11 ottobre 2012

L'albero delle riforme è fiorito?



Del capogruppo del gruppo Pdl della Regione Lazio, Fiorito si è già detto tutto.
Si conoscono le sue abitudini, i suoi metodi, la sua vita lussuosa, la sua esuberanza, il suo soprannome, la sua mole fisica, la sua arroganza, le sue spese folli con i soldi pubblici, la sua dote di voti ed anche i suoi sponsor politici.
Si sa che all’ingordigia non c’è limite, se nel conto c’è anche un sistema che consente di far entrare il goloso nel laboratorio del pasticciere.
Si dice sempre che si vuole cambiare il “sistema”, ma poi si fa sempre tutt’altro.
Nell’Italia repubblicana non è mai fatta una riforma seria in nessun campo, tanto meno nell’architettura dello Stato, per la semplificazione burocratica e per la trasparenza.
Dell’esercizio responsabile dei poteri e della riforma dello Stato non se ne può neanche parlare, senza scatenare una guerra.
Parlare di ruolo e d’indipendenza della magistratura o pensare di snellire il percorso parlamentare delle leggi o di attribuire maggiori facoltà di scelta al capo del Governo o, ancora, pensare di poter arrivare all’elezione diretta del Presidente della Repubblica, in Italia, sarebbe come parlare delle corna del diavolo.
Eppure negli altri paesi è così, c’è maggior spazio per la democrazia e per le scelte del popolo, e questi stati funzionano decisamente meglio del nostro.
Tutti, solo a parole, sostengono che l’Italia dovrebbe essere girata come un calzino. Le regioni, ad esempio, distribuiscono soldi in misura esorbitante ai gruppi politici. Tutti lo sapevano ma nessuno se n’è mai occupato. Poi è arrivato Fiorito e tutti ora ne parlano.
Si sa da sempre che girano troppi soldi in politica e che se ne faccia un suo improprio, ma non è previsto che qualcuno controlli. E ora cadono tutti dalle nuvole. Tutti sembrano come Alice nel paese delle meraviglie.
Vado contro corrente, ma dico che è sbagliato parlare di ritorno alle preferenze. Beninteso, è sbagliato anche l’attuale sistema delle nomine, ma le preferenze sono ancor più pericolose.
Con le preferenze vincerebbero gli Zambetti, adusi al voto di scambio, e vincerebbe chi ha più soldi da spendere o più potere da gestire.
Si facciano le primarie, si facciano i collegi uninominali, ma il ritorno alle preferenze sarebbe un altro errore.
L’Italia, invece, ha bisogno delle riforme, come un qualsiasi edificio ha bisogno delle manutenzioni periodiche, perché di eterno non c’è niente sulla Terra, se non la stupidità, l’incoerenza e la presunzione degli uomini in ogni tempo. E i risultati si vedono.
Se non c’è un sistema che individui chi è responsabile e di che, e che metta in trasparenza ogni atto pubblico, compresi gli spostamenti di denaro e i costi della macchina burocratica e della gestione politica, ci saranno sempre i Fiorito, gli Zambetti e i Maruccio.
Il mariuolo non è una categoria antropologica ed è anche diverso dal criminale che intraprende la strada del crimine.
Le motivazioni del criminale sono direttamente proporzionali all’ambiente in cui cresce, al degrado in cui vive, alla scarsa cultura, alla mancanza di valori di riferimento, alla cattiva educazione ricevuta, ai cattivi esempi, al culto del lusso, alle frequentazioni, all’abitudine alla violenza, alla ricerca del piacere materiale, ovvero all’ostentazione di ciò che il criminale individua come il potere di imporre le sue regole.
Il mariuolo, invece, è una persona scaltra che fiuta l’opportunità e s’impegna a coglierla. E quando la coglie allunga le mani e s’ingegna per trarne vantaggi. La politica per il mariuolo diviene lo strumento migliore per raggiungere il suo fine. Lo vediamo anche con la compravendita dei parlamentari, con la frammentazione dei partiti e con la partitocrazia che spinge a mettersi in proprio, lo vediamo con l’abitudine degli italiani a cambiare giacchetta e a salire sul carro del vincitore.
Un ostacolo alla linearità e alla trasparenza è sempre la burocrazia. Fiorito si è anche giovato del disastro della cancellazione della lista Pdl a Roma nelle ultime consultazioni regionali. Come sappiamo, a due allocchi funzionari delegati del Pdl romano, presenti nei locali della Corte di Appello di Roma, fu impedito di presentare la lista del Pdl. I due, nell’attesa di essere ricevuti dal funzionario addetto per il deposito degli atti della lista, si erano appartati a mangiarsi un panino.
Dura lex, sed lex. E se la motivazione lascia ancora increduli, quando ci si mette d’impegno prevale sempre la forma, mai la sostanza. E in quel caso la forma prevalse.
Attenzione, però, il Fiorito è solo la punta dell’iceberg di un sistema che coinvolge tutti. Nel Lazio ora è entrato nel ciclone anche un uomo di punta di Di Pietro, Maruccio ,avvocato di fiducia dello stesso Di Pietro e coordinatore dell’Idv laziale. Un uomo molto più vicino ai vertici della politica italiana di quando non lo sia stato Fiorito. Si è dimesso da tutto, ma oramai questo trucco lascia il tempo che trova.
Non c’è, dunque, nessuno che può chiamarsi fuori, ci potrebbe essere, però, un impegno per le riforme: solo quelle possono cambiare civilmente il Paese.
Vito Schepisi

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