30 aprile 2012

Tagliare i privilegi



Fino ad ora il Governo ha messo i contribuenti con le spalle al muro e ha fatto pagare, ancora, ai soliti noti, il conto salato di uno Stato in cui c’è una nutrita parte di Ordinamenti, Istituti, burocrati e funzionari che vivono al di sopra delle possibilità del Paese.
Questo esercito di piccoli e grandi “fortunati”, furbi per avventura o per proprio ingegno, spesso adepti di caste e di cordate, gode di privilegi insopportabili, soprattutto se messi in confronto coi i disagi di tantissimi altri cittadini che ogni mese hanno difficoltà nel far quadrare il bilancio familiare. Chi ha più di ciò che sarebbe sufficiente per vivere bene, stride con il senso comune della giustizia sociale e diventa motivo di sfiducia per gli altri, soprattutto se commisurato alle inquietudini di tantissimi giovani in cerca di occupazione e d’intere famiglie che si disperano nel ritrovarseli in casa, senza uno sbocco lavorativo e senza intravedere speranze di trovarlo, nonostante i sacrifici fatti per mantenerli agli studi.
Col Presidente del Consiglio bisognerebbe poterci guardarci negli occhi e capire qualcosa di più. I suoi ministri sembrano un glossario del semplicismo ottimistico. Alcuni si rivelano persino beffardi verso chi ha seri problemi di vita, verso chi vorrebbe integrarsi nella società lavorando e producendo e verso chi vorrebbe metter su famiglia.
Ci sarebbe, ora, da essere contenti. Nell’agenda di Governo, finalmente, è entrata la parola ‘tagli’. A nostro avviso questo Governo avrebbe dovuto metterli al primo posto dell’agenda di lavoro, ma meglio tardi che mai! Abbiamo capito che si tratta di tagli, anche se, da ottimi tecnocrati, al Governo la chiamano “spending review”. Se la locuzione anglofonica, però, è la stessa cosa che molti semplicioni, come noi, intendono, sarebbe già un buon passo avanti!
Ogni cosa, però, senza entrare nello specifico del suo contenuto, può essere tanto o niente. Ci accontenteremmo che fosse abbastanza! Si diceva, pertanto, di guardarci negli occhi col Prof. Monti, per capire se la sua logica sia la stessa nostra.
Tagliare i soldi della benzina o delle riparazioni, ad esempio, per le auto delle forze dell’ordine, ovvero il salario a un precario, non è la stessa cosa che tagliare una lauta doppia o tripla pensione a chi non ha pagato in modo adeguato, anno per anno, tutti i contributi per averla.  Chi percepisce pensioni per contributi figurativi, ad esempio, sta rubando soldi ai lavoratori italiani che i contributi li hanno pagati invece tutti, mese per mese, e sino all’ultimo centesimo.
C’é modo e modo di fare i tagli. Quelli necessari sono quelli che gridano vendetta perché sottraggono risorse al Paese e incidono, così, nella parte bassa della scala sociale tagliando redditi e posti di lavoro.
Si dice che il pesce puzza dalla testa. Allora si prendano ad esempio i Presidenti della Corte Costituzionale che con il meccanismo furbesco delle nomine a rotazione a fine mandato strappano vitalizi e privilegi, e mantengono auto blu, autista, ufficio e personale a vita. Ma a cosa serve, ad esempio, agli ex presidenti di Camera e Senato un ufficio lussuoso e ben attrezzato con tanto di personale nel Palazzi del Parlamento?
Il Senatore a vita Monti è un tecnico. Ci hanno detto che i tecnici possono essere impopolari perché non hanno l’occhio alle clientele e non tengono a mantenere buoni rapporti con la base elettorale, e quindi non dovrebbero essere restii a scontentare i possibili ‘grandi’ elettori. Ci hanno anche detto che la loro principale caratteristica sia quella di non guardare in faccia nessuno.
E’ arrivata l’ora di dimostrarlo! Non si tratta neppure di scontentare qualcuno, ci mancherebbe! Con tutto ciò che hanno accumulato in vantaggi ed abusi, dovrebbero restituire persino il maltolto. Si tratta, invece, di rendere giustizia ai cittadini onesti.
Se il Presidente Monti lo volesse gli potremmo anche fornire tutte le situazioni di abusi, di privilegi e di cose stomachevoli che il popolo italiano è stato costretto a subire. Ci sono anche tanti libri che sono andati a ruba sugli scaffali delle librerie che hanno descritto per filo e per segno metodi e cifre del saccheggio sistematico del Paese.
Tra tutto il personale di palazzo Chigi, Monti ne scelga uno che gli faccia un riassunto.
L’unico imbarazzo sarebbe solo quello di scegliere da dove partire. 
Vito Schepisi

