30 settembre 2006

La Finanziaria della disfatta


"E' una decisione fondamentale per il futuro dell'economia italiana. Avremo un Paese più giusto e solidale".
Sono state queste le parole del Presidente del Consiglio Prodi. Quante volte le abbiamo sentite ripetere dal 1996 al 2001, periodo in cui Prodi e poi D’alema ed ancora Amato ci hanno riempiti di tasse? Non penso che ci sia italiano in buona fede che non ne avverta lo spessore ipocrita e non si aspetti, all’incontrario, un Paese ancora più ingiusto e sempre meno solidale. L’impressione di una grande menzogna è talmente nelle cose da sembrare quasi scolastico il metodo analitico della dimostrazione. La menzogna è anche duplice perché le promesse elettorali di Prodi sono venute clamorosamente meno. Qualcuno ricorda la sua accusa a Tremonti d’essere un “delinquente politico”? Cosa aveva affermato Tremonti? In sostanza tre cose. La prima che la vittoria di Prodi avrebbe comportato un aumento della pressione fiscale. La seconda che le vittime di Prodi sarebbero stati i ceti medi ed i lavoratori autonomi. La Terza che attraverso l’aumento delle aliquote di prelievo sulle rendite si andava a colpire quella parte virtuosa del Paese che risparmiava. Chi era allora il “delinquente politico”, Tremonti o chi voleva nascondere al Paese i suoi propositi?
Prodi, inoltre, aveva promesso la riduzione di 5 punti del cuneo fiscale come primo atto del suo Governo, addirittura nei primi 100 giorni. A coloro che gli facevano notare l’alto costo della operazione, si ipotizzava un costo di 10 miliardi di euro (secondo molti in difetto di stima), il nostro si impegnava in televisione, nel confronto con Berlusconi, a realizzare quanto proposto. Tutto falso se è vero che si prevede solo una parte del taglio nel 2007, e solo per la grande industria: una riduzione "selettiva" è stato detto. Eppure la sua pareva una certezza inderogabile! Doveva interessare tutti: impresa e lavoratori! Va bene che gli italiani sanno quanto possa contare la parola di Prodi, ma in Ungheria, sulle menzogne elettorali del candidato eletto della sinistra, è nata una sommossa popolare.
La ciliegina sulla torta è offerta dal fatto che mentre Berlusconi, sempre nel confronto televisivo con Prodi, si impegnava alla eliminazione dell’ICI sulla prima casa, la finanziaria appena varata ne prevede sostanzialmente l’aumento.
Quante volte abbiamo sentito parlare di macelleria sociale durante il governo di centrodestra? Eppure mai ha tagliato alcunché alle persone indigenti. Ha rialzato, invece, i minimi di pensione e ridotto il prelievo fiscale attraverso la correzione delle aliquote irpef. Quelle aliquote che ora passano dal 23% al 27% sui redditi fino a 28 mila Euro, con la furbizia che il 23% nella situazione attuale è fino a 26mila euro, mentre con la proposta del governo il 27% sarebbe fino a 28 mila Euro, tale da rendere furbescamente incomparabili le tabelle delle aliquote anche se, agli occhi di chi voglia vedere, appare sostanzialmente svantaggiosa la nuova misura. Così per l’aliquota, che nella proposta del governo è del 38%, nella fascia che va da 28mila a 55mila euro, contro l’esistente di 33% fino a 33.500 Euro e 39% fino a 100mila Euro. Serve essere tanto intelligenti per scoprire l’imbroglio? Che dire ancora del proposito di mettere le mani sul Tfr?
Le misure proposte con la finanziaria, generalmente, rispondono a ragioni demagogiche, tanto da far dire che siano state accolte tutte le posizione di Rifondazione Comunista. Si vorrebbe dar a vedere che le categorie meno abbienti dovrebbero trarne grande vantaggio ma sostanzialmente non è così. Se si dovesse fare un calcolo tra entrate ed uscite, secondo i flussi medi di costi, anche le fasce sociali più povere non ne trarranno grande vantaggio e nei casi in cui si vericassero situazioni migliori, ci rimetterebbero per un impoverimento più generale del Paese. Gli aumenti che queste misure genereranno nel costo dei beni di consumo, e soprattutto affitti e servizi professionali. eroderanno ancora di più la capacità di spesa. Questa è una finanziaria che stronca ogni idea di sviluppo e che prefigura una crisi di dispersione delle risorse, oltre che della fiducia.
Il ticket sugli interventi di pronto soccorso è poi una vera beffa al buonsenso. E’ un attentato alla salute dei cittadini. Questi in presenza di un malore, si guarderanno bene dal farsi visitare cautelativamente da una struttura di pronto soccorso, nel timore di non essere ricoverati e quindi di dover pagare il ticket. E’ assurdo!
Si sente già dire che al Senato Prodi porrà l’ennesima questione di fiducia. Stanno già circolando le sue parole di sempre: "Se il governo non ce la fa, io vado a casa. Ma sono convinto che non ci vado da solo". Che vada da solo o in compagnia è però bene che a casa ci vada. E quanto prima!
Vito Schepisi

