29 ottobre 2006

ABBIATE PAURA !


Deve averlo tenuto a mente per tutto questo tempo.
Da quando è stata diffusa la notizia che Prodi avesse utilizzato la facoltà data dal Governo Berlusconi di donare proprietà ai figli, senza dover subire imposizioni fiscali, deve aver meditato la vendetta. Deve aver pensato d’essere stato oggetto di controlli.
La figura squallida di utilizzare le leggi animosamente contestate al suo “peggior nemico”, per trarne vantaggio personale, deve aver guastato per giorni la sua digestione.
E’ un uomo caparbio, il nostro, pieno di impeto reattivo, commisurato a pause di ispirazione curiale. Si è sentito come il classico “monello” di famiglia scoperto con le mani nel barattolo della marmellata. Deve averle osservate bene le sue mani e meditato sul giudizio degli altri:
mani sporche, pelose, untuose.
Arrivato al potere ad ogni costo, passando anche dai presunti brogli e festeggiando ipocritamente una vittoria mai arrivata.
Giunto dall’Europa che l’aveva pesato, valutato e rigettato indegno ed inadeguato, ha chiesto subito a Visco, suo viceministro dell’economia, con la delega alle Finanze, la rimozione della G. di F. di Milano.
Meditava, forse per vendetta, di poter esercitare pressioni e controlli più serrati verso colui che ritiene l’artefice del suo dolor di pancia. Tentativo fallito per manifesto abuso di autorità del “dracula” della politica italiana.
Anche questa onta si è aggiunta!
E la vendetta meditata, moltiplicava gli attori e gli scenari: si aggiungevano gli incubi notturni di Visco. In profonda sofferenza, questi, per non aver potuto “punire” gli artefici dell’indagine sulle cooperative rosse, colpevoli di aver fatto emergere le affinità di Consorte con Fassino.
Che sia questa la ragione alla base della sua volontà di provocare gli incubi notturni a tutti gli italiani operosi con la legge Finanziaria? Ma la vendetta non finisce qui. Si aggiunge quella di individuare il capro espiatorio degli spioni di Prodi. Indovinate chi?
Naturalmente Berlusconi!
Spioni di cosa non si è capito! In tanti a spiare tanti! A spiare, poi, cose che nel caso del nostro indecente Presidente del Consiglio, dovevano essere note a tutti…per legge. Sollevare polveroni, lanciare calunnie, distrarre forse gli italiani dalla consapevolezza di cose, invece, reali?
La corte dei Conti che ritiene la manovra non adeguata allo sviluppo. La banca d’Italia che vede la pericolosità degli inasprimenti fiscali come fonte di copertura della spesa. La Comunità europea che chiede urgenti riforme strutturali e promuove con riserva la finanziaria. Le società di rating che declassano l’ Italia. I famosi giornali economici inglesi Finanzial Times ed Economist, sempre citati ed usati come clava dalla sinistra ai tempi di Berlusconi, che si soffermavano, invece, sull’inadeguatezza di Mister Prodi e della sua manovra economica.
Una maggioranza che perde colpi e si contraddice. L’uscita televisiva dell’insostenibile Prodi che si rallegra perché tutti sono scontenti affermando, in sostanza, che il suo compito sia quello di scontentare tutti. Il ministro dell’economia che lamenta pressioni politiche da parte dei 9 partiti dell’Unione. Un’Italia che in grande quantità grida all’inganno.
Tutte questioni che erano sulle prime pagine dei giornali ed occupavano la scena fino alla grande notizia del nostro eroe ferito nell’onore per essere stato spiato naturalmente da Berlusconi.
Patetico!
Come è patetico il Presidente della Repubblica Napolitano, subito accorso a dar sostegno e solidarietà, mentre in Ungheria ancora manifestanti venivano repressi, lasciando sangue e vita sull’asfalto di Budapest, una città vittima di una feroce repressione sovietica nell’ottobre del 1956 con la compiacenza del nostro Presidente della Repubblica.
Vito Schepisi

