15 dicembre 2007

Un Paese normale!



Che il nostro non sia un Paese normale l’aveva già detto D’Alema nel 1994, pur se partendo da intuizioni diverse dalle nostre. Non è normale, infatti, perché è affetto da inarrestabili contraddizioni e da attitudini all’intrigo. E’ strano perché enfatizza la discordia e demolisce i ponti della collaborazione e del dialogo.
Il leader ex comunista insediandosi alle segreteria del Pds, dopo la sconfitta della macchina da guerra di Occhetto nel ’94, affermava a sostegno della sua idea di normalità che la dialettica democratica nei paesi pluralisti si manifesta nel consentire alla sinistra il governo della Nazione:“Il compito della mia generazione è portare la sinistra italiana al governo del paese. Altre generazioni hanno fatto cose fondamentali: hanno riconosciuto la democrazia, hanno rinnovato il paese. Ora, per noi,il problema è il governo: vogliamo essere messi alla prova".
E’utile, ma anche malignamente sarcastico, rileggere le presuntuose affermazioni di D’Alema. Questi, ex comunista e combattente su fronti diversi da quelli su cui si erano impegnate le democrazie occidentali; distintosi più nel tentativo di trascinare l’Italia nell’orbita della follia comunista, mentre da altre parti si rinnovava il Paese e si costruiva la democrazia; sconfitto dalla storia e smascherato nelle menzogne, chiede di passare a riscuotere il compenso del tradimento di quei valori invece, fortunatamente, prevalsi. Alla prova, però, sono stati messi, ed in modo davvero deludente!
Appare ancora più istruttivo rileggere oggi cosa affermava sempre l’attuale Ministro degli Esteri, un anno dopo nel ’95 sull’Unità, dopo che la sinistra aveva occupato il potere con un colpo di mano di Scalfaro: “Si è dunque riaperta la sfida. Contemporaneamente, si è anche fatta strada l'idea che le squadre in campo si diano delle regole comuni, valide per tutti. Proprio come accadrebbe in un paese normale”.
La storia ci insegna, e molti italiani ne sono più che convinti, che per la sinistra e D’Alema la vera normalità sia barare al gioco. Barare in tutti i modi, persino con i brogli elettorali, se non con la magistratura compiacente.
Gli anni sono passati ma le regole della sinistra rimangono sempre quelle. Il confronto democratico vale solo quando è funzionale a distribuire le carte perdenti agli avversari: altrimenti, come nel più classico western, si punta la pistola contro l’avversario per prevalere comunque.
Bisogna ritenere normale, ad esempio, l’azione di impiegati dello Stato che intervengono per rendere più torbido il rapporto tra le forze politiche e per minare il dialogo e l’avvio di un confronto per la costruzione di regole condivise?
L’avvio di un confronto leale è voluto soprattutto dal popolo. Gli italiani chiedono chiarezza e reclamano responsabilità e pongono condizioni di trasparenza per ricambiarla con la loro fiducia.
E se fosse vero anche il 10% di ciò che afferma il leader dell’opposizione sull’azione dei magistrati alla vigilia della fiducia al Senato sulla Legge Finanziaria, mossasi per convocare una decina di senatori per intimorirli su un possibile voto di sfiducia al Governo, il nostro non sarebbe neanche lontanamente un paese normale. Al contrario sarebbe un paese decisamente in pericolo.
Se chi esercita una funzione in nome del popolo si arroga il diritto di interferire con chi è deputato a rappresentarlo ed assume funzioni diverse dal lavoro per il quale è pagato dalla collettività, pretendendo di interpretare la giustizia come se fosse un’idea, stravolge due pilastri della nostra democrazia: quello del diritto e quello della libertà.
La storia d’Italia è scritta nelle parole dei suoi leader. Se i suoi leader, però, sono di sinistra è necessario leggerle al contrario. E’ questa una convinzione che si va consolidando. La doppiezza di Togliatti non è episodica e relativa all’uomo: è un metodo ed una cultura solidificata nel leninismo e nella sua teoria dell’inganno.
E’ sufficiente leggere ancora le normalità di D’Alema per rendersene conto. Siamo ancora nel ’95 e D’Alema, ancora segretario, dopo il famoso ribaltone che capovolse i risultati elettorali del 1994 afferma sull’Unità “Ora si può tentare un bilancio di quest'anno vissuto pericolosamente. E si può guardare avanti, con fiducia e speranza . Fiducia in un'Italia oggi meno nervosa di ieri, più ottimista, che chiede alla sua classe dirigente cose semplici e chiare: stabilità, tranquillità, normalità. Nella speranza che finalmente possa arrivare il cambiamento: un cambiamento dolce che dia agli italiani la certezza di un futuro sicuro”. E l’esempio del nostro futuro sicuro l’abbiamo avuto nella settimana appena trascorsa con l’Italia adagiata pesantemente per terra, imbrigliata da un esercito di camionisti “incazzati”, indispettiti da un Governo e da un ministro di simpatie cubane che si è concesso il lusso a spese della collettività di ignorare i disagi della categoria e rifiutare il confronto.
Stabilità, tranquillità e normalità affermava D’Alema. Con la sinistra al Governo, la stabilità, dal 1996 al 2001, l’abbiamo vista con i tre governi di Prodi, D’Alema ed Amato e nel corso di questa legislatura con una maggioranza che traballa ed ha perso la rotta; la tranquillità con l’Italia strozzata dalla pressione fiscale e con le famiglie in serie difficoltà finanziarie; la normalità con la magistratura che detta le regole del gioco. Bel risultato!
E cosa pensare quando si rilegge lo slogan di Prodi “La serietà al Governo”? Se non è questa una grande bugia!
Vito Schepisi

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