29 novembre 2006

Un premier di "basso livello"



Può un Presidente del Consiglio, riferendosi alla manifestazione del 2 dicembre, organizzata a Roma dall’opposizione,definirla “una manifestazione costruita sul nulla, di basso livello”?

Dopo che anche l’Ocse ha bocciato senza appello la finanziaria di Prodi, aggettivare in maniera così rozza la protesta dell’opposizione non è solo un azzardo di forma e di modi ma un’offesa all’intelligenza di tanti.

Non è nuovo Prodi a queste uscite di infimo livello e di bassa responsabilità.

Già in ottobre aveva lanciato un messaggio inquietante:

“può risultare politicamente rischioso andare in piazza contro questa manovra”.

Il nostro Presidente del Consiglio, nei momenti critici del suo regime, ha sempre un risvolto del suo aspetto indecente ed inquietante da farci scoprire.

Durante la discussione in parlamento sulla finanziaria, dopo aver affermato a più riprese in precedenza l’esigenza di dar vita, assieme alle forze del centrosinistra, ad un nuovo soggetto politico chiamato “partito democratico”, sostiene, all’incontrario, l’ipotesi di voler dar vita ad un nuovo partito da aggiungersi agli altri del centrosinistra.

Spesso non si riesce a distinguere quando parla sul serio da quando racconta bugie.

Non può un leader politico governare la sua maggioranza con le minacce.

Dopo aver governato a colpi di menzogne i primi sei mesi del suo dicastero, si consente il lusso di offendere il Parlamento, di offendere gli elettori, di offendere l’opposizione.

Cosa ci dovremo aspettare ancora?

Ha cavalcato persino il film di Deaglio sui brogli, pur sapendo, e non poteva essere diversamente, che si trattava di una bufala senza senso.

Si può immaginare che sia stato così sprovveduto, ed anche privo di consiglieri capaci, da aver, pur per un istante, immaginato vera l’arcana fantasia dell’ex direttore, negli anni '70, di “Lotta Continua” ?

Il 2 dicembre in Italia scende in piazza il popolo di centrodestra e non può dirsi che non ne abbia titoli e facoltà, non si può dire che non abbia dietro di se il consenso di una larga parte dei sentimenti degli italiani.

E’ vero che non è detto che la piazza abbia o debba avere sempre ragione, e che non sono e non devono essere le manifestazioni di piazza prese a pretesto per spallate politiche a maggioranze decretate dal consenso popolare degli elettori.

Le maggioranze politiche, però, si hanno con i voti!

Dove sono queste maggioranze di voti?

Un ramo del Parlamento (il Senato) ha visto la CDL prevalere per 250mila voti in più e l’altro ramo (la Camera) ha visto prevalere l’Unione per meno di 25mila voti in più.

Non c’è questa maggioranza degli elettori che possa consentire d’essere sordi alla protesta del restante 50% del Paese e legittimare l’operato di un Governo sordo alla protesta che sale in forma trasversale ed in ogni luogo.

C’è anche un sospetto, non ancora chiarito, di brogli nei seggi e l’attuale maggioranza ostacola le verifiche.

C’è un’Italia che protesta che va al di là della militanza nell’opposizione, un’Italia che solo un inadeguato e arrogante leader politico può definire “pazza”.

Il due dicembre questa Italia chiede di non essere ignorata e mortificata, ma solo ascoltata e considerata, in quanto parte attiva della dialettica democratica del Paese.

Di basso livello democratico è chi umilia il popolo che reclama e chi, avvezzo alla menzogna ed alla protervia, mortifica i diritti di tutti e tra i diritti anche quello di protestare pacificamente.

Vito Schepisi

28 novembre 2006

La dittatura della lentocrazia


Il grande imbroglio nei risultati elettorali non è ciò di cui si parla in questi giorni, ma è nella dittatura insindacabile della lentocrazia. Sono le supposizioni, i sospetti e le accuse non dimostrate che uccidono lo Stato di diritto e corrodono la democrazia. Che legittimità ha un regime che non garantisce in tempi rapidi l'accertamento delle verità elettorali su cui si fonda la sua classe dirigente? L'imbroglio nel voto non sta nella mancanza dei controlli previsti, ma nei tempi e nei modi in cui vengono effettuati con esiti del tutto inutili. Oggi si fa gran parlare del sospetto avanzato da Deaglio e Cremagnini secondo cui le schede bianche sarebbero state trasformate in voti per Forza Italia: ma la loro denuncia extraistituzionale può avere solo effetti scandalistici. Ieri era stato Berlusconi a sollevare dubbi sull'esito del voto ed a richiedere un riconteggio che però non si è mai fatto. Al Senato si trascina la questione dei seggi non attribuiti alla Rosa nel pugno aperta da una assai bizzarra interpretazione non formale della legge.
Nei due rami del Parlamento giacciono decine di ricorsi di ogni genere; e in passato non si contano gli episodi di parlamentari con diritto all'elezione che sono subentrati a coloro che non ne avevano diritto solo al momento dello scioglimento delle Camere.Questa la ragione per cui i controlli elettorali sono sempre stati una farsa: non per le procedure ultragarantiste seguite ma per i loro tempi di svolgimento. Come la giustizia civile e penale anche quella elettorale si trasforma nel suo opposto, l'ingiustizia, perché si compie «a babbo morto» quando non serve più. Il punto cruciale di tanto imbroglio sta nelle discutibili regole delle Giunte delle elezioni delle due Camere, organi perfettamente funzionanti senza che tuttavia riescano a dare risultati in tempi rapidi e certi.Mi spiace dovere dire che il presidente Bertinotti dice una castroneria quando proclama che «La legittimità del voto è pienamente garantita escludendo che vi possano essere modifiche»: le quali, invece, sono possibili dopo il lavoro di uno dei più importanti organi della sua Camera. La procedura del controllo funziona così. I dati elettorali vanno dai seggi ai tribunali e attraverso gli uffici circoscrizionali all'ufficio centrale nazionale presso la Cassazione. Questi li invia alle Camere i cui uffici, prima della seduta iniziale, cercano di far quadrare i conti restando ai dati formali numerici. È la Giunta delle elezioni, prima in sede provvisoria, che proclama (provvisoriamente) gli eletti che partecipano alla seduta iniziale e poi, in composizione definitiva procede alla «verifica ordinaria». Solo in questa fase si valutano i ricorsi, si esaminano i verbali, eventualmente si ricontano le schede, a campione o nella totalità, fino a giungere alla «convalida definitiva» che quando vi sono inciampi avviene per lo più verso la fine della legislatura.L'imbroglio attuale, come in passato, sta dunque nel fatto che, per ragioni di tempo, di energie ma soprattutto per quieto vivere, l'esito dei controlli e delle verifiche che legittimano definitivamente il voto non arriva mai. Che fare? Diversi potrebbero essere i rimedi: ripensare il cosiddetto «interna corporis» (previsto dall'art. 66 Cost.), concludere l'intera procedura del controllo nell'intervallo tra il voto e la convocazione delle Camere, departitizzare le operazioni di controllo... Ma l'unica vera riforma rivoluzionaria degna di uno Stato di diritto sarebbe sconfiggere la maledizione della lentocrazia che fa in modo che nessuno abbia mai ragione o torto.
Massimo Teodori

