14 gennaio 2010

Bettino Craxi, uno Statista





All’inizio degli anni ’90, per trarre un profilo di Bettino Craxi, avrei detto che era l’uomo che aveva saputo interpretare in Italia il nuovo corso del socialismo democratico. Craxi era stato il politico socialista che aveva saputo cambiare il volto del Psi, tirandolo fuori dal complesso di sudditanza ideologica verso il marxismo.
Nel post fascismo italiano l’idea della rivoluzione delle masse proletarie, il marxismo, aveva rappresentato il marchio di fabbrica di un nuovo sogno di giustizia sociale e di libertà. Il Psi aveva finito con interpretare il suo ruolo di partito dei lavoratori, proprio nel solco della continuità con la sua tradizione socialista del periodo antecedente all’avvento del fascismo. Le cose, però, erano un po’ cambiate, perché le scelte del Partito Socialista finivano sempre più con l’essere subordinate alle scelte politiche del Pci.
Il Partito Comunista, direttamente collegato ad una delle grandi potenze vincitrici dell’ultimo conflitto mondiale, duro, radicale, antisistema, vociante, ben finanziato e ben organizzato, emanava un fascino particolare verso i lavoratori. Il Pci in Italia predicava soluzioni di distribuzione delle ricchezze, diffondeva slogan come meno lavoro e più salario, e la sua propaganda finiva col sollecitare la fantasia delle masse.
Il Partito Socialista italiano, di contro, soffriva la presenza comunista, ma si trovava nell’incapacità di proporsi diversamente. Mancavano i mezzi ed era in dipendenza economica da fonti controllate direttamente o indirettamente dalla stessa rete del partito comunista. I socialisti finivano con l’essere costretti, per forza di cose, a nascondere le omissioni del Pci sulle condizioni di vita dei lavoratori nei paesi dell’est, a tacere sulla mancanza dei diritti, sulle violazioni delle libertà fondamentali represse dai regimi comunisti, a tacere sui lager, sui manicomi criminali per i dissidenti e sugli orrori della repressione sovietica.
Anche l’esperienza del centrosinistra dal 1962 non aveva favorito alcun “appeal” socialista degli elettori rispetto al Pci. La gestione del potere, al contrario, veniva vista, anche in questo caso, come un rapporto subordinato del Psi alla Democrazia Cristiana. Il centrosinistra aveva, invece, esaltato il ruolo politico del Pci, accreditato come unica alternativa al centrosinistra. Anche nel Parlamento il ruolo del Pci era quello di esclusiva opposizione alternativa, mentre le altre formazioni politiche, meno consistenti, erano chiamate dai media, e dalla letteratura conformista, con intento sottilmente spregiativo, come “le destre”.
Nel 1976 Montanelli dovette scrivere ai suoi lettori, su Il Giornale, di dover andare a votare per la Democrazia Cristiana, tappandosi il naso, per scongiurare il sorpasso alle elezioni politiche del Pci sulla Dc.
Il Psi aveva fallito. Alle elezioni del 1976, De Martino, allora segretario, subì una cocente sconfitta e scese sotto il 10%. Il suo Psi non era riuscito a convogliare verso il centro le forze popolari e proletarie del Paese. Iniziò così, nel luglio del 1976, all’hotel Midas di Roma, l’ascesa di Bettino Craxi. Nel 1983, per la prima volta in Italia, un socialista divenne Presidente del Consiglio.
Craxi, l’ultimo vero leader socialista italiano, seppe tirar fuori l’orgoglio dell’autonomia socialista. Lo statista socialista, guardando alla tradizione europea, riscoprendo il percorso pluralista delle democrazie riformiste dell’occidente, seppe imprimere la forza della svolta, come una “Bad Godesberg” italiana. Denunciò gli errori del leninismo e pose il socialismo umanitario di Proudhon in contrapposizione al marxismo. Lo fece senza timori riverenziali verso il Pci, che aveva incominciato ad odiarlo, ma mise così anche le radici per la vendetta e per la sua condanna all’esilio. A morte!
Craxi seppe sdoganare l’alternativa politica e parlamentare in un Parlamento che fino a tutti gli anni 70 era sclerotizzato, mummificato nella ricerca di un compromesso che doveva servire alla secolarizzazione dei due poteri emersi dalla caduta del fascismo: quello clericale – economico – finanziario, che ruotava intorno alla DC, e quello marxista – sindacale – editoriale, che ruotava intorno al Pci.
Se all’inizio degli anni ’90, per trarre un profilo di Bettino Craxi, avrei scritto tutto questo, oggi aggiungo che il Psi, per la svolta dell’alternativa riformista al compromesso tra cattolici e marxisti doveva uscire dalla subalternità economica e doveva potersi organizzare sul territorio alla pari di Pci e Dc. Ma questi ultimi si sostenevano su una fitta rete di finanziamenti di enti ed imprese e su un sistema già consolidato di finanziamenti illegali alla politica. Quella scelta era obbligata per competere, ed i socialisti di Craxi la fecero.
E’ stata la sua fine, però. E’stato il modo per farlo cadere.
Vito Schepisi

1 commento:

Antonio Gabriele Fucilone ha detto...

Bettino Craxi è stato vittima di una degenerazione della giustizia che si è mischiata alla politica.
Cordiali saluti.