Sono due i pilastri su cui si costruisce una credibile azione di governo.
Economia e Politica Estera.
Su questi poggia l’architrave che rende credibile il solido supporto.
Dall'entrata attraverso questa porta passa la gestione di un Paese.
Se viene a mancare uno dei due pilastri l’architrave si incrina e rischia di crollare, travolgendo coloro che passano sotto.
L’economia di un Paese è un meccanismo complesso nelle sue articolazioni ma anche di una semplicità estrema.
Niente di diverso dai principi della gestione finanziaria di un buon padre di famiglia.
Questi ha introiti periodici ma ha anche spese periodiche e la necessità di provvedere alle esigenze quotidiane.
Distribuisce il proprio reddito a seconda delle occorrenze, tenendo presente la necessità di far rientrare la spesa corrente all’interno della sua capacità di reddito e la spesa straordinaria (ad esempio, acquisto di una casa o di una automobile o di altro bene di consumo da poter dilazionare in uno spazio di tempo più ampio) attraverso la potenzialità residua delle possibili economie.
In caso di difficoltà il buon padre di famiglia, cosciente di non potersi aumentare autonomamente le entrate, a meno di azioni delittuose, non assume debiti e stabilisce politiche di rigore.
Uno Stato virtuoso dovrebbe fare altrettanto.
Ma un Governo se è presieduto da Prodi non la pensa così.
Ha aumentato la spesa corrente, speso risorse non disponibili, bloccato gli investimenti produttivi, assunto mezzi, strumenti e uomini per soddisfare i piaceri della sua corte, prelevato i risparmi dei lavoratori, allargato il suo debito, coltivato ed intensificato privilegi e favori.
Per finanziare tutto questo, ha inasprito il prelievo fiscale alle famiglie ed alla piccola e media impresa, tassato il risparmio, scoraggiato gli investimenti.
Ha lesionato, cioè, uno dei pilastri su cui poggia l’architrave che ci consente di avere sviluppo economico, occupazione, politiche sociali e ricchezza.
L’Economist, il famoso quotidiano economico inglese che ai tempi di Berlusconi, quando muoveva critiche al suo Governo, era la “Bibbia” dell’economia, qualche giorno fa nella sua edizione settimanale a cura del suo ufficio studi, parlando delle difficoltà della politica italiana, affermava:
«Come risultato dell’instabilità politica, sono improbabili importanti riforme economiche. La debolezza dei conti pubblici resta un altro problema, e le misure di consolidamento da parte del governo, man mano che verranno approvate, avranno come risultato quello di appesantire la pressione fiscale piuttosto che tagliare la spesa, deprimendo i consumi privati».
Anche il Wall Street Journal, altro quotidiano pilastro dell’analisi economica mondiale, non è tenero con Prodi.
Soffermanodosi sulla politica economica italiana ed anche sulle cosiddette liberalizzazioni, nell’edizione del primo febbraio, si esprimeva in questi termini:
“Tutto il potere ai soviet? Sembra questa la via seguita dal governo per realizzare le sue cosiddette riforme a favore del libero mercato”
ed ancora:
“ L’unico mercato che il governo sta aprendo è quello del favore politico, che le imprese devono conquistare se vogliono lavorare in questo paese.”
Lesioni quindi, gravi lesioni al pilastro dell’economia.
Se consideriamo che sulla politica estera, in seno alla maggioranza, ci sono così tante crepe da farsi votare dall’opposizione un Ordine del Giorno che approva l’azione del governo sull’allargamento della base americana di Vicenza, e con la maggioranza che vota contro, vuol dire che l’architrave non regge proprio più.
Abbia allora Prodi la dignità di dimettersi.
Economia e Politica Estera.
Su questi poggia l’architrave che rende credibile il solido supporto.
Dall'entrata attraverso questa porta passa la gestione di un Paese.
Se viene a mancare uno dei due pilastri l’architrave si incrina e rischia di crollare, travolgendo coloro che passano sotto.
L’economia di un Paese è un meccanismo complesso nelle sue articolazioni ma anche di una semplicità estrema.
Niente di diverso dai principi della gestione finanziaria di un buon padre di famiglia.