28 aprile 2012

Chi pensa d'essere Napoleone. Grillo, invece, un politico



Beppe Grillo, guru della neo deriva qualunquista, in coda al suo recente battibecco con il Capo dello Stato su qualunquismo, antipolitica, partiti e democrazia, ha dichiarato: «I partiti non sono fondamentali c'è democrazia anche senza i partiti».
E' vero che la partitocrazia sia una degenerazione della politica, e che la stessa possa avere effetti devastanti per la democrazia, ma è anche vero - al contrario di quanto sostiene Grillo - che non ci possa essere democrazia vera senza i partiti. 
In un paese plurale e liberale, l'obiettivo più saggio sarebbe quello della semplificazione e della trasparenza della politica. Si vorrebbero chiari, ad esempio, i modelli di sviluppo che si intendano sviluppare. In Italia, purtroppo, la confusione è totale. I partiti si creano sui contrasti e sulle ambizioni personali, e si creano anche sulle opportunità di personaggi dal dubbio spessore morale e dalle scarse capacità intellettive.
Abbiamo esempi eclatanti di incapaci e di opportunisti. Alcuni richiederebbero anche maggiore giustizia, innanzitutto terrena, prima o piuttosto che divina, per la somma della loro stupidità, della loro arroganza e della loro perfidia.
Converrebbe, per ovviare agli effetti perversi della partitocrazia, pensare di porre limiti alla convenienza (economica) nel creare appunto partiti o fazioni, piuttosto che creare un movimento politico per ogni opportunismo personale, o ancora per ogni personalità eclettica e populista, ovvero per ogni demagogo parolaio che calchi la scena in Italia e che intenda approfittare della notorietà acquisita in situazioni e circostanze diverse.
Ma non è vero che i partiti non sono fondamentali: non esiste democrazia senza partiti.
Anche il Movimento 5 Stelle di Grillo, nello stesso momento in cui deposita il suo simbolo elettorale, e quando richiama i suoi sostenitori a presentare le liste nei comuni, nelle province e nelle regioni, come quando intenda farlo per il Parlamento nazionale, si trasforma inevitabilmente in un partito. Ogni movimento politico potrà chiamarsi come si vuole, ma nella sua definizione essenziale si definisce semplicemente “partito”.
E' vero che un partito, per come è generalmente concepito in un contesto istituzionale civile (ma in Italia è così?), dovrebbe avere un progetto politico chiaro ed un programma con una sua finalità definita e compiuta.
E' vero che un movimento politico debba anche indicare una strategia complessiva, e con essa gli strumenti politico-sociali ed economico-finanziari con cui ottenere un ben chiaro e visibile modello di società da attuare.
E' vero, altresì, che tutto questo, con un Grillo che salta da una parte all'altra, senza un’idea complessiva, ma col solo qualunquismo comico di chi la spara più grossa, costruito a tavolino come per uno spettacolo teatrale, dà l'idea di tutto, meno di quella di un partito politico che concorra per la conferma del pluralismo indicato dalla democrazia come base della sua reale applicazione.
Ma se è tutto vero, non è vero che - perché il movimento grillino tutto appare, meno che un movimento che offra un’alternativa politica definita, con qualcosa di più concreto dei richiami all’indignazione o  alle battute sui difetti fisici o caratteriali di uno o dell’altro dei politici - ci  possa essere democrazia senza i partiti.
Non si può mortificare ancor più la voglia di cambiare degli italiani perché un guitto dall’aspetto folle, invece di andare a “La sai l’ultima?”, preferisce calcare le scene del confronto politico. C’è chi si crede Napoleone, chi il giustiziere della notte, Grillo, tra i tanti comici, tra cui anche quelli che inconsapevolmente calcano le scene della politica, è probabile che si senta il comico migliore.
Ma, se è questo il suo sogno, in una gara tra comici, potremmo anche votarlo!
Vito Schepisi

27 aprile 2012

Super Mario e il Rag. Fantozzi



Super Mario sta disperdendo l'euforia della sua luna di miele. Perde progressivamente quota.

