16 novembre 2006

L’autogol del presidente del Consiglio



E’ un perfetto autogol il -26 di Romano Prodi. Perché impone una considerazione banale che sembra sfuggire completamente al presidente del Consiglio. Se di quei 26 miliardi di euro di penalizzazione, 20 dipendono dalla necessità di rientrare nei parametri europei e sei sono il frutto di deficit di aziende pubbliche come Ferrovie, Autostrade e di “buchi” per le opere pubbliche mai fatte, la manovra avrebbe dovuto essere fin troppo semplice. Una parte dedicata al risanamento dei conti pubblici, una alla soluzione delle cause strutturali che provocano il deficit perenne di questi conti.Ma la manovra non prevede queste due parti. La Finanziaria torchia gli italiani per 40 miliardi. Ma non spende neppure una parola per dire come il governo intenda risolvere il problema delle Ferrovie, quello dell’Anas e via di seguito. E le parole mancano non perché nessuno si sia posto il problema di sbrogliare questi nodi che strangolano il Paese, ma perché chi se lo è posto, ha concluso che non può e non vuole trovare alcuna soluzione a questi problemi. Per avviare a soluzione la questione delle Ferrovie, ad esempio, si dovrebbe fare piazza pulita una volta per tutte, di quel sistema di cogestione tra sindacati e burocrazia privilegiata che occupa e appesantisce l’azienda ormai da quarant’anni a questa parte. Cioè dai lontani anni ’70 e dai tempi del consociativismo. Ma può il “governo amico” delle Confederazioni sindacali che gestiscono e si spartiscono le ferrovie da quattro decenni, permettersi di compiere una operazione del genere? Non può farlo. E soprattutto non vuole farlo. Perché è anche ideologicamente e tragicamente convinto che l’unico stato sociale possibile sia quello venuto fuori dalla storia del Paese e di cui ormai conosciamo la forma assistenziale degenerata.L’elenco potrebbe continuare ad andare avanti all’infinito. Per la semplice ragione che i 20 milioni di deficit non nascono dalla finanza creativa dei cinque anni di governo berlusconiano, ma da cause strutturali che risalgono agli anni peggiori della Prima Repubblica. Accanto al caso delle Ferrovie e delle Autostrade, Romano Prodi avrebbe potuto tranquillamente indicare il caso Alitalia, quello della Fiat e dei suoi prepensionamenti privilegiati finanziati dallo stato. E, via di seguito, il sistema sanitario nelle mani delle corporazioni sindacali, il sistema pensionistico sempre condizionato dalle grandi Confederazioni (non più dei lavoratori ma dei pensionati) e gli infiniti centri di spesa del potere centrale e di quelli locali che rendono patologica la malattia del disavanzo pubblico. Se Prodi avesse detto che la Finanziaria di classe sarebbe servita a risanare le ferrovie, le autostrade, il trasporto aereo, le infrastrutture tagliando le infinite spese inutili degli apparati centrali e locali dello stato, gli italiani avrebbero potuto capire. Ma Prodi insiste solo sulla faccenda dei conti. E gli italiani, che non sono sciocchi, s’imbufaliscono. Che serve rientrare nei parametri europei quest’anno quando, con le cause del deficit irrisolte, il problema si ripresenterà l’anno prossimo?
Arturo Diaconale
da L'opinione

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