28 settembre 2006

Risiko Finanziario



L’eventuale crisi di Governo è solo marginale rispetto ai giochi che sono alla base di questo Risiko finanziario. La conquista degli spazi non avviene sul fronte politico ma su quello del controllo dei poteri. Questi ultimi poi assegnano i ruoli in chiave politica. L'abbiamo visto nella scorsa legislatura, con Confindustria armata a demolire lentamente ma costantemente la credibilità del Governo. Erano i poteri finanziari che muovevano le fila. Prodi muoveva le banche e queste muovevano l'impresa. La lezione di Agnelli aveva trovato terreno fertile in Montezemolo. Questi ne era permeato. Le politiche di destra le può fare solo la sinistra, sosteneva il compianto grande vecchio dell'industria italiana. E Luca Cordero di Montezemolo ci ha creduto. All'industria è stato promesso il taglio di 5 punti del cuneo fiscale. Come abbiamo visto, però, non tutte le ciambelle vengono col buco: non sono ancora chiari infatti i tempi ed i modi, e neanche la misura dei tagli. Qualcuno in Confindustria incomincia a ripensarci. L'affare Telecom è un’altra mossa del Risiko, anche se è sfuggito di mano al controllo del dirigismo politico-finanziario. Già si preparano gli scenari nuovi ed i veti reciproci ci riporteranno, se Prodi non cade, ad una nuova mediazione tutta interna al centrosinistra. Il nostro Romano già guardava, col sostegno delle banche, al nuovo soggetto produttivo da inserire nella sfera del suo controllo. Doveva passare così, in modo quasi naturale, con l’affermazione di principio, che ha sempre grande presa nella pubblica opinione, di garantire il controllo italiano sull’azienda delle telecomunicazioni. Candidati a sostenere l'indebitamento Telecom, i contribuenti attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. Il disegno particolareggiato, delineato con abilità dai suoi fidati consiglieri, prevedeva lo spezzatino telefonico. La mossa del clan Prodi avrebbe favorito nuovi fidati inserimenti nel controllo delle telecomunicazioni, allargando lo spazio di influenza ed il controllo di una rete che, come si è visto, può rendersi utile a cautelare la privacy del Presidente e dei suoi amici ed ad origliare in quella degli altri.
Ma come si diceva delle ciambelle a volte escono diverse e sono "tappate". In questi "affari" è impossibile muoversi come un pachiderma, come Prodi ha fatto. Ad ogni movimento maldestro, il nostro causa la caduta di una cristalliera coi suoi fragili oggetti di vetro. Tronchetti non ci sta a cedere alla mensa Prodi i suoi piatti di portata e disfa la tavola. Altro movimento di Prodi e si aggiunge danno a danno. Bofonchia un lamento per l’affronto ricevuto e si lascia andare in dichiarazioni incontrollate; denuncia il suo agnosticismo, e non ci crede nessuno, tanto meno nella sua maggioranza. Ed il resto è cronaca nota: dal “siamo matti” alle dimissioni del suo consigliere Rovati ed al tentativo di sottrarsi al confronto in Parlamento. Ora che il petardo è scoppiato ed il fumo si addensa ad offuscare ogni cosa, si affaccia la magistratura per osservare quello che tutti già avevano potuto vedere. Prodi forse nel polverone si salverà, ne uscirà indebolito ma si salverà. Non c’è interesse, ora, a farlo cadere. I giochi sono ancora in corso e la sua parte di “utile idiota” serve ancora. L’altro “cunctator” il console "Fabio MASSIMO Verrucoso" lo vuole ben cotto per mangiarselo in via definitiva. C’è già intanto chi lo vorrebbe sotto tutela, c’è, infatti, chi propone di affidargli una o più badanti per sorreggerlo nel suo cammino incerto, e nel suo percorso sempre maldestro. Il suo incedere ora è simile a quello del ciclista che pedala in salita e che fa oscillare la sua bicicletta a destra e poi a sinistra. Si solleva spesso sui pedali, per ritornare a risedersi sulla sella, ed avanza con affanno mentre il traguardo della fine della legislatura sembra sempre più lontano.
Vito Schepisi

23 settembre 2006

Salvate la democrazia



Come è possibile che Romano Prodi, politico senza leadership e senza partito, persona priva di immagine e di carisma, uomo senza qualità ma alla pressante ricerca del potere, sia (per la seconda volta) presidente del Consiglio per conto del centrosinistra che dovrebbe rappresentare la metà degli italiani? È un mistero su cui la politologia dovrà esercitarsi a lungo.Giampaolo Pansa pensa che Prodi goda di un ottimo «Fattore C», che significa quella parte del corpo che non è elegante nominare. A me pare piuttosto che le ragioni vadano cercate altrove. In prima istanza nel complesso che ha da sempre attanagliato i comunisti, e oggi condiziona i post-comunisti, di volersi servire di politici democristiani o ex per occultare il proprio volto che spaventa la parte moderata dell'elettorato. In seconda istanza nella volontà di strumentalizzare personaggi politicamente fragili, senza forza autonoma ed anche alquanto ricattabili per vicende passate. E di Prodi si possono ricordare i comportamenti spiritici nel caso Moro, i fondi neri Iri e gli intrecci economici personali.Ormai non c'è più alcuno che dubiti che la prova del premier è talmente avvilente da meritare un giudizio negativo anche da parte degli stessi partiti di maggioranza. Il governo non ha una guida politica ma si dedica solo all'affannosa mediazione tra spinte contrastanti che compromettono l'immagine del Paese. La débâcle di Prodi si va a tal punto aggravando che i leader più responsabili del centrosinistra sono sempre meno disposti a puntellarlo. Le gaffe si susseguono a ripetizione: Telecom, Rovati e il Parlamento; il Papa, le sue guardie e la protezione; la Cina, l'embargo sulle armi e i diritti umani; e il terrorismo, il nucleare e Ahmadinejad.Non c'è tuttavia da stupirsi che solo oggi D'Alema, Fassino e Rutelli si accorgano di avere a che fare con un vecchio Irisauro che utilizza i metodi del peggior clientelismo democristiano; e non meraviglia neppure che i poteri forti, che pure lo hanno appoggiato alle elezioni, si rendano conto che il Professore vuole battere la strada del dirigismo statale e dell'interventismo pubblico, l'opposto del potenziamento dei meccanismi del mercato e della concorrenza che soli potrebbero far uscire l'Italia dalla stagnazione. Si tratta delle conseguenze tipiche della strumentalizzazione.Infatti i post-comunisti, che hanno furbescamente scelto Prodi come mediocre archeologo della prima Repubblica democristiana, finiscono per essere vittime del contrappasso. Volevano un «utile idiota» debole, e si ritrovano un cultore del potere di clan, debole sì ma ostinato. Volevano un ambiguo navigante tra il Mediterraneo e l'Europa che aveva malamente presieduto a Bruxelles, e si ritrovano un intrigante interlocutore del fondamentalismo islamista e un propugnatore delle armi alla Cina. Volevano un docile paravento per i moderati, ed hanno a che fare con un poltronista di Palazzo Chigi che per resistere fa asse con il bertinottismo.Noi però guardiamo oltre il triste tramonto del premier preoccupandoci che la guida del Paese scivola sempre più in basso. A risollevarci non basta un decreto sulle intercettazioni telefoniche. Che vinca il centrosinistra o il centrodestra sulla base del voto popolare, riteniamo necessario che al governo vi sia sempre un leader politicamente legittimato e responsabilmente efficace. Prodi non è né l'uno né l'altro. È perciò tempo che i suoi se ne liberino nell'interesse della democrazia e dell'Italia.

