La lezione di Follini deve pur servire a qualcosa. L’Udc è irrecuperabile: è da un po’ che segue un percorso diverso e spesso ambiguo. Ha un’idea diversa della società e della politica rispetto alla stragrande maggioranza degli italiani. Nostalgici del dirigismo politico sulle opzioni degli elettori, infatti, non se ne trovano. La politica dei compromessi, delle mediazioni e dell’immobilismo non provoca alcuna crisi di astinenza nel Paese. Al contrario c’è una gran parte di cittadini che vorrebbero scelte più dirette e semplici e senza il filtro rappresentativo di mestieranti e manovratori. Gli italiani sono stufi dei politicanti che rendono le soluzioni più complesse, incomprensibili e spesso anche improduttive.
E’ sempre più evidente che il partito di Cesa, Casini e Tabacci è rimasto all’opposizione solo perchè i loro parlamentari non sono sufficienti a sostituire quelli della sinistra alternativa, e non possono neanche essere aggiunti a quelli di Diliberto, Caruso, Giordano, Pecoraro Scanio e Luxuria.
Non è difficile capire che i centristi di Casini e compagni sono all’opposizione di Prodi solo perché non sono determinanti. Non si aggiungono solo perché potrebbe tornar loro dannoso. Sarebbe improducente almeno per due ragioni: la popolarità del governo è ai minimi storici; l’elettorato moderato e gli ambienti cattolici non riuscirebbero a comprendere una confluenza a sinistra senza moderarne il percorso. Solo per questi motivi il centrodestra non li ha già definitivamente persi. Se, invece, fossero stati determinanti, già starebbero a fianco del centrosinistra. Prodi avrebbe già assegnato alla truppa di Buttiglione, Cesa, Baccini e Tabacci due ministeri di medio peso, ridistribuiti tra quelli tolti a Bianchi, Pecoraro e Ferrero, o un ministero di rango per Casini. Un piccolo nugolo di Udc, forse anche Cosimo Mele, avrebbero già occupato un pacchetto di poltroncine, tra viceministeri e sottosegretariati.
Altro che elezioni e lealtà verso gli elettori, ed il richiamo all’etica del Presidente del Consiglio. Altro che rispetto della volontà popolare quando il Professore di Scanziano minaccia i partiti della sua maggioranza che dopo di lui ci sono solo le lezioni anticipate. Prodi le sue chiappe dalla poltrona più alta del Governo non vorrebbe assolutamente sollevarle, costi quel che costi.
I voti dell’Udc non sono sufficienti, però: quel che si poteva è stato già fatto. Quando è stato utile Follini, per la fredda logica dei numeri, l’operazione è stata fatta senza scrupoli di sorta, anche se “io c’entro” politicamente non ha smosso una virgola.
La strategia dell’Udc è chiara, ed è la stessa iniziata dall’ambiguo Follini già nella legislatura passata: demolire Berlusconi ed il bipolarismo. Ed è chiaro a tutti, anche alle pietre, che Casini abbia una gran voglia di ricostituire la Democrazia Cristiana. La sua aspirazione è di raccogliere tutti gli spezzoni della vecchia “balena bianca”. L’obiettivo è quello di occupare stabilmente, ed in via prevalente, lo spazio politico di centro, per poi porsi in bilico tra i due schieramenti e privilegiare ora l’uno ora l’altro, a seconda dei vantaggi fruibili. Un fine da perseguire a tutti i costi prima che lo spazio da occupare, già stabilmente frequentato da FI, non sia diffusamente presidiato a pieno titolo dal nuovo soggetto politico che si andrà a formare su iniziativa di Berlusconi.
La strategia di Casini, però, è destinata a fallire. Il popolo moderato è con Berlusconi: ed è per questa ragione che l’Udc è persa. Dinanzi al fallimento della strategia tentata, le truppe di Casini e compagni non potranno che ripiegare nel centrosinistra. Un contenitore, quest’ultimo, già abbastanza confuso per le strategie diverse dei partecipanti e per la presenza ancora massiccia di una visione comunemente centralistica dell’azione politica, retaggio di cultura post marxista. In quest’area, e soltanto in questa, l’integralismo post democristiano può recuperare spazio e credibilità politica ed uscire dall’isolamento in cui si sta avviando.
