24 giugno 2013

Il più processato d'Italia


Molti italiani in questo momento sono in attesa della sentenza "Ruby". 
Tra di loro due fazioni agguerrite: una a favore di una sentenza di assoluzione ed un'altra che tifa per una sentenza di condanna. 
Il Cavalier Berlusconi ha sempre avuto un comportamento disinvolto. Questa è una verità incontrovertibile. La sua leggerezza, però, pesa sul piatto della bilancia molto meno di quanto possa pesare il conformismo e l'ipocrisia di altri. 
Dovremmo chiederci se sia meno commendevole una vita spavalda o una vita tutta finzione ed etichetta. Se sia più accettabile l'arroganza di chi non si vuole privare di niente, o quella di chi, di nascosto, approfitta del suo potere per favorire gli amici, per arricchirsi e per togliere danaro dalle tasche degli altri. 
E' stato accusato di aver elargito soldi a destra ed a manca. E' stato accusato di averlo fatto per tante cose: per avere consenso; per nascondere le sue marachelle; per vincere le sue battaglie. 
Sarà vero? 
Nessun tribunale ha mai provato tutto questo. 
C'è chi, invece, dovrebbe essere accusato di reati ben più gravi, ma si avvale di omertà e di compiacenze. C'è chi ruba e la fa franca. C'è chi truffa e affama il popolo, chi è corrotto, chi nasconde la verità, chi favorisce la casta, chi finge, chi è insensibile a tutto e a tutti. 
C'è chi è mandante di stragi, chi nasconde i colpevoli, chi tratta con la mafia, chi si arricchisce sulla pelle e sulla salute della povera gente. 
C'è chi nasconde il degrado per avidità. C'è chi è incapace, chi si vende, chi è pavido, chi tace. C'è chi è strisciante e viscido. C'è chi non lavora e vive bene, chi sfrutta il lavoro degli altri. C'è chi vive nel lusso a spese dei contribuenti. 
La questione è che Berlusconi è l'uomo più indagato del mondo. E' l'uomo che ha subito più processi in assoluto. Se si sommassero le condanne richieste per lui ci vorrebbero una decina di vite per scontarle. 
Eppure Berlusconi non ha mai rubato, né ha mai ucciso qualcuno e non è neanche mai stato un gerarca fascista, al contrario di altri. Non ha mai gettato bombe molotov, né ha mai parteggiato per squadracce di facinorosi che si sono macchiati di feroci delitti politici negli anni 70. 
Non ha mai esultato per l'ingresso dei carri armati nelle città del mondo per soffocare la libertà degli individui. Non ha mai giustificato i fatti più atroci della storia. 
La domanda viene spontanea: ma allora perché è da venti anni che ha la magistratura che gli sta alle calcagna? 
Forse perché è quel personaggio che nel 1994 ha impedito agli ex comunisti di prendere il potere in Italia? 
Vito Schepisi

19 giugno 2013

Desirèe chi ama la Giustizia è con te


Le motivazioni della prima commissione del CSM per l'avvio della procedura per incompatibilità ambientale a carico della PM Desirèe Digeronimo lasciano allibiti. 
Com’è noto, tutto è iniziato con una lettera riservata dei PM Digeronimo e Bretone ai Capi della Procura e al Presidente del Tribunale di Bari. 
Nella lettera, finita "misteriosamente" sulla stampa, i due PM segnalavano circostanze che, a loro avviso, avrebbero dovuto indurre il magistrato che aveva assolto Vendola ad astenersi dal Giudizio. 
La pubblicazione della lettera ha mosso 26 magistrati di “Area”, corrente della sinistra ideologica della magistratura, a censurare e chiedere il trasferimento della sola Digeronimo per incompatibilità ambientale. 
Nell’istruttoria aperta, la prima commissione del CSM ha formulato alcune ipotesi di responsabilità. Tra queste, imputa alla Dr. Digeronimo conflittualità con esponenti del Foro barese. 
Come se le dispute tra accusa e difesa siano sempre state serene discussioni tra amici.
Avendo in memoria la lettera aperta di Vendola dell'estate del 2009: «La sua indagine sta diventando lo strumento di una campagna che mira a colpire la mia persona», sarebbe interessante conoscere i nomi degli assistiti dei legali che hanno lamentato questa conflittualità. 
Ma sarebbe ancora più interessante sapere, magari dal CSM, cosa debba fare un magistrato onesto che non ci sta ad usare la giustizia facendosi dominare dalle passioni e dai pregiudizi.
La prima commissione del CSM rileva, inoltre, che la PM Digeronimo ha per amica il medico Dr. Paola D’Aprile che a sua volta è amica del Direttore Generale delle Asl pugliesi Lea Cosentino, ma gli Ordinamenti democratici della nostra Repubblica non vietano ad un magistrato il diritto di vivere la normale vita sociale della propria città. 
Avere un'amica è tutt'altro che un fatto disciplinarmente rilevante. Sarebbe, invece, più rilevante avere rapporti di amicizia con un imputato o con un suo parente stretto, e poi giudicarlo. 
Nel caso specifico, non si può sostenere che l'amicizia con una persona possa aver messo in pericolo l'imparzialità del PM, quando la persona in questione non ha nessun conto da chiarire con la giustizia. E non risulta, infine, che il PM Digeronimo abbia avuto occhi di riguardo per il Direttore delle Asl pugliesi Lea Cosentino, quando, come appare dagli atti giudiziari compiuti, l'ha indagata e trascinata in giudizio per rispondere di ipotesi di reato. 
Vito Schepisi

