11 marzo 2007

La Riforma Elettorale


Parlare della riforma elettorale, ignorando le riforme costituzionali ed un nuovo assetto delle istituzioni e della rappresentanza politica, mi sembra il modo peggiore per risolvere l’annosa questione.
Ignorare che esista ancora un sistema partitocratrico, in cui i leader politici si ritagliano i propri spazi di gestione, non contribuisce a risolvere in via definitiva la governabilità ed il rispetto del mandato elettorale.
Le elezioni servono spesso a dimensionare alla propria capacità di interdizione sia la gestione del potere che l’affermazione di principi ideologici di nicchia.
Manca nel Paese la consapevolezza che se a prevalere sia una linea politica questa, in tutta coerenza e tranquillità parlamentare, possa perseguire il progetto di governo indicato.
Manca il rispetto del mandato popolare ricevuto e si è alla ricerca, tempo per tempo e provvedimento per provvedimento, delle maggioranze possibili.
L’abitudine al principio assembleare sembra tanto diffuso da far proporre al ministro dell’interno Giuliano Amato, che è persona riflessiva, una inedita proposizione di maggioranze variabili.
La proposta è tanto fuori del sentimento politico da sembrare ignorare che l’opposizione non sia interessata a mantenere in vita un Governo che è senza una vera maggioranza politica ed inviso a gran parte degli italiani.
Mantenere in vita un governo che sta provocando lacerazioni nel tessuto sociale del Paese, che sta falcidiando speranze e progetti degli italiani, che sta sconvolgendo persino i principi fondanti della nostra società.
Ma come si fa ad ignorare che la proposta d’Amato trova invece consenso nel sentimento strumentale di tanti parlamentari interessati invece a prorogare la legislatura almeno fino alla maturazione dell’assegno previdenziale?
La proposta delle maggioranze variabili, perché sia utile al fine, rappresenta un invito rivolto all’opposizione a convergere coi numeri a sostegno della maggioranza, laddove questa non abbia la forza politica per farlo.
L’invito ha la sua logica nel monito che l’unica opzione posta da Prodi alla sua Presidenza siano le elezioni anticipate.
C’è in Parlamento un largo schieramento trasversale ai due poli sensibile alla volontà di veder allontanare lo spettro di nuove elezioni.
Esiste anche tra i partiti un gruppo, già alleato della Cdl, che guarda alle elezioni anticipate come ad un grosso ostacolo alla realizzazione del suo progetto politico.
Casini, al pari di Follini, mira a recuperare lo spazio di tempo possibile per preparare un nuovo soggetto che miri a superare il bipolarismo e proporsi quale perno centrale di maggioranze alternative.
Nella proposta di Amato però, il fine è così poco trasparente ed anche un po’ subdolo per non tener in alcun conto la volontà degli elettori.
Nel sistema bicamerale perfetto, che si è voluto confermare nel Paese per iniziativa dei partiti dell’attuale maggioranza che ha respinto la riforma costituzionale che ne modificava le funzioni , è possibile che le maggioranze nei due rami del Parlamento siano differenziate, come è avvenuto il 9 e 10 aprile dello scorso anno.
Con qualsivoglia sistema elettorale questa realtà sarebbe emersa, benché oggi si voglia attribuire la responsabilità alla legge elettorale “porcata”.
Al Senato la Cdl ha sopravanzato l’Unione di quattrocentomila voti circa.
Tale circostanza, prova provata della necessità di modifiche costituzionali che modifichino le funzioni delle due camere, avrebbe dovuto consigliare una forma di governo che fosse sintesi politica dei due schieramenti ed evitare un braccio di ferro deleterio e mortificante per tutta la Nazione.
Un dialogo che, per confermare il principio del bipolarismo e della necessità di una omogenea maggioranza politica, avrebbe dovuto privilegiare la volontà di metter mano alla riforma costituzionale, invece respinta dopo una accesa campagna che la configurava come una minaccia per l’unità del Paese.
Nella precedente legislatura è stato perduto tempo prezioso nella ricerca di composizione sulle riforme dei meccanismi di rappresentanza democratica.
Per responsabilità dei partiti della maggioranza di allora che premevano per dare contenuti diversi sia all’una che all’altra delle riforme, e per l’assenza colpevole della opposizione interessata solo a delegittimare la coalizione espressa dalla maggioranza degli italiani.
Forse qualcuno ricorderà anche le offese rivolte, in particolare dalla sinistra radicale, al corpo elettorale.
Anche in questa legislatura si sta perdendo tempo prezioso eludendo un’ampia riflessione su queste questioni, salvo rifarsi alle necessità di affrontare questi argomenti per scongiurare il ritorno alle elezioni.
Nessuna maggioranza variabile, quindi, che serva a mantenere in piedi interessi soggettivi.
Nessuna delle deleterie strategie di sopravvivenza!
Non ci interessa quella di Prodi, consapevole dell'esaurimento della sua funzione di Governo ma caparbiamente intenzionato a non cedere.
Non ci interessa l’altra, quella di Casini e Follini, che ha lo scopo di sconvolgere il bipolarismo ed affermare la centralità della loro componente ( stimata al 5%) con la prerogativa di “scelta irreversibile”, per mantenere un potere ininterrotto e senza alternative se non nell’alternanza dei suoi alleati.
La sola riforma elettorale nelle condizioni attuali non servirebbe a nulla.
Non risolverebbe alcuna questione di fondo; anche il premio di maggioranza sui dati nazionali al Senato, ammesso che la Corte Costituzionale lo possa avvallare, non modificherebbe la possibilità di due maggioranze diverse nei due rami del Parlamento.
E’ questa la ragione per cui si debba ritenere utile respingere le maggioranze variabili e richiedere le larghe intese con un Governo di impronta istituzionale che abbia lo scopo di offrire al Paese soluzioni di efficienza e di governabilità, nel rispetto delle scelte e delle opzioni del corpo elettorale.
Penso sia venuto il momento di uscire dall’antagonismo Prodi-Berlusconi o dalla anacronistica contrapposizione destra e sinistra anche per la costruzione di un ponte o di una linea ferroviaria: vorremmo che in parlamento e nel paese finalmente si parli delle scelte per l’Italia.

Vito Schepisi

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