Conversazione con l’autore mercoledì 6 giugno, alle 19,30, a Bari presso la Libreria Monbook in via Crisanzio 19 |
Ci sono parole
che hanno carattere di universalità. Sono così perché condensano millenni di
studi, di riflessioni, di pensieri filosofici, di analisi socio-economiche, di
contrasti e di passioni.
Non c’è
Costituzione nel mondo della società civile, antica o moderna, che non ne
faccia riferimento. Sono come i pilastri portanti di una qualsiasi esperienza
di relazioni tra gli uomini, come se contenessero l’insieme indissolubile di
quei concetti più specifici quali la dignità, l’autonomia, il diritto, i doveri,
la giustizia, il bisogno.
Queste parole
sono: “Libertà “e “Democrazia”.
Tra loro,
questi due sostantivi sono indissolubili, perché non c’è libertà senza
democrazia, e non ci dovrebbe essere democrazia senza libertà. Anche se
quest’ultimo concetto è ripetutamente violentato da chi si approccia a queste
questioni con taglio ideologico.
E diventa,
così, ancora più interessante leggere il libro di Canio Trione “ULTIMA CHANCE”
Edizioni Nuova Cultura.
“Senza la
crescita diffusa – ammonisce l’autore - e la relativa democrazia in economia,
non avremo democrazia in politica. Senza democrazia tutto il sistema che
chiamiamo Occidentale finisce per lasciare il posto a qualcosa d’altro, di
oscuro e terribile, al cui confronto l’attuale Grande Crisi è solo la porta di
entrata”.
Non esiste un
modello di sviluppo democratico che prescinda dalle regole fondamentali della
libertà in economia. Le politiche del ventesimo secolo, dalla Rivoluzione di
Russia alla caduta del Muro di Berlino, con i più diversi tentativi di regimi
dirigisti, corporativi, collettivisti, autoritari, autarchici, fondamentalisti,
popolari, militari, nazionalisti, ovvero populisti e ibridi - come quello
costituito in Italia con una Costituzione che si è andata via via trasformando
in un feticcio da idolatrare – dovrebbero riportarci tutte a questa
inequivocabile conclusione.
Non esiste un
altro sistema, per lo sviluppo articolato e libero di una società moderna, che
prescinda dalla facoltà dell’uomo di agire, di pensare, di intraprendere. E
tutto questo ha un nome preciso: Libertà.
Se mancasse una
sola di queste facoltà, anche la democrazia diventerebbe come una palestra in
cui si fa uso di anabolizzanti, e non un luogo in cui l’uomo mantiene in forma
il suo stato fisico e sociale e in cui rafforza la sua condizione di vita
futura.
Tutti i
tentativi del passato di porre freno alla libera iniziativa si sono rivelati
fallimentari: dal capitalismo di stato, all’assistenzialismo; dai sistemi con i
troppi obblighi burocratici, a quelli con la insopportabile vessazione fiscale.
Tutti hanno
prodotto lutti, sacrifici, perdite, conflitti, fame, disagi, sofferenze,
fallimenti.
Nella società
libera tutto dovrebbe essere consentito, tranne ciò che sia espressamente
vietato. Non sempre, invece, è così. Spesso si ha come l’impressione che ci sia
un principio inverso, con cui niente è veramente consentito se non ciò che è
espressamente stabilito.
Ma questo
principio, di stampo proibizionista, non è altro che la negazione stessa della
libertà. Tanto più che, su ciò che è espressamente consentito, c’è sempre un
onere da sopportare: non è mai una libertà, ma un prezzo da pagare per poter
agire, per poter competere e, come per una beffarda e perversa somma di
autolesionismo, per poter creare ricchezza.
Occorre un
cambio di direzione della politica economica - sostiene Canio Trione nel suo
saggio. Occorre liberare risorse da destinare alla crescita. Occorre limitare
la sottrazione dei redditi ai cittadini liberi, prelievo che lo Stato utilizza
per finanziare la spesa pubblica, per coprire i costi della politica, spesso proprio
quelli della falsa espressione di democrazia.
Occorre
limitare i prelievi destinati ai consumi delle famiglie e utilizzati, oltre che
per ciò che si è già detto, per spesare il peso della burocrazia, proprio
quella in cui agisce la rete di quegli apparati che sono preposti a limitare la
libertà di tutti.
Vito Schepisi
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