18 luglio 2006

Le ragioni di Israele da "Affari Italiani" di Alessandro Luigi Perna

Il Libano e la Palestina non vogliono fare la guerra civile. La conseguenza è che gli israeliani li invadono perché non hanno alternative. Facendo un grosso favore proprio a Libano e Palestina.
Guardiamo in faccia alla realtà: se il medio oriente è di nuovo in guerra non è colpa degli israeliani. Ma della mancanza di coraggio morale e etico del governo Palestinese e Libanese. Che non vogliono fare la guerra civile pur sapendo che è necessaria. Ma che fan pagare le loro scelte - la pace interna - a Israele. Consentendo rispettivamente alle milizie senza controllo di Hamas e degli Hezbollah di attaccarlo. E Israele non può che rispondere. A buon diritto: quello dell'autodifesa. Assicurando paradossalmente un futuro migliore a Palestina e Libano, oltre che a sé stessi.
Partiamo da Gaza e dalla Palestina. La maggioranza della popolazione - almeno formalmente - decide di dichiarare guerra ad Israele eleggendo il governo Hamas, movimento con braccio politico e militare che nega il diritto di Israele ad esistere. Poi i miliziani di Hamas bombardano Israele e rapiscono un suo soldato. Tocca al governo palestinese, retto dal braccio politico di Hamas, condannare gli attacchi dei propri miliziani, che ormai agiscono per conto proprio, e fermarli anche a rischio di una guerra civile.
Hamas non lo fa: i suoi leader sono intelligenti e sanno che le guerre sporche è meglio farle fare agli altri. Ma sanno anche di non avere la coscienza pulita: infatti ne loro ne Abu Mazen dichiarano guerra ad Israele esplicitamente come era naturale aspettarsi. Preferiscono attendere l'ovvia risposta israeliana - l'invasione. L'attacco dell'esercito di Tel Aviv gli consente di fare la vittima. E nello stesso tempo è lo strumento per liberarsi una volta per tutte delle milizie armate ribelli senza agire in prima persona. Non appena accade, sanno che Israele si ritira e il negoziato riparte. Insieme alla pace e al futuro della Palestina.
Libano del sud, terra degli Hezbollah, movimento terrorista comandato e armato dall'Iran (con l'aiuto della Siria) che siede in parlamento a Beirut. Così la terra dei cedri ha deciso di porre fine a 16 anni di guerra civile: non disarmando una delle parti in causa perché avrebbe significato fare un'altra guerra civile. Anzi: accogliendola nel governo con tanto di ministri. Solo che questo significa avere un esercito tutto privato all'interno dei propri confini che non risponde all'autorità nazionale. Il gioco funziona finché l'esercito autonomo non si mette in marcia, poi se ne perde il controllo.
Che è appunto quello che è successo. Al che il governo libanese di Fouad Siniora ha due strade davanti a sé: o dichiara guerra ad Israele, o dichiara guerra agli Hezbollah. Ha fatto la scelta più semplice: non ha dichiarato guerra a Israele e neppure agli Hezbollah. Tanto di cappello: in questa maniera se Israele vince le milizie sono disarmate senza guerra civile. Se Israele perde nessuno può accusarlo di aver colpito alle spalle gli Hezbollah - che in qualche modo sono pur sempre fratelli anche se Caini.
A questo punto gli Israeliani non stanno agendo solo per loro stessi, ma anche per conto terzi. Ne sono coscienti e lo fanno nell'unico modo possibile: con efficacia militare. Perché la posta in gioco è alta e lo sanno. Infatti se vanno fino in fondo e sconfiggono i bracci armati di Hamas e Hezbollah finalmente escono dall'accerchiamento e assicurano un periodo di pace ai loro confini. Fouad Siniora da Beirut e Abu Mazen dalla Palestina con l'intero governo di Hamas sulla vittoria israeliana ci hanno scommesso il futuro. E adesso aspettano che il casino finisca per raccoglierne i frutti politici.
Alessandro Luigi Perna
da "Affari Italiani"

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