26 novembre 2006

"L'Arte della Guerra"



Ho ricevuto dall'amica Daniela Torre le riflessioni che riporto:



“L’Arte della Guerra”
Premessa
L’Essere Umano ha due forme pensiero, una di “bassa levatura”, e una di “Alta Levatura”. Ogni volta che noi agiamo d’istinto, senza coinvolgimento intellettuale, né spirituale o interiore, in maniera grossolana, si dice, un modo di agire di bassa levatura, in alcuni casi potremmo dire di non aver avuto alcun pensiero prima di quell’ azione, proprio perchè azioni frettolose, istintive o comuni; invece, quando ci sforziamo di riflettere prima di agire, ancora meglio, interiorizziamo prima il nostro pensiero, lo eleviamo al massimo livello attraverso la meditazione, e lo contempliamo, il risultato che otterremmo sarà così di un pensiero di “Alta Levatura”, o “Pensiero Elevato”. Qual’ è la differenza tra questi due modi di pensare ? E’ che il secondo modo, essendo stato oggetto di studio, di riflessione, di interiorizzazione, sarà più corretto, più sottile, più sofisticato, leggero (Alto), sicuramente più potente, come più potente ne conseguirà anche l’azione, ovvero sia, il risultato prodotto, materializzato. Il pensiero è energia, energia pura in movimento, in alcuni casi molto potente, e più è potente, e prima il pensiero arriva a materializzarsi.
Quando allora si parla di arte, non sarà certo qualcosa di frettoloso, di freddo, di comune, ma semmai al contrario qualcosa di ricercato, ispirato, desiderato, meditato; e poi di visualizzato, progettato ed eseguito. Un’Opera d’Arte.
Tutto parte da un pensiero. Nella Genesi si racconta che Dio stesso ad un certo punto della sua esistenza, decise che era arrivato il momento di rendere manifesto ciò che era immanifesto. Si potrebbe quindi dire che quello che si materializzò era già presente, ma come fosse ancora parte di un suo mondo, visione, pensiero, progetto, che poi rese materia.



* * *



Più “grande” è il progetto, più profondo e lungo il lavoro da fare, a cominciare dai tessuti e strutture, che danno consistenza, che formano l’oggetto in questione.
Per cui, in caso di guerra, ma eseguita sotto l’influsso di pensieri di Alto Livello, le cose si andranno a sviluppare su più versanti, a seconda delle epoche, mentalità, potenziale ecc :
In primo luogo si rendono deboli le strutture portanti.


Le Istituzioni.
L’Istituzione Religiosa
L’Istituzione Statale o il Regno
L’Istituzione Familiare
L’Istituzione Scolastica
L’Istituzione Sanitaria

