20 dicembre 2007

Un 2007 da dimenticare

A sinistra non sanno che pesci pigliare! La maggioranza ed il Governo, i partiti ed il Parlamento sono imbrigliati in una morsa stringente. Si muovono in affanno alla ricerca di soluzioni per uscire dall’impasse in cui si sono addentrati. Osservano impotenti le sorti dell’Italia che per la loro insipienza scivola verso un inesorabile declino. Hanno impantanato il Paese in una palude di sabbie mobili, con l’economia che perde colpi, il debito pubblico che cresce ed i redditi dei lavoratori insufficienti a star dietro al crescente costo della vita reale. Uno Stato che perde competitività ed indietreggia ed è risucchiato sempre più giù in Europa. Un’Italia che s’intristisce e che con collaudata pazienza aspetta che passi anche quest’ondata di pessimo tempo.
Nelle stanze del centrosinistra hanno tutti gli occhi fissi nel vuoto. Guardano con sadica rassegnazione l’inevitabile procedere di questo Governo in bilico su di un sentiero buio e senza via d’uscita. Sono impotenti a tracciare margini ad un declino inesorabile, persino inermi e arresi nella rassegnazione fatalistica dell’inevitabile, convinti che rimediare sia impossibile, specialmente quando si ritiene che non esista la necessaria coesione nelle possibili soluzioni da adottare.
Ora la maggioranza sa solo farsi del male da sola: ma causa malanni anche ai cittadini italiani. Il Governo, tra le sue contraddizioni e le sue velleità, è in completa balia delle onde: ma ciò che è più grave è che trascina nella sofferenza tutto il Paese. La sinistra italiana è insicura ed incerta come un soggetto infantile che stenta a sollevarsi, e che non è in grado di mantenersi sulle proprie gambe. La sua crisi per ignoranza, demagogia ed infingarda supponenza trascina tutto: è come un fiume in piena che tracima e che, impetuoso, scorre e travolge tutto ciò che incontra sulla sua strada.
Il Governo di Prodi vive ormai alla giornata. Non può fare programmi, non ha una linea politica, non un percorso condiviso, non ha un’anima che s’ispiri ai bisogni del Paese: è la lotta di tutti contro tutti.
Dopo le preoccupazioni dello scorso anno, dopo l’emergere delle falsità dette agli italiani in campagna elettorale, dopo aver torchiato i contribuenti con una pressione fiscale da spavento, all’inizio del 2007 si era riunita a Caserta, in conclave, per consentire a Prodi di dettare le sue 10 regole. Doveva essere il programma del 2007 per rilanciare l’iniziativa politica. Mai lancio, però, fu più effimero, debole e di basso profilo, e sui risultati è meglio stendere un velo pietoso.
Alla reggia, il Prodi, imperatore della sinistra italiana, si era rivolto ai sudditi convenuti imponendo i suoi editti, a cui tutti si dovevano strettamente attenere. La confusione, infatti, era già tale da far paventare, già allora, un repentino crollo dell’impero Romano. A porte chiuse aveva detto che gli dovevano obbedienza, come si conviene ad un condottiero di nome Romano. Aveva alzato la voce e gridato che, senza la sua guida, per la sinistra c’era solo la sconfitta e lo sfaldamento della maggioranza: c’erano, insomma, le elezioni anticipate e Berlusconi.
Era un insieme quello di Caserta, animato da un’unione di partiti delle sinistre italiane, senza respiro politico, disperso nei protagonismi. Un’Unione che trovava coesione solo nel timore di perdere le poltrone e di dover dar ragione al “nemico” di Arcore. E così, mentre si elevava ancora forte il richiamo alla coesione, già i suoi sottoposti interpretavano con diversa misura e tensione il significato dei comandamenti del prode Romano. L’eco era ancora nell’aria, quando il suo imperativo categorico si sfaldava ed il diluvio evocato travolgeva illusioni e speranze.
Le sue 10 tavole sono state spazzate, arse dal fuoco della follia di ritenere che si possa governare contro il popolo e malgrado l’indignazione degli uomini. Aveva proprio ragione Boselli, dopo Caserta, a sostenere che “non c’è stato un briciolo di coraggio per affrontare i nodi che vanno sciolti. Si è imboccata solo la strada del rinvio”. E come dar torto, così, al segretario di Rifondazione Comunista Giordano quando, dopo la gita a Caserta, trionfante affermava: "Li abbiamo fermati. Partita chiusa."?
Con quello che va a chiudersi sarà passato un anno dal conclave nella reggia vanvitelliana dove, non il re borbone, ma il principe imbroglione si impegnava al rilancio dell’iniziativa di governo. E se gli italiani nelle piazze reclamavano meno tasse e più sicurezza, Prodi con la sua corte di cortigiani e ministri ci ha offerto più insicurezza e più tasse. Se il popolo chiedeva chiarezza e trasparenza, la sinistra si è invece distinta prima con un golpe alla Rai, sostituendo il Consigliere Petroni, e poi con la rimozione del Generale Speciale dal comando della Gdf, “colpevole” di aver ostacolato la rimozione di ufficiali integerrimi e capaci che indagavano sulle scalate bancarie, dove erano coinvolti uomini di punta dei DS. Provvedimenti che il Tar del Lazio ha giudicato illegittimi, quindi autoritari ed illeciti.
I cittadini hanno quindi chiesto risparmi e rigore e la risposta del Governo è stata quella di dilatare la spesa e di mercificare persino il voto sulla fiducia al Senato, concedendo a uomini e gruppi politici ingenti risorse sottratte ai contribuenti.
E’ stata invocata più giustizia e imparzialità e, mentre si infanga il leader dell’opposizione con accuse infondate e senza rilevanza penale, sono posti sotto procedimento disciplinare i magistrati che hanno indagato su episodi di malcostume in cui sono coinvolti uomini di governo.
Traendo un bilancio dell’anno trascorso, a Prodi non gli rimarrebbe così niente di più dignitoso che rassegnare le dimissioni, per il rispetto che deve al popolo Italiano.

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