10 maggio 2010

Ripensare l'Europa


Tremonti l’aveva detto dal primo momento, ma ogni volta che si è soffermato su questo argomento, giù critiche, giù accuse di raccontare panzane, giù un coro di invettive dal versante sinistro. L’economista del governo Berlusconi è stato accusato di strumentalizzare a fini politici l’eccesso di remissività di Prodi. L’attuale Ministro dell’Economia, infatti, all’epoca aveva mosso obiezioni sull’operato dell’ex Premier dell’Ulivo nel gestire l’ingresso dell’Italia nel sistema monetario europeo e poi, da Presidente della Commissione europea, nel gestire l’allargamento agli altri paesi nell’area dell’Euro.
Troppa retorica a buon mercato. Romano Prodi si è mostrato troppo interessato ad esaltare il suo ruolo. Ha collezionato troppi cedimenti al suo solo protagonismo trionfalistico, entrando in palese conflitto con la realtà e finendo con l’agire anche a discapito dello spirito europeista.
Sta di fatto che l’Europa di Prodi mal ha potuto reggere, come si è visto, a tanta leggerezza.
Tutti, però, nell’Ulivo, poi nell’Unione e poi infine nel PD a difendere Prodi. Tutti a lodare i meriti del Professore, come Marcantonio dopo l’uccisione di Cesare. Ma come si spiega, di contro, tanta fretta, ogni volta, nel volersene liberare? Perché tanti Marcantonio ad arringare i romani in difesa dell’onore di Cesare, ma solo dopo averlo lasciato assassinare?
“Due volte nella polvere, due volte sull'altar”. Fu vera gloria la sua? Quello del Manzoni, però, era ben altro uomo e ben altra tempra. I posteri in questo caso sembra che dicano di no!
Tremonti nel 2001 è stato accusato, dalla sinistra che aveva perso le elezioni, di voler nascondere le insicurezze del centrodestra, e di voler precostituire le motivazioni delle difficoltà nella gestione dei conti. La sinistra si difendeva così dalle accuse del ministro berlusconiano che sosteneva, anche, che il governo Amato uscente avesse falsificato i conti e nascosto il disavanzo reale del bilancio dello Stato. Cosa che Eurostat in effetti accertò. Le sue accuse a Prodi ed alla sinistra, ed ai governi succedutisi in quella legislatura e diretti, oltre che dallo stesso Prodi, anche da D’Alema e da Amato, era di aver svenduto gli interessi nazionali e, nella fase della negoziazione dell’ingresso italiano nel sistema monetario europeo, di aver negoziato un rapporto di cambio a netto svantaggio del Paese. Giulio Tremonti al contrario, era stato accusato a sinistra di volersi nascondere dalle proprie responsabilità addossandole preventivamente sugli altri, e di aver mal gestito il passaggio dalla Lira all’Euro, consentendo l’aumento dei prezzi al consumo, come se in Italia ci fosse il modo, al di fuori delle regole di mercato, di congelare i prezzi delle merci.
Il rapporto Euro-Lira, secondo Tremonti, ma anche ad avviso di milioni di italiani che, benché a crudo di economia, ne subivano l’esperienza diretta, grazie a Prodi, aveva invece profondamente penalizzato il nostro Paese, dimezzando il potere di acquisto dei salari e riducendo alla metà il valore dei loro risparmi.
Tutte le vecchie certezze degli ex euro-euforici ora, però, vacillano. Adesso sembra che non sia stato davvero tutto così perfetto, se persino Il Presidente Ciampi mostra un certo ravvedimento e se, dinanzi a fatti incontrovertibili, vengono recuperate oggi alcune vecchie obiezioni degli euro-scettici di ieri.
Fino al 2000, per ironia della sorte, chi nutriva perplessità veniva additato come colui che agiva contro gli interessi dell’Italia. Chi sollevava obiezioni appariva come un nemico del nobile intuito politico, emerso nel dopoguerra per iniziativa di uomini moderati e liberali come Gaetano Martino, mirante alla realizzazione dell’Unione Europa. Quella stessa che con volontà decisamente politica, prima che economica, con visione autonoma e con collocazione politico-culturale essenzialmente occidentale, prima della caduta del Muro a Berlino, veniva invece osteggiata dalla sinistra social-comunista.
C’era qualcosa di sbagliato, invece, non nell’idea che resta nobile dell’unione degli Stati europei, ma solo in quella tronfia e bofonchiosa retorica prodiana!
Tremonti accusava Prodi di troppa rassegnazione e di assoluta inerzia nel sostenere le ragioni dell’Italia, nel negoziato con gli altri stati europei, per l’avvio della moneta unica. Prodi confermava, infatti, l’impressione, in altre occasioni già emersa, d’avere una visione negativa del Paese, come quella a lui più confacente del liquidatore che si presta a compiacere gli amici potenti. Senza determinazione, privo di coraggio, rassegnato, come se la missione d’assolvere fosse quella di non disturbare la volontà dei più forti. Come se pensasse che subire sia bello: come per Padoa Schioppa pagare le tasse!
La stessa rassegnazione che con il centrosinistra abbiamo imparato a conoscere nelle fasi più delicate della politica italiana. Un’inerzia che si è manifestata anche nei rapporti coi poteri e con le caste: dall’industria alla finanza, dalla magistratura ai sindacati, dall’editoria alle banche. Un inspiegabile ma reiterato complesso di inferiorità. Un umiliante mettersi in riga che ferisce l’orgoglio del Paese.
Da oggi, però, l’Europa cambia. Il pericolo e le troppe incomprensioni, le diverse realtà sociali, le aggressioni speculative, il debito dei Paesi, la spesa, le diverse velocità dell’economia e le tattiche politiche nazionali, hanno fatto emergere molte contraddizioni. Ora occorre ripensare l’Europa.
Vito Schepisi

1 commento:

Anonimo ha detto...

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