21 maggio 2013

“ADESSO BASTA! FERMIAMO IL SISTEMA FORTETO”



Sabato prossimo alle 21 a Vicchio del Mugello ci sarà una fiaccolata organizzata dal comitato «Adesso basta! Fermiamo il sistema Forteto ».
C’è molta omertà da quelle parti, e chi nel PD locale si fa domande viene messo sotto accusa.
Si parla di strumentalizzazione della destra. Come se denunciare i fatti gravissimi e le violenze subite dai minori, l’induzione alle pratiche omosessuali, lo sfruttamento del lavoro minorile, l’abuso e i metodi di correzione tipici dei lager, possa essere di destra o di sinistra.
Al Mugello il Pci era tutto: eleggeva chi voleva, anche una mummia. E la stessa cosa è stata per il Pds, i Ds ed ora è per il PD.
E’ terra rossa quella. E’ terra in cui “il Partito” controlla tutto, anche le coscienze delle persone. Se esci dal gregge te la fanno pagare.
Chi ha denunciato ciò che succedeva al Forteto, infatti, sta subendo ritorsioni. Si è creato un clima di tensione e c’è omertà, come succede nei luoghi della mafia. Danneggiamenti, minacce, pressioni e consigli che non si possono ignorare. Manca solo la lupara ma, sebbene manchi, si assiste agli stessi metodi che usa la mafia per compiere le sue vendette e per far tacere chi sa.
Fa davvero senso quest’arroccamento in difesa di ogni orrore che abbia una matrice sinistra. Non è la prima volta che capita. Impartiscono lezioni morali, ma privi di autonomia di pensiero, non conoscono neanche i fondamentali della democrazia e della libertà. Sono ossessionati dal loro complesso di superiorità. Sono ipocriti. Sono illiberali e rancorosi. Sono faziosi. Il loro metodo omertoso e criminalizzante non è meno riprovevole di quello dell’uso della violenza fisica, a cui spesso si lasciano andare.
Non c’è democrazia, non c’è spirito critico, non c’è coscienza e dignità umana in chi nasconde l’orrore per salvaguardare il partito o l’idea politica.
Il furore ideologico paralizza il cervello e rende gli uomini ciechi e schiavi dei loro principi assoluti: è qui che “il bene” ovvero “la verità” o ci sono o, nell’interesse del “Partito”, ci devono essere per forza.
Degli orrori del Forteto, si dubita che nessuno sapesse. Questa omertà non ha giustificazioni. Ci sarebbe solo una grande vergogna, come è vergognoso che domenica scorsa,19 maggio, alla 12° Marcia di Barbiana, per ricordare Don Lorenzo Milani, fondatore di quella Comunità, con il pretesto di voler evitare strumentalizzazioni, è stata sconsigliata la partecipazione all’Associazione vittime del Forteto.
Ma quali strumentalizzazioni?
Denunciare l’orrore è forse una strumentalizzazione?
Si fanno chiamare PD ma sono sempre loro. I metodi sono sempre gli stessi. Sono quelli del vecchio Pci: lo stesso retroterra culturale.
Sono aggressivi, violenti, pericolosi, falsi e bugiardi. Sono pedine di un sistema burocratico in cui nessuno osa ragionare autonomamente e nessuno reagisce agli abusi per non mettere in difficoltà il “Partito”, come accadeva con Togliatti.
Non sono cambiati. E non si vergognano mai!
Vito Schepisi
 

