Il Consiglio dei Ministri sta per presentare la legge di stabilità. Le polemiche, i moniti, gli aut aut, le mani in avanti si susseguono a ritmo più serrato man mano che ci si avvicina alla vigilia della presentazione.
Niente di diverso. Prima accadeva la stessa cosa con la legge finanziaria che, a differenza di quella attuale di stabilità, regolava le poste di bilancio, invece che le scelte economiche del Paese.
Dalle indiscrezioni sembra di capire che la legge per l’economia e la finanza italiana si muoverà attorno ad alcune questioni come:
- la trasformazione dell’IMU nella Service tax che sostituirà anche la Tares in una tassa unica sugli immobili, prima o seconda casa che siano, su aliquote che non si discosteranno dall’incidenza voluta da Monti per l’IMU del 7,6 per mille per la prima casa e del 10,6 per mille per le altre. Una patrimoniale mascherata che vedrà l’unificazione della tassa sulla proprietà degli immobili con quella sui rifiuti e sui servizi comunali, con la variante del coinvolgimento degli inquilini alla nuova imposta;
- la rivisitazione delle aliquote IVA. Sembra che sia allo studio l’aumento dell’aliquota, su alcuni beni di consumo, dall’attuale minima del 4% a quella tutta nuova del 7%. Non sono pervenute, invece, ipotesi di riduzione di quella massima del 22%, in vigore già dal primo ottobre di quest’anno per il “colpo di genio” di Letta che in Consiglio dei Ministri ha recitato da offeso;
- la riduzione selettiva del cuneo fiscale alle imprese che assumono e investono (ma quante tra le piccole e medie sono ancora in grado di farlo?) per un costo complessivo di 2,5 miliardi di euro;
- la distribuzione in busta paga dei lavoratori, anche questa selettiva, di tasse per 150/250 euro l’anno per stimolare gli acquisti;
- il taglio su alcuni capitoli di spesa dei ministeri. (Si parla anche di sanità e le regioni sono in subbuglio. Vendola manda a dire al Governo che i tagli alla sanità sarebbero “inaccettabili”. Lo stesso Vendola che ha consentito che sotto la sua gestione si sperperassero due miliardi di Euro. Una faccenda con responsabilità penali ancora tutte da definire, ma con “responsabilità” finanziarie già addossate ai contribuenti pugliesi;
- rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e alcune misure di stimolo alla crescita economica, come la deducibilità del costo del lavoro ai fini dell’IRAP.;
- Allentamento del patto di stabilità degli enti di governo locale con adeguamento alla capacità di spesa creata ai comuni con la “Services tax”.
Saranno sufficienti le misure su esposte a ribaltare le difficoltà economico-finanziarie dello Stato?
Rispondere di si vorrebbe dire solo continuare a prenderci in giro.
L’Italia con queste misure nel 2014 si troverà a navigare in un mare ancora più tempestoso di quello attuale.
Si vuole ancora nascondere al cittadino la gravità della cosa. L’Italia, progressivamente, perde pezzi d’impresa e di lavoro. E’ un’emorragia che non accenna ad arrestarsi perché si pensa di fermarla con interventi superficiali, perché non si ha il coraggio di dire ciò che in Italia non va.
Finché si penserà di coprire le spese aumentando le entrate, non sarà possibile discostarsi dalla discesa verso il baratro.
Vanno fermate le spese.
Il nostro è un Paese che per pagare solo gli interessi sul debito e per la spesa energetica, fuori dai nostri confini, spende quasi quanto le intere entrate irpef dei lavoratori dipendenti.
E’ in moto un processo maniacale che ci sta portando al collasso. Molti lo sanno, ma lo nascondono. Tra un po’, però, non sarà più possibile nascondersi dietro un dito.
Letta basta a giocare! Lei fa come il prestigiatore che all’angolo della piazza fa il gioco delle tre carte. Carta che vince e carta che perde. Ma è pazzesco! Renzi fa le battute e Alfano fa finta di arrabbiarsi. Sulla nostra pelle! O sono tutti pazzi o non hanno capito una mazza.
A questo punto non bastano più le forbici, ci vuole la scure. Tagliare, tagliare, tagliare. Altro che resistere, resistere, resistere. Tagliamo le regioni, ad esempio. Le regioni sono la fonte più proficua del malaffare. Per la spesa sono pozzi senza fondo.
Pensiamo ad una architettura costituzionale della democrazia rappresentativa più snella e più parsimoniosa in cui le autonomie siano attente ai servizi sul territorio, ma con un sistema di controllo sulla congruità della spesa.
Il governo delle larghe intese poteva avere un significato se fosse stato usato per due cose: adottare le misure impopolari, prima di trovarsi fuori tempo massimo, e fare le riforme (Giustizia, Stato, Lavoro).
