19 luglio 2014

Gli assassini della democrazia


E' difficile immaginare cosa sia diventata davvero la magistratura italiana. Per capirlo dovremmo ascoltare con più attenzione gli stessi magistrati che non sopportano più che la loro funzione, nell'interesse dello Stato e della Democrazia, continui ad essere così calpestata a causa di politicanti che hanno sbagliato mestiere, finendo col fare i magistrati, mentre usano gli stessi strumenti della più spregiudicata ed intollerante lotta politica.
Oramai l'emulazione o addirittura l'incapacità di assumersi la responsabilità di poter fare il proprio mestiere, senza lasciarsi condizionare dal "giudizio" dei colleghi, o dal timore di non fare carriera, lascia poco spazio all'autonomia e alla indipendenza della magistratura.
In Italia sono caduti più governi a causa del tentativo di fare una incisiva riforma della magistratura, che non per il cinismo di far pagare ai lavoratori i costi degli abusi e della progressive difficoltà economiche, dovute agli sperperi, alle politiche clientelari, agli abusi e alla prepotenza di chi ha inteso far pagare alle future generazioni la voracità di una classe dirigente inadeguata.
Berlusconi è il primo contribuente italiano. Lui le tasse, al contrario di altri che pure hanno vissuto e speculato alle spalle dei lavoratori italiani, le paga in Italia. E' un imprenditore, e come tutti quelli che sono cresciuti nella prima repubblica non sarà stato proprio uno stinco di santo, ma non ha mai rubato un centesimo ai contribuenti. Non è mai stato al centro di intrighi e di mazzette, né in proprio e né con i suoi più stretti collaboratori. Non si è arricchito facendo politica ed ha sempre pagato dal suo portafoglio anche i costi della sua attività politica. Nessuna indagine l'ha visto coinvolto per fatti di tangenti e di spartizione di bottini. Eppure è l'uomo politico al mondo con la più persistente attenzione giudiziaria.
Ha vinto più elezioni e ne avrebbe vinto ancora di più, senza l'aggressione giudiziaria. E' stato sempre assolto, meno che in una sentenza che ha lasciato molti dubbi su una presunta frode fiscale di pochi milioni di Euro che per il leader di F.I. varrebbero quanto una pizza e birra con la famiglia per un medio impiegato italiano.
Tutto questo dura dal 1994, da quando con F.I., e parlando di Rivoluzione Liberale, ha vinto le elezioni contro gli eredi del vecchio PCI (per pudore dopo la caduta del Muro aveva cambiato nome in PDS).
Nei paesi democratici e liberi le elezioni si vincono nelle urne e non nelle aule dei tribunali.
Se l'Italia non consentirà alle forze politiche democratiche di poter contendere il governo del Paese agli eredi del PCI con i suoi alleati, questo Paese non sarà mai un paese normale.
Se gli italiani non si accorgeranno che tengono a libro paga tutti quei personaggi che si prestano a fare il gioco della rete (sindacale, cooperativa, finanziaria, imprenditoriale, associazionistica) che ruota attorno alla sinistra, e non realizzeranno che il conto lo pagano i contribuenti, questo Paese non sarà mai democratico e libero.
Chi ci taglieggia ogni giorno non è Berlusconi, ma i politici di mestiere, i burocrati, gli affaristi, le cupole, i comitati di affari, i centri di spesa, le caste, i guitti della televisione di Stato, le caste e chi percepisce doppie e triple pensioni, mantenendo persino incarichi pubblici retribuiti.
C'è tanta di quella gente inutile che succhia danaro in eterno ed a volte ancora di più con le reversibilità. Sono parte del potere autoritario che ci opprime. Sono parte delle sventure di questa nostra sventurata Nazione. Sono i sempreverdi, politicamente corretti, buoni per ogni stagione. Sono i parrucconi, i sepolcri imbiancati. Sono gli assassini della nostra democrazia.
La nuova impresa è svenderci alla Merkel, a Schulz, a Juncker ... mentre un pupazzo fiorentino ci riempie di chiacchiere.