Tra tutte, la più importante è quella della famiglia. Quando la famiglia giunge al suo massimo livello di rottura, un popolo è pronto per essere sottomesso.
Nella stabilità familiare, gli individui trovano equilibrio, forza, salute, creatività, coraggio... un’ individuo con una serena vita familiare, con affetti e benessere economico e spirituale, è sicuramente un individuo potente, o almeno un’ individuo che possiede un grande potenziale. Una società formata da queste caratteristiche familiari, è una società molto potente, o almeno con un potenziale enorme. Da sempre, chi è potente può essere oggetto di attacchi, per timore che fa tale potenza, o anche solo per invidia, per gelosia.
Cosa crea questa solidità familiare generale ?
In primis, l’unione dei coniugi, che se è supportata da profondo rispetto amoroso, è la vera forza del nucleo familiare; e poi la fede religiosa, molto importante per accrescere la fede interiore, che alimenta la fiducia per se stessi. Chi crede, chi ha una fede religiosa, è mosso da una forza molto grande, ha all’interno un grosso potere, che fa credere ogni cosa possibile... se Dio vuole. In ogni caso, sviluppa un potere dentro di sé molto grande, e più questo cresce e si rafforza, più potente l’individuo diventa, alcuni dicono “Grande come una Montagna”, ed è un’immagine molto chiara di grandezza, altezza, solidità, stabilità. Un Governante attento e sensibile, uno Stato evoluto e democratico, aiuta a mantenere queste caratteristiche intatte nel tessuto societario, per il bene della Nazione stessa, dello Stato stesso.
L’Istituzione Scolastica, forma l’individuo sotto il profilo intellettuale e creativo, e va a sviluppare il potenziale dei talenti degli allievi , oltre che offrire sapere, conoscenza, cultura. La base dell’individuo istruito: Alto livello d’ istruzione, medio livello, basso livello, a secondo del livello di istruzione, si avrà come risultato una società alta, media... e conseguente risultato nella vita societaria, lavorativa, culturale, politica, religiosa e così via. La formazione che riceve un bambino, un ragazzo, darà il risultato dell’ uomo del domani, sotto ogni profilo. Un quaderno con fogli bianchi su cui scrivere.
Una società con una gioventù non partecipe, debole, distratta, è una società che sta rischiando il proprio futuro.
Man mano che le fratture nelle Istituzioni fanno indebolire il potere di un popolo, di una civiltà, di una Nazione, e nelle persone la confusione aumenta , la stabilità e la solidità della società si è impoverita di valori, forza, fede, fiducia, potere economico... man mano si predispone a subire un’ attacco e a finire vittima di una brutta sorte, tanto brutta quanto lo saranno gli oppressori. Il metodo è poi il più naturale. In natura, la preda normalmente è prima inseguita, sfinita dal proprio predatore, e poi atterrata. Più la preda è grande, per cui più potente, più richiede attenzione e strategia. Un gruppo di predatori forti e coalizzati. Il gruppo comincia a muoversi insieme, impaurisce, rincorre, perseguita e sfinisce la preda, la isola, la accerchia e aspetta che cada in confusione, che dia segni di mancamento, e poi la attacca in branco.
Una società moderna ed evoluta, è una società che mira al benessere spirituale e materiale di tutti. Ha smesso di vivere come il predatore in natura. Non vive nel nome della legge della giungla. Ha elevato la propria coscienza e senso di responsabilità, oltre che la propria mente, non vive di supremazia. Gli uomini da sempre fanno i conti con il dualismo della propria mente, del bene dell’intelletto, dei propri conflitti interiori, da sempre si dividono tra bene e male.
Non vi è in natura un esempio di crudeltà, o ingiustizia, come nel mondo degli esseri umani. Gli animali hanno un modo chiaro di agire, in linea con il loro istinto, i loro bisogni primari. I metodi sono sempre gli stessi, l’equilibrio in questo caso, ha una sua stabilità antica, come sono antichi i tempi dei tempi. Solo l’uomo non possiede questo equilibrio, o rischia sempre di smarrirlo, il problema è l’uso e la strumentalizzazione che fa della sua mente, che può essere equilibrata o degenerata. A secondo dello stato mentale, l’ uomo agisce e opera cose di straordinaria bellezza o anche abominevoli, come nessuna bestia feroce potrebbe fare mai in alcuna occasione. Gli uomini fanno sogni e progetti, a questo riguardo uno dei più recenti e dei più terrificanti, fu quello di Adolf Hitler, del quale si ricorda l’olocausto più atroce che l’umanità ebbe da sopportare e ricordare. Quasi in contemporanea, in India un’altro uomo Gandhi, dava vita ad un suo sogno, quello dell’indipendenza del suo Paese in modo del tutto opposto, e creò un metodo innovativo di lotta, quello della non violenza. Entrambi furono seguiti da decine di migliaia di “aiutanti”, che risposero al bisogno di questi due uomini, che in modo differente segnarano la storia dell'umanità, anche se di diversa fattura umana, condividendo e partecipando alla realizzazione del loro sogno e progetto, materializzando quelle “forme pensiero”, che ebbero in precedenza. Ogni cosa parte da un pensiero, ogni “sistema” è stato ideato da qualcuno, che poi lo ha “trasmesso” ad altri. Alcuni lo condividono, altri lo subiscono, a volte lo chiamano destino. Tutto quello che è realtà è stato prima pensato da qualcuno.
Il pensiero è sempre Energia Creativa.

21 novembre 2006
Torre Daniela

23 novembre 2006

Libano: responsabilità anche italiane


Tutto nasce dallo spessore politico che ha assunto Nasrallah ed il suo “partito di dio”.
Spessore non per consenso democratico ed elettorale ma per implicito riconoscimento diplomatico.
Questi attraverso il braccio militare Hezbollah, con azioni di terrorismo e provocazioni, ha condotto sul campo, per interposta persona,
l’inizio della guerra di Iran e Siria ad Israele.
Si è posto, in Libano come protagonista della gestione del territorio nazionale.
Il Libano già martoriato da anni di guerra civile ed occupazione straniera, da trasformare ancora in fronte di guerra ed ospitare le basi del nuovo conflitto arabo israeliano, ovvero territorio che divenga nuova scena della guerra civile di tutti contro tutti.
Con questi signori, in Libano, a Bierut, il nostro Ministro degli Esteri ha passeggiato a braccetto, dinanzi alle rovine dei bombardamenti israeliani.
Per questi guerriglieri si sono chieste le forze di interposizione ONU, a cui i nostri militari stanno dando un cospicuo contributo di uomini e mezzi.
Per salvaguardare la possibilità che ricostruiscano in piena tranquillità le basi di missili e le fortificazioni distrutte da Israele.
L’assassinio del leader cristiano- maronita Gemayel è arrivato dopo un consistente braccio di ferro tra il premier Libanese Siniora ed Hezbollah.
Un braccio di ferro fatto di ricatti ed imposizioni e che in sostanza mira alla caduta dell'attuale governo per sostituirlo con altro di più marcata matrice filosiriana.
La Siria abbandonata l'occupazione di gran parte dei territori del Libano ne influisce la direzione politica.
Quello di Gemayel è il quinto assassinio politico che ha insanguinato il libano da quando la Siria, in seguito all’omicidio nel febbraio del 2005 dell’ex premier cristiano-maronita Rafik Hariri, è stata obbligata dalla Comunità internazionale a lasciare il Libano .
Per molti osservatori costituisce la conseguente azione di Damasco per mantenere il controllo politico della regione.
Dell’ultimo omicidio, però, si sostiene anche che la matrice sia solo di Hezbollah: per porre Siniora dinanzi alla scelta tra nuovo governo o guerra civile.
Nell’un caso e nell’altro i rischi della forza di interposizione Unifil sono grossissimi.
L’obiettivo malcelato è la guerra ad Israele.
Ancor più inquietante, a questo punto, appare la dichiarazione del nostro ministro degli esteri D’alema in cui afferma che la forza internazionale di interposizione in Libano è
condizione per la stabilità del Libano ed anche per la sicurezza di Israele”.
Inquietante tanto più che la Francia, attuale comando delle forze militari Unifil in Libano, prende le distanze da Damasco e l'accusa in modo diretto di essere mandante degli omicidi e di concorrere alla destabilizzazione del paese.
La diplomazia italiana, distratta e accondiscendente con la Siria, troverà a scontrarsi con la diplomazia francese? Ed i nostri soldati in quei territori?
Nel Parlamento Italiano, intanto, prende corpo il dubbio se non sia per caso tempo di rivedere la politica estera italiana.
Ad una intervista rilasciata a Mario Sechi l’ex ministro della difesa Antonio Martino alla domanda “Il ministro degli Esteri D'Alema ora ha paura di una svolta isolazionista negli Stati Uniti?" Ha così risposto:
"Mentre Ahmadinejad dichiara che vuole la distruzione dello Stato di Israele, mentre si rifiuta di rispettare la risoluzione Onu che gli impone di rinunciare al programma nucleare, D'Alema va a Teheran e proclama inalienabile il diritto dell'Iran al nucleare.
Inalienabile!
Che cosa avremmo pensato di qualcuno che negli anni Trenta fosse andato nella Germania nazista a proclamare che Hitler aveva il diritto inalienabile alle camere a gas?

