30 giugno 2006

Il trionfo dell’immobilismo*

Lunedì scorso, l'Italia è arrivata zoppicando a ottenere una vittoria al rallentatore sull'Australia e contemporaneamente ha fatto decisamente un autogol sulle riforme politiche. Giorgio Napolitano, il presidente ex comunista della Repubblica italiana, ha dichiarato che questo è stato un grande giorno sia per il calcio italiano sia per la democrazia italiana. Non ho la minima idea se ciò comporti o meno delle buone prospettive sull'esito del campionato mondiale, ma non c'è alcun dubbio che il rifiuto degli elettori italiani di modernizzare il loro scricchiolante sistema politico lasci quello che è il Paese più conservatore e instabile, bloccato dalla screditata politica dell'immobilismo.In ballo c'era una radicale modifica della Costituzione del 1948, programmata dalla coalizione di centrodestra di Silvio Berlusconi senza aver consultato la sinistra, e votata dal Parlamento durante gli ultimi mesi del suo mandato. Denunciata dal governo Prodi come un «insulto» antidemocratico - ipocritamente, visto che nel 2001 il centrosinistra aveva riscritto le proprie modifiche alla Costituzione su basi altrettanto di parte - questa riforma doveva essere sottoposta a referendum, non avendo ottenuto in Parlamento la maggioranza dei due terzi.Agli elettori è stato richiesto di approvare le modifiche da apportare ad oltre 50 dei 139 articoli della Costituzione. Non si trattava certo di qualche lieve cambiamento. Sembrava piuttosto il lancio di un grosso macigno nelle acque ferme di un piccolo stagno, il cui scopo era quello di modificare non solo gli equilibri di potere costituzionali, ma anche l'intera cultura politica italiana.Una cultura che è profondamente radicata nello scomodo ricordo del fascismo e in una ancor più radicata sfiducia nel potere. La Costituzione del 1948 pone tali e tanti vincoli all'esercizio del potere politico da rendere quasi senza senso il concetto di «mandato a governare».In Italia il presidente del Consiglio non è un vero primo ministro. Vincere un'elezione non comporta l'attribuzione automatica dell'incarico, che peraltro non è nemmeno un mandato vero e proprio, in quanto egli non può fissare le politiche del governo, ma solo coordinarne l'operato. Non può nemmeno scegliere il proprio gabinetto senza far riferimento al presidente della Repubblica né tanto meno licenziare dei ministri ribelli o incompetenti. Può solo rassegnare le dimissioni dell'intero governo, sperando che il presidente gli chieda di formarne uno nuovo con altri ministri. Non può neppure sciogliere il Parlamento, in quanto questa è una prerogativa che spetta esclusivamente al presidente della Repubblica. Non importa quanto forte sia la maggioranza - e in Italia, che ha sopportato ben 61 cambi di coalizioni governative dalla fine della guerra, le maggioranze forti sono rare - perché non esistono garanzie che un governo riesca a portare a termine il proprio programma. Il «bicameralismo perfetto» italiano attribuisce uguali poteri al Senato e alla Camera dei deputati, con il risultato che le leggi rimbalzano avanti e indietro tra le due Camere per mesi, se non per anni. A peggiorare le cose, una riforma pasticciata del centrosinistra del 2001 ha attribuito maggiori poteri alle 20 regioni italiane senza chiarire di chi siano le competenze e le responsabilità, se delle regioni o del governo centrale, che poi paga i conti, e senza dare al governo centrale il potere di bloccare le leggi regionali nell'interesse del Paese. Verifiche e bilanci portati all'estremo riflettevano, nel 1948, la determinazione che nessun leader politico potesse abusare del potere, così come aveva fatto Mussolini. Ma hanno reso l'Italia quasi ingovernabile. In sostanza, la riforma di Berlusconi avrebbe conferito al primo ministro italiano dei poteri simili a quelli che esistono in Gran Bretagna, avrebbe trasformato il Senato in una istituzione regionale simile al Bundesrat tedesco, e avrebbe chiarito i rapporti tra governo centrale e regioni. In un modo non esattamente draconiano, sei elettori su dieci hanno mostrato il pollice verso.Perché è successo questo? Nessuno spende una buona parola sul modo in cui l'Italia è governata, o meglio non governata. Ognuno, dal bimbo al pensionato, dal negoziante al magnate, paga il prezzo della quasi impossibilità di approvare o abrogare le leggi, a causa della continua lotta tra governo centrale e regioni affamate di potere, ma anche a causa della bizantina complessità di un sistema che sembra concepito per mantenere i governi deboli e instabili. Tutti pagano, dice la gente, salvo i politici, ampiamente remunerati, che stanno al vertice di una piramide clientelare così vasta da costare quanto gli stipendi di 450.000 italiani messi assieme. L'unico punto della riforma di Berlusconi ad aver ottenuto un consenso universale è stato l'impegno a tagliare l'esorbitante conto del costo dei politici riducendo il numero dei deputati alla Camera da 630 a 518, e togliendo 53 dei 315 seggi al Senato.Questo referendum richiedeva moltissime cose con un unico voto, o per il sì o per il no, ed era del tutto improbabile che la gran parte della gente si addentrasse nei dettagli. I media italiani non sono molto d'aiuto in tempi come questi; vi si possono trovare commenti fino alla nausea, ma sarebbe vano cercare in essi dei resoconti neutrali sui punti chiave. Tuttavia la gente ha capito quanto alta fosse la posta in gioco. Lo scorso fine settimana faceva un caldo infernale, c'era la Coppa del Mondo, ed era la terza volta che si andava a votare nel giro di 11 settimane. Tuttavia, il 54 per cento degli elettori è andato ugualmente ai seggi.Ha contribuito la paura. Paura nelle regioni più povere, di rimetterci con la devolution (che già hanno); paura di fare da puntello al programma secessionistico della velenosa Lega Nord. Anche l'odio di parte ha fatto la sua: nella «cintura rossa» italiana questa era un'occasione in più per infilzare degli altri spilli sull'effigie di Berlusconi, che forse questa volta avrebbe potuto morire per le ferite di questo rito voodoo. Ha trionfato l'illusione: l'illusione, alimentata dalla sinistra, che gli italiani potevano permettersi di «votare no per una riforma migliore» e mettersi ad aspettare.Aspetteranno a lungo. Questo è un colpo che tramortisce il centrodestra, che se va in pezzi, scioglierà l'unico collante che tiene insieme la sinistra, cioè la paura di nuove elezioni. Romano Prodi rischia fortemente di diventare prigioniero della sinistra radicale che si sono ferocemente opposti alla riforma. Tre commissioni costituzionali bipartisan, una negli anni '80 e due negli anni '90, sono già cadute e la maggior parte dei politici, in fondo, non vuole questa riforma. I tacchini sono riusciti una sola volta ad andare a votare di Natale, dice un detto, ma è molto improbabile che questo miracolo si ripeta.
Rosemary Righter
*The Times, London