Massimo Teodori da Il Giornale del 23 settembre 2006

Avvertimento ........?


"Se il governo non ce la fa, io vado a casa. Ma sono convinto che non ci vado da solo"
Romano Prodi: 22 settembre 2006

21 settembre 2006

Che figura da "Prodi"!


E’ un’immagine di fuga dinanzi alle responsabilità. E’ questa l’idea di un Presidente del Consiglio che si defila dal riferire al Senato sulla faccenda Telecom. Un voto quello di mercoledì a Palazzo Madama che ha il valore di un mandato a comparire per persona informata sui fatti. Disertare equivale a denunciare responsabilità e reticenze. Questo per ciò che riguarda la sostanza. La forma è ancora più grave. Il Parlamento delibera di ascoltare il rappresentante del Governo, nella persona del Presidente del Consiglio. Questi è direttamente coinvolto nella vicenda, a titolo personale, più che come Presidente del Consiglio e leader della maggioranza parlamentare. Il Capo dell’esecutivo, che trae la sua funzione dalla fiducia accordatagli dai due rami del Parlamento, Senato compreso, invece si defila. Un modo, una giustificazione che non trovano riscontri nelle aule parlamentari. Un Capo del Governo, direttamente e nominalmente invitato a riferire che si sottrae dal confronto con i rappresentanti del popolo, in un luogo simbolo della democrazia che è l’Aula parlamentare: è inaudito! La giustificazione è di dover riferire alla Camera dei Deputati il giorno 28 settembre. La data ottenuta per l'audizione alla Camera dei deputati su pressione del Presidente dell'Assemblea di Montecitorio Bertinotti. Dopo la finanziaria chiedeva, senza pudore, Prodi, dopo essersi in un primo tempo defilato ed aver detto dalla Cina, per le richieste di riferire alle Camere provenienti dall'Italia "ma siamo matti?" . Cosa significa dover riferire già alla Camera e quindi potersi sottrarre dal farlo al Senato? Perché il vecchio democristiano di lungo corso, discepolo di Andreatta, e già boiardo di stato prende tempo? A cosa mira? Vuole avere tempo di assestare il muro della sua maggioranza? Ha paura di scricchiolii pericolosi? Perché no al Senato? Teme la defezione di qualche senatore? Non ha avuto il tempo di organizzare la presenza massiccia dei senatori della maggioranza e di quelli a vita? Si deve prima informare sulla situazione di salute di questi ultimi e garantirsi la loro presenza? Si sente debole al Senato? Il venir meno nel conto del voto del senatore Di Gregorio è ritenuto esiziale per la sua risicata maggioranza? E’ ancora tale? Che figura da Prodi!

Vito Schepisi

20 settembre 2006

Prodi tra Telecom ed il Partito Democratico

Deve essere stata una brutta giornata ieri per il Presidente Prodi. Dopo aver dovuto far dimettere il suo fedele consigliere economico Rovati, eminenza grigia per le ricerca dei fondi per le sue campagne elettorali e abile nell'ingegneria economico-finanziaria della occupazione di pezzi di potere, si è trovato costretto a dover rimangiare il “siamo pazzi?” e si è dovuto impegnare a riferire in Parlamento della faccenda Telecom. Bertinotti lo ha incalzato non poco negandogli di prendere ulteriore tempo come il nostro chiedeva. La data è stata fissata per il 28 settembre prossimo mentre Il Professore vagheggiava una data dopo la finanziaria. Una sconfitta su tutti i fronti per Prodi ed alla sconfitta la beffa. Ha perso la gratifica ministeriale per il suo fidato Rovati; ha perso la possibilità di gestire attraverso la Cassa Depositi e Prestiti la società ex monopolista delle telecomunicazioni; ha visto rafforzarsi la componente DS della sua maggioranza attraverso la nomina di Rossi alla Presidenza del CdA di Telecom; ha perso la faccia politicamente per aver mentito agli italiani; è stato sconfessato dall’Europa e dalla sua maggioranza per l’apertura alla soppressione dell’embargo per la vendita delle armi alla Cina (embargo che riviene dall’indignazione del mondo dopo i fatti di Tien An Men); dulcis in fundo al Senato la maggioranza è stata battuta sul voto dell’ inversione dell’O. del G. richiesto dalla Cdl, per cui Prodi, domani giovedì 21 settembre, dovrà riferire in aula sulla questione Telecom.
Ieri Prodi a New York, per distogliere l’attenzione dai suoi modi goffi di trattare la questione del controllo dell’azienda telefonica italiana, ha dovuto parlare, forse anche per una patetica soddisfazione da offrire ai suoi compagni di cordata Fassino e Rutelli, del lancio quanto prima del Partito Democratico. Si sa che, creato questo, Prodi conterà meno che ora. Nei partiti le tessere contano più delle persone e delle storie degli uomini. Bisogna riconoscere che di Prodi tutto si può dire meno che sia un uomo di apparato e capace di controllare sezioni e tessere. Penso che abbia difficoltà anche nei rapporti umani. Non è uomo che ispira simpatia e per chi impara a conoscerlo tantomeno fiducia. Quello del partito Democratico è stato il filo conduttore della politica delle feste di partito. Prima di Prodi, infatti Rutelli ed ancor prima Fassino, per riempire un vuoto progettuale preoccupante e distogliere l’attenzione dalle menate estive dei ministri del buco, e poi del muro, e poi dell’indulto selvaggio si sono dovuti immergere nella progettualità del nuovo soggetto politico. Il Partito democratico che si vuole componete di una vasta area che comprenda istanze cattoliche socialiste e liberali e che si riconosca in un dialogo con le istanze della sinistra sindacale ed alternativa del Paese. In occasione delle feste di partito il tema tra una piadina e l’altra è echeggiato con grande interesse. Tutti , naturalmente, lo vogliono fatto su misura e come sempre accade, la coperta si mostra sempre troppo corta per coprire testa e piedi di tutti. Potrà Prodi cavalcare questa iniziativa per recuperare spazio nel centrosinistra? Quanto tempo ancora lo lasceranno in sella?
Vito Schepisi

