23 giugno 2008

L'opposizione dei magistrati

Le democrazie si reggono su regole condivise. Quando le regole non lo sono accade che diventi difficile assolvere a tutti i compiti di uno Stato democratico senza fermenti e senza che vi siano disconoscimenti e riserve di legittimità.
Che ci sia una parte del Paese incline ad andare fuori delle regole e che le reclama solo per garantire le prerogative della propria parte politica è evidente. Ma ciò che preoccupa è che non sia rappresentata esclusivamente dai movimenti massimalisti ed ideologicizzati. Altra parte, infatti, è costituita da gruppi politici che hanno raccolto sia il malessere antisistema di stampo “fascista” o “marxista” (che poi sono la stessa cosa) dell’intolleranza e sia quello dell’antipolitica furba di una certa sinistra, per intendersi alla Grillo ed alla Santoro.
Quest’ultima corrente fa breccia nel PD per condurlo alla lotta cieca ad oltranza su una presunta illegittimità del leader del PDL che ha raccolto, come è normale in una democrazia, la maggioranza dei voti nel Paese. Normale sarebbe pure che fosse messo in grado di governare e rispettare il mandato che il popolo ha voluto affidargli. Anormale sarebbe, invece, l’intervento di ordinamenti dello Stato scesi in campo, ostentatamente, a dar man forte all’opposizione contro iniziative che sono avvertite forse più dalla popolazione che dalla politica.
La sicurezza, l’efficienza dei servizi, la certezza della pena, la riduzione dei tempi dei processi, come le questioni fiscali, salariali, la sanità, le regole sull’immigrazione, la soppressione di quella clandestina, sono, ad esempio, problemi che gli italiani vivono sulla propria pelle da tanto tempo, per poter comprendere e condividere gli interventi di coloro che sulla base della lettura, spesso faziosa, degli articoli della Costituzione o di altri principi europei o internazionali vanno alla ricerca di ragioni di ogni tipo per bloccare il processo di cambiamento del Paese.
Inutile dire che questo cambiamento è richiesto a gran voce da coloro che sono sovrani anche dei loro ordinamenti e delle regole per la loro attuazione. Si dice sempre, infatti, che il popolo sia sovrano ma quando si tratta di rispettarne i voleri c’è sempre chi è disposto a dimenticarsene. Anche la Giustizia si pretende sia resa in nome del Popolo e non dei magistrati o tanto peggio dei loro referenti politici. Ma non sempre è così!
I magistrati che firmano appelli, che prendono cappello e lo posano su scanni impropri, che ritengono di dover essere garanti delle istituzioni e che si azzardano in deliranti proclami, scendano in politica, se ritengono di poter e dover offrire il loro “esclusivo” contributo, e si confrontino sui problemi del Paese, magari in modo diverso da Di Pietro, che fa solo ciò che può e sa fare: il torvo inquisitore.
L’opposizione avrebbe il compito di pungolare, osservare, proporre alternative. Tutto dovrebbe essere finalizzato a risolvere le questioni. In un modo o nell’altro, ma a risolverle. Non sempre, però, si ha l’impressione che sia così ed a chi non è abituato a presupporre che il “fattore B” sia inadeguato per principio e senza alcun beneficio di controprova, accade di restare allibito nell’osservare quanto cinica e sconclusionata sia un’opposizione che concorra unicamente a rendere il Paese ingovernabile.
Ma il popolo è davvero stanco d’essere preso per il “lato B”! Perché l’alternativa è l’immobilismo in cui le caste bivaccano allegramente a spese ed a danno del Paese e della sua immagine.
Far ricorso, come abbondantemente faceva un grande giornalista scomparso di recente, all’episodio del marito che per far dispetto alla moglie si evirava, può sembrare ormai superato per quanto sia oramai diffusa l’opinione che le mogli d’oggi, coi liberi costumi, abbiano ampie possibilità di cercare fuori di casa ciò che non arrivassero a ricevere dal marito, ma ricordare il metodo togliattiano del “tanto peggio tanto meglio” può assolvere egregiamente l’immagine di un’opposizione trascinata per convenienza politica, per ridicola concorrenza, per timore d’essere scavalcata a coltivare l’istinto canaglia di far del male al Paese.
La madre di tutte le questioni, come sempre, è la giustizia. E’ dal 1994 con l’avvio di garanzia a Napoli al leader del centrodestra, vincitore a sorpresa delle elezioni politiche di quell’anno, che una parte della magistratura italiana ha sotto mira chi ha impedito alla sinistra post comunista di occupare il Paese. Vanamente sotto mira perché 14 anni di accuse lo vedono ancora a quel posto e più determinato di prima.
Il Presidente Cossiga è una persona estremamente intelligente e straordinariamente incorreggibile, ed è colui che ha detto, senza peli sulla lingua, come è sua abitudine, che oggi il Ministero della Giustizia è il luogo più a rischio d’Italia. Se non t’allinei alla casta dei magistrati t’arrestano la moglie. Figuriamoci, ci mettono davvero poco! L’hanno fatto con Mastella che a molti è sembrato sufficientemente allineato!
E’ necessario, invece, restituire agli italiani l’autorevolezza delle scelte indicate. La Magistratura da ordinamento della Repubblica non può trasformarsi in controparte del potere esecutivo. Deve essere, invece, uno strumento delle Istituzioni per offrire certezze e garanzie a tutti i cittadini, senza distinzioni di censo, di origine, di religione, di militanza politica.
La magistratura deve essere indipendente soprattutto dall’influenza degli altri poteri dello Stato e tenersi fuori, in quanto a presidio di un diverso ed autonomo ordinamento, dagli strumenti democratici che concorrono alla formazione del potere politico e legislativo. Quest’ultimo, infatti, grazie al mandato popolare, è il solo che è investito del diritto-dovere di formulare ed emanare i provvedimenti che attengono la gestione, le regole e le scelte che approvate in Parlamento diventano l’insieme di leggi che l’intero Paese ha l’obbligo di rispettare ed il cui esercizio è disposto, come nelle aule dei tribunali, in nome del popolo italiano.
Vito Schepisi

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