14 maggio 2013

I rimborsi elettorali, le diarie, le indennità



Se la politica ha provato di tutto per utilizzare i soldi pubblici per intessere una rete di gestione in cui coinvolgere i militanti attivi, gli eletti non si sono lasciati sfuggire le opportunità per migliorare nel presente le proprie condizioni di vita e per assicurarsi i vitalizi per il futuro.
Il ragionamento è stato semplice. Con l’accordo di tutti, si poteva disporre di somme importanti che, utilizzate per la macchina propagandistica e le campagne elettorali, rendeva molto di più di un programma politico da sottoporre all’attenzione degli elettori.
La logica è di quelle che fanno inorridire i puristi: con i soldi si allarga il consenso e si vincono le elezioni.
La politica è così diventata una questione di marketing, come un detersivo, o ancor peggio una questione di controllo e gestione di un territorio, per soddisfare certi interessi, come fa la mafia.
I pullman, i camper, i treni, le navi, ad esempio, sono diventate immagini di attenzione, come per le tappe del giro d’Italia. Con i politici che si muovono in percorsi studiati. I mezzi popolari sono solo finzioni. L’effetto marketing è di dare un’idea parsimoniosa, con un percorso da fare assieme agli elettori. Un tragitto che, con la compiacenza dei mezzi d’informazione, è seguito, tappa per tappa.
La verità, però, è sempre diversa. Dietro a certe campagne ci sono costi mostruosi.
“I care”, “yes, we can”, o più modestamente “io centro” hanno solo fatto da apripista all’american style.
Anche in Italia è diventato di moda lo “spin doctor” che, tradotto nel nostro modo, è quel signore che con i sondaggi alla mano vorrebbe prendere per i fondelli gli elettori, facendo acquistare loro ciò che normalmente non acquisterebbero mai. Non sempre ci riescono, però. Nessuno può pretendere che si acquistino oggetti inservibili. Per Monti e Bersani è stato così.
I politici trovano sempre una spiegazione alle cose: è un po’ il loro mestiere.
La democrazia ha un costo. Ci hanno detto sempre così. Mai, però, ci hanno spiegato perché questi costi debbano servire per mantenere nel lusso i politici o per pagare questi semidei chiaroscuri, come appunto gli spin doctors che fanno vincere Obama negli USA e che tentano in Italia la “ mission impossible” coi nostri politici impresentabili per somma di spocchia e d’inganno.
Un capitolo a parte meriterebbero quei cartelloni lunghi un Km. e alti mezzo, spesso con stampate le facce da lancio delle freccette nei momenti di ozio, che prima delle elezioni circondano le città o che ricoprono le pareti di interi palazzi. Il costo al metro quadro di questi cartelloni è pari al costo, sempre a metro quadro, di una casa, come quella su cui il cittadino è chiamato a pagare l’IMU.
E’ facile però far leva sui sentimenti popolari e indignarsi sui costi della politica, ma il timore che si faccia facile demagogia o che possa diventare un metodo di scelta tra un’idea politica e l’altra, tra un sistema e l’altro, anche tra un politico e l’altro, c’è tutto.
Gli imbecilli sono sempre in agguato. C’è da diffidare.
La scena di questi giorni degli eletti del M5S è deprimente. Ci sono costi della politica che non è possibile tagliare. Vivere fuori di casa costa. Se si fa il proprio dovere, si ha diritto a vivere dignitosamente. I costi vanno si tagliati, meglio però iniziare dai privilegi e dal numero di parlamentari e consiglieri, per poi arrivare alle esagerazioni su indennità e rimborsi.
Ci hanno provato in tanti a far leva sul risentimento popolare. Di Pietro, ad esempio, l’ha fatto, unendolo ad un furore giustizialista applicato solo ai suoi avversari. E’ bastata una trasmissione televisiva, e un consigliere regionale col vizio dei videopoker, per mettere in discussione i suoi metodi e per far dubitare sull’uso che ha fatto dei fondi pubblici, sempre puntualmente incassati senza avvertire troppo fastidio, e qualche volta pur usando qualche furbizia a danno di altri.
La palla di grandine, ritenuta per troppo tempo una stella, si è così sciolta nel nulla. Non s’avverte la mancanza dell’uso improprio del suo congiuntivo: l’Italia poteva tranquillamente farne a meno.
Ci prova ora una compagine commerciale. E’ priva d’idee, è destinata a fallire. Ha giocato d’astuzia sulle difficoltà del Paese, sulla rabbia dei giovani, sulla confusione. L’ha fatto servendosi d’internet, una platea che va in tempo reale e che si diffonde tra i giovani.
Su Internet ogni parola d’ordine trova la sua cassa di risonanza. Il Web è un grande spazio vuoto. E’ deprimente che si riempia spesso d’ingiurie, di diffamazioni, d’incitazione all’odio, di turpiloquio e di falsità.
E’ un peccato! Non c’è niente di buono in tutto questo. E’ la parte meno affascinante del Web.
Vito Schepisi
 

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