Non abbiamo mai avuto un ministro degli Esteri così impresentabile».
Vito Schepisi

19 novembre 2006

Un Governo...albergo dell'odio.




I nostri soldati morti a Nassirya
E’ successo ciò che si sapeva.
Ma sono tanto meschini che troveranno una ragione anche per giustificare questo scempio.
Sono come coloro che, abietti, non hanno il coraggio di sostenere le loro azioni.
Anche questa volta diranno che si è trattato di un manipolo di idioti e di non essersi accorti di nulla.
Pensavamo che solo nei paesi pervasi da fanatismo ed odio religioso potesse accadere quanto si è visto ieri a Roma.
Pensavamo che solo nei paesi allo stato tribale, privi di tradizioni e di cultura, insensibili alle regole della democrazia, si potesse arrivare a tanto.
Prodi ed i suoi uomini diranno che prendono le distanze.
Distanze?
Cosa vuol dire?
Sono sostanza del loro modo d'essere: sono organici.
Ma il voto “non olet” per costoro!
Devono la loro maggioranza al voto di questa gente, hanno portato in parlamento coloro che tra questa, con questa, gente ha tratto il consenso elettorale.
Solo 25.000 voti in più, utili ad occupare il Paese.
I voti della sinistra illiberale, forcaiola, antidemocratica, violenta, vergognosa e miserabile.
Non c’è scempio peggiore che dare alle fiamme le bandiere in cui si riconosce l’identità nazionale di milioni di persone.
Non c’è scempio maggiore che bruciare nelle pubbliche piazze manichini di soldati morti in servizio per la Patria, sia giusta o sbagliata la causa che li volesse lì.
E che dire degli slogan?
Uno tra tutti.
Il più vile, il più scellerato…il più impunito:
“il solo tricolore da guardare è quello sulle bare”.
Pezzenti, mentecatti, vigliacchi, animali…..miserabili.
Indecenti miserabili!
Siate maledetti!
Nessuna pietà per gli affetti lasciati, nessuna pietà per le vite stroncate.
Sono gli stessi che distinguono tra i morti, sono quelli che definiscono eroine la Sgrena e le due Simona e mercenari Quattrocchi ed i suoi colleghi.
Solo che le prime non erano lì per bisogno, non andavano propriamente a guadagnarsi il pane, e la loro funzione era di solidarietà con le causa dei tagliatori di teste.
I secondi erano e sono povera gente, si proiettavano al futuro, facevano progetti di vita, rischiando e sapendo di rischiare.
E povera gente erano i militari morti a Nassirya .
In questa realtà sconcertante diventa ancora più agghiacciante l’operato del nostro Governo.
Le aperture di credito all’Iran di Ahmanidenejad.
La convinzione di quest’ultimo di trovare nel Governo italiano una sponda utile di negoziazione per portare avanti i suoi progetti nucleari.
Si comprende l’assenza di Prodi e del Governo italiano nel difendere la civiltà occidentale dinanzi ai pesanti attacchi del mondo islamico.
Si comprende la politica di D’Alema contro Israele e la sua passeggiata a Beirut a braccetto con un capo di hezbollah.
Si comprende anche l’astensione del rappresentante italiano, unico europeo, sul voto per l’elezione di un rappresentante dell’america latina al Consiglio di sicurezza delle nazioni unite.
L’unico paese europeo a non respingere la candidature dell’inquietante argentino Chavez.
Questa è una maggioranza che non rispecchia la dignità e la sensibilità del nostro Paese.
Questo è un Governo contro la coscienza civile degli italiani.
Questo è un Governo dove alberga l'odio.
Vito Schepisi

16 novembre 2006

Non si può bluffare su chi soffre.


D'Alema a braccetto tra il ministro degli Esteri libanese Faouzi Salloukh, alla sua sinistra nella foto, e l'Hezbollah Hussein Hassan





E’ squallido quanto avviene con la politica estera in Italia.
Non si può bluffare su chi soffre e muore.
Il capo della Farnesina non può gestire la politica estera del paese come farebbe per le strategie del suo partito o dell’intera sinistra.
L’intervista di D’Alema all’Unità dello scorso venerdì deve porre all’Italia un problema di legittimità ed adeguatezza.
Già il suo giudizio sulla risposta israeliana all’aggressione Hezbollah ai confini col Libano con cui definì “eccessiva” la reazione israeliana era da considerare oltre ogni limite della coerenza e della compostezza diplomatica.
Risparmiare gli aggressori per giudicare eccessiva la risposta degli aggrediti è già prova di faziosità e di virtuale collocazione.
La passeggiata a Beirut, tra le rovine dei bombardamenti israeliani, a braccetto con dirigenti Hezbollah, trasformò da virtuale a visibile e concreta la collocazione contro Israele della diplomazia italiana.
Chiedere, come è stato fatto, la presenza dei caschi blu dell’ONU, come forza di interposizione tra il territorio di Israele e la striscia di Gaza, con lo scopo di proteggere i miliziani palestinesi dalle risposte di Israele alle scorribande terroristiche ed al lancio di missili in territorio israeliano, è non equivicinanza, come si propone la politica estera italiana nell’area, ma legittimazione del terrorismo contro Israele.
Nell’intervista rilasciata all’Unità il “Metternich” della nostra diplomazia, il baffino barcarolo, attribuisce ad Israele la responsabilità della crisi in
Medio Oriente.
L’Italia libera e democratica dovrebbe già respingere il concetto di equivicinanza.
Non si può essere equivicini tra uno Stato democratico, legittimamente riconosciuto dall’ONU e dal consesso civile, come è Israele, e fazioni terroristiche come Hamas, sebbene proposta elettoralmente dal popolo palestinese, o Hezbollah (il partito di dio) che è una fazione minoritaria della politica libanese.
Né serve affermare, come fa il nostro marinaretto, che l’Italia non riconosce Hamas e che mantiene al pari della Comunità Europea l’embargo economico contro il governo palestinese.
L’atteggiamento di D’Alema, affermano le comunità ebraiche italiane, alimenta l’odio di gran parte della sinistra italiana, in questo allineata con le frange neofasciste, nei confronti di Israele e dell’ebraismo.
Le comunità ebraiche, inoltre, ricordano quanto accadde nel 1982, quando Israele era in guerra contro la fazione filosiriana e filopalestinese del Libano.
In quell’anno le manifestazioni della sinistra contro Israele alimentarono in Italia il fanatismo palestinese che si concretizzò con l’attentato alla
Sinagoga di Roma.
Non è difficile immaginare da quale parte fosse schierato il nostro attuale Ministro degli Esteri, allora leader emergente del dismesso
Partito Comunista Italiano.
Vito Schepisi