Vito Schepisi

16 luglio 2014

La sentenza in appello suol caso Ruby tra giustizia e opinioni


La sentenza in appello del processo "Ruby" è in dirittura di arrivo. 
La protagonista marocchina e l'accusa di favoreggiamento alla prostituzione di minore servono solo a rendere credibile l'ipotesi accusatoria di "concussione". 
Il vero giudizio su Berlusconi non è per un presunto rapporto sessuale mercenario con una minore, ma per quello più grave di concussione.
Allo stato delle cose, infatti, non esiste nessun elemento probatorio che stabilisca l'esistenza di un rapporto sessuale tra Berlusconi e Ruby. E non sembra che la Procura abbia mai avviato procedure di indagine sui rapporti sessuali della ragazza marocchina con altri soggetti.
E torniamo alla "concussione". La sentenza di primo grado ha trovato sufficientemente provata e credibile l'ipotesi della Procura sul reato di concussione ma dinanzi ad una ipotesi di reato "per induzione" lo ha aggravato sostenendo che vi sia stata "costrizione".
Per il Collegio di primo grado, Berlusconi avrebbe "costretto", facendo leva sulla sua autorità, i funzionari di polizia a consegnare la ragazza marocchina ad un soggetto maggiorenne. Cioè a fare una cosa che è in uso e che è considerata perfettamente legale.
Dal procedimento, però, la concussione non è emersa affatto.
I due funzionari di Polizia hanno sostenuto tutt'altro, ed a maggior ragione per costrizione significa aver costretto con autorità qualcuno a fare ciò che non voleva. Questo non è accaduto, però.
L'ipotesi originaria della Procura, invece, sarebbe più realista, ma anche questa non è stata provata, anzi è stata smentita, e sempre dagli stessi funzionari di polizia che in Aula hanno testimoniato sull'assoluto rispetto e cordialità per il tenore ed il contenuto della telefonata di Berlusconi.
Persino la storia della nipote di "Mubarak" ha trovato riscontro in precedenti e testimonianze in cui la ragazza marocchina millantava questa parentela e dava una versione fantasiosa della sua storia personale.
L'escussione dei testi nel processo, certamente utilizzata a favore del gossip (leggi sputtanamento politico), si è trasformata in un discrimine tra chi era già ritenuto pregiudizialmente credibile e chi no. In sostanza non serviva al processo, perché non è servita a fornire certezza di niente.
Ma il reato di concussione per induzione può mai essere così generico? E' applicabile solo per opinione di Procura e di Giudici? Non ha bisogno di riscontri e di prove?
Ma che giustizia è mai questa?
Ma la telefonata è forse servita a procurare un privilegio, un vantaggio, un utile?
La risposta è assolutamente "NO". L'affidamento del minore fermato ad una maggiorenne l'avrebbe potuto suggerire un qualsiasi avvocato.
Concussione per una telefonata informativa chiusa in modo costruttivo e cordiale?
Ma non scherziamo!
Se si volesse estremizzare anche la lettera del Presidente Napolitano al Consiglio Superiore della Magistratura, per dirimere con un nulla di fatto la questione che si era aperta alla Procura di Milano in cui il Capo della Procura è stato accusato dal suo Vice di scorrettezze di favoritismi nell'assegnazione dei fascicoli di indagine, potrebbe costituire il reato di "concussione".
A prescindere dal giudizio politico sul metodo e sulle discriminazioni che si rilevano nel comportamento del Capo dello Stato, ma i "reati" da prevenire e sconfiggere sono ben altri.

