04 maggio 2010

Per fare futuro non ignoriamo il presente



Subito una domanda: un partito che dell’opzione per un sistema bipolare ha fatto una ben precisa scelta politica, e che su questa scelta ha chiesto ed ottenuto la fiducia degli elettori, può riconvertire il suo metodo e le sue scelte e consentire che si sviluppi al suo interno un sistema che voglia rilanciare le correnti come metodo sistemico di opposizione interna?
Le correnti sono state indicate da tutti come l’origine della degenerazione della politica negli anni antecedenti a tangentopoli. Hanno contribuito, fino agli inizi degli anni ‘90, a creare le condizioni per il dilagare del malcostume (clientele, tangenti, sprechi) da cui si è consolidata la motivata sfiducia dei cittadini nei confronti della politica. Le correnti, per logica, finiscono sempre col privilegiare le ragioni delle lobby politico-affaristiche rispetto agli interessi del Paese, tendono ad anteporre i motivi dei distinguo a quelli delle sintesi, favoriscono nei partiti la presenza di caste autoreferenziali e si trasformano in strumenti di occupazione e gestione del potere. Non a caso lo stesso Fini, che favorisce oggi nel Pdl la creazione di un gruppo che fa riferimento alla sua persona in controcanto alla maggioranza berlusconiana, nel 2004, da segretario di AN, nella relazione pronunciata dinanzi all’assemblea nazionale del suo partito, intrisa di richiami ai valori comuni, con l’intento di riportare la calma e la concordia tra i suoi scalpitanti colonnelli, definì le correnti: ''Una metastasi che rischia di distruggere il corpo del partito''.
Il pluralismo e l’agibilità per il confronto interno sulle posizioni da assumere, assieme all’elaborazione democratica delle iniziative ed alle discussioni serrate sulle scelte, fanno parte del metodo democratico a cui oggi, anche volendo, per tutti i partiti che confidano nel consenso popolare, è persino difficile sottrarsi.
Internet è diventato un estroverso e paradossale “Parlamento” mediatico per tutti. Il Web è oramai una platea molto variegata di discussione in cui l’informazione e le idee trovano sia lo spazio che truppe di sostenitori. Il virtuale, come luogo di comunicazione interattiva, è talmente sfaccettato da rappresentare un ventaglio molto ampio di umori, di protesta e di istanze, ed è tale da comprendere, nel dissenso e nella proposta, l’intero confronto e l’intera trasversalità del corpo elettorale. E’ persino impossibile oggi per i partiti potersi sottrarre dal confronto con ciò che emerge da internet, senza doverne pagare un prezzo in termini di appeal popolare e di consensi elettorali.
Le discussioni su temi come la riforma della giustizia, il federalismo fiscale e l’assetto istituzionale dello Stato, come quelle sulle questioni della sicurezza e dell’immigrazione o dell’insostenibilità della pressione fiscale, o dell’occupazione e delle questioni sociali, sono diventate su internet il leitmotiv di ogni confronto. Ma questi temi sono anche gli stessi che hanno fatto parte del programma elettorale di questa maggioranza, a dimostrazione della concordanza con i sostenitori internauti del centrodestra.
Questi stessi argomenti, inoltre, esplicitati attraverso provvedimenti e proposte di legge, sono stati preventivamente concordati con la Lega Nord, quale unico alleato di coalizione del Pdl, ed hanno trovato unanime condivisione tra le anime interne dello stesso Pdl. Ora solo dinanzi a fatti nuovi si possono ridiscutere, ma sempre comunque nel rispetto dei principi generali concordati.
Non si può far ricorso a suggestioni, come ad esempio quella della presunta sovraesposizione della Lega Nord, o quella evergreen dell’immagine di un sud penalizzato rispetto al nord. E neanche si può stravolgere il senso dei contenuti che hanno fatto parte dell’impegno preso con il corpo elettorale. Se si chiede un cambio di indirizzo, perché qualcuno ha cambiato idea, il nuovo percorso, per rispetto della sovranità popolare, dovrà essere legittimato da un nuovo responso elettorale. In questa eventualità, chi è abituato a cambiare idea in corso d’opera farebbe bene a cambiare anche partito.
Non è in discussione, anzi ben venga il dibattito interno, e ben vengano interlocutori capaci di interpretare le diverse anime della realtà italiana, cioè di un Paese plurale per tradizione, cultura, economia, livelli di sviluppo e propensione territoriale, ma restino fuori da questo confronto i furbi, i provocatori, i professionisti della finzione, gli imbroglioni, i politicanti, gli avventurieri, i mistificatori, i tribuni. Sarebbe grave se, per fare futuro, si ignorasse il presente e si perdesse ancora una volta l’appuntamento con il consolidamento della democrazia e con le riforme.
Vito Schepisi

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