La cicala e la formica


Cambia l'atmosfera, cambiano le stagioni, cambia anche la favola " La formica e la cicala".

Da piccoli ci insegnavano come si doveva vivere e ci raccontavano : La formica lavora tutta la calda estate; si costruisce la casa e accantona le provviste per l'inverno.
La cicala pensa che, con quel bel tempo, la formica sia stupida; ride,danza, canta e gioca tutta l'estate.
Poi giunge l'inverno e la formica riposa al caldo ristorandosi con le provviste accumulate mentre la cicala trema dal freddo, rimane senza cibo e muore.

* * * * * *

Oggi si deve sapere che : La formica lavora tutta la calda estate; si costruisce la casa e accantona le provviste per l'inverno.
La cicala pensa che, con quel bel tempo, la formica sia stupida; ride,danza, canta e gioca tutta l'estate.
Poi giunge l'inverno e la formica riposa al caldo ristorandosi con le provviste accumulate.
La cicala tremante dal freddo organizza una conferenza stampa e pone la questione del perché la formica ha il diritto d'essere al caldo e ben nutrita mentre altri meno fortunati muoiono di freddo e fame.
La televisione organizza delle trasmissioni in diretta che mostrano la cicala tremante dal freddo, nonché degli spezzoni della formica al caldo nella sua confortevole casa con l'abbondante tavola piena di ogni ben di Dio.
I telespettatori sono colpiti dal fatto che, in un paese così ricco, si lasci soffrire la povera cicala mentre altri vivono nell'abbondanza.
I sindacati manifestano davanti alla casa della formica in solidarietà della cicala, mentre i giornalisti organizzano delle interviste domandando perché la formica è divenuta così ricca sulle spalle della cicala ed interpellano il governo perché aumenti le tasse della formica affinché essa paghi la sua giusta parte.
In linea con i sondaggi il governo redige una legge per l'eguaglianza economica ed una (retroattiva all'estate precedente) anti discriminatoria.
Le tasse sono aumentate e la formica riceve una multa per non aver occupato la cicala come apprendista, la casa della formica è sequestrata dal fisco perché non ha i soldi per pagare le tasse e le multe: la formica lascia il paese e si trasferisce in Liechtenstein.
La televisione prepara un reportage sulla cicala che, ora ben in carne, sta terminando le provviste lasciate dalla formica nonostante la primavera sia ancora lontana.
L'ex casa della formica, divenuto alloggio sociale per la cicala, comincia a deteriorasi nel disinteresse della cicala e del governo.
Sono avviate delle rimostranze nei confronti del governo per la mancanza di assistenza sociale, viene creata una commissione apposita con un costo di 10 milioni di Euro.
Intanto la cicala muore di overdose mentre la stampa evidenzia ancora di più quanto sia urgente occuparsi delle ineguaglianze sociali; la casa è ora occupata da ragni immigrati.
Il governo si felicita delle diversità multiculturali del paese così aperto e socialmente evoluto.
I ragni organizzano un traffico d'eroina, una gang di ladri, un traffico di mantidi prostitute e terrorizzano la comunità.
I partiti propongono l'integrazione perché la repressione genera violenza e la violenza chiama violenza.
Morale: tutto non è come sembra e se si vuole l’impossibile diventa possibile


Questa favola, riveduta e corretta, l'ho ricevuta questa mattina dalla mia amica Emanuela in Israele.

