28 giugno 2012

Fantozzi non avrebbe saputo far peggio



Circa sette mesi fa il Presidente Napolitano, dopo telefonate e consultazioni in Italia e fuori d'Italia, ha preso una decisione. 
Ha scoperto che la maggioranza votata dagli elettori non era più in grado di poter contare sui numeri del Parlamento. 
Su suggerimento di qualcuno, ad esempio la Merkel, ha nominato Monti senatore a vita (debito più, debito meno) e gli ha affidato l'incarico di formare un nuovo governo. 
Il "Salvitalia". 
Da un anno prima, però, il Presidente Napolitano avrebbe dovuto convocare le Camere, in seduta congiunta, e ammonire le forze politiche che non era più il tempo dei veti e della demonizzazione di chi aveva vinto le elezioni, salvo essere costretto a sciogliere la camere ed arrivare alle elezioni anticipate. 
Gli altri paesi quando sono in gioco le sorti della Nazione si uniscono attorno ai loro governi e agli interessi nazionali. In Italia, invece, le difficoltà sono state un pretesto per infierire. 
E' per questa ragione che da noi, pur non essendoci mai stato un regime dichiaratamente comunista, per i comportamenti, è come se ci sia tuttora: l'interesse del "partito" prima di ogni cosa. 
Napolitano è cresciuto in quella cultura, all'ombra di Togliatti. 
Insediato Monti gli italiani hanno scoperto che le magie hanno sempre un trucco. Non sono mai vere! 
Dopo una breve luna di miele, si è scoperto che Monti era un burattino che faceva il gioco di chi gli tirava i fili. 
Il Professore sa bene cosa occorre all’Italia, ma un po' per eccessi teorici, un po' condizionato da chi lo circonda, un po’ per non pestare i piedi ai prepotenti, si muove solo contro i più deboli. 
Non si va più in pensione per una parte, si colpisce il bene rifugio degli italiani per un'altra e si aumentano tasse, tariffe, aliquote, tutto: il modo più facile per far cassa. 
Fantozzi non avrebbe saputo far peggio! 
Ma la questione era ed è lo sviluppo, gli investimenti, il lavoro. In verità ci ha anche provato, sebbene molto timidamente col decreto liberalizzazioni, ma è stato come volersi proteggere da un uragano con un ombrello da borsetta. 
La liberalizzazione più importante, per favorire gli investimenti, doveva essere quella del mercato del lavoro, come le misure più importanti per frenare la corsa del debito dovevano essere i tagli alla spesa. 
Niente però! Quel quasi poco è persino peggio del niente, perché irrita, come irritano le beffe. 
Tutto inutile, pertanto, anzi tutto dannoso, perché gli interventi fiscali hanno ridotto la spesa delle famiglie facendo soffrire ancor più la domanda ed accentuando la recessione.
Siamo quasi al dramma. Eppure è cosi facile comprendere che la questione è tutta in una parola chiara: le riforme. Quelle vere! Quelle che anche Angela Merkel sollecita. Ed in questo ha ragione. 
Proprio quelle che i poteri, i tecnocrati montiani, vedono come il fumo negli occhi. 
E' tutto sbagliato! Invece di fare ciò che era necessario fare ci siamo rivolti a chi non ci pensa neanche. 
Ora la situazione è ancora più grave. C'è il rischio che invece di fare ciò che si deve, cioè tagliare la spesa e fare le riforme, si faccia l"ammuina"; e se una volta la Cina era vicina, ora è la Grecia ancor più vicina. 
Vito Schepisi

09 giugno 2012

Ma pensiamo davvero che le banche siano la parte più pulita e trasparente del Paese?


Esprimere giudizi sui nomi che Monti ha indicato per la Presidenza della Rai, per la Direzione Generale e per il rappresentante del governo nell'Ente di Stato è prematuro e azzardato.
Certamente i signori indicati saranno tutti uomini per bene e professionisti responsabili e validissimi. 
Si potrebbe, però, sostenere che il Governo del nostro Paese non debba essere un fatto privato. Per di più sappiamo com’è arrivato Monti. Compresi i retroscena. Non rappresenta nessuno, se non la casta finanziaria italiana, europea e internazionale. Ma sembra che anche là se lo tirino poco, visti i risultati. Non è legittimato da un consenso democratico degli elettori. E possiamo, almeno fino a prova del contrario, persino dire che non rappresenti la maggioranza del nostro popolo. 
Nominare, d'un colpo solo, Presidente, Direttore Generale ed uno dei Consigliere del CdA della Rai non è mai riuscito a nessuno. 
Questa riflessione vale per il metodo! 
E non mi meraviglierei che lo stesso (il metodo) fosse condiviso da Napolitano. Questi è un uomo che arriva sempre con molto ritardo a vedere i soprusi e le viltà della storia. Si trova per caso alla Presidenza della Repubblica, dopo che l'indicazione su D'Alema aveva fatto sollevare letteralmente le coscienze libere e democratiche degli italiani. Per la storia del Paese, la più alta carica dello Stato non dovrebbe essere il suo posto, nulla togliendo alla persona. Ma questo sarebbe già un altro argomento! 
Lasciamo, così, da canto il metodo così palesemente autoritario dei due pezzi del redivivo “Trio Lescano” (l'altro è Fini). Oramai, d'altro canto, dovremmo pur essere già abituati al peggio! Abbiamo imparato che in Italia la democrazia è quella cosa che va bene solo se al potere ci stanno gli eredi di Stalin e di Togliatti. Con la libera scelta degli elettori, invece, la coscienza del popolo e le sue scelte sono ripetutamente calpestate, mortificate e perseguite.
In Italia stiamo imparando che non c’è la politica, ma la lotta di potere. I metodi sembrano essere tutti validi, compreso l’uso delle Istituzioni e dei servizi dello Stato per colpire i “nemici” politici. 
Ma se entrassimo nel merito, come potrebbe sfuggire l'osservazione che anche per le nomine Rai il riferimento sia al mondo bancario? 
Le banche in questa fase di pesante crisi politica e di forte inquietudine sociale, in cui è tanta l'attenzione all'etica pubblica, vanno assumendo sempre più visibilità politica e gestionale, come se i cittadini italiani pensassero che le banche siano enti morali, e se mostrassero tanto entusiasmo nell’affidarsi ai loro uomini. 
Ma pensiamo davvero che le banche siano la parte più pulita e trasparente del Paese? 
Di questo passo ci sarà anche chi proporrà, per battere la piaga dell'usura, soprattutto al sud, di chiedere alle banche di sostituirsi agli usurai. E poi, con l'appetito che vien mangiando, affidare alle banche il controllo della privacy e dell’agenzia delle entrate, la lotta alla mafia, la gestione dell’ordine pubblico, la cura dei malati, le politiche giovanili e perché no … le forze armate? 
Vito Schepisi

