28 febbraio 2011

il "Sottosistema" della Sanità in Puglia

La Giustizia in Italia non finisce mai di stupire. Anche questa volta reitera contraddizioni e semina perplessità. In Puglia c’è stata una gestione della sanità da raccapriccio.

Si spera che le cose siano cambiate. La sanità è, infatti, collegata alla sofferenza e alle ansie d’intere famiglie, loro malgrado utenti dei servizi sanitari. Nella gestione è emerso di tutto: dai conflitti sugli assetti del potere, alla droga, alle donnine, agli appalti. Sono state ipotizzate cupole di malaffare che, oltre a favorire amici e parenti e assegnare commesse, miravano al controllo politico del territorio con lo scopo di rafforzare elettoralmente gli uomini e i partiti che amministravano la Regione.

Questo quadro d’insieme emerso con chiarezza - a prescindere dai soggettivi coinvolgimenti di carattere penale, per i quali la magistratura è deputata a ricercare le responsabilità – e che ha visto diversi protagonisti intrecciarsi, in un gioco tutto politico, per la conquista di spazi e riferimenti personali, riconducibili alla mera gestione del potere, rischia di essere svuotato della sua gravità da una Giustizia che nei fatti si spacca e si contraddice. Un quadro giuridico che induce a pensare che possa finire con un nulla di fatto, per buona pace di chi invece paga. E paga sempre.

Spariscono concussione e associazione a delinquere, ad esempio, ed esce di scena dall’interesse giudiziario il maggior responsabile di un quadro politico desolante. È stato miserevolmente manipolato e usato a fini diversi dalla sua funzione d’indispensabile servizio ciò che doveva essere il fiore all’occhiello del Tacco d’Italia per una promessa, fatta dal leader di Sinistra e Libertà nel 2005, di una Puglia migliore. La sanità pugliese, con Vendola, è diventata invece un “sottosistema” di potere e di pratiche clientelari: un crocevia tra malaffare e bolgia dantesca che ancor oggi inquieta la parte più debole della popolazione pugliese.

Ci si chiede, ora, come il Senato possa, ad esempio, concedere l’autorizzazione all’arresto di Alberto Tedesco, se due magistrati diversi, dell’Ufficio del Gip del Tribunale di Bari, hanno emesso, nel giro di 24 ore, due provvedimenti di segno opposto che finiscono col rendere sia l’uno, che l’altro, meno verosimili e più contraddittori. Una giustizia disuguale, infatti, non è mai vera giustizia. Una richiesta d’arresto, inoltre, che, a due anni dall’avvio dell’inchiesta e dalle dimissioni dell’allora assessore alla sanità, appare oggi poco comprensibile per non essere riferibile né al pericolo di fuga, né al possibile inquinamento delle prove e neanche alla possibilità della reiterazione dei reati, ipotesi su cui, invece, sembra propendere il Gip.

E’ sconcertante, però, una Giustizia che si muove con passo diverso, lasciando sempre ampie zone d’ombra e una scia d’incertezze e di dubbi.

Torniamo, però, alla Puglia. Interessa di più di una Giustizia afflitta da spazi di faziosità e da eccessi di protagonismo politico. Se la Giustizia, infatti, non riesce a fare chiarezza, si può provare a comprendere di più ricorrendo ai fatti. E partendo da questi ci si distingue anche nel metodo dai giustizialisti che, partendo invece dalla colpa, opacizzano la stessa chiarezza.

La sanità pugliese è in un mare di guai. I conti sono in profondo rosso e i servizi sono scadenti. Se fosse già in vigore la legge sul federalismo fiscale, Vendola decadrebbe da Governatore per il mancato rispetto del patto di stabilità e per gli aumenti di tasse e ticket, senza la fornitura di maggiori servizi.