Doveva portare alla pacificazione sociale, invece ci ha regalato il “ricatto” del PD sulla responsabilità di tenere forzatamente in piedi un Governo d’incapaci.
Vito Schepisi
Niente di diverso. Prima accadeva la stessa cosa con la legge finanziaria che, a differenza di quella attuale di stabilità, regolava le poste di bilancio, invece che le scelte economiche del Paese.
Dalle indiscrezioni sembra di capire che la legge per l’economia e la finanza italiana si muoverà attorno ad alcune questioni come:
- la trasformazione dell’IMU nella Service tax che sostituirà anche la Tares in una tassa unica sugli immobili, prima o seconda casa che siano, su aliquote che non si discosteranno dall’incidenza voluta da Monti per l’IMU del 7,6 per mille per la prima casa e del 10,6 per mille per le altre. Una patrimoniale mascherata che vedrà l’unificazione della tassa sulla proprietà degli immobili con quella sui rifiuti e sui servizi comunali, con la variante del coinvolgimento degli inquilini alla nuova imposta;
- la rivisitazione delle aliquote IVA. Sembra che sia allo studio l’aumento dell’aliquota, su alcuni beni di consumo, dall’attuale minima del 4% a quella tutta nuova del 7%. Non sono pervenute, invece, ipotesi di riduzione di quella massima del 22%, in vigore già dal primo ottobre di quest’anno per il “colpo di genio” di Letta che in Consiglio dei Ministri ha recitato da offeso;
- la riduzione selettiva del cuneo fiscale alle imprese che assumono e investono (ma quante tra le piccole e medie sono ancora in grado di farlo?) per un costo complessivo di 2,5 miliardi di euro;
- la distribuzione in busta paga dei lavoratori, anche questa selettiva, di tasse per 150/250 euro l’anno per stimolare gli acquisti;
- il taglio su alcuni capitoli di spesa dei ministeri. (Si parla anche di sanità e le regioni sono in subbuglio. Vendola manda a dire al Governo che i tagli alla sanità sarebbero “inaccettabili”. Lo stesso Vendola che ha consentito che sotto la sua gestione si sperperassero due miliardi di Euro. Una faccenda con responsabilità penali ancora tutte da definire, ma con “responsabilità” finanziarie già addossate ai contribuenti pugliesi;
- rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e alcune misure di stimolo alla crescita economica, come la deducibilità del costo del lavoro ai fini dell’IRAP.;
- Allentamento del patto di stabilità degli enti di governo locale con adeguamento alla capacità di spesa creata ai comuni con la “Services tax”.
Saranno sufficienti le misure su esposte a ribaltare le difficoltà economico-finanziarie dello Stato?
Rispondere di si vorrebbe dire solo continuare a prenderci in giro.
L’Italia con queste misure nel 2014 si troverà a navigare in un mare ancora più tempestoso di quello attuale.
Si vuole ancora nascondere al cittadino la gravità della cosa. L’Italia, progressivamente, perde pezzi d’impresa e di lavoro. E’ un’emorragia che non accenna ad arrestarsi perché si pensa di fermarla con interventi superficiali, perché non si ha il coraggio di dire ciò che in Italia non va.
Finché si penserà di coprire le spese aumentando le entrate, non sarà possibile discostarsi dalla discesa verso il baratro.
Vanno fermate le spese.
Il nostro è un Paese che per pagare solo gli interessi sul debito e per la spesa energetica, fuori dai nostri confini, spende quasi quanto le intere entrate irpef dei lavoratori dipendenti.
E’ in moto un processo maniacale che ci sta portando al collasso. Molti lo sanno, ma lo nascondono. Tra un po’, però, non sarà più possibile nascondersi dietro un dito.
Letta basta a giocare! Lei fa come il prestigiatore che all’angolo della piazza fa il gioco delle tre carte. Carta che vince e carta che perde. Ma è pazzesco! Renzi fa le battute e Alfano fa finta di arrabbiarsi. Sulla nostra pelle! O sono tutti pazzi o non hanno capito una mazza.
A questo punto non bastano più le forbici, ci vuole la scure. Tagliare, tagliare, tagliare. Altro che resistere, resistere, resistere. Tagliamo le regioni, ad esempio. Le regioni sono la fonte più proficua del malaffare. Per la spesa sono pozzi senza fondo.
Pensiamo ad una architettura costituzionale della democrazia rappresentativa più snella e più parsimoniosa in cui le autonomie siano attente ai servizi sul territorio, ma con un sistema di controllo sulla congruità della spesa.
Il governo delle larghe intese poteva avere un significato se fosse stato usato per due cose: adottare le misure impopolari, prima di trovarsi fuori tempo massimo, e fare le riforme (Giustizia, Stato, Lavoro).
Doveva portare alla pacificazione sociale, invece ci ha regalato il “ricatto” del PD sulla responsabilità di tenere forzatamente in piedi un Governo d’incapaci.
Vito Schepisi
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