09 febbraio 2013

Il Giorno del Ricordo delle vittime di Tito e dei suoi complici italiani


Qualche anno fa sono stato a Pola, in Istria. Una città bellissima e malinconica.
Pula in Croato. Si perché a Pola l’Italia non c’è più. A Pola l'Italia si avverte nelle cose che mancano. E' un po' come il pensiero per qualcuno o per qualcosa che è venuto meno.
In Città c'è un anfiteatro che si affaccia sulla zona del porto. Se ti distrai per un attimo, ti sembra di stare a Roma, dinanzi al Colosseo.
La nostra storia non può inoltrarsi nella nebbia degli opportunismi e delle ipocrisie e restarci come un oggetto senz'anima, come un corpo che vive senza sentimenti. Una Città italiana se la vedi la senti tua, e se la senti ti manca.
E' necessario conoscere, vedere, sapere. Ho visitato quei luoghi da Trieste a Basovizza , sono sceso fino a Fiume e poi in Istria da Pola per risalire fino a Capodistria e tornare a Trieste. Terre bellissime dove c’erano gli odori ed i sorrisi di casa.
I racconti dei pochi sopravvissuti trasudano rabbia e amore per l'Italia e s’affaccia la malinconia per ciò che non c'è più. Nelle parole si percepisce l’amore misto alla rabbia per essersi sentiti abbandonati nelle mani di chi li aveva spogliati di tutto. I racconti sono quelli delle tragedie, delle umiliazioni, dei soprusi, degli espropri; quelli delle mortificazioni e delle privazioni, ma tutto col tempo passa nel silenzio della rassegnazione.
I nostri connazionali dell’Istria, della Dalmatia e della Venezia Giulia non solo si sono sentiti abbandonati dall’Italia, ma si sono sentiti rimossi: una vergogna, un’infamia, una viltà.
Ha avuto un nome questa ignominia: Palmiro Togliatti.
Ha avuto una responsabilità politica questa viltà: quella del partito comunista italiano.
Ha avuto un sicario questa mattanza: il Maresciallo Josip Broz Tito.
Non si sono mai conosciuti i numeri esatti delle vittime italiane che abitavano quelle terre. La pulizia etnica ha agito in diverse forme. C’è gente che è sparita nel nulla. Non se n’è saputo più niente: i segreti delle foibe “tombe senza nomi e senza fiori dove regna il silenzio dei vivi ed il silenzio dei morti”.
E poi l’esodo verso l’Italia, con la propaganda comunista che descriveva i profughi come i “fascisti” che scappavano dalle loro responsabilità. Era gente, invece, a cui era stato tolto di tutto, gente che non aveva alternative e che scappava dalla pulizia etnica e dalla morte.
Togliatti è stato sempre un cinico bugiardo. Non sapeva come spiegare agli italiani che “i liberatori” slavi al comando di Tito non erano gli amici del popolo, come li aveva sempre descritti, ma bande di spietati assassini, mosse da un dittatore sanguinario, che avevano saccheggiato e depredato i nostri connazionali costringendoli a scappare.
Per tanti anni, con la complicità dei governi consociativi, ci hanno nascosto la storia, ci hanno celato i delitti, hanno rimosso le responsabilità, hanno minacciato e ammutolito i superstiti. Vigliacchi! Vigliacchi come tutti quelli che si adoperano a sostenere i regimi che soffocano la libertà dei popoli.
Le responsabilità storiche e le viltà, purtroppo, sono sempre scritte col sangue di chi non ha alcuna colpa. Le vittime delle brutalità non sono mai i regimi vinti, ma le donne e gli uomini che non avevano nulla da vincere, se non il proprio diritto alla vita nei luoghi in cui erano nati.
Nel 1936 la popolazione italiana nell'Istria, registrata dal censimento del Governo Italiano dell’epoca, era di 294.000 cittadini: nel 1961, dai dati del censimento slavo, era scesa a 14.354. Due dati presi in tempi diversi ma che non comprendono per intero il fenomeno. L’esodo e le foibe non hanno interessato solo l’Istria ma tutto il territorio italiano passato sotto il controllo della Jugoslavia di Tito. Una cifra realistica, ma approssimativa potrebbe essere quella di circa 350.000 cittadini interessati.
Tutte vittime senza responsabilità: quelle destinate a perdere sempre.
Non è mai giusto così!
Vito Schepisi

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