Vito Schepisi

Gli uomini del Bunga-Bunga di Angela Merkel


La barzelletta di Berlusconi che ha dato il titolo ad una fantasia boccaccesca della Procura di Milano, ben si adatta ai due personaggi: il lussemburghese Jean-Claude Juncker ed il tedesco Martin Sculz. 
Ecco la barzelletta che è passata alla storia: “Due ministri del governo Prodi vanno in Africa, ma il loro aereo si schianta su un’isola selvaggia, dove vengono catturati da una tribù di indigeni. II capo tribù interpella il primo ostaggio e gli propone: Vuoi morire o bunga bunga? II ministro sceglie: bunga-bunga. E viene violentato. II secondo prigioniero, davanti alla scelta, non indugia: Voglio morire! E il capo tribù: va bene, prima bunga bunga, poi morire".
Juncker e Schulz sono i due uomini che la Merkel ha messo ai vertici dell'Europa. Sono i suoi prigionieri ideali. Dicono e fanno ciò che la Germania stabilisce. La loro scelta è tra il "bunga bunga" e la morte. 
L'Europa sta dividendosi tra paesi ricchi e paesi poveri, tra sfruttatori e sfruttati, tra chi deve decidere e chi deve ubbidire, tra chi impone e chi subisce. I nostri eurodeputati, centro, destra e sinistra, però, hanno votato sia l'uno che l'altro. (quelli che non li hanno votati li hanno quasi messi alla porta). Dicono che solo così si riesce ad incidere. 
Ma ci credete davvero? 
Un'Europa che chiede rigore, partecipazione e sostegno. Poi se si va in fondo emerge che tutte queste belle richieste convergono verso gli interessi dei paesi più forti, Germania in testa, che difendono le loro finanze ed i loro mercati. Niente è stato concesso ai paesi più poveri se non prestiti (la Grecia) che pagano a caro prezzo, neanche gli Eurobond che avrebbero calmierato le scorribande degli speculatori finanziari a cui la Germania è molto sensibile. Non dimentichiamo che nel 2011 le banche tedesche hanno venduto in massa i BTP italiani facendone schizzare i rendimenti al 7% annuo mentre i loro bond viaggiavano all'1% . Ed i rendimenti sui titolo pubblici li paga lo stato, cioè noi attraverso le tasse. 
E che fa il nostro Governo? Niente solo le chiacchiere di "Renzie" e poi si accoda alla Merkel. E' un po' come Decaro che candidato sindaco a Bari chiedeva voti perché dava del tu a Renzi (e glieli hanno dati!), così fa Renzi: dal del tu alla Merkel e l'Italia applaude. 
Che imbecilli che siamo! 
Senza, però, una politica che consenta di avviare un programma serio di riforme l'Italia dalla crisi non ne uscirà mai. 
Questo non ve lo dicono dal Governo. 
Se si fa la riforma del fisco, certamente per certi versi la più importante, si dovrebbe poter mettere in conto una temporanea riduzione delle entrate fiscali. Le risorse liberate, infatti, devono avere il tempo di trasformarsi, attraverso gli investimenti e i consumi, in nuova ricchezza. 
E se non ora quando era il momento di battere i pugni sul tavolo in Europa? 
Invece!? 
Vito Schepisi