L’autogol del presidente del Consiglio



E’ un perfetto autogol il -26 di Romano Prodi. Perché impone una considerazione banale che sembra sfuggire completamente al presidente del Consiglio. Se di quei 26 miliardi di euro di penalizzazione, 20 dipendono dalla necessità di rientrare nei parametri europei e sei sono il frutto di deficit di aziende pubbliche come Ferrovie, Autostrade e di “buchi” per le opere pubbliche mai fatte, la manovra avrebbe dovuto essere fin troppo semplice. Una parte dedicata al risanamento dei conti pubblici, una alla soluzione delle cause strutturali che provocano il deficit perenne di questi conti.Ma la manovra non prevede queste due parti. La Finanziaria torchia gli italiani per 40 miliardi. Ma non spende neppure una parola per dire come il governo intenda risolvere il problema delle Ferrovie, quello dell’Anas e via di seguito. E le parole mancano non perché nessuno si sia posto il problema di sbrogliare questi nodi che strangolano il Paese, ma perché chi se lo è posto, ha concluso che non può e non vuole trovare alcuna soluzione a questi problemi. Per avviare a soluzione la questione delle Ferrovie, ad esempio, si dovrebbe fare piazza pulita una volta per tutte, di quel sistema di cogestione tra sindacati e burocrazia privilegiata che occupa e appesantisce l’azienda ormai da quarant’anni a questa parte. Cioè dai lontani anni ’70 e dai tempi del consociativismo. Ma può il “governo amico” delle Confederazioni sindacali che gestiscono e si spartiscono le ferrovie da quattro decenni, permettersi di compiere una operazione del genere? Non può farlo. E soprattutto non vuole farlo. Perché è anche ideologicamente e tragicamente convinto che l’unico stato sociale possibile sia quello venuto fuori dalla storia del Paese e di cui ormai conosciamo la forma assistenziale degenerata.L’elenco potrebbe continuare ad andare avanti all’infinito. Per la semplice ragione che i 20 milioni di deficit non nascono dalla finanza creativa dei cinque anni di governo berlusconiano, ma da cause strutturali che risalgono agli anni peggiori della Prima Repubblica. Accanto al caso delle Ferrovie e delle Autostrade, Romano Prodi avrebbe potuto tranquillamente indicare il caso Alitalia, quello della Fiat e dei suoi prepensionamenti privilegiati finanziati dallo stato. E, via di seguito, il sistema sanitario nelle mani delle corporazioni sindacali, il sistema pensionistico sempre condizionato dalle grandi Confederazioni (non più dei lavoratori ma dei pensionati) e gli infiniti centri di spesa del potere centrale e di quelli locali che rendono patologica la malattia del disavanzo pubblico. Se Prodi avesse detto che la Finanziaria di classe sarebbe servita a risanare le ferrovie, le autostrade, il trasporto aereo, le infrastrutture tagliando le infinite spese inutili degli apparati centrali e locali dello stato, gli italiani avrebbero potuto capire. Ma Prodi insiste solo sulla faccenda dei conti. E gli italiani, che non sono sciocchi, s’imbufaliscono. Che serve rientrare nei parametri europei quest’anno quando, con le cause del deficit irrisolte, il problema si ripresenterà l’anno prossimo?
Arturo Diaconale
da L'opinione

10 novembre 2006

"Io sono un Berlinese"





Durante la sua visita a Berlino del 15 giugno 1963, il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy pronunciò un discorso toccante. Il suo discorso sarebbe divenuto simbolo della Guerra Fredda:


«Ci sono molte persone al mondo
che non comprendono, o non sanno,
quale sia il grande problema tra
il mondo libero e il mondo comunista.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che
il comunismo è l'onda del futuro.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che,
in Europa e da altre parti,
possiamo lavorare con i comunisti.
Lasciateli venire a Berlino!
E ci sono anche quei pochi che
dicono che è vero che
il comunismo è un sistema maligno,
ma ci permette di fare progressi economici.
Lasst sie nach Berlin kommen!
Lasciateli venire a Berlino! [...]
Tutti gli uomini liberi,
ovunque essi vivano,
sono cittadini di Berlino,
e quindi, come uomo libero,
sono orgoglioso di dire,
Ich bin ein Berliner! (sono un Berlinese).»

* * *

A berlino ci sono andato nell'agosto del 1971.

Dopo 10 anni dalla realizzazione del "muro" nella notte tra il 12 ed il 13 agosto del 1961.

Il 12 ed il 13 agosto del 1971 ero a Berlino.

Mi sono recato nella parte est della città il giorno 12, con un permesso che mi scadeva a mezzanotte, ho rischiato la chiusura del varco per una sfilata militare che m'impediva l'accesso alla Friederich strasse, unico passaggio per turisti e stranieri.

Il 13 agosto la Berlino comunista celebrava la separazione della città con una parata militare oceanica: celebrava il muro.

Ero là anche il 13 agosto mattina ad assistere.

Honeker sul palco nella Under Der Linden che arringava la folla.

La sua voce severa, dura, autoritaria.

Non avevo mai visto e sentito niente di simile dal vero.

Non capivo le parole ma ne interpretavo la violenza.

Mi sono sentito berlinese anch'io.


Vito Schepisi

Il giorno della libertà

Uno dei tanti che non ce l'hanno fatta

Questo Governo, certo, non lo festeggia.

Troppi scheletri negli armadi dei ministeri e al governo, perfino in cima sul colle più alto: meglio passare tutto sotto silenzio.

Non lo celebrano i Ds, che pure avevano dichiarato di essere cambiati geneticamente, di non essere più comunisti, o almeno comunisti in quel modo.

Di solito con una trentina di anni di ritardo anche i comunisti arrivano alle conclusioni alle quali erano pervenute le persone normali una generazione prima, ma questa volta è meglio tacere e fingere di dimenticare che proprio l'Italia in Occidente, anche attraverso dirigenti democristiani come Andreotti, fece il possibile per tenerlo in piedi, quel muro.

Non lo celebrano ovviamente quelli che comunisti ancora sono a dispetto dei santi e malgrado tutto.

Fin qui, tutto "normale", come direbbe il nostro marinaretto ministro degli Esteri.

Un po' meno "normale" è che i giornali non ne parlino, che i partiti di ascendenza più o meno liberale si siano già dimenticati di questa Giornata della Libertà, indaffarati come sono a tentar di ridurre il danno di una finanziaria da buttare per intero, magari aggiungendo a provvedimenti di stampo assistenziale altri provvedimenti assistenziali.

Eppure quel 9 novembre del 1989 dovrebbe significare molto per noi: ha significato certo la fine di un confronto armato che si protraeva da decenni, la caduta di un sistema di potere antidemocratico, totalitario e violento che aveva assoggettato una metà d'Europa, ha consentito la liberazione di tanti popoli.

Ha significato per molti la fine senza remissione di un sistema ideologico che ha causato molti milioni di morti, ingiustizie e violenze senza fine, di un imperialismo camuffato da fratellanza, di un bellicismo aggressivo nascosto sotto l'arcobaleno della pace fatto agitare dai popoli da sottomettere.

Ma tutto questo non vale per noi Italiani.

Noi dovremo attendere chissà per quanti anni ancora.

Intanto, i soli a ricordare l'anniversario sono, a quanto pare, gli studenti dei movimenti liberal-democratici.

Peccato che con loro si mescolino imbecilli che sotto il pretesto dell'anticomunismo inneggiano a personaggi come Mussolini e, ancor molto peggio, come il sanguinario Codreanu: come cadere dalla padella nella brace.

Un'unica notizia in qualche modo consolante: è morto Markus Wolf, l'ex capo della Stasi.

Con l'aiuto di una parte non irrilevante dei suoi concittadini ha spiato sistematicamente tutto il suo paese.