La questione Italia si può riassumere sommariamente in alcune questioni:
- rapporto tra debito pubblico e pil molto alto;
- spesa al di sopra delle reali possibilità del Paese.
- architettura funzionale dello Stato obsoleta e mummificata;
- partiti e maggioranze litigiose;
- radicalizzazione del confronto politico;
- incapacità dei partiti di concorrere al bene comune;

Ciascuna di queste questioni ha una genesi e delle precise responsabilità.
Ciò che è sbagliato è pensare di risolverle premiando il trasformismo ed agevolando la delegittimazione della volontà popolare, come è stato con la nomina di Monti che ha sospeso nei fatti la democrazia.
Se nasce un partito, o una fronda, non è quasi mai un valore aggiunto del pluralismo, ma spesso solo una fetta di potere reclamato o l'antagonismo personalistico che diventa smania di protagonismo o smodato senso di onnipotenza.
Fa schifo in un momento di difficoltà. Ma è così!
Sarebbe stato dovere del Capo dello Stato, più che congiurare con la Merkel per la sostituzione del Capo del Governo, richiamarsi ai principi della coerenza democratica e del rispetto della sovranità popolare.

Ciò nonostante, il significato politico di un esecutivo tecnico poteva essere quello di metter mano ad alcune questioni.
La più urgente poteva essere quella del taglio della spesa e dell'equilibrio di redditi e pensioni, oltre all'abbattimento della burocrazia in cui si annidano le truppe della dirigenza statale trasformatasi in casta.
Sono questi alcuni dei freni di stazionamento che bloccano lo sviluppo!

Monti ha invece scelto la strada apparentemente più facile. La stessa che avrebbe scelto il Rag. Fantozzi col suo sfigato semplicismo.
Ha spalmato in giro, come un manto di erba, il seme maligno delle tasse. Le sue piante ora si spargono come una gramigna che soffoca. Il risultato è che non cresce più niente. Anzi perdono quota lavoro ed impresa.
La strada che sembra più facile, però, non è sempre quella più sicura. In definitiva l'Italia sta soffrendo per niente. Il mancato sviluppo, infatti, assorbe e consuma i sacrifici dei contribuenti e allontana la speranza di uscire dal tunnel. Niente è stato fatto, invece, sul taglio dalla spesa, anzi giungono persino messaggi contraddittori.
Niente è stato fatto, ancora, per dar impulso agli investimenti.

Più che piangersi addosso, e dar fiato per lezioncine di dubbio valore etico, questo esecutivo altro non è capace di fare.