Questi ha introiti periodici ma ha anche spese periodiche e la necessità di provvedere alle esigenze quotidiane.
Distribuisce il proprio reddito a seconda delle occorrenze, tenendo presente la necessità di far rientrare la spesa corrente all’interno della sua capacità di reddito e la spesa straordinaria (ad esempio, acquisto di una casa o di una automobile o di altro bene di consumo da poter dilazionare in uno spazio di tempo più ampio) attraverso la potenzialità residua delle possibili economie.
In caso di difficoltà il buon padre di famiglia, cosciente di non potersi aumentare autonomamente le entrate, a meno di azioni delittuose, non assume debiti e stabilisce politiche di rigore.
Uno Stato virtuoso dovrebbe fare altrettanto.
Ma un Governo se è presieduto da Prodi non la pensa così.
Ha aumentato la spesa corrente, speso risorse non disponibili, bloccato gli investimenti produttivi, assunto mezzi, strumenti e uomini per soddisfare i piaceri della sua corte, prelevato i risparmi dei lavoratori, allargato il suo debito, coltivato ed intensificato privilegi e favori.
Per finanziare tutto questo, ha inasprito il prelievo fiscale alle famiglie ed alla piccola e media impresa, tassato il risparmio, scoraggiato gli investimenti.
Ha lesionato, cioè, uno dei pilastri su cui poggia l’architrave che ci consente di avere sviluppo economico, occupazione, politiche sociali e ricchezza.
L’Economist, il famoso quotidiano economico inglese che ai tempi di Berlusconi, quando muoveva critiche al suo Governo, era la “Bibbia” dell’economia, qualche giorno fa nella sua edizione settimanale a cura del suo ufficio studi, parlando delle difficoltà della politica italiana, affermava:
«Come risultato dell’instabilità politica, sono improbabili importanti riforme economiche. La debolezza dei conti pubblici resta un altro problema, e le misure di consolidamento da parte del governo, man mano che verranno approvate, avranno come risultato quello di appesantire la pressione fiscale piuttosto che tagliare la spesa, deprimendo i consumi privati».
Anche il Wall Street Journal, altro quotidiano pilastro dell’analisi economica mondiale, non è tenero con Prodi.
Soffermanodosi sulla politica economica italiana ed anche sulle cosiddette liberalizzazioni, nell’edizione del primo febbraio, si esprimeva in questi termini:
“Tutto il potere ai soviet? Sembra questa la via seguita dal governo per realizzare le sue cosiddette riforme a favore del libero mercato”
ed ancora:
“ L’unico mercato che il governo sta aprendo è quello del favore politico, che le imprese devono conquistare se vogliono lavorare in questo paese.”
Lesioni quindi, gravi lesioni al pilastro dell’economia.
Se consideriamo che sulla politica estera, in seno alla maggioranza, ci sono così tante crepe da farsi votare dall’opposizione un Ordine del Giorno che approva l’azione del governo sull’allargamento della base americana di Vicenza, e con la maggioranza che vota contro, vuol dire che l’architrave non regge proprio più.
Abbia allora Prodi la dignità di dimettersi.