BUROCRAZIA AMICA PER UNA NUOVA BARI


Il ruolo della burocrazia è l’argomento d’attualità per un’Italia che punta alla ripresa e vuole recuperare la fiducia dei cittadini. 
In un Convegno organizzato da Rinascibari, introdotti dal portavoce dr. Giovanni Giua, dopo il saluto del Presidente Della Provincia Dr. Francesco Schittulli, ne hanno parlato: il dr. Michele D’Innella, l’avv. Dante Leonardi ed il giornalista-saggista Dr. Canio Trione. 
In Italia - ha sostenuto D’Innella - la burocrazia è il mezzo con cui si esercita il potere, ed è la ragione per la quale la politica cerca di occuparla. Lo spoil system in Italia si attua cambiando i vertici degli enti e degli apparati burocratici. 
Anche l’aspetto tecnico-giuridico-normativo ha le sue criticità: cinque responsabilità in capo al dirigente sono eccessive, perché paralizzano l'azione amministrativa e impediscono gli accordi. L’ideale – ha sostenuto l’avv. Leonardi - sarebbe procedere mettendo attorno ad un tavolo tutti i portatori d'interesse per promuovere accordi che riescano ad attuare il massimo possibile degli interessi di ciascuno. 
In democrazia, l’azione politico-amministrativa deve essere sostanza economico-sociale. In quest’ottica il lavoro è al primo posto, com’è sancito dall’art.1 della Costituzione. Non si può pensare - ha detto l’economista Trione - che per creare lavoro sia necessario chiedere permessi. L’intervento dell’autorità amministrativa deve essere a sostegno per il disbrigo delle pratiche necessarie. E’ da chiudere il capitolo medioevale delle istituzioni contro i cittadini, per aprire la fase moderna della collaborazione. Per Trione, le pratiche burocratiche devono essere ridotte al minimo e quelle necessarie assolte dalla P.A. 
Riportare al centro il cittadino con i suoi diritti. La burocrazia dovrebbe solo aiutarlo a creare lavoro e ricchezza. E’ questa la Burocrazia Amica che Rinascibari propone per tutta l’Italia, ad iniziare da Bari. 
Si è aperto un vivace dibattito a cui hanno preso parte tra gli altri l’ing.Campanale, la giornalista Mary Sellani, l’avv Ernesto Cianciola e l’On. Antonio Distaso.

