei ministeri. (Si parla anche di sanità e le regioni sono in subbuglio. Vendola manda a dire al Governo che i tagli alla sanità sarebbero “inaccettabili”. Lo stesso Vendola che ha consentito che sotto la sua gestione si sperperassero due miliardi di Euro. Una faccenda con responsabilità penali ancora tutte da definire, ma con “responsabilità” finanziarie già addossate ai contribuenti pugliesi;
- rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e alcune misure di stimolo alla crescita economica, come la deducibilità del costo del lavoro ai fini dell’IRAP.;
- Allentamento del patto di stabilità degli enti di governo locale con adeguamento alla capacità di spesa creata ai comuni con la “Services tax”.
Saranno sufficienti le misure su esposte a ribaltare le difficoltà economico-finanziarie dello Stato?
Rispondere di si vorrebbe dire solo continuare a prenderci in giro.
L’Italia con queste misure nel 2014 si troverà a navigare in un mare ancora più tempestoso di quello attuale.
Si vuole ancora nascondere al cittadino la gravità della cosa. L’Italia, progressivamente, perde pezzi d’impresa e di lavoro. E’ un’emorragia che non accenna ad arrestarsi perché si pensa di fermarla con interventi superficiali, perché non si ha il coraggio di dire ciò che in Italia non va.
Finché si penserà di coprire le spese aumentando le entrate, non sarà possibile discostarsi dalla discesa verso il baratro.
Vanno fermate le spese. 
Il nostro è un Paese che per pagare solo gli interessi sul debito e per la spesa energetica, fuori dai nostri confini, spende quasi quanto le intere entrate irpef dei lavoratori dipendenti.
E’ in moto un processo maniacale che ci sta portando al collasso. Molti lo sanno, ma lo nascondono. Tra un po’, però, non sarà più possibile nascondersi dietro un dito.
Letta basta a giocare! Lei fa come il prestigiatore che all’angolo della piazza fa il gioco delle tre carte. Carta che vince e carta che perde. Ma è pazzesco! Renzi fa le battute e Alfano fa finta di arrabbiarsi. Sulla nostra pelle! O sono tutti pazzi o non hanno capito una mazza.
A questo punto non bastano più le forbici, ci vuole la scure. Tagliare, tagliare, tagliare. Altro che resistere, resistere, resistere. Tagliamo le regioni, ad esempio. Le regioni sono la fonte più proficua del malaffare. Per la spesa sono pozzi senza fondo.
Pensiamo ad una architettura costituzionale della democrazia rappresentativa più snella e più parsimoniosa in cui le autonomie siano attente ai servizi sul territorio, ma con un sistema di controllo sulla congruità della spesa.
Il governo delle larghe intese poteva avere un significato se fosse stato usato per due cose: adottare le misure impopolari, prima di trovarsi fuori tempo massimo, e fare le riforme (Giustizia, Stato, Lavoro).
Doveva portare alla pacificazione sociale, invece ci ha regalato il “ricatto” del PD sulla responsabilità di tenere forzatamente in piedi un Governo d’incapaci. 
Vito Schepisi