Vito Schepisi
3 commenti:
Ciao Vito.. leggevo oggi che il Fondo Monetario Internazionale reputa che il cuneo fiscale sia troppo pressante per le imprese e che, oltre a ciò, evidenzia, come elemnto negativo per l'economia italiana, "la totale incertezza che il Governo Prodi che si porta dietro come un macigno". Oh quali liberalizzatori. Pensano che basti permettere agli ipermercati di vendere benzina per farne diminuire il prezzo, quasi che non si capisse che il vero motivo per cui il prezzo del carburante è così alto è perchè è gravato da accisse e balzelli di ogni sorta, con cui addirittura lo Stato preleva ancora a favore della missione in Libano del 1983 (?). Oh che liberalizzatori! il governo di Prodi ci permette di creare un’impresa in un solo giorno, con pochi passaggi. Come se un imprenditore fosse harry potter. Formalmente sarà possibile, ma tu credi che non rimarranno per uno che intende avviare un'attività di impresa le difficoltà per l’accesso al credito? saranno le stesse di prima. Oh quali liberalizzatori! Penso che la sola vera liberalizzazione sia quella che prevede l'abolizione dei costi di ricarica per i cellulari, anche se, come ha detto Catricalà, c'è il rischio che un aumento delle tariffe riesca a vanificare i benefici dell'abolizione dei costi di ricarica. E poi passiamo alla politica estera. ieri si è avuta la dimostrazione che la coesione tanto declamata da Prodi per mesi e dichiarata formalmente a Caserta poche settimane or sono, era pura operazione di facciata. E' grazia a Berlusconi che questo governo regge!!! Sì, è grazie a lui! perchè solo l'antiberlusconismo tiene uniti quei soggetti politici dalle mielle posizioni e vedute. Questo è il prezzo che Prodi deve pagare per aver voluto mettere assieme una tale coalizione. Voleva vincere le elezioni. Ok, c'è riuscito (......) ma per governare bene non basta vincere le elezioni, ma occorre saper governare. L'ordine del giorno di ieri della cdl era coerente con quella che dovrebbe essere la posizione dell’Italia nello scacchiere internazionale. Per questo quel voto è una sconfitta pesante. ovviamente non ne seguiranno dimissioni ma ormai è evidente a tutti che dietro il sipario della coesione vi sono solo divisioni e ricatti. Un caro saluto
Cara Dike, uno dei cavalli di battaglia di Prodi in campagna elettorale è stata anche la sua bugia più grossa: la riduzione di 5 punti del cuneo fiscale. Una misura che prometteva di realizzare subito.Molti italiani l'hanno presa come la parola magica e pensavano, a dispetto del taglio delle tasse di Berlusconi, che servisse a diminuire in genere i costi di ogni cosa e di aumentare il peso della busta paga. Una misura che se fosse stata realizzata avrebbe veramente risolto tanti problemi sia di concorrenza nei costi di produzione che di domanda interna. Un promessa che subito è stata calcolata, a mio avviso in difetto, nel costo di 10 miliardi di Euro. L'Italia nelle condizioni in cui era non se lo poteva permettere. Almeno finchè non si fosse affermata la crescita economica che la nota congiuntura internazionale che durava dal 2001 aveva bloccato. Infatti la riduzione del cuneo fiscale, come sai, prima è diventata selettiva, poi condizionata a fattori di crescita occupazionale, poi attuata ma lontana dai 5 punti promessi assorbendo misure compensative relative all'Irap ed al passaggio al Tesoro del trattamento di fine rapporto. Questo per le imprese. Per i cittadini ancor meno, perchè il taglio era inserito nella manovra fiscale che disegnava una curva diversa nella progressione fiscale. In verità una vera presa in giro che aumentava il prelievo dai 40 mila Euro l'anno in su e si inerpicava in artifizi su quelli minori. In definitiva un salasso fiscale per tutti, come abbiamo letto su tutti i giornali, alla fine del mese di gennaio, con la prima busta paga riveniente dalle nuove mmisure della finanziaria e come si preannuncia con la busta paga di febbraio quando le imposte locali si andranno ad aggiungere. Il nostro Presidente del Consiglio si è aggiudicato per meno di 25.000 voti la maggioranza del Paese su tre grosse bugie: 1) il disastro economico del Governo Berlusconi (tesi smentita dai fatti); 2) nessun aumento della pressione fiscale e nessun prelievo sulle rendite finanziarie, almeno quelle di minore portata (altra grossa bugia perchè la tassazione sui prodotti finanziari è passara dal 12,50% al 20%); 3) Taglio di 5 punti del cuneo fiscale (i cittadini non se ne sono accorti ed invece hanno visto diminuire il peso della loro busta paga- neanche le imprese mediopiccole non se ne sono accorte perchè le riduzioni sono state ampiamente compensate dagli aumenti fiscali e da nuove misure dei contributi previdenziali). Ecco perchè il FMI insiste nel dire che il cuneo fiscale vessa la produzione e rischia di condiurla fuori dal mercato. Sul resto Dike concoro pienamente con te. Quali liberalizzazioni? Solo interessi di bottega ed una serie di interventi minori che servono a distogliere dalle intenzioni vere: quelle di porre le cooperative al centro del sistema distributivo del Paese. Ciao Dike, a presto. Vito
La ringrazio per Blog intiresny
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