28 ottobre 2006

La "fatwa" di Fassino


A Piero Fassino vorrei subito dire: pensa alle mascalzonate che i tuoi intellettuali dicono e scrivono su Giampaolo Pansa contro il quale è stata scagliata la tipica «fatwa» comunista italiana, non diversa da quella islamica che colpì Salman Rushdie. L'invito ad assassinare almeno l'immagine delle persone è la specialità della sinistra comunista e il segretario dell'ex Pci lo ha voluto confermare ieri lanciando una fatwa contro di noi del Giornale per essere stati «propalatori di una campagna di delegittimazione dell'avversario». Ciò sarebbe avvenuto quando «il centrodestra nel 2001» avrebbe «subito creato delle commissioni d'inchiesta come la Mitrokhin e la Telekom Serbia che erano delle clave dell'avversario». Non so se Fassino si renda conto di quanto sia grave l'attacco di un segretario del primo partito di governo ad un giornale d'opposizione. Ma voglio dirgli: caro Piero, sono stato per quattro anni il Presidente della Commissione Mitrokhin che ha risolto, nel silenzio assoluto (anche delle tre reti Mediaset) il caso dell'attentato al Papa, dell'attentato al treno del 1984, la questione delle Brigate rosse eterodirette dai sovietici, il delitto Moro, ha fatto riaprire le indagini sulla strage di Bologna e infine ha documentato i depistaggi del Sismi durante il governo dello stesso signor Prodi che sa far ballare i piattini e interrogare i fantasmi, chissà il da fare che avrà per Halloween.Il tutto nel silenzio colpevole e complice della stampa controllata dalla sinistra. La Commissione Telekom Serbia, che aveva abboccato alle esche, ha avuto tutti i riflettori addosso perché era caduta nella trappola accuratamente preparata. Per me che non avevo messo i piedi nella tagliola altri sono stati i premi: una vita blindata per me, mia moglie e i miei figli, mentre a Teramo si processano i giovanotti ucraini che introdussero granate destinate a un bersaglio su macchina blindata, indovina chi. Inoltre, caro Fassino, la Commissione Mitrokhin non l'ha inventata il centrodestra, ma Massimo D'Alema che disse di volerla e poi non ne fece niente. Lo scandalo di cui mi sono occupato io è stato sepolto da «misure attive» e nessuno nel centrodestra, neanche Berlusconi, ha usato i risultati della mia commissione non dico come una clava, ma neanche come uno stuzzicadenti sicché un'inchiesta faticosa, clamorosa e rigorosa sta andando al macero mentre i poveri italiani vengono rincoglioniti con i reality show e le vicende del calcio. Fassino, per curiosità, tu lo sai che il generale Siracusa, direttore del Sismi (altro che caso Abu Omar!) agliordini del governo Prodi per ben tre volte rifiutò di far intervistare Vasilij Mitrokhin che prima di morire voleva fornire la mappa degli italiani che dovevano formare la classe dirigente dell'Italia sovietizzata? Fassino, già persona riflessiva, ora dà di sprone a un cavallo a dondolo con il cipiglio di chi cavalca la tigre della verità, che semmai è mestiere nostro e non suo. E, eccitato da tal destriero, arriva ad accusare noi di propagandare odio quando proprio questo Giornale e chi scrive hanno lanciato vibranti campagne contro l'uso dell'odio in politica e contro il razzismo in politica, giacché proprio voi, caro Fassino, avete la responsabilità di averci applicato sulla giacca il marchio della razza inferiore indicandoci all'odio e agli sputi, cannoneggiati da una satira a senso unico pagata col denaro di tutti. Io detesto l'uso dell'invettiva «Vergogna!», che è robaccia della tua parte e non della nostra. Ma vivaddio, un'ombra di rossore non guasterebbe sul tuo ascetico viso, caro Piero, credimi.
Paolo Guzzanti
da "Il gionale" del 28 ottobre 2006

25 ottobre 2006

Un Presidente dimezzato: ha vita breve!