07 giugno 2013

Emiliano tra politica e magistratura



Il sindaco di Bari Emiliano, su Facebook, chiede ai baresi quali siano gli impegni disattesi della sua amministrazione.
Il suo EGO non gli dà pace. Prova ancora a far prevalere le sue ostentazioni di trasparenza e di condivisione, anche se poi fa sempre tutto da solo.
E fa sempre male. Emiliano è come un temporale senza pioggia. Lampi e tuoni e poi … niente.
Chiede ai baresi di contestargli gli impegni non mantenuti. Sarebbe più facile iniziare dalle promesse mantenute: si eviterebbe di spulciare, tra le tante parole scritte e pronunciate, quelle che sono rimaste solo sulla carta e quelle che si sono involate tra i tanti suoni indistinti a cui la politica, da tempo, ha abitato gli italiani. Lo si dica subito, pertanto: nessuna promessa è stata mantenuta.
NESSUN IMPEGNO DI EMILIANO E' ANDATO A BUON FINE.
A Bari direbbero di lui: è un “carico a chiacchiere”.
Il Sindaco della Città levantina si è trovato ben presto a fare le stesse cose di tutti i politici: scalare la vetta del partito - fino ad arrivare prima alla Segreteria e poi alla Presidenza regionale del PD - magnificare il suo operato e raccontar balle.
Le somme del suo mandato sono scarse. A renderle poco convincenti non è stata solo la candidatura alla gara del miglior demagogo con il ricordo dei 30.000 posti di lavoro a Bari, promessi nel 2009 - una promessa che, se ha fatto colpo in campagna elettorale, non ha mai convinto i più attenti - e non è stato neanche lo squallore delle "cozze pelose", in cui la cosa più grave non è nella facile ironia, ma nel fatto che alcuni palazzinari facevano e disfacevano a Palazzo di Città come se la Casa della comunità cittadina fosse casa loro.
Nel tirare le somme, dopo quasi 10 anni delle due sindacature, si rileva che Bari ha ceduto terreno su diversi fronti: dall'igiene, alla raccolta differenziata; dalla viabilità urbana, alla qualità della vita; dal recupero ambientale, all'ordine pubblico; dai servizi resi alla cittadinanza, alla valorizzazione del patrimonio culturale. Ha perso posti di lavoro. Ha perso attività commerciali. Ha perso coraggio e speranze. Rischia di perdere il futuro dei giovani.
Bari oggi è una Città alla deriva, ad iniziare da Piazza Moro e Piazza Umberto con il tratto di via Sparano che li collega, immagine d’impatto della Città per chi ci viene in treno, immerse in uno squallore indicibile, tra degrado e spaccio e per quell’inquietudine che prende per l’avvertibile presenza della microcriminalità.
A BARI NON C'E' UN'OPERA PUBBLICA CHE SIA STATA REALIZZATA.
Il Sindaco lascerà in eredità alla prossima amministrazione: criminalità, racket, degrado, contenziosi e risarcimenti (Cittadella Giudiziaria e Punta Perotti), una città in cui i parcheggi costano 2 euro l'ora, burocrazia asfissiante e saracinesche chiuse. Lascerà i "fallimenti" del Teatro Petruzzelli e della Fiera del Levante. Il primo simbolo di una Bari colta e sensibile; la seconda simbolo di una gloria passata in cui Bari ambiva ad essere un riferimento per gli scambi commerciali e per la cultura dell'integrazione nell'Area del Mediterraneo.
L’hanno soprannominato "lo sceriffo" perché, come gli uomini di legge del vecchio far west, quelli che entravano nel saloon per dirimere le controversie e mettere in prigione l'ubriaco molesto, il Sindaco di Bari è intervenuto sui fatti di piccola cronaca della Città con la stessa ostentazione e con la stessa spavalderia, spesso a beneficio di telecamere, di giornalisti e di studi televisivi locali e nazionali. Prima di lui, senza spavalderie, Bari aveva, invece, recuperato smalto e fermento.
Dopo l’esperienza di amministratore di una grande Città, L'ex PM Emiliano, forse deluso dalla sua inconcludenza, dice di voler tornare a fare il Magistrato. Sbaglia anche in questo. La questione è controversa, ma è diffusa l’idea che sia inopportuno che un magistrato possa passare da un ruolo politico e amministrativo, schierato da una parte, all'esercizio di una funzione giudiziaria. Si è sempre detto, infatti, che un magistrato deve essere e sembrare sopra le parti.
Ha lasciato la magistratura per la politica, ora continui a farla.
Potrà sempre promettere trasparenza e condivisione e altri 30.000 posti di lavoro: vedrà che in questa Italia troverà sempre qualcuno disposti a credergli.
Vito Schepisi
 

