Negli ultimi tempi al nord dell’Iraq i soldati americani hanno arrestato 5 iraniani accusati di sostenere e fomentare la guerriglia irachena.
La cattura dei 15 militari inglesi in acque irachene, come i satelliti hanno dimostrato, può rappresentare la risposta dell’Iran e forse il tentativo di negoziare lo scambio.
I 5 uomini iraniani arrestati in Iraq sono membri dei Pasdaran, la cosiddetta guardia nazionale di Ahmadinejad, sono accusati di essere ufficiali della “Brigata Gerusalemme”, fazione responsabile delle operazioni segrete all’estero.
La stessa brigata che agli inizi degli anni ‘80 ha dato origine alla formazione di Hezbollah in Libano.
In molti si chiedono quale sia la strategia dell’Iran di Ahamadinejad, ed in particolare se valesse la pena arrivare al fermo dei militari britannici per la liberazione di 5 dei suoi emissari inviati in Iraq a fomentare terrorismo ed aizzare le fazioni di fede sciita.
La risposta è che ne vale la pena per l’Iran e non solo per riavere i 5 suoi uomini esperti.
E’ necessario leggere in maniera più articolata l’azione dell’Iran, ed ogni obiettivo non può che essere complementare.
In gioco, infatti, c’è ancora un altro diverso interesse, quello finale, il vero scopo di tutto.
Un principio sottile, un gioco meschino, l’epilogo di una escalation di provocazioni che è tutto racchiuso nello scontro, che non si può continuare ancora ad ignorare, e che è l’emergere in toni sempre più gravi dello scontro di civiltà.
La lotta, non più sottaciuta, all’intero occidente; la volontà di piegarlo ed umiliarlo, di porlo supino ad accettare condizioni e ricatti.
L’Iran ha voluto rimarcare il concetto che la parte ritenuta più forte, in sostanza, è la parte invece più debole, la più vulnerabile per la realtà di questa parte del mondo.
Nessun Governo occidentale rapirebbe un cittadino mediorientale per esercitare un ricatto politico, e nessuna comunità civile accetterebbe di sacrificare la vita di uomini per perseguire scopi di pressione politica.
Anche il braccio di ferro sulla questione nucleare, per paradosso, diviene un freno alla soluzione della crisi in atto.
Un’azione di guerra, una minaccia e l’intervento di altri paesi o della comunità internazionale, sarebbe fatto passare per il pretesto di un’aggressione per ragioni diverse.
E' questo un momento di forte dispersione dell’identità culturale di una parte del mondo, si è in una realtà in cui si avverte la difficoltà a distinguere, senza grandi scontri ideologici, tra imperialismo ed autodifesa.
Il presidente iraniano, con la mobilitazione interna al suo paese, alimenta il processo all’occidente e minaccia di processare i militari rapiti, anzi fa ancora di più, anticipa la sentenza con un processo fatto celebrare dagli studenti che diviene il processo al regno di satana.
L’ampio risalto interno e le richieste di scuse della Gran Bretagna esaltano il fanatismo verso la richiesta dell’umiliazione dell’Inghilterra.
Le confessioni estorte a uomini e donne in stato di grave cattività, in territorio straniero e senza conforto diplomatico, stabiliscono i metodi incivili e spietati di un regime fanatico.
Anche l’immagine della soldatessa inglese con il velo islamico è un modo per far prevalere l’immagine di una cultura che prevale: vuole stabilire l’idea, da spacciare al popolo musulmano, della superiorità di una civiltà che non teme la forza degli altri, perché è sorretta dai principi della fede nell’Islam.
Tutti ingredienti di una strategia di sfide umilianti per mostrarsi in grado di confrontarsi con chiunque sul proprio territorio ed anche al di fuori.
Chi non ricorda i diplomatici americani negli anni 80, circa 25 anni fa, rapiti in territorio iraniano dai seguaci dell’ayatollah Khomeini?
Ed oggi i marinai britannici rapiti anche loro, e con Tony Blair a cui è chiesto di chiedere scusa.
Trenta anni circa di terrore seminato nell’aria mediorientale dai Pasdaran iraniani, i cosiddetti “guardiani della rivoluzione” letteralemente la “legione dei devoti”, istituita per legge dallo stesso Khomeini nel 1979 per affiancare l’esercito regolare di leva: Ahamadinejad era uno di loro.
Forte di circa 125.000 uomini l’esercito dei Pasdaran, ben addestrato e pronto al sacrificio supremo, si muove in una strategia fatta di terrore e di diffusione dei principi del fondamentalismo.
Dal loro lavoro si muove la lotta, attraverso la provocazioni ed il terrorismo, all’occidente ed ad Israele.