19 maggio 2013

Il Forteto: la comunità degli abusi


Viviamo in un Paese in cui è sufficiente dirsi di sinistra e tutto, proprio tutto, è possibile. 
Poi che a sinistra si accapiglino e litighino tra di loro è scontato. 
Tutti i malfattori lo fanno. 
Ed è così che mentre si celebra un processo infamante contro il leader del centrodestra su ipotesi di reato che, nonostante l'impegno di un esercito fra magistrati e polizia giudiziaria, non emergono, l'Italia dei media tace, con un colpevole e riprovevole silenzio, porcherie inaudite di maltrattamenti e di abusi sessuali su minori. 
Non cadono teste. 
Non si fanno crociate. 
I giornali tacciono. 
E già, se a sinistra si abusa e qualcuno lo dice, poco ci manca che si debba anche chiedere scusa. 
Le cose in Italia vanno così! 
E' un modo idiota? 
E' un'idiozia dividere i reati a seconda del colore politico di chi lo commette? 
Si è un'idiozia e mi chiedo: quelli che riescono a capirlo come fanno a sopportarlo? 
Se penso a Moretti che sollecitava D’Alema a dir qualcosa di sinistra, mi verrebbe da chiedergli … Moretti, ma ti sei fatto mai le domande tu? 
O ti senti troppo intellettuale per fartele? 
Non può essere che la gente si vergogni a fare o dire qualcosa di sinistra? 
Un amico mi dice: vedi Vito quelli che fanno finta di non vedere non sono ciechi, sono porci nel cervello. E mi sa che ha ragione! 
Ma passiamo ai fatti. Naturalmente brutti fatti. Fatti di sinistra. 
In una delle Comunità che passava come un fiore all'occhiello delle politiche sociali della sinistra, nel Mugello, terra rossa non per il colore del terreno, invero piuttosto giallo, ma per scelta politica, avvenivano cose da "lager nazista". 
Molti sapevano. Molti uomini di primo piano della sinistra, del PD e della stessa magistratura sapevano. Tutti, però, tacevano! 
Tutti guardavano da un'altra parte. Ad esempio, guardavano ad Arcore, alla villa di Berlusconi, alle sue residenze, ed ai suoi ospiti che le frequentavano per libera scelta. 
Nella Comunità Il Forteto da 35 anni, come ha certificato una commissione d’inchiesta bipartisan, contro i minori si praticava la pedofilia, si imponeva l’omosessualità, si sfruttava il lavoro minorile. 
I maltrattamenti psicologici oltre che quelli fisici erano all’ordine del giorno. 
Il “profeta”: lo chiamavano così il predicatore di una comune in cui i minori erano educati (evidente eufemismo) a spossessarsi della loro natura umana fatta di affetti e di riferimenti.
Dovevano obbedire e sottostare. Sottostare anche agli abusi sessuali. 
La terapia imposta, per superare i traumi che questi bambini disagiati si portavano appresso, era l’omosessualità. 
Aberrante! 
Era quella la cultura della sinistra, come mi ricorda la riflessione di Vendola del 1985 sui minori che dovevano essere liberi di avere rapporti sessuali con gli adulti. 
Ciò che accadeva a Il Forteto veniva spacciato come modello di assistenza sociale. 
Era il tribunale che affidava i minori alla comunità. 
Era il tribunale che affidava poveri ed innocenti adolescenti, coinvolti loro malgrado nel disagio sociale dei genitori, ad un uomo, Rodolfo Fiesoli, uscito di galera, condannato negli anni '80 a 2 anni per atti di libidine e maltrattamenti.
Sul sito di una parlamentare del PD in riferimento al Forteto si legge: «Una scelta sgombra di pretese teoriche e ideologiche le cui parole chiave erano: vita comune, condivisione della cassa, della casa, delle automobili, dei mezzi di produzione, delle responsabilità». 
Retorica stupida? 
No colpevole! 
Ora tutti prendono le distanze. 
La Bindi, ad esempio, come appare su “Il Giornale” prima sostiene di non sapere dove sia la comunità Il Forteto, poi ritratta: «Non so come mai il mio nome compare della relazione finale della Commissione d'inchiesta della Regione Toscana, ma sono intenzionata a capirlo per evitare strumentalizzazioni sulla mia persona». Ma alcuni testimoni, come sostiene sempre il Giornale, la smentiscono, ed anche gli articoli sui giornali che ne parlano. 
Sono in tanti a prendere le distanze. 
Il sindaco di Milano, Pisapia, sostiene che “l'inserimento nel comitato scientifico della Fondazione Il Forteto è avvenuto a sua insaputa”. 
Un altro caso Scajola! 
Naturalmente in Toscana niente cresce senza l’ala protettiva della Lega delle Cooperative. E la Comunità Il Forteto aderiva alla Lega. Tutto secondo le regole. Ma anche la Lega delle coop ora prende le distanze. 
Vuoi vedere che i responsabili dell'orrore sono le olgettine e Berlusconi? 
Vito Schepisi