Dal 2005, e cioè dai tempi in cui, come gli insorti parigini, ai tempi della Rivoluzione francese, con la presa della Bastiglia, Vendola ha espugnato il Palazzo dell’Estramurale Capruzzi, le cose sono andate di male, in peggio. La sanità che doveva essere il fiore all’occhiello della Puglia migliore, per essere stata al centro della campagna elettorale - tutta spesa contro il Piano sanitario di Fitto che prevedeva accorpamenti di strutture e chiusure di reparti ospedalieri - è diventata invece un terreno seminato di disservizi, di sprechi e d’imbrogli.

La magistratura già all’inizio dell’inchiesta nel 2009 aveva rilevato che “un pezzo delle nomine e degli appalti della sanità pugliese sia stato asservito agli interessi di una corrente di partito”, ipotizzando la presenza di cupole politiche inseritesi con lo scopo di controllare e rafforzare la propria posizione sul territorio pugliese.

«O Madonna santa, porca miseria – reagisce Vendola al telefono con Tedesco - la legge non la possiamo modificare?».

Per questa frase Il Gip che ha chiesto l’arresto per Tedesco, nel provvedimento, ha scritto che Il Presidente della Regione Puglia, pur di spingere per la nomina a direttore generale di un suo protetto, pretendeva il cambiamento della legge per superare gli ostacoli della normativa in vigore. Questa, però, per l’altro Gip che ha archiviato la pratica Vendola, non è concussione.

Sulle nomine, scrive il Gip nell’ordinanza, vi è stata «la consapevolezza dei responsabili politici – di tutti i responsabili politici – di operare per fini di spartizione partitica e/o correntizia, riconoscendo al più ai propri dirigenti un limitato potere di proposta».

Il Sindaco di Bari, Emiliano, al tempo segretario regionale del PD, intercettato mentre parla con l’assessore Tedesco, commentando le ventilate intenzioni di Vendola di sostituirlo all’Assessorato alla sanità pugliese, accenna espressamente all’esistenza di un sottosistema: “ secondo me, questa è un’operazione tutta politica, perché lui (Vendola ndr.) dice: io, in questa maniera, mi impadronisco del sottosistema e, ovviamente nelle prossime elezioni, l’Assessorato anziché stare in mano al Pd sta in mano a me, questo è tutto il discorso... o quanto meno sta in mano ad una logica che è diversa da questa...( cioè in mano al PD con Tedesco - ndr.)”.

Già l’aver tollerato l’esistenza di un “sottosistema”, per gestire la sanità pugliese, richiederebbe un giudizio politico molto severo ma, riflettere poi sul fatto che i maggiori protagonisti delle vicende si siano potuti trarre fuori dalla responsabilità politica che invece appare evidente, sa proprio di beffa.

I fatti, però, non sono finiti con gli episodi accennati e, malgrado D’Alema, profeta di scosse politiche in campo avversario, si sia sbracciato ad assicurare che “Il Pd non è un’associazione a delinquere”, sulla questione pugliese a tavolino c’è chi si è impegnato a trovare una soluzione. Ad Alberto Tedesco, infatti, dopo neanche sei mesi dalle sue dimissioni da assessore, è arrivato un seggio al Senato. E’ bastato candidare e far eleggere Paolo De Castro, già Ministro di Prodi, al Parlamento Europeo, e farlo così sostituire dal primo dei non eletti per il PD, appunto Tedesco: un’operazione gestita tutta in Puglia, pur tra le perplessità manifestate da alcuni dirigenti nazionali del PD.


E’ la forza di un “sottosistema” politico che ha attraversato il mezzogiorno d’Italia e che in Puglia, grazie anche complicità di un sistema ancora partitocratico, non si riesce a spezzare.