Aleksandr Solzenitsyn

«Per noi in Russia, il comunismo è un cane morto, mentre, per molte persone in occidente è ancora un leone vivente.»


Aleksandr Solzenitsyn

Bertinotti dirigerà l'orchestra

Chi pensa che far sedere Bertinotti sulla poltrona più alta della camera sia stato un buon espediente per neutralizzare Rifondazione Comunista ed indurre questo partito (comunista) ad accettare scelte anche impopolari, a mio avviso, ha capito ben poco di Bertinotti e del suo partito. Bertinotti, come tutti i comunisti, ha nella sua natura la duplice condizione di uomo di lotta e di governo. Il suo programma è chiaro e lo si può sintetizzare in poche scelte: apertura delle frontiere agli immigrati; tassazione dei redditi medio alti; tassazione delle rendite finanziarie; tassazione dei patrimoni; ripristino della tassa di successione; distribuzione delle ricchezze a emarginati e parassiti; rigidità del lavoro e divieto di licenziamenti, anche per giusta causa; finanziamenti ai centri sociali; voto agli immigrati; riconoscimento delle unioni omosessuali e rivisitazione dei concetti della famiglia e del matrimonio; esproprio ed omogenizzazione dell'informazione; funzione educativa e formativa delle televisioni; scuola di classe. In ogni occsione ed in ogni circostanza tali scelte verranno imposte col ...ricatto...con forzature...con bizantini compromessi verbali. Prodi? Ma non mi faccia ridere!...non conta niente! E se vuole stare seduto alla sua poltrona di capo del Governo deve solo acconsentire.
vito Schepisi

