09 febbraio 2007

Foibe

tombe senza nomi e senza fiori dove regna il silenzio dei vivi e il silenzio dei morti...


Il 10 febbraio del 1947 a Parigi viene firmato il “Diktat”.
Così è stato definito il trattato in 90 articoli che sancisce per l’Italia ed i cittadini della Dalmazia e dell’Istria l’inizio di una nuova storia fatta di drammi umani, di ingiustizie, di privazioni e di umiliazioni.
Ed il 10 febbraio è la “Giornata del Ricordo”.
Il ricordo dei martiri delle foibe e dell’esodo dei 350.000 italiani, giuliani, istriani e dalmati.
Una tragedia inflitta a cittadini colpevoli di sentirsi italiani.
Tra i tanti episodi di squallore politico e di indecente cinismo basti ricordare, oltre alle foibe, ed a Porzus, anche la vile doppiezza comunista.
Il 6 novembre 1946 in una intervista all’Unità, Togliatti, rendendosi portavoce del maresciallo Tito, compagno comunista, meschinamente propone la cessione di Gorizia alla Jugoslavia contro il rilascio all’Italia di Trieste.
La nostra Trieste a quel tempo era oggetto di aggressioni e soprusi delle truppe di Tito con la complicità dei comunisti italiani.
Anche l’esodo dei profughi registrò atti di odioso cinismo politico.
I profughi istriani, come si può facilmente immaginare, lasciavano le loro terre ed i loro averi per sfuggire dal comunismo e dalla privazione della loro dignità di cittadini liberi.
Trovavano in Italia, indifferenza ed a volte odio ed ostacoli.
Ad un treno di profughi, ad esempio, diretto a La Spezia, fu impedita la sosta a Bologna, per un pasto caldo e per assistenza, per la minaccia dei comunisti bolognesi di scioperare contro la sosta di quel treno.
Un atteggiamento di spietata inumanità che può trovare pari riscontro solo nei metodi nazisti.
Le foibe sono delle cavità carsiche molto diffuse nella zona di Trieste, nell’Istria e nella Dalmazia.
La profondità di queste fessure a forma di imbuto rovesciato è varia e raggiunge anche i 200 metri.
Il metodo usato dai criminali comunisti slavi consisteva in molti casi nel legare con filo di ferro gli italiani del luogo, già torturati e privati di ogni loro avere, e di porli al limite della buca per poi sparare al primo della fila che cadendo trascinava con se nella foiba tutti gli altri.
Gli altri naturalmente erano ancora vivi.
Solo a leggerle e raccontarle certe cose viene la pelle d’oca!
Tutto questo avveniva anche con la complicità dei comunisti italiani.
I compagni italiani pronti a condannare ogni cosa, e soprattutto la violenza degli altri, ma sempre ciechi e muti dinanzi alla spietata condotta dei crimini del comunismo.
Il partito comunista che nel tempo cambia nome e (dice) riferimenti ma che non ha mai sollevato neppure un debole grido contro questa atroce infamia.
Per anni hanno insabbiato ogni cosa, hanno nascosto, deriso, ingiuriato quanti osavano ricordare.
I processi si sono tradotti in farse oscene con magistrati che si preoccupavano solo di nascondere, sminuire ed insabbiare.
Non si conosce il numero dei morti gettati nelle foibe, ma parlare di oltre 10.000 può essere una base di partenza.
Da fonti diverse si presume che di certo non siano stati di meno.
La polizia politica e l’esercito di Tito dal 1943 al 1945, ed anche oltre fino al trattato di Parigi del 47, e forse oltre ancora, operarono una vera pulizia etnica, un genocidio che comprendeva anche donne e bambini e spesso per il solo fatto di essere italiani.
Tristemente nota è la Foiba di Bassovizza una frazione del Comune di Trieste, ora monumento nazionale.
La Foiba era una vecchia miniera in disuso profonda 228 metri prima del 1945.
Non si conosce il numero delle persone gettate nella fossa ma circola una tesi secondo cui dopo il 1945 i metri erano diventati 198.
Ben 30 metri in meno che si dice siano stati colmati da resti di corpi umani.
Con le foibe non si può non ricordare la strage di Porzus del febbraio del 1945.
Un gruppo di circa 25 partigiani non comunisti della brigata Osoppo trucidati dalla brigata Garibaldi e dai Gap comunisti, in intesa con i comunisti di Tito.
Ne è stato tratto un film nel 1997, con la regia di Renzo Martinelli, prodotto dalla Rai, un film onesto, documentato e forse per questo mai messo in visione.

"La storia fatta di silenzi, di falsificazioni, di mistificazioni, non è maestra di vita".
Vito Schepisi

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