04 giugno 2013

Burocrazia amica



Lo statalismo e la burocrazia snaturano lo spirito di competizione, mortificano il merito e sottraggono le risorse da destinare ai servizi e alla perequazione sociale.
Chi pensa in Italia, e lo fa fuori dal sistema partitocratico, non ha difficoltà a individuare nell’oppressione burocratica i limiti alla crescita.
Il sistema dei controlli preventivi e quello delle istanze per autorizzazioni e licenze paralizza, infatti, ogni buona volontà.
Il sistema sanzionatorio, usato spesso - anche se indirettamente - contro il lavoro, per la sua potenzialità di mettere in pericolo la continuità operativa delle imprese, è diventato un ostacolo agli investimenti e alla nascita delle attività produttive. E’ diventato uno strumento punitivo, dagli esiti incerti per la presenza di un sistema giudiziario costoso e inefficiente: un vero pericolo per chi rischia e intraprende.
Il taglio dei posti di lavoro non può essere la conseguenza dell’inosservanza di una procedura, né il mancato pagamento di un tributo. E non è possibile che l’impresa debba sopportare i tempi autorizzativi degli apparati amministrativi preposti.
La burocrazia è già grigia e insensibile per proprio conto, ma, se usata, può diventare uno strumento del potere politico. Riconduce al sistema della corruzione e del controllo delle libertà individuali.
L’alternativa alla “inconcludenza” della politica, come paventa il Presidente Napolitano, è ritrovare lo spirito della “Rivoluzione liberale”. E se il Capo dello Stato si riferiva alle “Riforme”, c’è da osservare che senza impresa e lavoro vengono meno anche le motivazioni costituzionali di una comunità nazionale.
Bisogna far ripartire la nostra economia ad ogni costo.
Se c’è un merito da attribuire al centrodestra è quello d’aver proposto per venti anni l’unica ricetta possibile per far ripartire le nostre Città, le nostre Regioni e l’intera Nazione. La "Rivoluzione Liberale" annunciata da Berlusconi nel 1994 si poneva l'obiettivo di spronare le risorse d’idee, d’ingegno e di iniziative per cambiare l'Italia. Lo si ripete da tempo: è l’Italia che deve essere cambiata.
Di liberalizzazioni se ne è parlato da sempre, ma è dal 1994 che si sono create le condizioni politiche per parlarne. E' da quella data che si è posto l'obiettivo di far ripartire il Paese. Le precedenti politiche consociative e assistenziali, invece, non l’avevano mai consentito.
Le liberalizzazioni, però, non sono quelle che servono a introdurre nuove lobby e nuovo controllo politico. Non sono né quelle di Bersani e né quelle di Monti. Sono quelle in cui non si tolgono diritti ma se ne aggiungono altri. Ma è anche dal 1994 che la reazione conservatrice dei burocrati, sodale con la parte politica più populista e immaginifica del Paese, inseguendo i miti di una mal interpretata uguaglianza sociale, o rappresentando conseguenze dagli effetti disastrosi ha impedito che si cambiasse.
La crisi che nei due anni più recenti ha fatto seguito all'indotto recessivo di quelle esasperate politiche finanziarie internazionali - cavalcate dalle lobby speculative - hanno invece messo a nudo la debolezza di un sistema eccessivamente rigido.
Non è possibile frenare più di tanto - anche se ve ne fosse la volontà in sede europea - l'attività speculativa delle multinazionali finanziarie che, per realizzare utili a beneficio della loro esigente clientela, speculano sulle economie più deboli (indebitate), sottraendo le residue energie e riducendo la vitalità produttiva dei Paesi.
Siamo alla strategia delineata nel 1992 a bordo della nave Britannia in cui "si trassero le linee della svendita delle aziende di stato italiane“(R. Brunetta).
L’idea di "burocrazia amica" si muove su percorsi di libertà: l’obiettivo deve essere quello di trovare la sintesi politico-amministrativa tra civiltà sociale e libertà economica in cui far maturare lo sviluppo produttivo, il lavoro e gli uomini liberi.
La vitalità economica è l’unico ostacolo capace di frenare la speculazione e di scongiurare disegni monopolistici multinazionali.
“La via del declino – come si legge nella presentazione di Stefania Fuscagni, Presidente di Società Libera, dell’XI Rapporto sulle liberalizzazioni - si vince e s’inverte se sapremo trovare la giusta formula tra concorrenza, liberalizzazioni, rispetto delle regole e prima ancora delle persone".
Vito Schepisi