27 marzo 2007

Un appello per Titti Pinna

Il 19 settembre del 2006 è stato rapito a Bonorva, in Sardegna, un paesino a 50 chilometri da Sassari, l'imprenditore agricolo Giovanni Battista Pinna, un uomo di 37 anni.
Dopo i primi giorni di ricerche e titoli di giornali, tutto è passato in silenzio, sei mesi senza nessuna notizia.
Un uomo sparito nel nulla.
Un uomo la cui sorte non interessa che ai suoi concittadini, ai suoi familiari ed ai suoi amici.
Il resto è solo silenzio.
Gli italiani, però, sono tutti uguali, la libertà di ciascuno è sacra per tutti, i diritti sono inalienabili per chi nasce a Roma e chi in provincia di Sassari, per chi lavora per la sua terra e chi per un giornale, per chi ha un nome noto e per chi opera in modo riservato.
Sono anche italiani coloro che con dignità dedicano il proprio impegno al lavoro umile di ogni giorno, fuori dai riflettori e dai flash.
E' stato rapito in pieno giorno, all'interno della sua azienda, mentre si dedicava alle sue attività, come tanti lavoratori, come tanti uomini comuni, come tanti uomini liberi.
E' stato rapito, sotratto ai suoi affetti, sottratto ai suoi amici, ai suoi collaboratori, sottratto alla sua gente, alla sua vita di ogni giorno, al suoi diritto di muoversi e di sorridere, al suo diritto d'essere giovane a 37 anni.
Nessun paragone con altri, nessuna richiesta di privilegi rispetto ad altri, nessuna accusa a nessuno se non a coloro che, vili, hanno compiuto questo barbaro gesto.
Solo giustizia, solo considerazione che un italiano, come è stato per altri, è in grave pericolo:
è stato privato della sua libertà, come è accaduto per altri; ha bisogno di essere aiutato come si è fatto per altri.
Un giovane che ha gli stessi diritti, un giovane che svolgeva il suo lavoro, un giovane uguale agli altri.
Chiediamo di smuovere ogni cosa, di percorrere tutti i sentieri, fossero anche quelli dell'inferno, di cercare senza tregua, e di non tirarsi indietro su niente, come si è fatto per altri.
Chiediamo di non dimenticare di non far calare l'oblio, di non lasciar solo il nostro amico e fratello, di chiamarlo, cercarlo come se fosse uno degli altri, perchè è uno di noi, un uomo che soffre, un uomo che non si può lasciar solo.
E' vile ignorarlo, è vile lasciarlo al suo destino.
Vito Schepisi

1 commento:

Anonimo ha detto...

good start