Vito Schepisi

12 aprile 2012

Il "Cerchio Magico" pugliese

Una volta si vociferava sull’arrivo di una presunta primavera pugliese.
Non quella delle campagne di Puglia piene di margherite bianche e di papaveri rossi, né quella dei mandorli, dei peschi, dei prugni e delle albicocche in fiore. Neanche quella dei colori del mare tra il celeste trasparente e l’azzurro cupo, e né quella del cielo pugliese terso e pulito.
La primavera pugliese annunciata non era quella delle notti blu, in cui le stelle sembrano milioni di led che si accendono per adornare il cielo, né doveva consentire alla nostra fantasia in fuga di evadere, affascinata, percorrendo la strada dei ricordi: tra rimorsi e rabbia, e con speranza e amore.
Per fortuna questa primavera climatica, questa forza della natura che è la nostra Puglia, è già nostra e nessuno ce la potrà mai togliere. Non ha prezzo, non è comprabile, né è commerciabile e per fortuna non è neanche vendibile. E’ fruibile per tutti: per vecchi e piccini, per poveri e ricchi, per destra e sinistra, per amministratori incapaci e per liberi cittadini.
Persino per buoni e cattivi. Alla faccia di chi fa distinzioni!I buoni, infatti, non sono mai quelli che pensano che gli altri siano cattivi, ma solo quelli che hanno dimostrato di essere capaci.
In politica dovrebbe funzionare così. Si chiedeva, infatti, Popper, nel suo libro “La società aperta ed i suoi nemici”: "chi potrebbe propugnare il governo del ‘peggiore’ o del più grande stolto o dello ‘schiavo nato’? (...) Ma ciò ci porta a un nuovo approccio al problema della politica, perché ci costringe a sostituire alla vecchia domanda ‘chi deve governare’? la nuova domanda ‘come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno’?”
Vendola ed Emiliano, ma leggeteli i pensatori liberali! Al vostro contrario, leggerli non fa danno!
La Primavera pugliese è più preziosa di quella del Botticelli. Vive, si muove, si dona ma, soprattutto, non si può lottizzare, neanche se Emiliano e i De Gennaro volessero.
Ma quella di Vendola e poi di Emiliano non s’è rilevata una primavera, ma un “cerchio magico”, né più e né meno di quello che circondava Bossi, la sua famiglia ed i suoi amici più stretti.
Un cerchio in cui hanno preso forma i peggiori sistemi delle politiche autoritarie, tra messe di clientele, parcellizzazioni del consenso, sfruttamento del territorio, spesa dissennata, e degrado morale e ambientale.
Uno sguardo sul territorio pugliese oggi ci fa comprendere come ci sia stato un transito, in pochissimi anni, dalla tradizione meridionale, fatta di vita rurale, di semplici abitudini di vita, di coinvolgimento familiare, di senso della solidarietà, di saggia prudenza, di fermezza, di attenzione e di cura quasi morbosa verso la propria terra, in un insieme, invece, d’indifferenza, di furbizia, di menefreghismo, e di abbandono.
Nelle campagne non si lotta più, come una volta, per l’integrazione sulla produzione agricola e sui rimborsi per le calamità, ma soprattutto sulle “truffe” all’Europa e sull’utilizzo dei fondi europei, senza che ci sia un vero ritorno in efficienza e tecnologie, senza che comporti crescita strutturale e un reale motivo di sviluppo. Si spendono i soldi, quando non si truffano, solo perché ci sono e sono disponibili. Si vive alla giornata, sfruttando ciò che è possibile e trattando affari con chi vorrebbe trasformare i terreni agricoli in campi di pannelli fotovoltaici o in coltivazioni di strani alberi chiamati “pale eoliche”.
Anche in Puglia si era creato un muro di gomma contro cui tutto rimbalzava, come un “cerchio magico” fuori dal quale non si aveva neanche diritto di apparire. I giornali locali, e le edizioni pugliesi di quelli nazionali, come la maggiore televisione privata del mezzogiorno, non avevano voce e spazio che per questo “cerchio magico” pugliese che prometteva fiori di campo per tutti, in virtù di una presunta primavera politica che in Puglia e a Bari, invece, non si è mai vista.
La sanità ha divorato risorse che i pugliesi stanno ora pagando. La stessa cosa è per l’acqua che è ritornata nella gestione della politica e dei partiti, senza che si sia ridotta la spesa, come invece era stato promesso. Bari è asfittica, immobile, ferma, con le saracinesche chiuse ed i giovani che scappano.
Anche i responsabili di questo “cerchio magico” pugliese si dovrebbero ora mettere da parte!

Vito Schepisi per l’Occidentale

05 aprile 2012

tecnici incapaci

La marcia indietro sull'art.18 fa allargare la forbice tra i Btp e i Bund tedeschi.
I tassi riprendono a salire.
Non siamo ancora ritornati al 7%, ma abbiamo già superato il 5,5%.
Lo spread si avvicina ai 400 punti base.
L'effetto fiducia del governo tecnico con una larga maggioranza si sta esaurendo.
Grazie a Bersani ed alla Camusso, a breve potrà essere necessaria un'altra mazzata sui contribuenti italiani, per far fronte alle maggiori spese degli interessi sul debito.
L'ho scritto qualche giorno fa ...
... piuttosto che fare un braccio di ferro sull'art.18, era preferibile lasciare le cose come stavano.
Come si vuole, così, con la Cgil e la Camusso, e con un PD - Bersani incapace di assumersi le sue responsabilità politiche, aprire agli investimenti e richiamare capitali stranieri in Italia?
Si sa oramai - in Europa anche i muri lo sanno - che siamo un Paese con una classe politico - sindacale ... da manicomio!
Sarebbe bene che incominciassimo a chiederci quante altre industrie italiane si stanno preparando alla delocalizzazione della loro produzione?
Il Governo, per evitare guai ancora peggiori, farebbe bene a ritirare l'intero provvedimento sul lavoro.
Così non serve!
In verità non servirebbe neanche questo Governo!
Che ci sta a fare?
Se ne tornassero a casa questi inutili uomini - orpelli, lontani dal popolo e dalla realtà!
Il Parlamento provveda, però, a eliminare anche gli anacronistici e costosi senatori a vita. Evitiamo che anche un ulteriore danno si unisca alla beffa!