Nel 1983 alimentano la destabilizzazione del Libano per trasformalo nell’avamposto alla guerra di sempre con Israele e l’occidente.
Addestrano e assecondano la formazione nel paese dei cedri degli Hezbollah, il ramo armato dei seguaci del “Partito di Dio”.
Da provocazione in provocazione, fino alla recente, contro i marinai inglesi, impegnati nel pattugliamento delle acque irachene per il controllo dei trasporti mercantili e per impedire il traffico delle armi nell’aria del golfo.
Una strategia, quella iraniana, di attenzione per tutto il mondo arabo, un richiamo ad infiammarlo nelle moschee e nelle piazze.
L’aspirazione alla formazione di un impero dell'Islam e la spasmodica ricerca dell’arma atomica, per condizionare il mondo intero ed ergersi a dominio del Medio Oriente e del mondo arabo.
Il tutto tra fervore religioso e delirio di vendetta storica, come ha fatto presagire la reazione alle parole del Papa a Ratisbona.
Da un uomo che dichiara senza mezzi termini che vuole fornirsi dell’arma atomica per cancellare Israele dalle cartine geografiche e che è arrivato a negare l’Olocausto, organizzando persino a Teheran una squallida conferenza che sostenesse la negazione della storia della persecuzione nazista, penso ci sia da aspettarsi di tutto.
Anche da Hitler c’era da aspettarsi di tutto e quello che è stato, purtroppo, ha superato anche la più fervida immaginazione.
Possa pertanto l’occidente mostrare fermezza e mostrarsi compatta.
Si alzi la voce anche con Mosca e si chieda perché, tra le sanzioni, pone il veto all’Onu al blocco dei beni dell’Iran all’estero, beni sottratti al beneficio del popolo iraniano che nonostante la ricchezza del paese vive nell’indigenza.
L’Europa, ammonita da Ahmadinejad a non interessarsi, alzi la voce e reclami e risponda compatta nell’affermare che l’azione compiuta dall’Iran è di pirateria medioevale e che si stringe compatta alla G.B. nel richiedere fermamente e senza indugio il rilascio dei marinai illegalmente detenuti.
Se passa questa vicenda nell’oblio e nell’indifferenza ci saranno altre provocazioni ed altre azioni efferate fino alla minaccia di non poterne più neanche parlare.
La cattura dei 15 militari inglesi in acque irachene, come i satelliti hanno dimostrato, può rappresentare la risposta dell’Iran e forse il tentativo di negoziare lo scambio.
I 5 uomini iraniani arrestati in Iraq sono membri dei Pasdaran, la cosiddetta guardia nazionale di Ahmadinejad, sono accusati di essere ufficiali della “Brigata Gerusalemme”, fazione responsabile delle operazioni segrete all’estero.
La stessa brigata che agli inizi degli anni ‘80 ha dato origine alla formazione di Hezbollah in Libano.
In molti si chiedono quale sia la strategia dell’Iran di Ahamadinejad, ed in particolare se valesse la pena arrivare al fermo dei militari britannici per la liberazione di 5 dei suoi emissari inviati in Iraq a fomentare terrorismo ed aizzare le fazioni di fede sciita.
La risposta è che ne vale la pena per l’Iran e non solo per riavere i 5 suoi uomini esperti.
E’ necessario leggere in maniera più articolata l’azione dell’Iran, ed ogni obiettivo non può che essere complementare.
In gioco, infatti, c’è ancora un altro diverso interesse, quello finale, il vero scopo di tutto.
Un principio sottile, un gioco meschino, l’epilogo di una escalation di provocazioni che è tutto racchiuso nello scontro, che non si può continuare ancora ad ignorare, e che è l’emergere in toni sempre più gravi dello scontro di civiltà.
La lotta, non più sottaciuta, all’intero occidente; la volontà di piegarlo ed umiliarlo, di porlo supino ad accettare condizioni e ricatti.
L’Iran ha voluto rimarcare il concetto che la parte ritenuta più forte, in sostanza, è la parte invece più debole, la più vulnerabile per la realtà di questa parte del mondo.
Nessun Governo occidentale rapirebbe un cittadino mediorientale per esercitare un ricatto politico, e nessuna comunità civile accetterebbe di sacrificare la vita di uomini per perseguire scopi di pressione politica.
Anche il braccio di ferro sulla questione nucleare, per paradosso, diviene un freno alla soluzione della crisi in atto.
Un’azione di guerra, una minaccia e l’intervento di altri paesi o della comunità internazionale, sarebbe fatto passare per il pretesto di un’aggressione per ragioni diverse.
