12 dicembre 2007

Camionisti e Parlamentari

Si pensava che ci fosse una profonda differenza tra i camionisti ed i parlamentari dei partiti minori del centrosinistra, ma sembra che non sia così.
I camionisti sono in rivolta per la scarsa attenzione del Governo nei loro confronti. I parlamentari dei piccoli partiti della maggioranza sono anche loro in rivolta e sempre per la scarsa attenzione del Governo nei loro confronti. I camionisti scioperano, rallentano il traffico stradale, allungano i tempi di percorrenza dei trasporti su ruota; i parlamentari in esame non scioperano - non è previsto per la loro funzione - ma rallentano il traffico legislativo in Parlamento e allungano i tempi di percorrenza della legge finanziaria. Gli uni hanno gli occhi della gente esasperata puntati per i disagi e per i danni economici provocati, gli altri hanno gli occhi della gente altrettanto esasperata puntati per gli sprechi, le chiacchiere e le furbizie della politica.
Gli autotrasportatori lottano per la loro sopravvivenza, preoccupati dai margini insufficienti della loro attività; i parlamentari delle forze minori lottano anche loro per la sopravvivenza perché, cancellati i piccoli partiti, verrebbe meno anche la loro carriera politica.
Sarebbe interessante sapere se tra parlamentari ed autotrasportatori le funzioni possano essere anche fungibili. Diliberto, Mastella, Di Pietro, Pecoraro Scanio, Boselli e Mussi guiderebbero un Tir per portare a casa il pane per i loro congiunti? E se i dubbi per i politici sussistono certamente non è così per i camionisti che, invece, siederebbero volentieri in Parlamento per assicurarsi non solo il presente, ma anche il futuro.
E se i parlamentari citati si pensa che non siano capaci, e soprattutto si dubita che siano disponibili ad attraversare l’Italia sui Tir, siamo proprio sicuri che i camionisti non sarebbero capaci di essere responsabili ed utili nel Parlamento almeno alla pari dei primi?
Verdi, Comunisti Italiani, Udeur e Sinistra Democratica hanno oggi abbandonato i lavori dei capigruppo dell’Unione alla Camera per protesta, e minacciano così di bloccare i lavori della finanziaria. Se i camionisti mettono i Tir di traverso, i partiti minori del centrosinistra si mettono loro di traverso a bloccare il percorso della riforma elettorale facendo pressione su Prodi ed il Governo.
Il motivo della rivolta è dunque la bozza di riforma elettorale presentata dal Presidente della Commissione parlamentare per gli Affari Costituzionali al Senato, Enzo Bianco, considerata penalizzante per i piccoli partiti.
Bene! Ma è proprio ciò che il Paese chiede!
Il Paese, in verità, userebbe anche altri metodi un po’ meno civili e non solo con i piccoli partiti del centrosinistra, ma anche con i protagonisti più corposi dell’esecutivo in carica. E’ infatti dall’inizio della legislatura che si parla di semplificazione del quadro politico e di come scoraggiare la nascita di nuovi partiti, spesso diversi solo per protagonismo politico.
Non se ne può più dei giochi e delle astuzie, e persino dei ricatti di quei gruppi che fanno pesare il loro manipolo di parlamentari in modo spropositato rispetto alla consistenza della loro rappresentanza popolare. Non si può continuare a dar credito a coloro che rappresentano poco più di se stessi e/o che mercanteggiano il loro voto e la loro collocazione politica.
Mastella vale l’uno per cento, Diliberto, Boselli e Pecoraro Scanio più o meno lo stesso. Tutti insieme pesano anche meno di Rifondazione Comunista, pressappoco quanto la Lega di Bossi.
Ora la proposta di Bianco, modellata sul sistema tedesco, prevede lo sbarramento del 5%. In Germania è così e nessuno parla di truffa. L’attenzione da porre è alla governabilità ed ad assicurare che i numeri diano ad uno schieramento, piuttosto che all’altro, una maggioranza solida e sufficiente a realizzare, senza frenate o modifiche, l’enunciato programma politico. Solo così l’elettorato è messo in grado di valutare la capacità dei partiti di mantenere fede agli impegni ed, altresì, valutare la bontà delle scelte.
Se dal punto di vista del calcolo elettorale è comprensibile la posizione di Mastella, Pecoraro, Diliberto, Borselli e quant’altri, meno comprensibile appare la voce grossa di Cesa. Questi con Casini ha chiesto fino all’ossesso l’adozione del modello tedesco e la bozza Bianco ne riassume tutta la tipicità. Ora che prevale e trova consensi più larghi, verrebbe da chiedersi il motivo della contrarietà dell’Udc.
A differenza della Lega che della bozza critica l’indecisione sui collegi, sul recupero dei resti e sugli sbarramenti, ovvero sui voti disgiunti nei collegi tra uninominale e proporzionale, il diniego dell’Udc è incomprensibile. Sarebbe il caso che Casini spiegasse agli Italiani le perplessità riscontrate e soprattutto spiegasse cosa intendeva il suo partito quando parlava di modello tedesco.
Gli elettori sono stanchi dei giochi e delle furbizie e gradirebbero scelte più chiare per non rischiare di tornare a votare a scatola chiusa. E’ ora di finirla con gli atteggiamenti alla Follini, adottati nella legislatura precedente, e poi con quelli dei tanti piccoli partiti della sinistra nella legislatura attuale. Se la richiesta di avere l’indicazione del premier prima delle elezioni è ora il motivo del contrasto, del resto è l’unica ipotizzabile, sarebbe opportuno che emerga chiara e se ne spieghi la ragione senza infingimenti.
La lealtà e la correttezza verso gli elettori sono valori da recuperare e se a Casini, all’Udc ed a Cesa sembrano scelte da scongiurare, per altri appaiono come necessità da pretendere.
Vito Schepisi

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