15 maggio 2013

L'armistizio


Era da tempo che la Dott.ssa Boccasini fremeva per fare la sua requisitoria al processo Ruby, come se dovesse essere il giorno più importante della sua vita.
Finalmente quel giorno è arrivato. Ha parlato per sei ore e … ne ha elencate di presunte colpe di Berlusconi! 
Tutto era iniziato con una telefonata. Quella di Berlusconi che con gentilezza si era rivolto alla Questura di Milano per informarsi sulle sorti di Ruby. 
Nella telefonata, Berlusconi faceva cenno alla ragazza come una nipote di Mubarak. Alcuni hanno fatto ironia, ma il Cavaliere aveva chiesto di questa parentela, alla presenza di molti testimoni, a Mubarak in persona. 
La PM Ilda Boccasini nella requisitoria si è sfogata. In sei ore ha buttato giù il mondo della giustizia contro il Berlusconi “pericolo sociale”. Ha chiesto oltre alla condanna, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici: 6 anni di reclusione e l’interdizione. Una sentenza eclatante, certo esagerata. 
I fatti sono tutte cose ricostruite dalla Procura di Milano in un meticoloso lavoro di intercettazioni e di controlli di tabulati, ma senza un solido riferimento circostanziato. 
Se la vita goduriosa tra adulti e consenzienti può ritenersi immorale, la PM di Milano ha chiesto di condannare la presunta immoralità di tutta l’umanità, individuando in Berlusconi le responsabilità penali dell’intero universo di goduriosi. 
Un po’ troppo anche per un megalomane come il Cavaliere! 
Nelle case di Berlusconi si facevano delle feste, c’erano belle ragazze, partecipavano arzilli e maliziosi vecchietti, ma non è la prima volta che succede in Italia e nel mondo, e non sarà l’ultima. 
La Dott.ssa Boccasini se ne sarà dimenticata, ma è normale che le donne giovani e belle piacciano agli uomini. Non si può neanche dire, inoltre, che Berlusconi sia insensibile al fascino femminile. E succede sempre e dappertutto che le donne seducano gli uomini. Questi sono i fatti, e sono fatti loro, a meno che il PM non possa dimostrare che il Cavaliere abbia indotto alla prostituzione qualcuna e nello specifico che l’abbia fatto con una minorenne. 
L’interessata, Ruby, però, dice il contrario e nessun testimone era presente al consumarsi del presunto rapporto sessuale. Ma lo vedete Berlusconi che induce una ragazza a prostituirsi? E a che pro? 
Sono mancate solo le scene di seduzione omosessuale. Se ci fossero state, la lobby dei gay non avrebbe consentito che si parlasse di palpeggiamenti e di atteggiamenti seducenti, per giunta in luogo chiuso, come di fatti osceni! 
Se ci fossero stati strusciamenti omosessuali … Berlusconi forse non avrebbe neanche subito questo processo! 
Bene! 
Ora la PM si è sfogata. Ha fatto la sua requisitoria. Si sente in pace con se stessa. Ha detto che Berlusconi ha rovinato la morale dell’universo intero e che ha ammorbato l’Italia. 
Ma ora basta! 
Il Tribunale ci metta una pietra sopra, se ne esca con una sentenza assolutoria, articolata come vogliono, per evidente mancanza di riscontri effettivi di reati e … pensiamo all’Italia. 
Si giri pagina, per favore! 
La magistratura e la politica hanno altre cose importanti a cui pensare. 
La magistratura si dedichi ai reati di mafia e di corruzione, ai reati di malversazione verso la pubblica amministrazione. Si occupi di abusi e violenze contro le donne, di violenza nelle strade e di reati finanziari, di furti, truffe e raggiri. 
La politica ha invece l’onere di recuperare la fiducia nel Paese. Il pil sta pericolosamente scendendo. La recessione non si ferma. Le politiche di austerità hanno bloccato lo sviluppo e tagliato le gambe alle piccole imprese. Aumentano i disoccupati e i ricorsi alla cassa integrazione. Le famiglie sono in difficoltà. I consumi sono fermi. I giovani non trovano occupazione e calano gli investimenti. Siamo come in un’economia post bellica. 
C’è stata la guerra dei vent’anni tra le Procure e Berlusconi. E, dopo una guerra, anche se le responsabilità del passato restano, c’è sempre un armistizio.
Ora giriamo pagina e pensiamo alle cose serie. 
Vito Schepisi