08 ottobre 2013

Elogio dell'idiota


Chiariamolo subito. Se mi trovo qui a tratteggiare un elogio all’idiota non è per pura e occasionale avventura, ma per una meditata analisi.
Partiamo da un dato italiano: in Italia è idiota almeno un italiano su due. Sono ottimista questa mattina. Ma il meglio deve ancor esser detto: il 50% degli italiani sa di essere idiota e se ne compiace. Quello nostrano non è un fenomeno circoscritto al Paese: è comune a tutti i paesi di simile livello sociale ed economico, con simile retroterra culturale e con pari livello di civiltà.
L’idiota di cui si parla non è la persona del tutto ignorante o il cosiddetto stupido del villaggio e neanche il violento che fa il gradasso con i più deboli. Non è chi alza la voce immaginando che gridando di più si possa avere anche più ragione sugli altri. Se pensassimo a questi, uniti agli altri, di non idioti, in verità, in Italia ne resterebbero in pochi.
Stiamo parlando di persone che immaginano di rappresentare e di dire qualcosa, che si presentano come persone che ragionano, di quelli che attorno alle proprie azioni cercano di costruire delle motivazioni logiche, che chiedono il consenso a ciò che fanno. Parliamo anche degli idioti che fanno parte della classe dirigente del Paese. Degli idioti di rango insomma, anche di quelli che fanno parte della medio-alta borghesia e di quelli che si arrampicano per entrarci o per rimanerci; di quelli con i modi gentili, premurosi e corretti, ligi e legati alle forme, o volgari, autoritari e altezzosi, presuntuosi e intolleranti. 
E’ da qui che parte il primo pensiero sull’utilità dell’idiota: se non ci fossero, non ci sarebbero i non idioti e quindi verrebbero a mancare le persone positive e capaci.
Non è un primo buon motivo, seppure semplicistico, per pensare che l’idiota serva a qualcosa?
Se ci fosse un mondo di persone tutte capaci, tutte intelligenti, tutte razionali, tutte riflessive, tutte positive, il nostro mondo sarebbe banale. La società è complessa e articolata in livelli di competenze e di responsabilità e sapere di prevalere sugli altri solo per un colpo di culo ci porterebbe già alla depressione, ma sapere di dover invece soccombere solo per un colpo di iella sarebbe ancor più insopportabile.
Un mondo di uomini capaci sarebbe scialbo e senza competizione. Tutto sarebbe piatto e senza colpi di genio. Nessun gusto per la creatività, perché tutto sarebbe nella norma. Sarebbe un mondo di uguali, tutti con le stesse doti d’inventiva, con l’estro, con le idee chiare. Ma così tutto sarebbe anche monotonamente razionale e perfetto. L’unica alternativa starebbe nella tentazione d’essere un po’ idioti, per provare qualche emozione diversa. Ma essere idioti in una società di capaci potrebbe trasformarsi in un rischio molto grosso.
Un capace, infatti, sarebbe come uno che coglie l’idea del perfetto e si uniforma ad essa. E, siccome l’idea del perfetto non è sulla terra, rischieremmo di trovarci in un popolo di fanatici che ritengono blasfema ogni idea che si discosti dalla parola del Perfetto.
Cadrebbero le teste! Anche questa sarebbe una ragione per pensare che avere almeno il 50% degli idioti sia indispensabile per motivare l’articolazione della società e scongiurare il pericolo di involuzioni autoritarie.
Si dice che il buon umore faccia bene alla salute. Ma si ride, quasi sempre, quando c’è un idiota che ci fa ridere. Benigni, ad esempio, non ci fa ridere perché declama i versi della Divina Commedia o perché rimescola da anni le sue battute su Berlusconi, ci fa ridere perché nei suoi modi gli spettatori ci scorgono i modi del giullare che fa l’idiota.
I nostri comici per farci ridere dicono idiozie. L’idiota, pertanto, ci fa sorridere, alimenta il buon umore, ci distrae dai pensieri e dalle responsabilità ed è un antidoto allo stress.
Si prenda Crimi, il senatore del M5S che, membro della Commissione sulle immunità del Senato, nelle fasi della discussione sulla decadenza di Berlusconi, non ha trovato di meglio da fare se non, in odio a Berlusconi, d’essere volgarmente offensivo verso il mondo degli anziani. Crimi rappresenta benissimo una buona parte della nostra società.
Come, diversamente, poteva essere rappresentato in Parlamento il mondo degli idioti se non ci fosse stato?
Vito Schepisi