Il presidente del Consiglio , leader senza truppe del centrosinistra, sostiene che sarà difficile smuoverlo dall’incarico. Nel giorno in cui al Senato il Governo è battuto e mentre una parte di rifondazione comunista ed anche del pdci è pronta a scendere in piazza contro la finanziaria, Prodi afferma la sua invincibilità e spiega i motivi della sua amovibilità. Strategia in due punti la sua: “in Parlamento non ci sono alternative all’attuale maggioranza”; "Gli elettori dei Ds e quelli di Forza Italia non accetterebbero mai di stare insieme".
Il professore forse non avverte quanto gli italiani e gli stessi elettori di sinistra fossero più interessati a sentir proporre un ripensamento sulla manovra finanziaria. Si sente anche ricorrente l’auspicio di un’apertura verso alcune fronde della cdl. Sembra che Follini, e non solo lui, non aspetti altro che essere chiamato e proporsi come riferimento moderato che si sacrifica per salvare le sorti del Paese. Non mancano le opportunità, nonostante il veto della sinistra radicale. Un veto che dinanzi agli avvenimenti che si succedono va anche affievolendosi. L’unica necessità è quella di placare gli animi dei duri e puri comunisti di governo: per questo basterebbe galvanizzarli con qualche polemica dura con Berlusconi e qualche frecciata a Cordero di Montezemolo. E’ questo che vogliono per placare la base.
Prodi può vincere in due mosse. La prima è un riconoscimento alla stampa di una sostanziale correttezza negli approfondimenti sulla Finanziaria, chiedendo scusa per essersi lasciato andare in Spagna. Le scuse accompagnate da una pacato richiamo alla legge dei numeri ed alla richiesta di sostegno all’azione del Governo, impegnato a togliere dal fuoco le castagne che il “diavolo” Berlusconi aveva gettato nella brace e che rischiavano di carbonizzarsi. Un richiamo duro, insomma, alla realtà dei numeri, con Padoa Schioppa che accanto gli fa cenno di si con la testa, un poverino, vittima di questa squallida comparsata, e la sua voce ispirata che invoca la provvidenza a farsi garante del suo lavoro. L a seconda mossa può consistere nelle modifiche alla finanziaria sull’Irpef, innalzando la soglia dei 40.000 Euro per ottenere un vantaggio od anche una neutralità fiscale. Le minori entrate potrebbero essere compensate con tagli nel settore del pubblico impiego e nei bilanci dei ministeri, argomenti questi ultimi molto popolari. Il professore avrebbe avuto l’opportunità di convincere Giordano a propugnare ai suoi adepti l’interesse supremo di battere Berlusconi ed il suo disegno restauratore. Bertinotti, che è l’unico che ragiona, avrebbe capito che tirare troppo la corda è improducente e, da grande comunicatore qual è, avrebbe trovato il modo di lanciare segnali, per l’interesse supremo del Paese, d’essere uniti per non darla vinta al Cavaliere.
Uno scenario politico verosimile, forte nella presa sull’opinione pubblica e forte anche nella conferma di un ruolo politico nella maggioranza. La trasformazione in sostanza dall’apparenza d’essere un trainato alla consapevolezza di essere un trainante. La modifica della sua figura di comparsa insignificante a leader con aspirazioni da statista. Prodi, invece, non avverte questa sua opportunità si arrocca in una difesa pavida e sterile. La sua convinzione che” non possono” prevale su quello che lui "dovrebbe". Non è un leader. E’ un presidente dimezzato e , pertanto, ha vita breve.
Vito Schepisi

