04 dicembre 2007

Un magistrato scomodo

Tutto dev’essere iniziato nel gennaio di quest’anno, quando la signora Forleo ad un convegno organizzato a Milano dall’Unione delle Camere Penali dal tema: “Giudice e pubblico ministero. Due soggetti diversi nel processo, nell’ordinamento, nella Costituzione» si era espressa in modo disallineato sul progetto di riforma Mastella sull’ordinamento giudiziario.
Indifferente alla consapevolezza che la riforma era stata imposta dalla stessa associazione dei magistrati, la Forleo andava sostenendo le sue perplessità proprio sulla parte più discussa delle norme: quelle che regolano le carriere e le funzioni dei magistrati. Il magistrato perorava la separazione delle carriere tra requirenti e giudicanti.
Una posizione quella del Gip di Milano che rivalutava lo spirito della riforma coraggiosamente voluta dal centrodestra. Una riforma per l’ordinamento giudiziario pensata per uniformare la giustizia italiana alle scelte di civiltà giuridica già in esser in gran parte dei paesi liberali e democratici d’occidente.
Il Gip di Milano, sostenendo la necessità della separazione delle carriere si era, così, messa di traverso all’ANM. Da quel momento il magistrato già noto per il discusso provvedimento di scarcerazione di presunti terroristi definiti “guerriglieri”, atto giuridico che aveva persino esaltato la sinistra radicale italiana, è entrata nel mirino di chi intende la giustizia alla stregua di un’arma politica da utilizzare per scardinare il sistema delle certezze democratiche e rappresentative e predisporre il Paese alle avventure dell’antipolitica e della sommarietà dei giudizi.
Se Speciale è stato rimosso da Generale della Guardia di Finanza per essersi messo per traverso alla pretesa di Visco di rimuovere i vertici della Gdf di Milano che avevano indagato sull’affare Unipol-Bnl, non si capirebbe la ragione che dovrebbe impedire ora la rimozione della Forleo dall’Ufficio di Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano! E la ragione sembra tutta nella gestione prevalentemente politica del CSM.
La seconda volta la sua colpa è ancora più grave. Il giudice ha voluto toccare i fili della corrente elettrica ad alta tensione, ed è opinione corrente che chi tocca i fili, muore. E’ scritto persino sui tralicci dell’Enel!
La desolante impressione è che anche questa volta la “casta” abbia fatto quadrato intorno agli interessi della politica. E resta tutta la preoccupazione per i cittadini di sentirsi ancora una volta traditi dalle ramificazioni di una logica di potere che si chiude a riccio per impedire che emergano inganni, bugie e privilegi dei soliti noti. L’antipolitica nasce anche da qui!
Forse, però, conviene entrare nel merito delle “colpe” della signora Forleo. Le sue responsabilità consistono prevalentemente nell’aver formulato al Parlamento una richiesta d’autorizzazione all’utilizzo di alcune intercettazioni telefoniche acquisite ai fini di un’indagine penale in corso. Nelle intercettazioni si materializzavano strategie e suggerimenti di parlamentari DS di alto profilo che si accordavano sui metodi e sugli strumenti da utilizzare per l’acquisizione della Banca Nazionale del Lavoro.
Dalla trascrizione sono emersi intrecci e metodi, ritenuti illegali per la scalata alla BNL, tra D’Alema, Fassino, Latorre e Consorte. Quest’ultimo all’epoca era Presidente dell’Unipol, gruppo assicurativo legato alla Lega delle Cooperative, altro colosso produttivo, imprenditoriale, e distributivo ritenuto molto vicino alla sinistra. Ai tempi del Pci la Lega delle Cooperative era considerata persino parte integrante del movimento politico. Le “cooperative rosse” appaltano tuttora in percentuali bulgare tutte le attività della fascia rossa del Paese.
Alla Forleo, giudice per le indagini preliminari, viene persino imputata una formulazione esorbitante dalle sue prerogative per l’atto di richiesta dell’autorizzazione alle Camere. Viene ipotizzato l’inserimento di ipotesi di reato, prerogative invece dei pubblici ministeri, laddove Cicu, Comincioli, D’Alema, Fassino e Latorre vengono definiti: “consapevoli complici di un atto criminoso di ampia portata”.
Il compito della Giustizia è di venire a capo, seguendo un processo di competenze e di prerogative, alle responsabilità penali imputabili ai diversi soggetti interessati. La richiesta del Gip di autorizzazione all’uso delle intercettazioni, per essere privilegio riservato ai membri del Parlamento e non ai cittadini comuni, non potrebbe che essere pertanto motivata. Qualora non ci siano valide motivazioni, si dovrebbe presupporre che l’uso delle intercettazioni in cui compaiono parlamentari non debbano essere autorizzate. E cos’è una motivazione se non la segnalazione d’indizi e comportamenti illeciti che possano motivare persino una successiva iscrizione sul registro degli indagati? Senza l’utilizzo delle intercettazioni non è possibile formulare un atto d’accusa, ma senza un’ipotesi di reato non è possibile richiedere l’acquisizione delle intercettazioni! Delle due l’una!
Il provvedimento di rimozione della Forleo, già preannunciato, come sostiene Letizia Vacca, esponente laico del partito dei comunisti italiani nel CSM, “servirà è riportare la serenità negli uffici di Milano”. Il popolo italiano, però, nel nome del quale si eserciterebbe la giustizia in Italia, avrebbe idee del tutto diverse sulla sua serenità; ma sembra che di questo il CSM non si faccia carico.
Vito Schepisi
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