16 novembre 2006

Non si può bluffare su chi soffre.


D'Alema a braccetto tra il ministro degli Esteri libanese Faouzi Salloukh, alla sua sinistra nella foto, e l'Hezbollah Hussein Hassan





E’ squallido quanto avviene con la politica estera in Italia.
Non si può bluffare su chi soffre e muore.
Il capo della Farnesina non può gestire la politica estera del paese come farebbe per le strategie del suo partito o dell’intera sinistra.
L’intervista di D’Alema all’Unità dello scorso venerdì deve porre all’Italia un problema di legittimità ed adeguatezza.
Già il suo giudizio sulla risposta israeliana all’aggressione Hezbollah ai confini col Libano con cui definì “eccessiva” la reazione israeliana era da considerare oltre ogni limite della coerenza e della compostezza diplomatica.
Risparmiare gli aggressori per giudicare eccessiva la risposta degli aggrediti è già prova di faziosità e di virtuale collocazione.
La passeggiata a Beirut, tra le rovine dei bombardamenti israeliani, a braccetto con dirigenti Hezbollah, trasformò da virtuale a visibile e concreta la collocazione contro Israele della diplomazia italiana.
Chiedere, come è stato fatto, la presenza dei caschi blu dell’ONU, come forza di interposizione tra il territorio di Israele e la striscia di Gaza, con lo scopo di proteggere i miliziani palestinesi dalle risposte di Israele alle scorribande terroristiche ed al lancio di missili in territorio israeliano, è non equivicinanza, come si propone la politica estera italiana nell’area, ma legittimazione del terrorismo contro Israele.
Nell’intervista rilasciata all’Unità il “Metternich” della nostra diplomazia, il baffino barcarolo, attribuisce ad Israele la responsabilità della crisi in
Medio Oriente.
L’Italia libera e democratica dovrebbe già respingere il concetto di equivicinanza.
Non si può essere equivicini tra uno Stato democratico, legittimamente riconosciuto dall’ONU e dal consesso civile, come è Israele, e fazioni terroristiche come Hamas, sebbene proposta elettoralmente dal popolo palestinese, o Hezbollah (il partito di dio) che è una fazione minoritaria della politica libanese.
Né serve affermare, come fa il nostro marinaretto, che l’Italia non riconosce Hamas e che mantiene al pari della Comunità Europea l’embargo economico contro il governo palestinese.
L’atteggiamento di D’Alema, affermano le comunità ebraiche italiane, alimenta l’odio di gran parte della sinistra italiana, in questo allineata con le frange neofasciste, nei confronti di Israele e dell’ebraismo.
Le comunità ebraiche, inoltre, ricordano quanto accadde nel 1982, quando Israele era in guerra contro la fazione filosiriana e filopalestinese del Libano.
In quell’anno le manifestazioni della sinistra contro Israele alimentarono in Italia il fanatismo palestinese che si concretizzò con l’attentato alla
Sinagoga di Roma.
Non è difficile immaginare da quale parte fosse schierato il nostro attuale Ministro degli Esteri, allora leader emergente del dismesso
Partito Comunista Italiano.
Vito Schepisi


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