Vito Schepisi

16 febbraio 2011

La Sanità in Puglia è senza speranze

Se siamo nel campo della medicina, possiamo tranquillamente affermare che dinanzi ad una prognosi preoccupante, per la quale necessiterebbe un urgente e radicale intervento chirurgico, pensare di risolvere parzialmente il problema può essere controproducente e anche pericoloso.
Ebbene è ciò che è accaduto alla sanità pugliese. Dinanzi a segnali di pericolo e dinanzi a forme di gestione in cui emergevano collegamenti e commistioni tra affari, malavita e politica, non si poteva solo cambiare qualche assessore e far dimettere il Vice Presidente della Regione. Doveva dimettersi tutta la Giunta regionale per quanto gravi le accuse (tangenti, protesi impiantate senza bisogno, ricatti sessuali, cupole criminali, controllo politico del territorio e poi ancora droga, alcove e donnine usate come benefit). Gli assessori e il Vice Presidente rimossi, rappresentavano il partito di riferimento (PD) su cui il governo regionale traeva la forza numerica per reggersi.
Tutta la classe dirigente del PD pugliese andava rimossa: dal suo segretario regionale, il sindaco di Bari Emiliano, in poi. Non si può essere responsabili politici di un partito e sentirsi in libera uscita al momento opportuno. Il PD stesso ha sbagliato a non chiedere le dimissioni dell’intera giunta, comprese quelle del Presidente ed a non azzerare la sua classe dirigente pugliese.
Alla fine Vendola è stato l’unico che ne è uscito indenne, rivoltando tutto a suo vantaggio, come chi ha avuto il coraggio di fare piazza pulita: ha avuto, infatti, l’astuzia di capovolgere a suo favore una situazione insostenibile, in cui bande di malavita politica e comune, si sono trovati a gestire la sanità e ad esercitare un controllo politico e clientelare del territorio.
Se non c’è responsabilità penale, non è detto che non ci sia responsabilità politica.
A Vendola, nella scorsa legislatura, si dovevano chiedere le dimissioni per responsabilità oggettiva di un fallimento politico nel più qualificante e delicato settore della politica amministrativa della Regione. Principalmente per la sanità, il Governatore pugliese aveva promesso di mostrare ai suoi corregionali una Puglia diversa. L’allora esponente di Rifondazione Comunista, nel 2005, aveva cavalcato l’opposizione al piano ospedaliero del Governatore uscente Fitto, partendo dalle “barricate” sulla chiusura del reparto di Ginecologia presso l’Ospedale di Terlizzi. E quest’ultimo è il comune del barese in cui è nato e risiede il fondatore e leader di Sinistra e Libertà.
Vendola nel 2005 aveva promesso di stracciare il piano sanitario di Fitto, facendo esplodere il campanilismo di molti comuni pugliesi. Il reparto di Ostetricia e Ginecologia a Terlizzi, però, non è stato più riaperto e l’attuale assessore alla sanità, Fiore, nell’ottobre del 2010 si è trovato a fronteggiare la stizza del sindaco di che si è detto “sconcertato dal tenore delle risposte dell’assessore Fiore al consiglio comunale di Terlizzi”.
La solita storia italiana, ma perseverare qualche volta deve essere una colpa.
Nella scorsa legislatura regionale sono emerse le perdite della sanità con cifre che si avvicinavano ai nove zeri. Una gestione che alla ribalta saliva non solo per le vicende già dette, ma anche per i tanti episodi di malasanità e di carenze, per i ritardi e le liste di attesa, per i reparti fatiscenti, per gli abusi, le malversazioni, gli interessi privati e per lo sconcerto degli utenti, degli anziani e dei malati.
Non sono servite le forbici sui farmaci gratuiti, né l’aumento dei ticket e neanche le maggiorazioni ai contribuenti pugliesi sui redditi e sui carburanti, riscaldamento compreso, per il 2010 le perdite della sanità pugliese si vanno ad attestare sui 600 milioni di euro, il doppio di quanto previsto inizialmente dal suo assessore. Nel 2010, per la sanità, lo Stato ha girato all’amministrazione regionale il 3% in più fondi, ma non sono bastati a ricondurla al contenimento delle perdite. La regione, inoltre, ha anche un debito accumulato e non risanato di 683 milioni.
La Puglia è monitorata dal Ministero dell’Economia, quello di Tremonti che ha già definito “cialtrone” il governatore pugliese, sebbene per un’altra vicenda (mancato utilizzo dei fondi europei per lo sviluppo). Se non sarà possibile ridurre le spese sui costi, la Puglia dovrà ridurre i servizi resi, e a farne le spese saranno i cittadini pugliesi.
Evviva la Puglia migliore!
Vito Schepisi