18 settembre 2006

Il veterodirigismo di Prodi



Giorni fa discutendo di politica, come spesso accade, il mio interlocutore esauriti i suoi argomenti di confronto se ne uscì con l’ormai famosa domanda da marketing statunitense e riferendosi a Marcello Pera, si parlava di relativismo, mi chiese se avrei mai comprato un auto usata da questo signore. Questa è una domanda che al di fuori di una contestualizzazione mette in evidente difficoltà. La risposta richiesta è talmente banale da risultare (il si o il no) non esaustiva e stupida. M’apparve talmente fuori luogo da farmi reagire in modo diverso dal rispondere nei modi richiesti. Risposi al mio interlocutore che Pera non vendeva automobili e che mai mi sarei rivolto a lui per acquistarne una ed aggiunsi: è uomo di cultura e non venditore di strumenti di consumo e di piacere.
Tutto questo mi fa tornare in mente la faccenda Telecom. Romano Prodi all’indomani delle conclusioni del cda di Telecom, mostra grande disappunto per non esser stato preventivamente informato. Nelle conclusioni del consiglio di amministrazione si delineava un diverso assetto della società telefonica e si mettevano in evidenza situazioni di forte esposizione debitoria e di preoccupazioni per gli azionisti ed i piccoli risparmiatori. Tronchetti Provera, sostiene Prodi, non l’aveva chiamato. Le dichiarazioni di stupore e di irritazione del Professore fanno il giro delle redazioni dei giornali. Lo stupore di Tronchetti Provera, però, cresce di pari. Sui giornali si legge che il manager, presidente del cda Telecom, aveva incontrato il Presidente del Consiglio qualche giorno prima. Prodi, di contro, insiste nell’affermare di non saperne niente e di non essersi mai interessato delle faccende Telecom, benché ritenesse suo diritto sapere. Arriva prsino a minacciare l’esercizio della “golden share” per garantire la permanenza nei confini nazionali del controllo dell’ex monopolista italiano della telefonia. Tutto fuoco di paglia. Sparate ad alzo zero per offuscare l’immagine di una volontà dirigistica e assimilatrice del colosso delle telecomunicazioni. Un ultimo tentativo di ritornare pesantemente alle sue vecchie abitudini di controllo attraverso la leva finanziaria pubblica delle aziende di spessore nazionale.
Tronchetti Provera non ci sta a passare per uno sprovveduto a cui attribuire responsabilità di ogni tipo e tra queste anche quella di aver condotto Telecom allo sfascio. L’ex presidente Telecom rende noto un documento su carta intestata della Presidenza del Consiglio dei Ministri, redatto da Angelo Rovati, consigliere economico e grande e fidato amico di Prodi, in cui venivano “dettate” a Tronchetti Provera le situazioni da delineare per Telecom . Nei propositi di palazzo Chigi era previsto l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti, controllata dal governo, con cui il controllo dell’azienda telefonica, di fatto, ritornava nelle mani pubbliche. All’inevitabile subbuglio che ne riviene, per essere stato smascherato l’indecente atteggiamento di Prodi che fino a qualche ora prima aveva dichiarato di non essere stato informato e di non essersi mai interessato delle faccende Telecom, emerge che il piano era stato redatto dal consigliere economico di Prodi, senza che questi ne fosse stato informato, quasi si trattasse di una esercitazione di “risico finanziario”. Angelo Rovati dichiara infatti che il documento su carta intestata della Presidenza del Consiglio era stato inoltrato alla Telecom per puro esercizio di attività “artigianale”.
Si è dimesso dal suo incarico alla Presidenza del Consiglio, Angelo Rovati, si è dimesso per attribuirsi le responsabilità politiche di Prodi. Si era dimesso anche Tronchetti Provera indicando in Guido Rossi il nuovo presidente. Torna prepotentemente il filo rosso che lega le faccende Telecom. Rovati nella sua lettera di dimissioni inoltrata a Prodi scrive che la sua iniziativa: “e' stata travisata per danneggiare te e il tuo governo” e, parlando di Tronchetti Provera afferma ancora:. “c'e' stato sicuramente un eccesso di fiducia nei confronti di una persona che non ha mantenuto l'impegno di fiducia e di riservatezza”. C’è molta irritazione nel clan col professore che invitato a riferire in Parlamento sbotta: “Ma siamo matti? Basta chiacchiere, ne abbiamo fatte sin troppe”. Un autogol dietro l’altro, un fallimento dietro l’altro ed ancora i post comunisti che dettano le regole del gioco imponendo, in contropiede, ancora un loro uomo e relegando Prodi ed i suoi consiglieri nell’angolo di un veterodirigismo di marca veterodemocristiana.
Comprereste voi una macchina usata da Prodi o dalla sua concessionaria?

Vito Schepisi

17 settembre 2006

Democrazie paurose

Stralci del discorso pronunciato da Oriana Fallaci il 30 novembre 2005 in occasione del premio "Annie Taylor Award" conferitole dal centro Sudi di Cultura Popolare di New York e destinato alle persone che dimostrano particolare coraggio.
da "il Giornale" di domenica 17 settembre 2006