Vito Schepisi

Vito Schepisi

29 giugno 2006

Le dittature

Che il Presidente del Senato, seconda carica istituzionale dopo il Presidente della Repubblica, parteggiasse per una squadra è risaputo e non ci meraviglia più di tanto. Ciò che ci riempie di sgomento è il fatto che il suo scherarsi sia stato tanto manifesto quanto irrispettoso dei regolamenti e delle regole democratiche. E' veramente stupefacente! Nessuno prima di Lui, da Ingrao a passare per la Iotti e per Violante, già presidenti di un ramo del parlamento, s'è rivelato così spregevolmente sordo alle regole della democrazia. L'azione di costoro, quasi sempre, in particolare per la Iotti ed Ingrao, comunisti duri e puri, è stata sempre improntata ad una correttezza istituzionale ammirevole. Anche Violante, spesso fazioso e di parte, in definitiva ha mostrato rispetto per l'istituzione che presiedeva. Mai il Senato della Repubblica, presieduto da uomini saggi ed illustri come Merzagora e Malagodi e Spadolini si è piegato a tanto "malaffare" come succede con il sindacalista Marini. Definire il suo atteggiamento irresponsabile? Irrispettoso delle prerogative democratiche e parlamentari? No!! E' troppo facile liquidare tutto in modo così semplice! Il suo atteggiamento fa parte di un complotto, forse studiato a tavolino. Si vogliono ridurre le regole della democrazia. Si vogliono limitare le prerogative del Parlamento. La maggioranza del 50% ritiene che la minoranza del 50% non abbia diritto alla parola: stabilisce anche che i lavori delle camere siano solo un modo inutile di ostacolare le attività del governo. I presidenti delle camere stabiliscono che il parlamento riduca a non più di 12 giorni al mese, a parte la chiusura estiva, il loro lavoro, stabilendo un assurdo sociale: una settimana di ferie al mese. Ora non rimane che aspettarci che qualche categoria presenti nella sua piattaforma rivendicativa di contratto di lavoro la richiesta di concessione di una settimana di ferie al mese. Stabilire questo precedente è deprimente ed offensivo nei confronti di tanti lavoratori che lavorano per circa 40 ore settimanali divise in 6 giorni lavorativi per guadagnare in un anno ciò che questi signori portano a casa in un solo mese...e non parlo di presidenti o vice presidenti o componenti l'ufficio di presidenza delle camere, parlo di semplici deputati o senatori. Non penso che questa maggioranza si limiterà solo a questo! Sta prendendo piede ciò che io definisco una forma moderna di dittatura. Che vergogna!!
vito schepisi