03 febbraio 2011

A Bari più che un Sindaco c'è un Podestà

Occupiamoci un po’ di Bari. Questa città sembra che sia stata lasciata nelle mani del suo Sindaco onnipresente e tutto fare. Emiliano è un uomo poliedrico. Affronta tutto con quella tipica presunzione di molti baresi di sapere, di fare e di immaginarsi unico.

Per la Befana 2011 ci ha regalato questo suo sfogo: «Sta per scoppiare un terremoto, per me non c’è momento più conveniente di questo per dimettermi. Io posso andare alla Regione o posso candidarmi alla Camera, ma voi che fate senza di me?» - per poi aggiungere - «Se resto è perché non intravedo chi altri possa svolgere questo ruolo. Sono come quel padre che deve lasciare l’azienda ai figli, ma i figli sono in grado di assumersene la responsabilità?». Ci fa venire in mente Luigi XV, re di Francia, che, dalla reggia di Versailles, si magnificava e diceva con sconfortata sufficienza: “Apres moi le deluge”. E per presunzione il Sindaco ci ricorda il detto un po’ canzonatorio, ma anche un po’ arrogante: “Se Parigi avesse il mare, sarebbe una piccola Bari”.

Il primo cittadino si sente infallibile. Ha il piglio di un podestà. E’ un presenzialista ossessivo e solo lui, in Città, appare animato da buoni propositi. Visti i risultati, però, tanto buoni non sono. Sarà forse solo una questione di diversa cultura e di educazione. Lo diciamo, senza acredine e offesa, per la convinzione che abbiamo di una diversità di pensiero sulla gestione, sui rapporti con il territorio, sui servizi ai cittadini, e per il modo diverso di percepire la vitalità di una comunità.

Pensiamo, infatti, che ci sia scarsa attenzione nel fronteggiare le criticità che emergono nella gestione di una realtà così complessa, come quella di un insediamento urbano medio grande, capoluogo di regione, centro universitario d’importante riferimento culturale e scientifico, polo industriale e crocevia commerciale e funzionale di una rilevante area geo-politica.

La natura di Bari è quella della città a vocazione mercantile. I suoi abitanti passano per gente molto pratica in questo mestiere. E il Sindaco Emiliano non tradisce questa vocazione. Il Capoluogo pugliese è una città di mare, porto di mercanti e nel tempo sottoposta a diverse dominazioni. Invasa dai barbari, nel IX secolo d. C. passò dagli Ostrogoti ai Saraceni e fu persino capitale di un piccolo stato musulmano con un suo emiro e una sua moschea. Fu città bizantina, normanna, sveva, angioina, aragonese. Ora si divide tra le cozze pelose, i ricci, i polipi crudi, ed il calcio. E’ l’era Emiliano.

In Città si avverte un conflitto perenne tra i sentimenti di amore e di odio, rispettivamente per la squadra di calcio e per la sua gestione. Il Presidente Matarrese è uno dei fratelli del gruppo coinvolto tra le imprese di Punta Perotti. Lo spessore del conflitto, naturalmente, è stato sempre direttamente proporzionale alle prestazioni della squadra di calcio. Il conflitto, non a caso, è stato molto acuto quando, con enfasi giustizialista, alla presenza del Sindaco Emiliano, del Governatore Vendola e del noto ambientalista campano Pecoraro Scanio, sono state abbattute le palazzine di Punta Perotti, chiamate “la saracinesca di Bari”, e sono state confiscate le aree su cui sorgevano.