Be': un premio intitolato a una donna che saltò sopra le Cascate del Niagara, e sopravvisse, è mille volte più prezioso e prestigioso ed etico di un Oscar o di un Nobel: fino a ieri gloriose onorificenze rese a persone di valore e oggi squallide parcelle concesse a devoti antiamericani e antioccidentali quindi filoislamici. Insomma a coloro che recitando la parte dei guru illuminati che definiscono Bush un assassino, Sharon un criminale–di-guerra, Castro un filantropo, e gli Stati Uniti «la potenza più feroce, più barbara, più spaventosa che il mondo abbia mai conosciuto». Infatti se mi assegnassero simili parcelle (graziaddio un'eventualità più remota del più remoto Buco Nero dell'Universo), querelerei subito le giurie per calunnia e diffamazione. Al contrario, accetto questo «Annie Taylor» con gratitudine e orgoglio. E pazienza se sopravvaluta troppo le mie virtù. Sì: specialmente come corrispondente di guerra, di salti ne ho fatti parecchi. In Vietnam, ad esempio, sono saltata spesso nelle trincee per evitare mitragliate e mortai. Altrettanto spesso sono saltata dagli elicotteri americani per raggiungere le zone di combattimento. In Bangladesh, anche da un elicottero russo per infilarmi dentro la battaglia di Dacca. Durante le mie interviste coi mascalzoni della Terra (i Khomeini, gli Arafat, i Gheddafi eccetera) non meno spesso sono saltata in donchisciotteschi litigi rischiando seriamente la mia incolumità. E una volta, nell'America Latina, mi sono buttata giù da una finestra per sfuggire agli sbirri che volevano arrestarmi. Però mai, mai, sono saltata sopra le Cascate del Niagara. Né mai lo farei. Troppo rischioso, troppo pericoloso. Ancor più pericoloso che scrivere la verità. Crediamo di vivere in vere democrazie, democrazie sincere e vivaci nonché governate dalla libertà di pensiero e di opinione. Invece viviamo in democrazie deboli e pigre, quindi dominate dal dispotismo e dalla paura. Paura di pensare e, pensando, di raggiungere conclusioni che non corrispondono a quelle dei lacchè al potere. Paura di parlare e, parlando, di dare un giudizio diverso dal giudizio subdolamente imposto da loro. Paura di non essere sufficientemente allineati, obbedienti, servili, e venire scomunicati attraverso l'esilio morale con cui le democrazie deboli e pigre ricattano il cittadino. Paura di essere liberi, insomma. Di prendere rischi, di avere coraggio. Nei regimi assolutisti o dittatoriali, scrive Tocqueville, il dispotismo colpisce il corpo. Lo colpisce mettendolo in catene o torturandolo o sopprimendolo in vari modi. Decapitazioni, impiccagioni, lapidazioni, fucilazioni, Inquisizioni eccetera. E così facendo risparmia l'anima che intatta si leva dalla carne straziata e trasforma la vittima in eroe. Nelle democrazie inanimate, invece, nei regimi inertemente democratici, il dispotismo risparmia il corpo e colpisce l'anima. Perché è l'anima che vuole mettere in catene. Torturare, sopprimere. Così alle sue vittime non dice mai ciò che dice nei regimi assolutisti o dittatoriali: «O la pensi come me o muori». Dice: «Scegli. Sei libero di non pensare o di pensare come la penso io. Se non la pensi come la penso io, non ti sopprimerò. Non toccherò il tuo corpo. Non confischerò le tue proprietà. Non violerò i tuoi diritti politici. Ti permetterò addirittura di votare. Ma non sarai mai votato. Non sarai mai eletto. Non sarai mai seguito e rispettato. Perché ricorrendo alle mie leggi sulla libertà di pensiero e di opinione, io sosterrò che sei impuro. Che sei bugiardo, dissoluto, peccatore, miserabile, malato di mente e farò di te un fuorilegge, un criminale. Ti condannerò alla Morte Civile, e la gente non ti ascolterà più. Peggio. Per non essere a sua volta puniti, quelli che la pensano come te ti diserteranno». La piaga si propaga anche attraverso i giornali, la Tv, la radio. Attraverso i media che per convenienza o viltà o stupidità sono in gran maggioranza islamofili e antioccidentali e antiamericani quanto i maestri, i professori, gli accademici che non dimenticano mai di attaccare Israele, leccare i piedi all'Islam.. Si propaga anche attraverso le canzoni e le chitarre e i concerti rock e i film, quella piaga. Attraverso uno show-business dove, come i vostri ottusi e presuntuosi e ultra-miliardari giullari di Hollywood, i nostri giullari sostengono il ruolo di buonisti sempre pronti a piangere per gli assassini. Mai per le loro vittime. Si propaga anche attraverso un sistema giudiziario che ha perduto ogni senso della Giustizia, ogni rispetto della giurisdizione. Voglio dire attraverso i tribunali dove, come i vostri magistrati, i nostri magistrati assolvono i terroristi con la stessa facilità con cui assolvono i pedofili. (O li condannano a pene irrisorie).E finalmente si propaga attraverso l'intimidazione della buona gente in buona fede. Voglio dire la gente che per ignoranza o paura subisce quel dispotismo e non comprende che col suo silenzio o la sua sottomissione aiuta il risorto nazi-fascismo a fiorire. Non a caso, quando denuncio queste cose, mi sento davvero come una Cassandra che parla al vento. O come uno dei dimenticati antifascisti che 70 e 80 anni fa mettevano i ciechi e i sordi in guardia contro una coppia chiamata Mussolini e Hitler. Ma i ciechi restavano ciechi, i sordi restavano sordi, ed entrambi finirono col portar sulla fronte ciò che ne L'Apocalisse chiamo il Marchio della Vergogna. Di conseguenza le mie vere medaglie sono gli insulti, le denigrazioni, gli abusi che ricevo dall'odierno maccartismo. Dall'odierna Caccia alle Streghe, dall'odierna Inquisizione. I miei trofei, i processi che in Europa subisco per reato di opinione. Un reato ormai travestito coi termini «vilipendio dell'Islam, razzismo o razzismo religioso, xenofobia, istigazione all'odio eccetera». Parentesi: può un codice penale processarmi per odio? Sì, io odio i Bin Laden. Odio gli Zarkawi. Odio i kamikaze e le bestie che ci tagliano la testa e ci fanno saltare in aria e martirizzano le loro donne. Odio i bastardi che insozzano le facciate delle chiese. Odio gli Ward Churchill, i Noam Chomsky, i Louis Farrakhan, i Michael Moore, i complici, i collaborazionisti, i traditori, che ci vendono al nemico. Li odio come odiavo Mussolini e Hitler e Stalin and Company. Li odio come ho sempre odiato ogni assalto alla Libertà, ogni martirio della Libertà. È un mio sacrosanto diritto. E se sbaglio, ditemi perché coloro che odiano me più di quanto io odi loro non sono processati col medesimo atto d'accusa. Voglio dire: ditemi perché questa faccenda dell'Istigazione all'Odio non tocca mai i professionisti dell'odio, i musulmani che sul concetto dell'odio hanno costruito la loro ideologia. La loro filosofia. La loro teologia. Ditemi perché questa faccenda non tocca mai i loro complici occidentali. Sono un'atea, sì. Un'atea-cristiana, come sempre chiarisco, ma un'atea. E Papa Ratzinger lo sa molto bene. Ne La Forza della Ragione uso un intero capitolo per spiegare l'apparente paradosso di tale autodefinizione. Ma sapete che cosa dice lui agli atei come me? Dice: «Ok. (L'ok è mio, ovvio). Allora velut si Deus daretur. Comportatevi come se Dio esistesse». Parole da cui desumo che nella comunità religiosa vi sono persone più aperte e più acute che in quella laica alla quale appartengo. Talmente aperte ed acute che non tentano nemmeno, non si sognano nemmeno, di salvarmi l'anima cioè di convertirmi. Uno dei motivi per cui sostengo che, vendendosi al teocratico Islam, il laicismo ha perso il treno. È mancato all'appuntamento più importante offertogli dalla storia e così facendo ha aperto un vuoto, una voragine che soltanto la spiritualità può riempire. Uno dei motivi, inoltre, per cui nella Chiesa d'oggi vedo un inatteso partner, un imprevisto alleato. In Ratzinger, e in chiunque accetti la mia per loro inquietante indipendenza di pensiero e di comportamento, un compagnon-de-route. Ammenoché anche la Chiesa manchi al suo appuntamento con la storia. Cosa che tuttavia non prevedo. Perché, forse per reazione alle ideologie materialistiche che hanno caratterizzato lo scorso secolo, il secolo dinanzi a noi mi sembra marcato da una inevitabile nostalgia anzi da un inevitabile bisogno di religiosità. E, come la religione, la religiosità finisce sempre col rivelarsi il veicolo più semplice (se non il più facile) per arrivare alla spiritualità. A rischio di sconfessare l'illimitato rispetto che gli americani vantano nei riguardi di tutte le religioni, devo anche chiarire ciò che segue. Come mai in un Paese dove l'85 per cento dei cittadini dicono di essere cristiani, così pochi si ribellano all'assurda offensiva che sta avvenendo contro il Natale? Come mai così pochi si oppongono alla demagogia dei radicals che vorrebbero abolire le vacanze di Natale, gli alberi di Natale, le canzoni di Natale, e le stesse espressioni Merry Christmas e che gioiscono come talebani perché in nome del laicismo un severo monumento a gloria dei Dieci Comandamenti viene rimosso da una piazza di Birmingham? E come mai anche qui pullulano le iniziative a favore della religione islamica? Come mai, per esempio, a Detroit (la Detroit ultra polacca e ultra cattolica dove le ordinanze municipali contro i rumori proibiscono il suono delle campane) la minoranza islamica ha ottenuto che i muezzin locali possano assordare il prossimo coi loro Allah-akbar dalle 6 del mattino alle 10 di sera? E Come mai il nefando professor Ward Churchill non è stato licenziato dall'Università del Colorado per i suoi elogi a Bin Laden e all'11 Settembre, ma il conduttore della Washington radio Michael Graham è stato licenziato per aver detto che dietro il terrorismo islamico v'è la religione islamica?
Oriana Fallaci