12 luglio 2014

Quando di nuovo sono solo le parole


Smacchiare il giaguaro, asfaltare l’avversario, la rottamazione, la generazione Telemaco. Sembra più una gara a scolpire nella storia la frase del secolo. Spazzatura, però, che dura il tempo di un’altra illusione. Poi s’inventerà ancora qualcosa di banale o niente, perché tornerà ciò che era, con l’ascesa di un altro che si rifaccia allo stesso pensiero di quando c’era Lui: “Governare gli italiani non è difficile, è inutile”.
La politica è cambiata. Si è trasformata non solo nella passione e negli strumenti di confronto, quanto nell’uso delle parole, nel modo e nello stile di discutere e di proporsi.
Se l’effetto una volta sintetizzava la sostanza, oggi serve a creare una carica di evanescenti emozioni.  Se una volta l’effetto delle parole trascinava le folle, perché dietro ogni frase c’era una scelta di vita, una strategia per il dopo, una lotta di valori e di spazi sociali da presiedere e riempire, oggi dietro il fiume di parole c’è l’immagine di Fonzie, l’uomo di successo, il vincente, il cinico cordiale, il rampante determinato circondato da carrieristi plaudenti.
Non più i vecchi discorsi di respiro storico-culturale che affrontavano le conquiste dell’uomo e l’evoluzione dei sentimenti popolari. Non più lotta di pensiero tra scelte e strategie orientate al benessere. Sono state superate le passioni e le ideologie. Non si percepiscono più le trasformazioni sociali. Non si distingue più la disputa aspra tra progresso e conservazione. Non c’è più il confronto sulla scelta tra democrazia liberale e socialismo reale che nel secolo scorso aveva diviso il mondo in due blocchi.
Ancora oggi Piero Gobetti tornerebbe a dire: “Senza conservatori e senza rivoluzionari, lItalia è diventata la patria naturale del costume demagogico” ( La Rivoluzione Liberale).
Non c’è più discussione neanche sullo scontro di civiltà. Con l’uscita di scena di Papa Ratzinger, in Italia sono scomparse le analisi storico-culturali sui sentimenti etici che hanno visto svilupparsi nel mondo civiltà profondamente diverse. Il caso Università Sapienza di Roma del 2008 che aveva visto 60 docenti universitari opporsi alla Lectio Magistralis di Benedetto XVI, oggi, nell’era di Renzi, non avrebbe senso.  Il problema non si pone neanche. Come se non esistesse.
Oggi è la generazione dellhashtag, quella del #staisereno così ti pugnalo prima e meglio.


E’ la generazione 2.0, quella un po’ cinica e un po’ tecnologica che vorrebbe cambiare il mondo con una tastiera. E’ il tempo della lotta tra i nuovi barbari tra cui le volgarità, le offese, il dileggio, le accuse valgono più di una scelta. Se prima in Parlamento pascolavano molte singole capre ora pascolano le mandrie dei caproni.

La nuova frontiera della politica si è trasferita dai luoghi tradizionali del confronto (le piazze, le assemblee, i circoli, i salotti, etc.) alle sedie girevoli. Oggi seduti dietro una scrivania, in casa, dinanzi ad un video, una tastiera e un mouse si fanno le scelte. Chi c’è, c’è!
La rapidità della comunicazione è diventata strategica e fondamentale. Con il tempo di un “twit” si stabilisce un orientamento o persino una nuova linea politica. Nei fatti, più che nei giudizi, quella di oggi appare una generazione più cinica e spietata.
Il risultato di questi cambiamenti? Zero o quasi. Limpressione è che ci sia più impegno per una lotta di genere e di generazione (più donne e più giovani) che non per risolvere i problemi. Forse mancano le conoscenze e le idee per affrontare le difficoltà. Se è vero che tra le vecchie generazioni ci sono stati esempi di cattiva politica, quelle nuove, però, lasciano molto a pensare. Con le parlamentarie", ad esempio, cioè con i voti di poche migliaia di persone su internet, si scelgono deputati, senatori ed europarlamentari. Limperatore romano Caligola fece di meglio, nominando senatore Incitatus, il cavallo a cui era molto legato e su cui riponeva tutta la sua fiducia, perché oggi nel Parlamento italiano c’è anche di peggio.
Vito Schepisi
Su EPolis del 12 luglio 2014