Una delibera ardita dell’amministrazione comunale che pone oggi la città, dopo la sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo (violazione dell'articolo 7 della Convenzione dei diritti dell'uomo che sancisce che non può essere inflitta una pena se quest'ultima non è prevista dalla legge), a rischio di un ingentissimo risarcimento dei danni.

A Bari, già se si va al mercato del pesce e si mangia un mitile crudo, e poi allo stadio a gridare Forza Bari, per un Sindaco si è nello spazio del gradimento assoluto. Se poi si candida nella lista al Comune anche il leader della tifoseria più accanita, quella degli ultras, benché pregiudicato, anche quello elettorale si trasforma in tifo da stadio.

Dinanzi ad un piatto di riso, patate e cozze e … du’ pulp arrizzat (due polipi trattati per essere mangiati crudi), i baresi chiudono un occhio su una città lasciata al degrado, sporca, senza orgoglio, sgangherata nelle sue articolazioni stradali e priva di prospettive per il futuro.

Il Sole XXIV ORE, lo scorso dicembre, ha pubblicato una graduatoria tra le province italiane per la qualità della vita nel 2010. Bari s’é collocata al 93° posto su 107. Per l’ordine pubblico, nella stessa graduatoria, la Città fa un balzo all’indietro rispetto al 2009 dal 68° al 96° posto. Bel risultato! Anche se il sindaco dice che i conti sono a posto e che la città ha una gestione economica virtuosa.

Per la comunicazione Emiliano è un ciclone. Con Vendola in Puglia forma una coppia “fantastica” come direbbe Checco Zalone. Nel 2009 in campagna elettorale ha promesso ai giovani di Bari - moltissimi erano costretti a emigrare in cerca di occupazione - ben 30.000 posti di lavoro. Se aggiungessimo i giovani che da allora l’hanno perso il lavoro, i nostri ragazzi - che continuano ancora ad emigrare nella speranza di trovare un impiego – vanterebbero crediti per 40.000 assunzioni, ma anche questo fa parte del “carisma “ del personaggio. Se lo avesse fatto un altro sarebbe stato lapidato nella pubblica piazza.

Già magistrato stimato, Emiliano è stato criticato per l’esito inconcludente dell’inchiesta sulla “Missione Arcobaleno” (Aiuti umanitari al Kosovo con il Governo D’Alema). L’inchiesta partì col ritrovamento, stoccate nel Porto di Bari, di montagne di derrate alimentari scadute, nel 2004, però, l’allora PM Emiliano abbandonò l’inchiesta nelle sue fasi conclusive per candidarsi, proposto da D’Alema, a Sindaco di Bari.

Un’altra questione annosa della Città, con Emiliano messo di traverso, nonostante le sentenze della Cassazione e del Consiglio di Stato, è la realizzazione della Cittadella della Giustizia. C’è un’impresa che ha vinto la gara e che è disposta a realizzarla a zero spese e concedendo tutte le garanzie ambientali e di rispetto urbanistico, ma non ha avuto l’autorizzazione per iniziare i lavori. L’impresa si è anche impegnata alla creazione di altrettante zone adibite a verde per quante ne sottrarrebbe la realizzazione dell’intero complesso destinato ad accorpare tutti gli edifici giudiziari della Città. L’opera, inoltre, sarebbe da realizzare in zona non urbanizzata e alla periferia di Bari, nelle vicinanze del megastadio San Nicola. L’impresa ha citato in giudizio il Comune di Bari. Ci saranno dei danni e delle spese da pagare e, come appare scontato, saranno a carico della Comunità. Naturalmente a tifare per gli ostacoli posti dal Sindaco sono alcuni costruttori che hanno le proprie rappresentanze in Comune.

Vito Schepisi