15 settembre 2006

Addio Oriana

E' morta una grande donna. In Italia penso la migliore del xx secolo. Ci lascia soli, senza il suo riferimento, senza la forza del suo grande amore per la vita e per la verità. Ci lascia, commossi per il suo grande coraggio e per l'amore per il mondo libero che l'ha sempre ispirata. E' morta una donna intrepida, verace, forte ...una donna vera. E' morta nella sua amata Firenze che ha difeso fino all'ultimo dalle orde incolte di un "pensiero alternativo" e senza senso. L'Oriana Fallaci, colta, intelligente, esplicita, spesso scomoda. La giornalista e la donna di cultura che ha sempre testimoniato con impulso e con determinazione l' idea forte del suo pensiero. Il pensiero ardito che si sviluppa nella storia e nelle tradizioni dei popoli e senza ipocrisie: quel mondo che con originalità e passione, con impeto e partecipazione, crudemente ma schiettamente ci ha raccontato nei suoi articoli e nei suoi libri. Il percorso della sua vita è una linea continua, travagliata, intensa, sempre sulla strada dell'anticonformismo e della sola sua voce, a volte isolata ma forte ed impetuosa, spesso travolgente. Quella sua voce suadente ma inequivocabile che le usciva dal cuore prima che dalla mente. Addio Oriana! Nel mio intimo ti ho amata anch'io!
Vito Schepisi