Marco Cavallotti


09 novembre 2006

Scioglimento Rosa nel Pugno?

Questa mattina ho ricevuto da Marco Pannella una mail che riporto integralmente

Alle compagne e ai compagni della Direzione Nazionale della Rosa nel Pugno

e, p. c. agli amici e compagni laici, socialisti, liberali e radicali

Roma, mercoledì 8 novembre 2006

Caro Vito,
Comincio a scriverti alle 22. Da stamane ci giungono da parte di esponenti parlamentari e dirigenti dello SDI formali preannunci di immediata ("ad horas") rottura e di conseguente immediato scioglimento della Rosa nel Pugno, quindi anche del Gruppo Parlamentare. Voglio sperare e credere che si tratti di una bizzarra tattica volta a saggiare le nostre reazioni o a indurci ad accettare quel che potrebbe di nuovo esserci richiesto.
Se così non fosse, resterebbe ancora da chiedersi se davvero qualcuno ritenga possibile liquidare una realtà politica e parlamentare costituita con la ratifica da parte di tanti eventi politico-elettorali, da tanti Congressi e convegni dei partiti e dei soggetti politici coinvolti. Anche questo mi appare come difficilmente immaginabile. Si afferma anche pubblicamente che il Congresso radicale di Padova non avrebbe minimamente affrontato i problemi della RnP e risposto alle richieste dello Sdi. Abbiamo invece dedicato un intero pomeriggio all'analisi e alla discussione della grave congiuntura nella quale il nostro nuovo soggetto politico ("strategico") si vorrebbe sia liquidato, come è accaduto nelle tre precedenti elezioni politiche per allora occasionali coalizioni meramente elettorali.
In questa situazione la prima reazione che mi sembra comunque obbligata è quella di informartene il più rapidamente possibile, sperando che questo fatto concorra a sciogliere finalmente non già la Rosa nel Pugno ma il grumo di inadeguatezze e di interessi contrari che sembrerebbe in questo momento sul punto di creare un fatto compiuto, nell'illusione di poterlo davvero compiere, conferendogli carattere definitivo. Sono personalmente determinato e convinto che così non possa, non debba essere.
Chiederò immediatamente, già domattina, ai compagni della Segreteria Nazionale della RnP di riunirsi con la massima urgenza e di procedere, comunque, alla immediata convocazione della Direzione Nazionale entro l'ultima settimana di novembre. Mi sembra urgente, doveroso, necessario, rispettoso di noi stessi, informarti di questo tentativo di azzerare quello che era stato salutato come "l'unico evento nuovo della politica italiana", quale avevamo la consapevolezza di potere costituire e far vivere e crescere nel nostro paese. Se effettivamente quanto tutt'oggi ci veniva annunciato dovesse corrispondere ad una reale intenzione e ad una decisione immediatamente operativa - ripeto: non voglio e non posso crederlo - sono convinto che da parte di tutti noi, di tutti coloro che hanno operato, sperato, sostenuto con tanto immediato ascolto profondo dell'opinione pubblica, si coglierà immediatamente questa occasione e questa drammatica, reiterata minaccia per tramutarle in un fantasma cui si dia alla fine corpo per poterlo trafiggere e per liberarcene.
Cercheremo di informarti in tempo reale, nelle ore che vengono, in ogni modo possibile dello sviluppo dell'evento, sia attraverso Radio Radicale, sia attraverso i siti radicali e della Rosa nel Pugno. Ti chiedo, chiedo a tutte le compagne e a tutti i compagni che sarò riuscito a raggiungere stanotte o sin dalle prime ore di domani, giovedì, le tue, le vostre reazioni, i vostri suggerimenti, le vostre iniziative per fare il necessario atto a proporre e contribuire ad imporre il rilancio pieno ed effettivo della nostra Rosa nel Pugno, data invece per morta o in agonia, spacciata; da parte di chi sin dall'inizio dell'anno ha operato in modo di soffocarci sul nascere o di eliminarci corrompendo tutto il corrompibile, ovunque per natura presente.
Quante volte Enrico ha avuto il merito di avvisarci tutti della forza, della violenza delle "pressioni" che più di noi tutti, l'intero Sdi, ovunque, era ed è sottoposto da parte dei titolari del potere oligarchico e conservatore operanti al vertice del regime politico attuale, cui la Rosa nel Pugno è sola forza davvero alternativa.
Si fa tardi. Ti chiedo di lottare insieme perché non diventi subito "troppo tardi" per salvare, rilanciare e rafforzare la tua, mia, nostra impresa. Ripeto ancora una volta, te ne chiedo scusa: se vi sono momenti nei quali ci sembra di non avere più speranza, quello è il momento in cui è possibile e necessario essere speranza per tutti. Se puoi, se vuoi sarò lieto di una tua risposta.

Marco Pannella
della Segreteria Nazionale della Rosa nel Pugno m.pannella@rosanelpugno.it

P.S. : A questo link trovi un servizio comparso stamattina nientemeno che sul "Secolo d'Italia". Naturalmente né io, né te (immagino) siamo disposti a fargli un sia pur minimo credito. Fantasie, di certo; anzi, fantasticherie prive di fondamento. Però ammetto di esserne stato un po' impressionato quando l'ho letto. Scherzi dell'arteriosclerosi! Marco
nei commenti la mia risposta inviata a Pannella alle 9, 15 circa di questa mattina