Il partito di Casini, con il pretesto di ostacolare la soluzione bipartitica della riforma elettorale, intende ostacolare invece la soluzione bipolare. L’auspicio per loro è il proporzionale della prima repubblica, il sistema che rende indispensabile le coalizioni ed il potere di veto dei piccoli partiti. Anche aver dichiarato da tempo l’opzione per la soluzione tedesca è un depistaggio. La bozza Bianco, sul modello tedesco, l’Udc ora non la vuole neanche discutere specie se corretta con l’indicazione dello schieramento prima delle elezioni. Il sistema tedesco distribuisce i seggi al 50% con il maggioritario ed al 50% con il proporzionale e con lo sbarramento al 5%. Un sistema che consentirebbe ad un piccolo partito come quello di Casini di mantenere la sua identità, ma non d’essere determinante.
Il sistema tedesco non garantisce la governabilità, se non corretto con le indicazioni sulle alleanze prima del voto. I correttivi e le indicazioni su leader e coalizioni costringerebbero, però, l’Udc ad abbandonare la strategia della formazione di un partito neocentrista autonomo, spingerebbero addirittura a ricercare la confluenza o la federazione nel C.D.
Discutere ancora con l’Udc non ne vale la pena. Casini ed i suoi vanno lasciati perdere. La riforma elettorale va ricercata bipolare, anche se rispettosa della pluralità democratica. Da soli i post democristiani non rappresentano niente, il loro elettorato non li seguirebbe. E’ persino utile per la chiarezza e la semplificazione che, ad esempio, Buttiglione vada a porgere l’altra guancia a coloro che finora l’hanno sempre guardato con ironia e diffidenza: non l’hanno mai voluto né ad un ministero e né alla Commissione Europea. Uomini come il presidente Udc non hanno valore aggiunto, allontanano persino le coscienze intelligenti e dinamiche del moderatismo liberale. Con l’ipocrisia e l’ermetismo furbesco non si va da nessuna parte. L’Italia liberale, moderata, cattolica e laica non può riproporre personaggi già sufficientemente logorati dalla loro spesso impudente mutabilità politica.
Gli elettori sapranno cosa fare al momento di scegliere tra la voglia di rilanciare il Paese in un percorso di modernizzazione e di crescita, nelle certezze dei valori e delle tradizioni comuni, o consentire alla sinistra di modificare ed azzerare il patrimonio della nostra civiltà e l’origine della nostra identità nazionale. Gli Italiani sapranno respingere le scelte che mortificano l’uomo, la famiglia. Sapranno schierarsi con coloro che richiamano le nostre tradizionali collocazioni in un contesto occidentale e di democrazia liberale, e allontanare la confusione dei neutralismi supini e le nuove ideologie che si ispirano a civiltà diverse: a valori che non ci appartengono, per storia e cultura, e che minacciano di prevalere per inedia e pavida viltà.
E’ sempre più evidente che il partito di Cesa, Casini e Tabacci è rimasto all’opposizione solo perchè i loro parlamentari non sono sufficienti a sostituire quelli della sinistra alternativa, e non possono neanche essere aggiunti a quelli di Diliberto, Caruso, Giordano, Pecoraro Scanio e Luxuria.
Non è difficile capire che i centristi di Casini e compagni sono all’opposizione di Prodi solo perché non sono determinanti. Non si aggiungono solo perché potrebbe tornar loro dannoso. Sarebbe improducente almeno per due ragioni: la popolarità del governo è ai minimi storici; l’elettorato moderato e gli ambienti cattolici non riuscirebbero a comprendere una confluenza a sinistra senza moderarne il percorso. Solo per questi motivi il centrodestra non li ha già definitivamente persi. Se, invece, fossero stati determinanti, già starebbero a fianco del centrosinistra. Prodi avrebbe già assegnato alla truppa di Buttiglione, Cesa, Baccini e Tabacci due ministeri di medio peso, ridistribuiti tra quelli tolti a Bianchi, Pecoraro e Ferrero, o un ministero di rango per Casini. Un piccolo nugolo di Udc, forse anche Cosimo Mele, avrebbero già occupato un pacchetto di poltroncine, tra viceministeri e sottosegretariati.
Altro che elezioni e lealtà verso gli elettori, ed il richiamo all’etica del Presidente del Consiglio. Altro che rispetto della volontà popolare quando il Professore di Scanziano minaccia i partiti della sua maggioranza che dopo di lui ci sono solo le lezioni anticipate. Prodi le sue chiappe dalla poltrona più alta del Governo non vorrebbe assolutamente sollevarle, costi quel che costi.
I voti dell’Udc non sono sufficienti, però: quel che si poteva è stato già fatto. Quando è stato utile Follini, per la fredda logica dei numeri, l’operazione è stata fatta senza scrupoli di sorta, anche se “io c’entro” politicamente non ha smosso una virgola.