13 settembre 2006

Casini e follie dell'Udc

Di seguito riporto un mio commento sul post del 12 settembre sul Blog di Arturo Diagonale http://diaconale.blogspot.com/ dal titolo “Il caso UDC aperto e chiuso”
Ma per l’Udc non reggeva neanche la compagnia dei radicali di Pannella? E’ cambiato qualcosa?Cosa c’entra poi l’alleanza che va da Tabacci a Mussolini con l’accusa di impronta populista della Cdl e del suo leader? Diaconale Lei sa meglio di me che sono tutte chiacchiere! Sa anche che la politica è l’arte del possibile ed infatti spesso anche l’impossibile si è visto!
E’ evidente, ad esempio, che l’Udc ha sviluppato la sua strategia politica nel progetto di allargare la sua base elettorale e di perdere le politiche scorse. Speravano nella "debacle" di Berlusconi. Sono rimasti spiazzati non solo dalla tenuta ma anche dal sostanziale successo di F.I. Sono rimasti addirittura senza fiato per i risultati raggiunti e per la quasi vittoria di Berlusconi. Di contro il loro successo elettorale, dopo aver avuto la massima visibilità possibile con la Presidenza della Camera e con un ruolo di anima critica della maggioranza e partito frontiera della coalizione, è stato pur sempre modesto. Si è capito perché volevano il proporzionale! Intendevano smarcarsi e distinguersi. Sono sempre, però, il terzo partito della Cdl, con un quarto dei voti di FI e la metà di quelli di Alleanza Nazionale. Avevano gridato contro la deriva populista di Berlusconi e attendevano all’incasso i voti moderati e centristi. Hanno ricavato solo un modesto raccolto.
Non potendo più far fuori il Berlusconi perdente e senza più presa nell’elettorato, magari recuperato con paternalismo buonista, con promesse di incarichi di prestigio in futuri governi di centrodestra, si sono trovati nella necessità di mutare in corso d’opera il loro progetto politico. Venuta meno la loro convinzione che il Cavaliere si sarebbe fatto bonariamente da parte e, venuta anche meno la proposizione della loro strategia di logoramento del centro sinistra con il potenziale recupero dei voti centristi, è venuta anche meno la proposizione di Casini come uomo credibile alla candidatura da leader dello schieramento moderato.
Nelle elezioni delle cariche istituzionali del Paese, tra cui anche la Presidenza della Repubblica, già si sono mossi con spregiudicato opportunismo. I post - democristiani nella loro strategia erano convinti che l’incarico di alto profilo istituzionale già ricoperto da Casini, avrebbe messo in maggiore visibilità la candidatura a leader del loro uomo, rispetto a quella sempre sul tappeto e mai espressa di Fini. Dopo le ultime elezioni non più. L'Udc si era posta di traverso all'intera coalizione di centrodestra ed il loro obiettivo è stato mancato: Berlusconi è caduto in piedi. Il loro gioco si è rivelato perdente.
L’ottica si è spostata e, nella considerazione di una eventuale caduta del governo e di nuove elezioni, potrebbe riproporsi Berlusconi vincente e quindi ancora leader per 5 anni. Ovvero, se la legislatura dovesse durare fino al 2011 trovarsi ancora Berlusconi candidato alla presidenza del Consiglio.
Si presentano momenti difficili per il governo in carica. La navigazione è incerta e la nave Prodi rischia di incagliarsi ed anche di affondare. C’è la questione Libano con il "marinaretto" che si fa soffiare nelle vele da terroristi e paesi fomentatori di guerre: anche questa è una situazione di rischio per la tenuta del governo. Follini spinge e Casini vuole forzare i tempi. Il soccorso centrista a sostegno al governo per la finanziaria sarà sotterraneo ma sostanziale. I voti dei dissidenti della sinistra alternativa saranno sostituiti in modo più o meno palese da quelli della premiata ditta Casini. Anche per un'eventuale successiva caduta di Prodi si vanno sviluppando intese per l'allargamento della maggioranza.
Una strategia sciatta, di breve termine senza sguardo lungo, dettata dall’improvvisazione e dalla necessità di demolire l’immagine di un centrodestra incentrato sulla figura carismatica di Berlusconi.

Vito Schepisi

08 settembre 2006

11 SETTEMBRE 2001:la tragedia delle Twin Towers...ma anche il compleanno di una simpatica amica ERICA DI FEBO

La follia di uomini che hanno scelto di morire uccidendo per il trionfo di valori incomprensibili. Nel 2001 qualcuno ha detto ad un manipolo di fanatici che negli USA regnava l'impero del male e che in quelle terre, in quelle case, in quei luoghi la vita di tante persone "infedeli" al servizio di "satana" non meritava di continuare. Vite umana stroncate in modo spietato, senza che si rendessero conto del perchè, in un impatto con l'inferno umano così improvviso e crudele. Un impatto folle come tale, scellerato e feroce, è l'impatto dei due aerei contro le torri di Manhattan.
Oggi 11 settembre 2006, cinque anni dopo, distratti, i popoli del mondo si ubriacano di pensieri senza senso. La priorità della lotta al terrorismo si trascina stanca tra le diplomazie mondiali, alla ricerca del conio di formule mediatiche che distolgano le genti dai pensieri e dalle attenzioni. Le democrazie occidentali, ingrassate di benessere, si scatenano in una lotta di potere. Una guerra per la conquista di spazi nella società civile, con i quali esercitare controllo e potere. I fondamentalisti, nel frattempo, si armano e si servono di masse di pacifisti unilateralisti per ammonire i governanti, preoccupati solo ai voti di alternativi, disadattati, consumatori di oppio da papavero ed oppio ideologico.
Oggi 11 settembre è anche un bel giorno per i familiari e gli amici di Erica Di Febo: è il suo compleanno. Non vi dirò gli anni per due ragioni. La prima è che è tra le tante cose a me non note e la seconda, anche se posta la prima ragione è superfluo dirlo, è che ad una signora non si chiedono gli anni: una signora è sempre giovane!
AUGURI ERICA
Vito Schepisi

07 settembre 2006

Per quanto ancora si farà finta di non vedere?