La Lega e la sconfitta

Si! La lega è la vera artefice della sconfitta. Parlo di sconfitta e non di ciò che poteva essere la possibile bocciatura della riforma costituzionale. Le ragioni del "no" avevano un solido sostegno nell'affermazione che le riforme costituzionali si fanno con il consenso più largo possibile ed al di fuori dei giochi politici. Questo non è stato possibile per una contrapposizione preconcetta. Bisognava prenderne atto e denunciare al Paese l'impossibilità di proseguire nel disegno di ammodernamento dello stato a causa della bieca e preventiva opposizione del centrosinistra. A costoro non è sembrato vero di poter contare su uno strumento di feroce critica alla ex maggioranza. Le forze della democrazia liberale e del rinnovamento erano accusate di voler imporre la propria riforma costituzionale con il 50% del consenso politico del Paese. Errore gravissimo! Anche se giustificato da quella sorta di immobilismo e di conservatorismo rappresentato dalla sinistra. A poco importa se nelle singole novazioni della riforma si siano trovati in tempi diversi larghe convergenze. Ricordiamo, ad esempio, il "premierato", ovvero la distinzione funzionale delle Camere. La cecità politica del centrodestra, in questo caso, ha offerto al peggior presidente della repubblica che l'Italia avesse potuto avere, il riscatto politico. Non stimato persino a sinistra, Scalfaro, è tornato prepotentemente in sella con la sua prosa stantia ed il suo moralismo predicato nei confronti di altri. Questo uomo mediocre e privo di autocritica e di vergogna per non aver ancora spiegato agli italiani, non solo i suoi comportamenti politici all'epoca della presidenza, preoccupato a non dispiacere la sinistra dei giudici, ma anche dove siano finiti i 100 milioni di vecchie lire da lui percepiti mensilmente dai "servizi" quando era ministro degli Interni del governo Craxi. Era un ministro del Governo dell'odiato Craxi!?!?!? Ahhhh!!!....Le cento primavere della gente in malafede!!... e poi dicono che con l'animo cattivo non si campa tanto!!!!! La responsabilità è della Lega per aver voluto a tutti i costi la riforma ed anche nel modo sbagliato.
La responsabilità è nei termini e toni usati che hanno spaventato gli italiani. La "devolution"...Bossi e Calderoli quanto siete stati stupidi! Non sapete parlare italiano e vi cimentate in una lingua straniera per dire cose semplici da poter facilmente comprendere. Invece vi riempivate la bocca di "devolution" ed ogni volta che pronunciavate questa parola il 50% degli italiani sorrideva divertita della vostra smorfia labiale mentre l'altro 50% si preoccupava dal vostro apparire barbari ed incolti. I dirigenti della lega sono stati stupidi e purtroppo lo sono ancora! Penso che anche i vertici della Lega come la Costituzione italiana siano da rinnovare. Dovrebbero rendersi conto che in Italia, nord compreso, li percepiscono come barbari demolitori dell'Unità dell’Italia. Questa riforma, che non era la riforma federale della Lega, perchè indirizzata quasi esclusivamente al rinnovamento del Paese e che non frantumava niente, non separava alcunché, non mortificava nessuna regione d'Italia; questa riforma, ripeto, era percepita dagli italiani come la riforma separatista, secessionista, antiunitaria vagheggiata nel tempo dalla Lega. Era percepita come la spinta antiunitaria, da Bossi e compagni sollecitata quando mantenevano in piedi il governo Dini, dopo il ribaltone del 1994 e quando D’Alema diceva di loro: "siete una costola della sinistra" . Da costola sono diventati una "ciabatta usata". Ora mi domando se tutto questo era voluto. Possibile che nessun esperto di comunicazione abbia informato i vertici della Lega di quanto siano stati poco credibili nell’elettorato estraneo al loro "zoccolo duro"? Io penso, invece, che siano stati coscienti della loro azione negativa ma che abbiano proseguito nel loro disegno di rottura. Avevano bisogno di visibilità presso il loro elettorato. Si stanno preparando a mobilitare i loro militanti, sull’onda della delusione, alle sceneggiate delle ampolle ed altre castronate del tipo. E' ora che si dia corpo al rinnovamento della strategia politica del centrodestra. Penso sia necessario valorizzare forze fresche, chiarire con gli alleati le strategie. E' opportuno tagliare i rami secchi ed emarginare i professionisti della "visibilità". Penso sia giunta l'ora di dar vita ad un movimento di progresso costituito da forze moderate fermo sui principi delle democrazie occidentali e sui valori condivisi della nostra civiltà, saldo nelle alleanze internazionali, critico e stimolatore in Europa. Un movimento propositivo, snello ed efficiente in politica interna. Serve un movimento che sia percepito come equilibrato verso tutti, ricchi e potenti o poveri e diseredati, che sia giusto nella imposizione dei doveri e ampio nella concessione di diritti. Un movimento che sia percepito come restauratore di ordine ma inflessibile verso soprusi ed arroganza.
schepisi vito