14 maggio 2013

I rimborsi elettorali, le diarie, le indennità



Se la politica ha provato di tutto per utilizzare i soldi pubblici per intessere una rete di gestione in cui coinvolgere i militanti attivi, gli eletti non si sono lasciati sfuggire le opportunità per migliorare nel presente le proprie condizioni di vita e per assicurarsi i vitalizi per il futuro.
Il ragionamento è stato semplice. Con l’accordo di tutti, si poteva disporre di somme importanti che, utilizzate per la macchina propagandistica e le campagne elettorali, rendeva molto di più di un programma politico da sottoporre all’attenzione degli elettori.
La logica è di quelle che fanno inorridire i puristi: con i soldi si allarga il consenso e si vincono le elezioni.
La politica è così diventata una questione di marketing, come un detersivo, o ancor peggio una questione di controllo e gestione di un territorio, per soddisfare certi interessi, come fa la mafia.
I pullman, i camper, i treni, le navi, ad esempio, sono diventate immagini di attenzione, come per le tappe del giro d’Italia. Con i politici che si muovono in percorsi studiati. I mezzi popolari sono solo finzioni. L’effetto marketing è di dare un’idea parsimoniosa, con un percorso da fare assieme agli elettori. Un tragitto che, con la compiacenza dei mezzi d’informazione, è seguito, tappa per tappa.
La verità, però, è sempre diversa. Dietro a certe campagne ci sono costi mostruosi.
“I care”, “yes, we can”, o più modestamente “io centro” hanno solo fatto da apripista all’american style.
Anche in Italia è diventato di moda lo “spin doctor” che, tradotto nel nostro modo, è quel signore che con i sondaggi alla mano vorrebbe prendere per i fondelli gli elettori, facendo acquistare loro ciò che normalmente non acquisterebbero mai. Non sempre ci riescono, però. Nessuno può pretendere che si acquistino oggetti inservibili. Per Monti e Bersani è stato così.
I politici trovano sempre una spiegazione alle cose: è un po’ il loro mestiere.
La democrazia ha un costo. Ci hanno detto sempre così. Mai, però, ci hanno spiegato perché questi costi debbano servire per mantenere nel lusso i politici o per pagare questi semidei chiaroscuri, come appunto gli spin doctors che fanno vincere Obama negli USA e che tentano in Italia la “ mission impossible” coi nostri politici impresentabili per somma di spocchia e d’inganno.
Un capitolo a parte meriterebbero quei cartelloni lunghi un Km. e alti mezzo, spesso con stampate le facce da lancio delle freccette nei momenti di ozio, che prima delle elezioni circondano le città o che ricoprono le pareti di interi palazzi. Il costo al metro quadro di questi cartelloni è pari al costo, sempre a metro quadro, di una casa, come quella su cui il cittadino è chiamato a pagare l’IMU.
E’ facile però far leva sui sentimenti popolari e indignarsi sui costi della politica, ma il timore che si faccia facile demagogia o che possa diventare un metodo di scelta tra un’idea politica e l’altra, tra un sistema e l’altro, anche tra un politico e l’altro, c’è tutto.
Gli imbecilli sono sempre in agguato. C’è da diffidare.
La scena di questi giorni degli eletti del M5S è deprimente. Ci sono costi della politica che non è possibile tagliare. Vivere fuori di casa costa. Se si fa il proprio dovere, si ha diritto a vivere dignitosamente. I costi vanno si tagliati, meglio però iniziare dai privilegi e dal numero di parlamentari e consiglieri, per poi arrivare alle esagerazioni su indennità e rimborsi.
Ci hanno provato in tanti a far leva sul risentimento popolare. Di Pietro, ad esempio, l’ha fatto, unendolo ad un furore giustizialista applicato solo ai suoi avversari. E’ bastata una trasmissione televisiva, e un consigliere regionale col vizio dei videopoker, per mettere in discussione i suoi metodi e per far dubitare sull’uso che ha fatto dei fondi pubblici, sempre puntualmente incassati senza avvertire troppo fastidio, e qualche volta pur usando qualche furbizia a danno di altri.
La palla di grandine, ritenuta per troppo tempo una stella, si è così sciolta nel nulla. Non s’avverte la mancanza dell’uso improprio del suo congiuntivo: l’Italia poteva tranquillamente farne a meno.
Ci prova ora una compagine commerciale. E’ priva d’idee, è destinata a fallire. Ha giocato d’astuzia sulle difficoltà del Paese, sulla rabbia dei giovani, sulla confusione. L’ha fatto servendosi d’internet, una platea che va in tempo reale e che si diffonde tra i giovani.
Su Internet ogni parola d’ordine trova la sua cassa di risonanza. Il Web è un grande spazio vuoto. E’ deprimente che si riempia spesso d’ingiurie, di diffamazioni, d’incitazione all’odio, di turpiloquio e di falsità.
E’ un peccato! Non c’è niente di buono in tutto questo. E’ la parte meno affascinante del Web.
Vito Schepisi
 