Spesso ci si trova a doversi soffermare su alcune questioni che si pensa avranno nella storia un riferimento epocale. L'11 settembre? Cosa scriveranno tra qualche centinaia d'anni dell'11 settembre? Il mio non è un pensiero per evadere o per mitizzare il presente o per drammatizzare una data, ci mancherebbe anche questo: una generazione assorta ed inerme a pensare cosa penseranno domani! La mia è una chiave di lettura della nostra realtà per ottenere una verifica dei nostri modi ed anche del nostro cinismo. Se penso che dopo la commozione di molti ed anche la soddisfazione per fortuna di pochi, ma anche i visi e le dichiarazioni di circostanza di tanti altri ancora, tutto è tornato come prima. Si parla di imperialismo americano e si accusa Israele di eccessi. Quello che continuiamo a non ascoltare è la ferma ed inequivocabile condanna del terrorismo. Sono stato redarguito in un commento ad un precedente post da un mio iterlocutore che affermava che anche Israele ha fatto ricorso al terrorismo. Ipocrisia e disinformazione! Ho dovuto spiegare che durante la grande guerra gli insediamenti ebraici nei territori che poi saranno chiamati Israele, bersagliati sia dagli arabi che dalla barriera armata del governatorato britannico, che impediva agli ebrei che arrivavano per mare, a quei tempi perseguitati, di rifugiarsi nella loro "Terra Promessa", hanno fatto ricorso fino al 1940 ad azioni terroristiche. Erano ebrei, erano resistenti che ambivano a vivere tranquilli in quella che consideravano la loro terra, non era lo stato di Israele che ancora doveva nascere. L'Italia non ha condiviso la missione militare per la liberazione dell'Iraq. Certamente è stato giusto non condividere, per l'Afghanistan invece sull'onda dell'emozione per l'11 settembre, la risoluzione dell'ONU ci ha consentito di condividere. Quello che mi chiedo: l'Iraq si poteva evitare? Poteva Saddam Hussein consentire un diverso epilogo? Io direi di si. Ma tutto questo obbligando Saddam stesso a determinarlo. Se la comunità internazionale fosse stata compatta nella condanna e nella richiesta del rispetto dei diritti umani in quel paese, senza le furbizie di Chirac, interessato da affari sembra anche privati, senza l'antiamericanismo dell'ala sinistra dei socialisti di Schroeder, con l'ONU unanime in una risoluzione inappellabile in cui si fossero poste le condizioni per la sospensione delle ricerche per l'armamento atomico e si fosse imposta la destinazione al popolo delle risorse economiche rivenienti dalla vendita del petrolio, "food for fuel", magari senza i taglieggiamenti e le mafiosità dello stesso Kofi Annam, ebbene se tutto questo, come la comunità civile del mondo auspicava, senza i se e senza i ma, fosse avvenuto, pensate che ci sarebbe stato l'intervento armato americano in Iraq? Poteva la comunità internazionale, dopo gli esempi più cruenti della politica di Saddam voltare lo sguardo dall'altra parte? Per chi l'ha dimenticato Saddam ha "gassato" popolazioni intere ritenute colpevoli della resa all'avanzata delle forze internazionali nella prima guerra di Iraq, quando aveva invaso militarmente il Kuwait. Saddam ha "gassato" le popolazioni curde programmandone, al pari di Hitler per gli ebrei, lo sterminio. Saddam sottraeva al popolo le risorse di vita per perseguire gli scopi dell'armamento e delle ricchezze personali. Viveva tra gli sfarzi, insensibile al suo popolo che soffriva. Aveva due figli che si distinguevano per efferata crudeltà e che si trastullavano ad infliggere atroci torture, violentavano, sottomettevano e trucidavano giovani fanciulle dopo averle usate per giochi perversi. Uno di loro s'impadroniva della vita di giovani atleti che se perdenti eliminava o faceva eliminare senza pietà. In Bagdad c'era una torre di Babele solo per i loro trastulli e le loro manie. E se le forze alleate non fossero intervenute a liberare l'Italia e l'Europa dal nazifascismo e dalle follie di Hitler? Quando è giusta una guerra di liberazione e quando no? C'è un mondo, una cultura, una religione che vuole avanzare e permeare il mondo. C'è una religione che considera infedeli tutti gli altri e nell'accezione fondamentalista l'infedele è meritevole di morte, forse che qualcuno non se n'è accorto? Oriana Fallaci ha sfidato le intelligenze e gli intellettuali dell'intero universo per denunciarlo: dobbiamo continuare ad ignorarlo? L'Iran sta costruendo la bomba atomica e non fa mistero che appena pronta ne sperimenterà l'efficacia su Israele: dobbiamo ignorare anche questo? E dopo Israele a chi toccherà?
Vito Schepisi

06 settembre 2006

"La serietà al Governo"

Il muro che Prodi si accinge a tentare di superare non è quello di Padova (dalla stanza del buco al buco dietro il muro) ma quello della manovra finanziaria. All’orizzonte c’è la tenuta del governo sia nell’urto col fronte sindacato-sinistra radicale sia col fronte della grande impresa. Il sodalizio confindustriale pone i suoi titoli di credito all’incasso. Gli sono stati promessi 5 punti di cuneo fiscale da abbattere e c’è già da scommettere che se ci saranno andranno tutti a vantaggio del capitale, lasciando invariati il valore netto dei salari. I nostri industriali, anche se è vero che il costo del lavoro incide pesantemente sui conti economici aziendali, non amano investire nelle loro aziende. La nostra impresa spesso è interessata alle scalate finanziarie e magari all’acquisto di pezzi di aziende pubbliche a prezzi di realizzo. Prodi in campagna elettorale ha trovato il modo di guadagnare il sostegno di Confindustria percorrendo la loro vocazioni al sostegno pubblico. Nessuno dice che parte preponderante dei 30 miliardi di euro o, se prevarranno le forze della sinistra radicale, 27 miliardi serviranno al sostegno dell’impresa. Nessuno dice che i pensionati e le categorie più deboli non ne trarranno beneficio alcuno. Eppure, Berlusconi governando, sembrava che i pensionati e coloro che non riuscivano a mantenere le risorse economiche per nutrirsi nell’ultima settimana del mese fossero le priorità del governo della sinistra! Bisogna dire, però, che Prodi è uomo dalle tante risorse medianiche, sarebbe bene in proposito ricordare la seduta spiritica che individuò la località di Gradoli come luogo di detenzione di Aldo Moro. Il nostro è già riuscito a ridurre da 35 a 30 miliardi l’entità della manovra. Sta beneficiando degli effetti positivi della politica economica del governo Berlusconi che, facendo crescere la base imponibile attraverso l’aumento dell’occupazione e razionalizzando le aliquote, ha favorito l’incremento delle entrate fiscali. Riuscirà anche a trovare le risorse per mantenere l’equilibrio dei conti e mantenere gli impegni con la comunità europea? Già si sentono alzare gli scudi protettivi per parare i colpi della macelleria sociale. Niente aumento dei tagli sulla sanità, niente sulla scuola…per carità! La Moratti non era stata accusata di tagliare le risorse delle scuola, pur non avendolo fatto? Niente aumento dell’età pensionabile, in altalena tra notizie e smentite per poi sentir dire che va anche diminuita. Cosa rimane? Rimane il risparmiatore ed il proprietario di immobili, che poi è la stessa cosa, in gran parte dei casi è risparmio investito. Rimangono le patrimoniali su chi nella vita è stato prudente. Va punito chi è stato virtuoso a vantaggio di chi ha sperperato anche ciò che non possedeva. Ma questa non era la serietà al governo?
Vito Schepisi