La strategia dell’Udc è chiara, ed è la stessa iniziata dall’ambiguo Follini già nella legislatura passata: demolire Berlusconi ed il bipolarismo. Ed è chiaro a tutti, anche alle pietre, che Casini abbia una gran voglia di ricostituire la Democrazia Cristiana. La sua aspirazione è di raccogliere tutti gli spezzoni della vecchia “balena bianca”. L’obiettivo è quello di occupare stabilmente, ed in via prevalente, lo spazio politico di centro, per poi porsi in bilico tra i due schieramenti e privilegiare ora l’uno ora l’altro, a seconda dei vantaggi fruibili. Un fine da perseguire a tutti i costi prima che lo spazio da occupare, già stabilmente frequentato da FI, non sia diffusamente presidiato a pieno titolo dal nuovo soggetto politico che si andrà a formare su iniziativa di Berlusconi.
La strategia di Casini, però, è destinata a fallire. Il popolo moderato è con Berlusconi: ed è per questa ragione che l’Udc è persa. Dinanzi al fallimento della strategia tentata, le truppe di Casini e compagni non potranno che ripiegare nel centrosinistra. Un contenitore, quest’ultimo, già abbastanza confuso per le strategie diverse dei partecipanti e per la presenza ancora massiccia di una visione comunemente centralistica dell’azione politica, retaggio di cultura post marxista. In quest’area, e soltanto in questa, l’integralismo post democristiano può recuperare spazio e credibilità politica ed uscire dall’isolamento in cui si sta avviando.
Il partito di Casini, con il pretesto di ostacolare la soluzione bipartitica della riforma elettorale, intende ostacolare invece la soluzione bipolare. L’auspicio per loro è il proporzionale della prima repubblica, il sistema che rende indispensabile le coalizioni ed il potere di veto dei piccoli partiti. Anche aver dichiarato da tempo l’opzione per la soluzione tedesca è un depistaggio. La bozza Bianco, sul modello tedesco, l’Udc ora non la vuole neanche discutere specie se corretta con l’indicazione dello schieramento prima delle elezioni. Il sistema tedesco distribuisce i seggi al 50% con il maggioritario ed al 50% con il proporzionale e con lo sbarramento al 5%. Un sistema che consentirebbe ad un piccolo partito come quello di Casini di mantenere la sua identità, ma non d’essere determinante.
Il sistema tedesco non garantisce la governabilità, se non corretto con le indicazioni sulle alleanze prima del voto. I correttivi e le indicazioni su leader e coalizioni costringerebbero, però, l’Udc ad abbandonare la strategia della formazione di un partito neocentrista autonomo, spingerebbero addirittura a ricercare la confluenza o la federazione nel C.D.
Discutere ancora con l’Udc non ne vale la pena. Casini ed i suoi vanno lasciati perdere. La riforma elettorale va ricercata bipolare, anche se rispettosa della pluralità democratica. Da soli i post democristiani non rappresentano niente, il loro elettorato non li seguirebbe. E’ persino utile per la chiarezza e la semplificazione che, ad esempio, Buttiglione vada a porgere l’altra guancia a coloro che finora l’hanno sempre guardato con ironia e diffidenza: non l’hanno mai voluto né ad un ministero e né alla Commissione Europea. Uomini come il presidente Udc non hanno valore aggiunto, allontanano persino le coscienze intelligenti e dinamiche del moderatismo liberale. Con l’ipocrisia e l’ermetismo furbesco non si va da nessuna parte. L’Italia liberale, moderata, cattolica e laica non può riproporre personaggi già sufficientemente logorati dalla loro spesso impudente mutabilità politica.
Gli elettori sapranno cosa fare al momento di scegliere tra la voglia di rilanciare il Paese in un percorso di modernizzazione e di crescita, nelle certezze dei valori e delle tradizioni comuni, o consentire alla sinistra di modificare ed azzerare il patrimonio della nostra civiltà e l’origine della nostra identità nazionale. Gli Italiani sapranno respingere le scelte che mortificano l’uomo, la famiglia. Sapranno schierarsi con coloro che richiamano le nostre tradizionali collocazioni in un contesto occidentale e di democrazia liberale, e allontanare la confusione dei neutralismi supini e le nuove ideologie che si ispirano a civiltà diverse: a valori che non ci appartengono, per storia e cultura, e che minacciano di prevalere per inedia e pavida viltà.
Vito Schepisi
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