09 luglio 2014

Democrazia aggredita

L'Italia civile, quella delle persone che non si piegano alle mode, al "politically correct", ai luoghi comuni, ai giudizi insindacabili di una casta, ai giudizi morali della politica, all'ipocrisia di un'etica elastica, ai media appiattiti sulla voce dei poteri, alle istituzioni asservite, ai servi di ogni specie, al bigottismo di ritorno, ora deve pretendere che sia fatta chiarezza. 
Venti anni di aggressioni giudiziarie hanno ridotto l'Italia alle pezze. C'è meno libertà. C'è più abuso. C'è più povertà. C'è meno fiducia. 
Persino la corruzione ha alzato il tiro: è presente dappertutto negli appalti, nelle gestioni della sanità (circostanza che la dice lunga sul cinismo politico), nella gestione e prevenzione dell'ambiente (la telefonata Vendola-Archinà ha smascherato le turpi ipocrisie di chi fa il poeta col popolo). Quella corruzione in Italia che ha distrutto una banca tra le più antiche e solide, che ammorba una grande opportunità di rilancio del made in Italy, come Expo 2015, che getta discredito su una grandiosa opera ingegneristica come il Mose a Venezia. 
C'è in Italia un sistema delle tangenti che ha una targa politica che è come quella del Corpo Diplomatico: è intoccabile ed insindacabile come uno spazio extraterritoriale. 
Si deve fare chiarezza sul colpo di Stato del 2011, gravato anche da "intellgence" con uno stato straniero e possibili complicità con gli speculatori finanziari internazionali. Si devono conoscere i ruoli giocati da Napolitano, da Monti, da Fini, da Prodi e da altri co-protagonisti. Ci sono responsabilità da svelare su una stagione in cui scientemente si è cercato di far precipitare l'Italia in una crisi prfonda. Si deve chiedere che emerga chi ha manovrato dietro la vendita in massa da parte delle banche tedesche dei nostri titoli pubblici, cosa che ha fatto schizzare lo spread fino a quasi 600 punti. 
C'è stato persino un sottosegretario al tesoro degli USA che ci ha rivelato che era stato chiesto il sostegno statunitense (al golpe) e che era stato negato. 
Cosa aspetta la magistratura, il Parlamento, i media ed il mondo della cultura italiana a reagire e chiederne conto? Quali complicità e connivenze si nascondono dietro? Se ci sono stati cani, vermi e vigliacchi che hanno tramato contro l'Italia gli italiani devono esserne informati. Si devono capire le ramificazioni, le persone coinvolte, i prezzi pagati e quelli promessi. Deve essere un dovere nazionale portare i traditori ed i golpisti in tribunale a risponderne. 
Non è vero che gli ipocriti e gli opportunisti sono più forti delle persone oneste e leali. E' vero solo che la gente per bene si arrende facilmente, è vero che è indotta da campagne di stampa mirate a nascondere e a far cambiare idea, è vero che protesta in modo disordinato fino a portare acqua al mulino di chi ci fa del male. 
Purtroppo c'è anche chi si assuefà all'abuso di coloro che non solo ci usano, ma poi ci chiedono anche di pagare il conto dei danni. 
Silvio Berlusconi nel 1994 deve aver fatto paura ai poteri forti ed alle caste italiane. La sua Rivoluzione Liberale aveva terrorizzato gli sciacalli, i fannulloni, chi viveva alle spalle degli altri, i magnaccia della politica e delle istituzioni, chi godeva di privilegi, chi si arricchiva alle spese del popolo, chi aveva imposto in italia un sistema di taglieggio su ogni cosa, chi si preparava a conquistare il potere dopo aver scardinato dal di dentro lo Stato. 
Il primo Governo Berlusconi nato il 10 maggio del 1994, fiducia della Camera il 20 maggio 1994, dura di fatto fino al 22 novembre del 1994, solo 6 mesi e con l'estate di mezzo. Finisce di fatto a Napoli con l'avviso di garanzia a Berlusconi notificato attraverso la prima pagina del Corriere della Sera, mentre il leader di Forza Italia, come Capo del Governo, è lì a presiedere un vertice internazionale sulla criminalità organizzata. L'avviso di garanzia era per una indagine su Mediaset, la prima di una serie infinita, da cui Berlusconi uscì del tutto estraneo. Da allora un susseguirsi di indagini e di chiamate in giudizio in una "saga" che ha visto Berlusconi tra gli uomini più indagati e perseguitati del mondo. 
Vito Schepisi