08 novembre 2006

La democrazia americana



Coloro che sono sempre pronti ad indicare il sistema americano come la dimora del maligno anche questa volta sono stati smentiti dai fatti.
Quella statunitense è la casa della democrazia.
Il popolo sposta il proprio consenso in considerazione dei programmi e delle finalità dei due partiti che da sempre li rappresentano.
Nessuno dei due schieramenti, uno liberal conservatore e l’altro liberal progressista, ha mai messo in discussione la continuità delsistema: il metodo liberale ed il comune sentire essenzialmente occidentale, demo cratico, rappresentativo, pluralista.
Nessuno dei gruppi politici , democratici ovvero repubblicani, ha mai messo in discussione la legittimità democratica dell’altro a proporsi ed a concorrere nella gestione.
Dalla consapevolezza della più consolidata democrazia d’oltreatlantico emerge la capacità di emendare e di giudicare le politiche tendendo le orecchie per ascoltare ed allungando lo sguardo per osservare.
Gli americani votano per scegliere e votano per giudicare.
Senza dubbio la politica di Bush ha creato difficoltà al popolo americano. L’immagine del Presidente determinato e vincente del dopo 11 settembre 2001 si è andata via via perdendosi dietro una serie di errori sia strategici che di valutazione.
La questione Iraq gli è sfuggita di mano.
La grande potenza militare americana rischia di impantanarsi in un secondo “Vietnam”.
Alla sproporzionata superiorità militare non corrisponde la capacità di controllo del territorio e di gestione della pace.
La lezione di democrazia e di maturità che ci viene puntualmente dagli statiuniti avrà, pertanto, ancora una volta la sua conferma.
Anche la vittoria dei democratici nelle elezioni del mid-term non sposterà di una virgola gli obiettivi del Governo americano che sono, in primis, la sicurezza e la lotta al terrorismo.
La ragione è che sono scelte politiche condivise.
In America non ci si divide per principio, come accade in Italia, dove da una parte politica, ad esempio, si ignora il pericolo della immigrazione clandestina. In America neanche le linee della politica economica subiscono sostanziali mutamenti.
Il popolo degli States, da sempre,ha scelto i suoi principi civili ed economici che l’hanno resa libera ed opulenta.
Nessuno dei poteri elettivi degli USA , Presidente, Congresso e Corte Suprema oserebbe mettere in discussione il ruolo del proprio paese nello scacchiere internazionale e neanche i principi di libero mercato e di iniziativa privata.
A volte gli interventi del Congresso sul libero mercato sono solo orientati a forme di protezionismo sul mercato interno.
In questa ottica, come sappiamo, anche il Made in Italy è stato spesso colpito da provvedimenti di restrizione.
La nuova collocazione politica del Congresso contribuirà a modificare la strategia, ad esempio, in Iraq e negli altri punti caldi della Terra, non a modificare la collocazione e la “ratio” del ruolo americano.
I valori, si ripete, su cui si muovono i rappresentanti del popolo sono condivisi e rispondono agli impegni presi.
Bush in queste elezioni di mid-term viene punito per aver fallito nel perseguire gli obiettivi proposti.
Se in Iraq l’obiettivo annunciato di esportazione della democrazia avesse conseguito il successo sperato, il Presidente, senza ombra di dubbio, avrebbe conseguito una vittoria strepitosa.
L’Irak sarebbe stato l’unico paese, eccetto Israele, nell’area mediorientale recuperato al processo democratico.
Bush sarebbe passato alla storia come fautore di democrazia in un’area a profondo rischio di deflagrazione.
La sua vittoria avrebbe certamente assicurato al Partito Repubblicano il prossimo Presidente degli States nel 2008.
Il fallimento della sua politica nell’obiettivo di sconfitta del terrorismo internazionale e mediorientale rende quasi certa la vittoria del Partito Democratico alle prossime presidenziali.
Conosceremo il programma e gli obiettivi del loro candidato e si rinnoverà il metodo della democrazia americana con gli elettori attenti alla realizzazione dei programmi ed al perseguimento degli obiettivi.
Vito Schepisi

03 novembre 2006

Radicali: un inutile congresso



E la montagna partorì il topolino. E’ questa la sintesi della prima giornata del congresso dei radicali italiani a Padova. Da giorni infuriava una tempesta sui colli radicali. Pannella contro tutti e soprattutto contro il suo segretario Capezzone, parafulmini della sua follia. Due posizioni inconciliabili, severe nella forma, inassimilabili nel contenuto. La segreteria che rivendicava le battaglie radicali e liberali, soffriva la gabbia governativa, paventava autonomia nelle decisioni, organizzava tavoli dei volenterosi. Pannella, spalleggiato da Bonino, difendeva le sue scelte, come sempre non disposto ad ammettere i suoi errori, scelte sempre inattaccabili. Nessuno strappo con la maggioranza e col Governo: atto di fede incondizionato con diritto di dissenso.
Il diritto di tribuna, insomma.
Pannella non ha mai torto e non sbaglia mai! Non ammetterà mai d'aver sbagliato, neanche dinanzi all’evidenza. Ha somatizzato in se il culto della sua personalità e non riesce a liberarsene. Nonostante la sua cultura laica e liberale, si è costruita per se la nicchia dell’infallibile.
Inconciliabili le posizioni del segretario con quelle del duo Pannella-Bonino. Lo strappo appariva evidente ed il congresso avrebbe discusso dello strappo; avrebbe stabilito la linea politica, anche motivato l’eventuale uscita dalla maggioranza. Capezzone dimissionario e la candidatura alternativa della Bernardini, panelliana da sempre.
Un congresso vero, una discussione serrata sulle scelte, sulla politica estera di D’Alema, sulla finanziaria di Prodi-Visco-Padoa Schioppa, sui diritti civili. Ci si aspettava un riferimento maligno di Capezzone alla Bonino per aver fatto finta di niente durante la missione in Cina, quando Prodi ha richiesto la fine dell’embargo della vendita delle armi alla repubblica cinese. Un vero congresso epocale per le scelte politiche dei radicali. Una conta che avrebbe segnato la svolta ed il chiarimento tra un radicalismo anarchico e di sinistra e l’altro di matrice liberale, riflessivo e propositivo di un vero indirizzo politico.
Niente di tutto questo.
Il Congresso radicale si apre con la relazione di Capezzone che sancisce la volontà dell’unità nella confusione.
Una relazione che comprende le esigenze di tutti, che fotografa l’attuale collocazione del partito, che mantiene gli impegni governativi, che osserva i limiti di questa maggioranza. Chiede solo spazio e visibilità e timide ed improbabili richieste di cambiamento. Solo questo. Un atto di fede verso Prodi, una dichiarazione di indissolubilità di un matrimonio contratto:
il ripudio del divorzio.
Spiace dirlo i radicali in Italia segnano il loro territorio; si ritagliano il loro spazio governativo; marcano la loro frontiera di nicchia elettorale; si accomodano sui banchetti distribuiti loro.
Disperdono nell’oblio la loro misera fine.
Vito Schepisi