02 maggio 2013

L'auspicio della svolta liberale



Se non ci fosse stata la legge dei numeri preponderanti, il governo Letta – Alfano sarebbe apparso come un governo a guida Pdl.
Basterebbe soffermarsi sulla sostanza del discorso pronunciato da Letta in Parlamento.
Se si ripulissero le sue parole dalla retorica dell’occasione, dalla difesa degli atteggiamenti del suo partito, dal richiamo ad una identità politica da rivendicare e da tutte le cose che doveva necessariamente dire, per il modo della sinistra di voler apparire sempre più “politicamente corretto”, Il discorso di Letta potrebbe anche sembrar scritto dal Cavalier Berlusconi.
La guida di questo governo è, però, del PD.
Il partito della sinistra ha anche la maggioranza assoluta dei ministri. Il Pdl ne ha solo 5 su ventidue, 3 sono di Scelta Civica di Mario Monti, un radicale e 4 tecnici, ma di area naturalmente vicina alla sinistra.
Sembra che il Pdl non abbia posto nessun ostacolo sui numeri e sui nomi, al contrario del PD che ne ha bocciati alcuni del centrodestra. Tutta roba di lana caprina per soddisfare la sete di astio di una base eccitata dai capipopolo, avvezzi a scaldare le piazze e le tribune televisive indicando i nemici da abbattere. Gli idioti non mancano mai e serviva anche questo per celare il carattere pretestuoso degli atteggiamenti già visti con Bersani.
E’ facile fare i prepotenti con un sistema elettorale che, pensato per un confronto bipolare, ha consentito al PD, con solo lo 0,36% dei voti in più del Pdl, di avere alla Camera invece del 30%, il 55% dei seggi, con un premio di maggioranza del 25% di seggi in più. Per questo Bersani aveva ostacolato, negli sgoccioli della passata legislatura, ogni tentativo di modifica della legge elettorale, compresa la soglia per accedere al premio di maggioranza.
In virtù di questo vantaggio la sinistra ha provato a fare il pieno occupando il 100% delle istituzioni. Voleva fare così anche con il Governo, ma il grande slam a Bersani non è riuscito.
E’ stato varato, invece, un Governo dalle larghe intese.
Ha vinto il buon senso.
E’ prevalso l’invito di Napolitano ai partiti di ricercare la pacificazione nazionale e di assumersi le responsabilità verso il Paese.
L’Italia non si poteva ancora permettere di proseguire con i pregiudizi ideologici. L’alternativa alle larghe intese, dopo che il Capo dello Stato aveva respinto ogni soluzione pasticciata e confusa, sarebbero state solo le nuove elezioni. Ma con il Pdl decisamente in testa nei sondaggi, per la sinistra un nuovo ricorso alle urne sarebbe stato un massacro, dopo 60 giorni di impasse, senza idee, sfiancato dall’antipolitica e con un partito diviso, e incapace di fare sintesi su scelte condivise.
L’antiberlusconismo non è un programma di governo, né dà soluzioni alla crisi del Paese. Anche le iniziative, comuni con il M5S, di liberarsi per legge dell’avversario politico, sono apparse deliranti e tali da inquietare gli elettori moderati del centrosinistra per il riemergere della sinistra post-comunista che cambia pelle ma che resta legata ai metodi illiberali.
Il Governo Letta ha, invece, un programma di governo.
Il PD non l’aveva.
Solo il Pdl in campagna elettorale ha proposto un programma per cambiare il Paese senza avventure. E l’ha fatto con l’indicazione di provvedimenti su questioni vere.
Enrico Letta ha recepito le indicazioni del Popolo della Libertà. C’è la cancellazione dell’IMU sulla prima casa che fa da apripista alla questione fiscale ed ai problemi delle famiglie.
C’è lo stop all’aumento, previsto per luglio, di un punto dell’Iva, poi gli sgravi fiscali per le imprese che assumono.
La rivisitazione della riforma Fornero, per rivederne le rigidità, accoglie le perplessità del Pdl. Il programma del Pdl chiedeva la cancellazione dei rimborsi elettorali e la riduzione dei costi della politica, recepite da Letta, e poi c’è l’idea della “Convenzione” per le riforme, per cambiare la seconda parte della Costituzione e riportare la centralità della nostra democrazia sulla sovranità popolare.
Ce n’è in abbondanza per comprendere che c’è condivisione sulla ricetta liberale per uscire dalla crisi economica, strutturale e politica e l’Italia.
Vito Schepisi