08 luglio 2014

La nostra flessibilità sono le riforme



Si discute tantissimo, anche in Europa, di cosa abbia bisogno l'Italia. Naturalmente ci vogliono le riforme, perché un Paese vecchio che gira attorno alle mura altissime del fortilizio della burocrazia non aiuta la ripresa. 
Le “riforme” sono come il toccasana che risolve tutto. I politici quando non hanno niente da dire parlano genericamente delle riforme da fare.  Ma queste riforme che tutti vogliono e che tutti chiedono poi si insabbiano nella cenere degli incendi che le bruciano. Basterebbe osservare chi appicca il fuoco per capire chi non le vuole. Ma non è neanche così facile.
Incendiando la politica si favoriscono le lobbies e si sostengono le caste e si creano  i nuovi strumenti in mano ai  gattopardi della politica. L’araba fenice in Italia nasce proprio dalle ceneri di una “guerra tra bande” che dura ormai da troppo tempo. Le conseguenze sono che la brutta politica ci restituisce solo l’Italia che non ci piace.
Se l’Europa da una parte ci nega la flessibilità, ci suggerisce dall’altra che basterebbe inoltrarsi sulla strada delle riforme per rendere meno rigido il “nein” della Merkel o i moniti del Presidente della Bundesbank Weidemann che, come una eco al Capogruppo del PPE Weber, ha sostenuto che “fare più debiti non è il presupposto della crescita”.
E come dargli torto!?
Il fatto è che le riforme che contano possono avere effetto strutturale sui conti dell’Italia in tempi medio lunghi, diciamo 36 mesi. Nel frattempo occorre quella flessibilità che consenta al Paese di portare a termine il ciclo dei cambiamenti senza troppi ostacoli. Purché sia questo il percorso e purché si facciamo le vere riforme.
Si prenda quella del sistema fiscale. Perché sia rivoluzionaria e perché garantisca la riduzione delle aliquote, e affinché serva ad abbattere l’evasione, occorre poter mettere in preventivo un minor gettito iniziale. 
Pagare le tasse deve essere un dovere sentito da tutti. Ma deve venir meno l’idea che le tasse siano una ingiusta rapina. Le analisi della CGIA di Mestre hanno calcolato in 140/150 miliardi di Euro il mancato gettito dovuto all’evasione. E’ una cifra enorme. 
La disoccupazione giovanile sta diventando un dramma italiano. E’ una mina sociale che può esplodere da un momento all’altro. L’intervento sulle pensioni Monti-Fornero del 2012 è stato un modo cinico e selvaggio di affrontare il debito previdenziale del Paese. La questione ora andrebbe di nuovo affrontata. Occorre un patto sociale tra generazioni, cominciando col mettere un po’ di naftalina sull’inasprimento delle anzianità pensionabili. Non si può ritardare ancora l’ingresso nel mondo del lavoro delle nuove generazioni. Se si sostituissero i più anziani con i giovani, oltre ad assicurare benefici produttivi, si scongiurerebbe il pericolo di una involuzione sociale perché i giovani che non trovano lavoro non possono mettere su nuove famiglie. Il 43% della disoccupazione giovanile non può essere più tollerabile: costituisce una potenzialità inespressa. Tener fuori una forza lavoro di queste dimensioni, con le implicazioni che si hanno sulla domanda, sta trascinando l’italia  in una spirale recessiva senza fine. 
Le riforme da fare sono tante e sono tutte urgenti: si pensi a quella dello Stato, a quella della Giustizia, oltre a quelle che abbiamo citato del fisco e del welfare. La modernizzazione del Paese e la velocità delle realizzazioni possono essere il punto di partenza per ottenere: il taglio della burocrazia parassitaria; la diminuzione dei costi di esercizio della spesa pubblica; la velocità di circolazione delle risorse economiche. 
Anche il tempo è danaro, la velocità  delle decisioni e delle realizzazioni crea di per se ricchezza. Mentre negli altri paesi la velocità è diventata una condizione di competitività,  l’Italia è lenta e resta indietro.
Vito Schepisi

Su EPolis dell'8 luglio 2014