15 febbraio 2007

La ripresa economica


Il Prodotto interno lordo per effetto di una migliorata struttura internazionale, dell’aumento dell’occupazione e dell’ incremento della domanda sia interna che esterna è cresciuto nel 2006 del 2%.
L’incremento ci riporta ai periodi antecedenti l’11 settembre, prima della guerra in Afghanistan e di quella in Irak.
Una tendenza che gli analisti avevano ampiamente prevista e che ha trovato il Paese preparato a cavalcarla.
La finanziaria di Berlusconi per l’esercizio economico-finanziario 2006 ha sortito i suoi effetti e le previsioni sono state ampiamente rispettate.
Anche il rapporto deficit/Pil si mantiene al di sotto del 3% ben al di sotto dei catastrofismi preelettorali di Prodi e compagni.
Inutile dire che a cose fatte, incassata la posta, il centrosinistra attribuisca alla sua politica i risultati raggiunti.
Difficile dire con quale logica.
E con quale faccia tosta!
Già per le entrate del 2006, superiori di poco meno di 30 miliardi di Euro a quelle del 2005, l’accoppiata Prodi-Padoa Schioppa, con la coda di Visco e Bersani, se ne voleva attribuire i meriti, arrivando persino ad ipotizzare la crescita delle entrate per il timore degli evasori di essere scovati da Visco.
I risultati raggiunti, invece, erano ampiamente previsti.
L’incremento del 2,4% della produzione industriale e la crescita dell’export dell’8,6%, assieme alla crescita del numero delle imprese, favorita da una minore pressione fiscale e l’attuazione delle norme previste dalla legge Biagi, che ha favorito in modo sorprendente l’occupazione, facendo emergere anche buona parte del sommerso, non potevano che ampliare le misura delle entrate.
Hanno accresciuto la base imponibile.
La ripresa economica che si è diffusa in ambito mondiale (non è solo in Italia che il Pil è cresciuto) era da tempo prevista e già si sapeva che il nostro Paese non poteva che beneficiarne, come in effetti è stato.
In Italia tra l’altro il Pil è cresciuto in misura inferiore rispetto al resto d’Europa per la minore competitività.
Anche i vituperati condoni hanno reso i loro effetti.
I condoni sono provvedimenti iniqui, anche immorali, ma sono serviti a sfoltire i ricorsi, a rendere certe le entrate, anche se in misura ridotta rispetto al dovuto, ad evitare le prescrizioni che sarebbero state ancora più inique ed a regolarizzare per il futuro la dazione fiscale.
Ora si gira pagina e si deve prendere coscienza che non perché la congiuntura internazionale ha invertito la marcia sia possibile allentare la guardia e inficiare i risultati che le riforme di Berlusconi, hanno iniziato a sortire.
Il monito ed il richiamo è autorevole e viene da fonti diverse.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale:
“L'Italia continua a perdere competitività - da quanto si legge nel rapporto degli ispettori - tra rigidità economiche, e una specializzazione storica su settori industriali a basso valore aggiunto”;
ed ancora:
“Segnali incoraggianti, che si basano interamente su un aumento delle entrate - avvertono gli ispettori - tanto che su orizzonti di tempo più lunghi le previsioni sui conti pubblici italiani segnano netti deterioramenti.”
Anche la Commissione europea in riferimento al tavolo di trattativa con i sindacati previsto per il prossimo marzo afferma:
“non deve compromettere le riforme strutturali già realizzate, compresa la riforma Maroni, che prevede l’aumento dell’età pensionabile a partire dal 2008”.
La crescita dunque va supportata e l’aumento della pressione fiscale non giova agli investimenti ed alla riduzione dei costi: non favorisce la competitività.
Servirebbe una politica di rigore nelle spesa pubblica ma assistiamo, invece, al suo ampliamento ed al moltiplicarsi degli interventi a favore di enti e ministeri, di aumenti sconsiderati a magistrati, parlamentari e ministeriali ed il moltiplicarsi delle poltrone e dei servizi dello Stato.
Servirebbe mantenere le potenzialità di contenimento della spesa previdenziale, previste dalla riforma Maroni, ed invece si parla addirittura di riduzione dell’età pensionabile e di cancellare i provvedimenti sulle pensioni del Governo Berlusconi.
Servirebbe l’effettiva riduzione del cuneo fiscale attraverso una riforma seria del costo del lavoro, invece si rischia di vedersi respinti dalla Commisione europea i previsti interventi governativi, in quanto in contrasto con l’art.87 del Trattato di Roma che recita:
“Salvo deroghe contemplate dal presente Trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi fra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».
Occorrerebbe favorire l’occupazione e la mobilità, mantenendo le norme previste dalla legge Biagi e magari introducendone altre sulla produttività e sulla lotta ai fannulloni, come suggerisce il giuslavorista di sinistra Pietro Ichino.
Invece c’è chi parla di soppressione della Biagi e figuriamoci per le misure contro i fannulloni.
Ho timore che con questo Governo che “si pavoneggia con penne non sue”, come dice Cicchitto, non si riuscirà a prendere il treno dello sviluppo ma solo a pedalare in salita.
Vito Schepisi

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