Vito Schepisi

04 aprile 2012

La strada del cambiamento è lastricata da insidie

Anche questa volta i poteri forti, le terze colonne, i saltimbanchi politici, le caste, hanno occupato le istituzioni e bloccato il processo riformatore dell'Italia.
Abbandonare la strada intrapresa, per dar loro ragione, però, è lo sbaglio più grosso che la gente comune e gli elettori possano commettere. La politica è fatta di momenti di grande esaltazione e di sconfitte. Mai, però, si deve pensare d’esser giunti all’ultima spiaggia. La tenacia deve restare sempre la virtù dei forti.
Invece di cedere, è più proficuo avere coraggio e stringersi attorno a quelle idee e a quelle speranze che non possono sopirsi dinanzi a nessun atto di viltà. L’Italia è fatta da tanta gente operosa e serena, ma anche da tanta gente che vive alle spalle degli altri. E mentre i primi si affannano per trarre il necessario per il sostentamento della loro famiglia, altri vivono al di sopra delle loro possibilità, ma sui sacrifici dei primi.
I nostri avversari sono quelli che hanno saccheggiato il Paese, raggiungendo persino i vertici dello Stato. Troppa retorica e troppa ipocrisia sono state le risultanti della spinta, ancora in corso, verso i pericoli del dissolvimento dei valori identificativi della nostra civiltà. Basta così a piangerci addosso: è ora mettere da parte la rassegnazione, invece.
E' necessario comprendere che dopo il venir meno della maggioranza alla Camera (di fatto è stato così) non c'era alternativa a Monti, se non elezioni anticipate per dar vita ad un altro governo (certamente di sinistra con l'aggiunta di Fini e Casini) che non sarebbe stato in grado di fare le riforme e di intervenire per tamponare la speculazione internazionale ed il progressivo deterioramento dei conti pubblici.
Si può pensarla come si vuole. Si può dire, come faccio anch’io, che Monti stia sbagliando e che sta causando altri danni al Paese, ma con i BTP al 7% ci si avvicinava a una spesa annua di 100 miliardi per il solo costo del debito pubblico. Nel giro di qualche anno i 2.000 miliardi di debito sarebbero diventati 3.000. L'Italia avrebbe così preso la stessa strada della Grecia: il fallimento.
I fatti stanno così! Senza un governo con i numeri in Parlamento e con una ben determinata volontà politica - da qui la necessità delle riforme, in modo tale che chi vince le elezioni sia anche in grado di governare, senza il teatro d’operetta di un Parlamento partitocratico - si può alzare quando si vuole la voce, ma i fatti restano quelli che sono.
Le responsabilità vengono da lontano, ma a volte la stupidità è molto più vicina. Un intervento sulle pensioni un anno fa, il taglio delle province, una maggioranza parlamentare coesa e larga, capace di tagliare in modo massiccio le spese e di reggere l’urto del Parlamento e della piazza, capace anche di respingere l’assalto della reazione giudiziaria, avrebbe consentito un controllo più oculato e una gestione più progressiva degli effetti della crisi recessiva dei mercati.
Non è stato così! Alcuni credendosi più furbi, hanno provato ad abbandonare la nave, pensando alle fortune personali. Avventurieri ridotti al lumicino di un partitino visto in lotta per il quorum, ed ora sottoposto al neo-democristiano di lungo corso dal viso bronzeo e pronto a ogni soluzione.
Senza recuperare la serenità e senza ritrovarsi a dover scegliere per una nuova speranza di cambiamento, dopo il saccheggio della speranza del 2008, perderemmo ancora del tempo e faremmo la gioia di chi continuerà a saccheggiare il Paese.
Cambiare non è facile. Chi ha pensato che sia solo sufficiente vincere le elezioni per cambiare tutto, ha sbagliato. La lotta è sempre dura e difficile. La rete che c'è nel Paese d’interessi particolari, di gestione politica del territorio, di cellule organizzate per sfruttare le risorse pubbliche e il lavoro degli altri, è così ben curata e così, diabolicamente, ben tessuta che sperare di sradicarla con facilità è impensabile.
Neanche dinanzi all'evidenza e alla buona volontà di alcuni coraggiosi magistrati si riesce a far cadere le maglie dell'intreccio perverso. Si veda in Puglia, in Campania o a Sesto san Giovanni.
Se si vuole che si continui così ... bene! Basterebbe disertare il voto e la sinistra verrà ad amministrare anche il condominio delle nostre case ... magari le cooperative si stanno già organizzando.
Ma se vogliamo esser liberi, dobbiamo continuare a lottare, e soprattutto dobbiamo andare a votare.
Vito Schepisi