04 ottobre 2013

Vittime di responsabilità politiche

Quante tragedie ancora devono verificarsi per porre termine alle inammissibili responsabilità politiche sul fenomeno dell'immigrazione? 
L'Italia è diventata l'anello debole dell'Europa. La nostra Nazione è considerata dagli extracomunitari, certamente a ragione, il Paese in cui tutto è permesso ed in cui il rischio di doverne pagare le spese non esiste. 
Da noi si parla di xenofobia e di razzismo, ma in effetti è il Paese più tollerante e garantista per i reati degli immigrati. L’Italia è il Paese che sulla questione immigrazione è considerato il più molle ed incapace d'Europa. 
Sbaglierebbe chi pensasse che per la tragedia al largo di Lampedusa non ci siano responsabilità politiche italiane ed europee. Far pensare, ad esempio, che in Italia, nonostante il previsto reato di clandestinità, poi tutto si accomoda, e osservare la presenza di ministri e Istituzioni pronti a difendere queste vittime delle guerre e del sottosviluppo è un errore. 
E’ un gravissimo errore che si paga anche con centinaia di vittime umane. I nostri ministri e le nostre istituzioni dovrebbero invece sostenere che la legalità debba essere riconosciuta come il principio fondamentale su cui si costruisce un processo d’integrazione tra le genti. La legalità deve essere il primo presupposto senza il quale tutto diventa più difficile, ma alcuni ministri e politici non la pensano affatto così. 
Senza legalità e senza il rispetto di leggi e persone, e di luoghi e costumi, non ci può essere integrazione: un principio quest’ultimo che sarebbe bene che fosse pronunciato in modo chiaro da tutti, magari stampato in tutte le lingue e affisso ai nostri valichi di confine, nei nostri centri di accoglienza, nei nostri porti, aeroporti e nelle nostre stazioni ferroviarie.
Mettere in discussione lo "ius sanguinis", per correr dietro alla demagogia dello "ius soli", spinge eserciti di migranti a raggiungere le nostre coste per far nascere un figlio in Italia e stabilire così un diritto. Crea aspettative negli immigrati. L'Italia di oggi, però, non se lo può permettere, né si può pensare che il diritto di uomini e donne, seppur disperati, seppur arrivati in Italia da paesi in guerra o in difficoltà sociale e civile, si sostituisca al diritto di tanti italiani in situazioni di bisogno. 
L'Italia da sola non si può far carico delle situazioni di crisi sociale nei paesi sottosviluppati. La responsabilità delle comunità internazionali sta nel lavarsi le mani e nel limitarsi a giudicare, senza intervenire a sostegno di chi è coinvolto e subisce le "invasioni". Il giudizio etico su chi fa fronte, pur con atti di umanità e con diffuso spirito di solidarietà, ai diversi episodi di disperata follia, è cinismo irresponsabile, ed è irricevibile. 
L'Europa è tra queste. La nostra comunità, che ci detta le regole per "affossare" la nostra economia, si guarda bene da fissare anche le regole per aiutare i paesi in difficoltà e per comprendere il fenomeno dell'immigrazione in una questione comunitaria e non solo italiana. 
Neanche gli immigrati, infine, ci aiutano a sostenere la loro causa, inondandoci di atti criminali di grande e piccola dimensione. Gli interventi per garantire la sicurezza e per reprimere la criminalità, e quelli per porre riparo agli atti di vandalismo, sottraggono risorse economiche e destano inquietudine sociale, sottraendo buona parte della buona qualità della vita della nostra gente. 
Se si volesse davvero aiutare questa gente disperata, in condizioni di bisogno e di sfruttamento, e che paga una cifra per affrontare il viaggio della speranza verso le coste dell’Italia, senza limitarsi alla demagogia e al versamento di lacrime da coccodrillo, e senza alimentare aspettative, sarebbe necessario cambiare registro e intervenire in accordo con la Comunità Europea per stabilire le regole, i flussi, la collocazione e gli aiuti economici per creare lavoro e vita nei paesi interessati. 
Non ci sono soluzioni diverse. 
Vito Schepisi