E' questo un momento di forte dispersione dell’identità culturale di una parte del mondo, si è in una realtà in cui si avverte la difficoltà a distinguere, senza grandi scontri ideologici, tra imperialismo ed autodifesa.
Il presidente iraniano, con la mobilitazione interna al suo paese, alimenta il processo all’occidente e minaccia di processare i militari rapiti, anzi fa ancora di più, anticipa la sentenza con un processo fatto celebrare dagli studenti che diviene il processo al regno di satana.
L’ampio risalto interno e le richieste di scuse della Gran Bretagna esaltano il fanatismo verso la richiesta dell’umiliazione dell’Inghilterra.
Le confessioni estorte a uomini e donne in stato di grave cattività, in territorio straniero e senza conforto diplomatico, stabiliscono i metodi incivili e spietati di un regime fanatico.
Anche l’immagine della soldatessa inglese con il velo islamico è un modo per far prevalere l’immagine di una cultura che prevale: vuole stabilire l’idea, da spacciare al popolo musulmano, della superiorità di una civiltà che non teme la forza degli altri, perché è sorretta dai principi della fede nell’Islam.
Tutti ingredienti di una strategia di sfide umilianti per mostrarsi in grado di confrontarsi con chiunque sul proprio territorio ed anche al di fuori.
Chi non ricorda i diplomatici americani negli anni 80, circa 25 anni fa, rapiti in territorio iraniano dai seguaci dell’ayatollah Khomeini?
Ed oggi i marinai britannici rapiti anche loro, e con Tony Blair a cui è chiesto di chiedere scusa.
Trenta anni circa di terrore seminato nell’aria mediorientale dai Pasdaran iraniani, i cosiddetti “guardiani della rivoluzione” letteralemente la “legione dei devoti”, istituita per legge dallo stesso Khomeini nel 1979 per affiancare l’esercito regolare di leva: Ahamadinejad era uno di loro.
Forte di circa 125.000 uomini l’esercito dei Pasdaran, ben addestrato e pronto al sacrificio supremo, si muove in una strategia fatta di terrore e di diffusione dei principi del fondamentalismo.
Dal loro lavoro si muove la lotta, attraverso la provocazioni ed il terrorismo, all’occidente ed ad Israele.
Nel 1983 alimentano la destabilizzazione del Libano per trasformalo nell’avamposto alla guerra di sempre con Israele e l’occidente.
Addestrano e assecondano la formazione nel paese dei cedri degli Hezbollah, il ramo armato dei seguaci del “Partito di Dio”.
Da provocazione in provocazione, fino alla recente, contro i marinai inglesi, impegnati nel pattugliamento delle acque irachene per il controllo dei trasporti mercantili e per impedire il traffico delle armi nell’aria del golfo.
Una strategia, quella iraniana, di attenzione per tutto il mondo arabo, un richiamo ad infiammarlo nelle moschee e nelle piazze.
L’aspirazione alla formazione di un impero dell'Islam e la spasmodica ricerca dell’arma atomica, per condizionare il mondo intero ed ergersi a dominio del Medio Oriente e del mondo arabo.
Il tutto tra fervore religioso e delirio di vendetta storica, come ha fatto presagire la reazione alle parole del Papa a Ratisbona.
Da un uomo che dichiara senza mezzi termini che vuole fornirsi dell’arma atomica per cancellare Israele dalle cartine geografiche e che è arrivato a negare l’Olocausto, organizzando persino a Teheran una squallida conferenza che sostenesse la negazione della storia della persecuzione nazista, penso ci sia da aspettarsi di tutto.
Anche da Hitler c’era da aspettarsi di tutto e quello che è stato, purtroppo, ha superato anche la più fervida immaginazione.
Possa pertanto l’occidente mostrare fermezza e mostrarsi compatta.
Si alzi la voce anche con Mosca e si chieda perché, tra le sanzioni, pone il veto all’Onu al blocco dei beni dell’Iran all’estero, beni sottratti al beneficio del popolo iraniano che nonostante la ricchezza del paese vive nell’indigenza.
L’Europa, ammonita da Ahmadinejad a non interessarsi, alzi la voce e reclami e risponda compatta nell’affermare che l’azione compiuta dall’Iran è di pirateria medioevale e che si stringe compatta alla G.B. nel richiedere fermamente e senza indugio il rilascio dei marinai illegalmente detenuti.
Se passa questa vicenda nell’oblio e nell’indifferenza ci saranno altre provocazioni ed altre azioni efferate fino alla minaccia di non poterne più neanche parlare.
Vito Schepisi
1 commento:
Just that is necessary.
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