05 giugno 2012

“ULTIMA CHANCE” di Canio Trione - Edizione Nuova Cultura

Conversazione con l’autore mercoledì 6 giugno, alle 19,30, a Bari presso la Libreria Monbook in via Crisanzio 19


Ci sono parole che hanno carattere di universalità. Sono così perché condensano millenni di studi, di riflessioni, di pensieri filosofici, di analisi socio-economiche, di contrasti e di passioni. 
Non c’è Costituzione nel mondo della società civile, antica o moderna, che non ne faccia riferimento. Sono come i pilastri portanti di una qualsiasi esperienza di relazioni tra gli uomini, come se contenessero l’insieme indissolubile di quei concetti più specifici quali la dignità, l’autonomia, il diritto, i doveri, la giustizia, il bisogno.
Queste parole sono: “Libertà “e “Democrazia”.
Tra loro, questi due sostantivi sono indissolubili, perché non c’è libertà senza democrazia, e non ci dovrebbe essere democrazia senza libertà. Anche se quest’ultimo concetto è ripetutamente violentato da chi si approccia a queste questioni con taglio ideologico.
E diventa, così, ancora più interessante leggere il libro di Canio Trione “ULTIMA CHANCE” Edizioni Nuova Cultura.
“Senza la crescita diffusa – ammonisce l’autore - e la relativa democrazia in economia, non avremo democrazia in politica. Senza democrazia tutto il sistema che chiamiamo Occidentale finisce per lasciare il posto a qualcosa d’altro, di oscuro e terribile, al cui confronto l’attuale Grande Crisi è solo la porta di entrata”.
Non esiste un modello di sviluppo democratico che prescinda dalle regole fondamentali della libertà in economia. Le politiche del ventesimo secolo, dalla Rivoluzione di Russia alla caduta del Muro di Berlino, con i più diversi tentativi di regimi dirigisti, corporativi, collettivisti, autoritari, autarchici, fondamentalisti, popolari, militari, nazionalisti, ovvero populisti e ibridi - come quello costituito in Italia con una Costituzione che si è andata via via trasformando in un feticcio da idolatrare – dovrebbero riportarci tutte a questa inequivocabile conclusione.
Non esiste un altro sistema, per lo sviluppo articolato e libero di una società moderna, che prescinda dalla facoltà dell’uomo di agire, di pensare, di intraprendere. E tutto questo ha un nome preciso: Libertà.
Se mancasse una sola di queste facoltà, anche la democrazia diventerebbe come una palestra in cui si fa uso di anabolizzanti, e non un luogo in cui l’uomo mantiene in forma il suo stato fisico e sociale e in cui rafforza la sua condizione di vita futura.
Tutti i tentativi del passato di porre freno alla libera iniziativa si sono rivelati fallimentari: dal capitalismo di stato, all’assistenzialismo; dai sistemi con i troppi obblighi burocratici, a quelli con la insopportabile vessazione fiscale.
Tutti hanno prodotto lutti, sacrifici, perdite, conflitti, fame, disagi, sofferenze, fallimenti.
Nella società libera tutto dovrebbe essere consentito, tranne ciò che sia espressamente vietato. Non sempre, invece, è così. Spesso si ha come l’impressione che ci sia un principio inverso, con cui niente è veramente consentito se non ciò che è espressamente stabilito.
Ma questo principio, di stampo proibizionista, non è altro che la negazione stessa della libertà. Tanto più che, su ciò che è espressamente consentito, c’è sempre un onere da sopportare: non è mai una libertà, ma un prezzo da pagare per poter agire, per poter competere e, come per una beffarda e perversa somma di autolesionismo, per poter creare ricchezza.
Occorre un cambio di direzione della politica economica - sostiene Canio Trione nel suo saggio. Occorre liberare risorse da destinare alla crescita. Occorre limitare la sottrazione dei redditi ai cittadini liberi, prelievo che lo Stato utilizza per finanziare la spesa pubblica, per coprire i costi della politica, spesso proprio quelli della falsa espressione di democrazia.
Occorre limitare i prelievi destinati ai consumi delle famiglie e utilizzati, oltre che per ciò che si è già detto, per spesare il peso della burocrazia, proprio quella in cui agisce la rete di quegli apparati che sono preposti a limitare la libertà di tutti.

Vito Schepisi