Prodi ha avuto la fiducia.
La maggioranza dei senatori eletti dal popolo, grazie ai voti di Pallaro e Follini, gli ha tributato una fiducia cieca.
La fiducia politica richiesta dal Presidente della Repubblica, però, è solo apparentemente politica.
Per essere tale richiederebbero convergenze che dir che ci siano significa esser fuori della realtà, se non in malafede.
Le divergenze che c’erano, come si sa, rimangono in piedi e sono totali.
La maggioranza numerica, però, rimane e rimarrà finché qualche specie di squalo, dai denti taglienti, non penserà di rivendicare in prima persona la scomposizione della maggioranza, componendo di contro equilibri di diversa valenza politica.
Prodi è un uomo di paglia, è una mummia senza parola, un icona su cui si clicca per aprire la solita e sola pagina di un sito che sa di stantio.
E’ la formula dell’antiberlusconismo e delle politiche dei sacrifici e della pressione fiscale.
Un disco stonato di un festival decadente che ha deluso gli italiani.
A breve si aprirà un dibattito nel Paese sulla legge elettorale ma anche sulle riforme, da quella costituzionale per un diverso assetto istituzionale a quella della burocrazia statale.
Da questo dibattito si potranno trarre spunti per nuove convergenze.
Per gli architetti dell’inciucio, non era questo il momento buono per uscire allo scoperto.
Con un Paese spaccato su temi importanti, seri, difficili ma anche laceranti e trasversali.
Pensiamo alle pensioni ed alla revisione dei coefficienti, pensiamo ai Dico, alla Tav, alla pressione fiscale, ai venti di crisi mediorientali.
Pensiamo alla base vicentina ed alle questioni Alialia, Telecom, Ferrovie e poi alle famiglie in difficoltà con la finanziaria di Prodi.
Pensiamo alle pressioni della Commissione Europea che richiama l’Italia a dar corso alle politiche impopolari dei tagli alla spesa.
Un Paese in difficoltà di immagine sul piano internazionale, con gli alleati e la Nato che ci guardano con diffidenza.
Una politica estera prona e supina verso il fondamentalismo ed il terrorismo mediorientale , sbilanciata verso la Siria, Hamas e l’Iran e con indosso le simpatie di Hezbollah.
Un quadro di insicurezze devastante: è l’immagine che il mondo intero ci illustra e denuncia e che solo in Italia si fa finta di non osservare.
E’ disarmante l’allegria ed il sorriso di Prodi, l’immagine agghiacciante di un maniaco perverso che terrorizza il Paese e la fa franca.
Ciò che è ilare è la sua sicurezza, la sua inconsapevolezza, l’inconsistenza leggera di un uomo mediocre il cui obiettivo è fissato nel ritardare la sua caduta.
Un uomo che è uscito dalla scena politica del Paese e che non se ne rende conto, attaccato alle ambizioni di occupare poltrone che, come si è espressa la stampa europea al tempo in cui ne presiedeva la Commissione, non erano a lui adatte per non esserne all’altezza.
Un uomo che vorrebbe passare alla storia come “statista” e che non si rende conto che non ne ha i requisiti.
Per essere considerato tale dovrebbe avere il carisma che non ha; dovrebbe avere la capacità di saper indirizzare la rotta della sia leadership senza obiezioni, ma lui ogni volta che parla è puntualmente smentito dalla sua maggioranza: ciò che propone viene immancabilmente modificato e si deve sempre piegare alle soluzioni degli altri.
Uno statista non è presuntuoso e spocchioso ma fa passare la sua linea politica e le sue scelte inducendo i suoi alleati ad adottare sia l’una che le altre.
Insomma Prodi è un piccolo e mediocre uomo ed è in fase calante: sembra che non abbia proprio più niente da dire.
Sarebbe più dignitoso per lui ritirarsi in buon ordine.
La maggioranza dei senatori eletti dal popolo, grazie ai voti di Pallaro e Follini, gli ha tributato una fiducia cieca.
La fiducia politica richiesta dal Presidente della Repubblica, però, è solo apparentemente politica.
Per essere tale richiederebbero convergenze che dir che ci siano significa esser fuori della realtà, se non in malafede.
Le divergenze che c’erano, come si sa, rimangono in piedi e sono totali.
La maggioranza numerica, però, rimane e rimarrà finché qualche specie di squalo, dai denti taglienti, non penserà di rivendicare in prima persona la scomposizione della maggioranza, componendo di contro equilibri di diversa valenza politica.
Prodi è un uomo di paglia, è una mummia senza parola, un icona su cui si clicca per aprire la solita e sola pagina di un sito che sa di stantio.
E’ la formula dell’antiberlusconismo e delle politiche dei sacrifici e della pressione fiscale.
Un disco stonato di un festival decadente che ha deluso gli italiani.
A breve si aprirà un dibattito nel Paese sulla legge elettorale ma anche sulle riforme, da quella costituzionale per un diverso assetto istituzionale a quella della burocrazia statale.
Da questo dibattito si potranno trarre spunti per nuove convergenze.
Per gli architetti dell’inciucio, non era questo il momento buono per uscire allo scoperto.
Con un Paese spaccato su temi importanti, seri, difficili ma anche laceranti e trasversali.
Pensiamo alle pensioni ed alla revisione dei coefficienti, pensiamo ai Dico, alla Tav, alla pressione fiscale, ai venti di crisi mediorientali.
Pensiamo alla base vicentina ed alle questioni Alialia, Telecom, Ferrovie e poi alle famiglie in difficoltà con la finanziaria di Prodi.
Pensiamo alle pressioni della Commissione Europea che richiama l’Italia a dar corso alle politiche impopolari dei tagli alla spesa.
Un Paese in difficoltà di immagine sul piano internazionale, con gli alleati e la Nato che ci guardano con diffidenza.
Una politica estera prona e supina verso il fondamentalismo ed il terrorismo mediorientale , sbilanciata verso la Siria, Hamas e l’Iran e con indosso le simpatie di Hezbollah.
Un quadro di insicurezze devastante: è l’immagine che il mondo intero ci illustra e denuncia e che solo in Italia si fa finta di non osservare.
E’ disarmante l’allegria ed il sorriso di Prodi, l’immagine agghiacciante di un maniaco perverso che terrorizza il Paese e la fa franca.
Ciò che è ilare è la sua sicurezza, la sua inconsapevolezza, l’inconsistenza leggera di un uomo mediocre il cui obiettivo è fissato nel ritardare la sua caduta.
Un uomo che è uscito dalla scena politica del Paese e che non se ne rende conto, attaccato alle ambizioni di occupare poltrone che, come si è espressa la stampa europea al tempo in cui ne presiedeva la Commissione, non erano a lui adatte per non esserne all’altezza.
Un uomo che vorrebbe passare alla storia come “statista” e che non si rende conto che non ne ha i requisiti.
Per essere considerato tale dovrebbe avere il carisma che non ha; dovrebbe avere la capacità di saper indirizzare la rotta della sia leadership senza obiezioni, ma lui ogni volta che parla è puntualmente smentito dalla sua maggioranza: ciò che propone viene immancabilmente modificato e si deve sempre piegare alle soluzioni degli altri.
Uno statista non è presuntuoso e spocchioso ma fa passare la sua linea politica e le sue scelte inducendo i suoi alleati ad adottare sia l’una che le altre.
Insomma Prodi è un piccolo e mediocre uomo ed è in fase calante: sembra che non abbia proprio più niente da dire.
Sarebbe più dignitoso per lui ritirarsi in buon ordine.
Vito Schepisi
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