27 aprile 2007

In Francia non c’è spazio per un partito Democratico


E’ ancora troppo presto per trarre conclusioni politiche dalle consultazioni elettorali francesi. Il primo turno ha solo indicato i competitori del ballottaggio. Nella corsa ciascuno ha rappresentato un profilo della propria area politica e i francesi hanno scelto solo i due che si contenderanno la posta. Sui due candidati il profilo si allarga ad un’area più vasta, un’area che diviene un polo di convergenze politiche. Si passa, in sostanza, alla scelta di campo. I giochi sono ancora da fare e, sebbene ci siano valutazioni che vedono favorito Sarkozy, penso che la Royal rimanga saldamente in corsa.
Non esiste nel sistema francese un criterio che tenga conto di un gruppo che si proponga come ago della bilancia e che sia il luogo della centralità, di una cosa di mezzo tra una scelta politica e l’altra, spesso di un modo per essere da una parte o dall’altra a seconda delle circostanze, degli interessi e delle opportunità. Diciamo che in Francia non si pongono problemi di inventarsi discontinuità. Se si è fuori, si è fuori, e non si è dentro, come in Italia, in virtù dell’uno per cento determinante e quindi giocabile alla Mastella. Non si regge l’esecutivo sul voto di un singolo Follini, passato da una parte all’altra dello steccato, ma sull’indicazione degli elettori attraverso l’elezione di un Presidente con ampi poteri, tra i quali la nomina del primo ministro. Rispetto all’Italia, in Francia, le scelte le fa l’elettore, e sono definitive per la durata del mandato presidenziale.
Anche le preferenze politiche sono trasversali, senza steccati, senza gli eccessi di un odio politico. Il confronto, benché ricco di colpi bassi, è più civile, si dispiega sui programmi e sui progetti politici. In Francia non avrebbe spazio un Piero Fassino che dica, come ha fatto in chiusura del congresso DS, che essere democratici vuol dire essere di sinistra, non sarebbe credibile come non lo dovrebbe essere in Italia, laddove si pensi che solo col passaggio dal Pci al Pds è iniziato il progresso di democratizzazione degli ex comunisti, e che in Italia nel dopoguerra ci siamo dovuti difendere dai veri pericoli per la democrazia e per la libertà che arrivavano dalla sinistra. Viene il sospetto che Fassino sia rimasto ancora legato ai principi di classe in cui la democrazia non è volontà e consenso del popolo, nel pluralismo delle idee e delle opportunità ma, a guisa dei paesi di socialismo reale, solo apparente unanimismo popolare con partito unico, sindacato unico, controllo poliziesco e repressione dei dissidenti. Sorge il sospetto che il Partito democratico in Italia nasca con un vizio di fondo che fa pensare che ben presto emergeranno problemi per l’impatto tra ciò che si dice e la sostanza dei fatti. Eppure si pensava che solo Diliberto e Bertinotti ed i loro partiti rimanessero legati ai principi delle democrazie popolari di tipo castrista.
La componente ideologica che in Italia induce a vedere come il fumo negli occhi il proprio avversario, in Francia è molto meno evidente, a volte solo limitata a frange più radicali da una parte o dall’altra. Non è detto ad esempio che un elettore di Le Pen del fronte nazionale, formazione di destra, sia naturalmente disposto a votare per il candidato del centrodestra moderato, anzi penso proprio che per il prossimo ballottaggio siano questi i voti più incerti: prevarrà l’astensione, e tra i voti espressi la divisione tra i due candidati . Questa opinione emerge chiaramente dai sondaggi. Diversa è la posizione della sinistra: sembra impossibile, infatti, pensare che un elettore dei comunisti o dei verdi o dei trozkisti francesi possa votare per Sarkozy, la sinistra post comunista, un po' dappertutto nel mondo, ha un pensiero unico, come a Fassino. La differenza la faranno gli elettori di centro che si divideranno tra i due con netta prevalenza per il candidato di destra Sarkozy. L’elettorato di Bayrou è in buona parte un elettorato che proviene già dalla destra, dove il centrista ha militato fino al 2002, ed è per questa ragione che il leader dell’Udf non può dichiarare la sua preferenza per la signora Royal. La maggioranza del suo elettorato non lo seguirebbe.
Il leader centrista forte del 18,50% dei voti è la novità, è l’astro che brilla sulla scena politica francese. Un’indicazione di voto per la candidata di sinistra trasformerebbe la sua parziale vittoria in sconfitta, e proprio alla vigilia delle elezioni politiche per il Parlamento francese. La stampa italiana sembra ignorare però che, nonostante il buon risultato di Bayrou, ad uscire rafforzato sia il bipolarismo francese e che a restare sconfitto sia, il tentativo di modificare gli equilibri politici con la formazione, ad esempio, già ventilata in campagna elettorale di un partito democratico francese che veda alleati il centro e la sinistra socialista. Sono la sinistra e la destra al netto delle estreme le aree del maggior interesse politico. Il centro alla resa dei conti non ha spazio, nonostante il tentativo del suo candidato di strappare a Segolene Royal il compito di competere per la Presidenza, giocando sul frazionamento e la frammentazione della sinistra e sui voti degli scontenti di una parte e dell’altra.
Un significativo desiderio di non voler restare legato all’immagine di una possibile sconfitta ha persino consigliato al nostro Prodi, invitato dalla candidata socialista, di restare in Italia e disertare la manifestazione di sostegno alla Royal in cui doveva emergere il disegno di un possibile partito democratico in chiave francese.

Vito Schepisi

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