23 ottobre 2006

Etica e politica



Benedetto Croce

Nella storia della filosofia il dualismo etica-politica ha percorso chilometri di inchiostro e spesso in una visione astratta ed ideale dei fenomeni.
Per la strada che va da Platone "Il bene sta al mondo delle idee come il sole (ratio essendi) sta a quello sensibile (ratio cognoscendi)" a Kant con “La Ragion Pratica” contrapposta alla “Ragion Pura”. La morale utilitaristica per cui Kant sostiene che "l'etica non è fondabile razionalmente ma che è un imperativo categorico che ogni io deve darsi liberamente" e, pertanto, "come se la massima della tua azione dovesse diventare per mezzo della tua volontà una legge universale".
Da Aristotele in cui le virtù etiche sono intese come "habitus" a comportarsi secondo la "Mesotes" termine greco che indica la capacità di usare il giusto mezzo. Aristotele esclude anche tra le virtù etiche le posizioni estreme. A Croce in cui originale ed unica è la sua forma di concepire l’utile, che considera razionale, come diritto che, per essere in contrasto con gli interessi degli altri, non sarebbe morale ma che nella realtà, essendo lo stato formato da individui, rientra tra i diritti e quindi riacquista il suo valore etico. Il diritto quindi per essere individuale sarebbe immorale, in una teorica visione etica, in quanto in contrapposizione agli interessi degli altri. Ma la politica per Croce, per essere scontro/incontro di interessi, spesso in conflitto deve essere intesa come luogo individuale di formazione di pensiero ed azione, e quindi al di fuori di una visione etica.
Da Marx (dalla prefazione al suo Materialismo Storico): "Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere ma è, al contrario, il loro essere sociale a determinare la loro coscienza". In politica, dunque, Marx privilegia la ragione sociale all’etica. A Popper che, attirato in un primo tempo dall'ideale socialista, diviene presto scettico sul carattere scientifico del marxismo e sulla sua legittimità etica, interpretandolo come modello di "società chiusa", a cui oppone l'ideale liberale di una "società aperta", senza abbandonare l'idea di giustizia sociale ed un certo ottimismo riformista: "chi potrebbe propugnare il governo del "peggiore" o del "più grande stolto" o dello "schiavo nato"?..."Ma ciò ci porta a un nuovo approccio al problema della politica, perché ci costringe a sostituire alla vecchia domanda...chi deve governare?... la nuova domanda... come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?... da "La società aperta ed i suoi nemici".
In Hegel è complessa la visione di stato ed eticità. E' il suo "Spirito oggettivo" in cui la libertà dello spirito concreto si realizza nelle forme di governo del sociale sotto forma di "Diritto, Moralità ed Eticità". Per Hegel il Diritto è ciò che è consentito dalla legge e viene applicato quando la volontà coincide con quanto stabilito dalle leggi. L’individuo è considerato dal "Diritto" di Hegel quale "persona" soggetto di diritti e doveri. Tale condizione si concretizza nel compimento del possesso di una cosa, al di fuori della sua persona, che entra a far parte della sua proprietà. Questa è, però, tale solo in virtù del riconoscimento reciproco fra le persone, ossia in conseguenza di un contratto. Violare il contratto determina il delitto, ed ogni delitto deve avere una pena adeguata con lo scopo di ripristinare il diritto violato. L’individuo, però, non riconosce il "Diritto" come una legge propria ma solo come una regola esteriore. Quando la legge diventa interiore viene invece avvertita come propria: come se fosse un dovere da adempiere. Così Hegel introduce la fase successiva: la moralità. Questa però ha un limite: mantiene la differenza fra l’essere e il dover essere e siccome le buone intenzioni non sempre vengono realizzate non si raggiunge il vero bene. E' il momento, così, dell’eticità. Con questa si realizza il superamento della scissione fra interiorità ed esteriorità, tra la soggettività ed il bene. L’Eticità realizza l’inserimento attivo, in collaborazione con gli altri, dell’individuo in una comunità per perseguire il bene comune. Essa si attua nelle istituzioni come “la Famiglia”, “la società civile” e “lo stato”. La politica dunque per Hegel è il mezzo per attuare le fondamenta dei valori etici.

La filosofia, come le scienze matematiche, spesso cerca di dare spiegazioni compiute alle domande ed ai fenomeni che attraversano il pensiero umano. Spesso tutti noi ci poniamo delle domande e sovente capita che ci diamo più di una risposta. E tra le risposte è ricorrente pensare che ce ne sia una che corrisponde a ciò che è verosimile che accada e l’altra a ciò che sarebbe bene che accada. Tra l’una e l’altra, quasi si fosse in fisica, c’è la dispersione della forza che nella scienza può essere definito attrito. Nel nostro caso quando si parla di politica l’attrito è rappresentato vuoi dalle opportunità, vuoi dalle convenienze. Ma non è il solo limite alla differenza tra ciò che si ottiene e ciò che si vorrebbe perché, come si sa, anche la mancanza di conoscenza, o la presunzione del sapere costituiscono spesso limiti invalicabili alla realizzazione dell’auspicio. Pensare che le idee od il pensiero siano quindi contenitori del bene è un’utopia. E dire come fa Sartre che "L'uomo ha una responsabilità etica che lo coinvolge nelle attività politiche e sociali del suo tempo", non implica una necessità politica prioritaria ma la conseguenza di un giudizio etico sul suo operato."Nella politica, più che in altri campi, è stridente il contrasto tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è". Spesso dalla sinistra la politica è stata rappresentata come lotta di classe. Si vuole che la definizione di questa lotta non sia determinata da un interesse? E può l’interesse di parte rappresentare valori etici universali? Ritornando a Croce: "lo stato non ha nessun valore filosofico e morale, è semplicemente l'aggregazione di individui in cui si organizzano relazioni giuridiche e politiche". Sembra che questa possa essere la conclusione: uno stato laico in cui la politica "per essere scontro/incontro di interessi, spesso in conflitto" sia luogo "individuale" di formazione di pensiero ed azione, e quindi è al di fuori di una visione etica. Se considerassimo la politica come azione non disgiunta dalle questioni etiche ci ritroveremmo in Macchiavelli dove la politica è intesa come assoluto: "il fine giustifica il mezzo". Non si pensa però che sia questo il sentire prevalente. Si ha l’impressione che in modi diversi e, si sottolinea, da posizioni diverse da quelle generalmente di sinistra in cui, nella formazione della propria idea speculativa, nel confronto, prevale il peso che essa attribuisce a valori etici soggettivi, anche da un’ottica liberale si abbia un modo non radicalmente diverso di avvertire le necessità. Quei valori etici che si chiedono alla politica in sostanza rientrano nel giudizio politico dei soli giudici della democrazia che sono gli elettori. Il confronto politico, però, deve svilupparsi nella proposizione di contenuti e nella formulazione delle idee.



Vito Schepisi

20 ottobre 2006

Marco Pannella mi scrive...

Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Torpedo

Questa mattina ho ricevuto una mail di Marco Pannella:
"Caro Vito, Ti invio i testi pubblicati martedi 17 ottobre in una pagina a pagamento su Il Foglio".
Seguivano i testi di G. Spadaccia e di altri e un riepilogo di Pannella sulla storia della Rosa nel Pugno ed i suoi commenti che riporto:
" La Rosa nel Pugno? Durerà e crescerà quando il Partito Democratico non sarà mai nato o già superato. Perché? Elio Vittorini spiegò, nel 1965, l’aver accettato di essere Presidente di un partito di trecento iscritti in tutta Italia: "Perché siete gli unici copernicani a fronte di una politica tolemaica, di tolemaici." La Rosa nel Pugno – quasi mezzo secolo dopo – è nata anche da quel seme, vive e cresce, oggi, come un roseto, espresso da un umanità di nuovo in marcia. Che attende a breve anche il Pelizza da Volpedo. Già sento il coro di ironici, sarcastici, potenti/impotenti, papi e mullah tolemaici… Chi vivrà, vedrà M.P."
Ancora Pannella:
"SCOMMETTIAMO? LA ROSA NEL PUGNO SARÀ, È GIÀ, L’ALTERNATIVA COPERNICANA ALLO SFASCIUME TOLEMAICO, ANTI-ILLUMINISTA, ANTI-LAICO ED ANTI-DEMOCRATICO".
Gli ho risposto nei termini seguenti:
Caro Marco, scusami, una sola obiezione. Siete all'interno di una maggioranza di Governo, ed i vostri voti (elettorali) sono stati determinanti nella realizzazione di questa maggioranza, che contraddice i vostri propositi. Siete all'interno di una maggioranza che:
- in politica estera è essenzialmente antioccidentale e filoaraba (e sono molto prudente nell'affermarlo perchè dovrei dire sbilanciata verso la giustificazione del terrorismo);
- in politica economica è contro la libera iniziativa, vessatoria, contro lo stato minimo ed invasiva della privacy;
- sulle libertà e l'informazione è dirigistica, repressiva, intollerante, punitiva;
- sulla gestione delle istituzioni è da occupazione militare, strisciante, faziosa, poco garantista, assolutista;
- sui diritti civili è inconcludente, demagogica, contraddittoria;
- sulla giustizia è restauratrice, forcaiola, non garantista, preoccupante;
- sulle questioni etiche è contraddittoria, confusa ed imbarazzata.
- per la presidenza del Consiglio è codarda, bugiarda, infida ed impresentabile.
Il nascente(?) Partito Democratico è poi la riedizione del vecchio compromesso storico(siamo tornati indietro ai tempi di Berlinguer e di Andreotti). In questa realtà, oltre alle confusioni ideali, si mischiano i soliti giochetti dei vecchi partiti.(falsificazione degli iscritti, controllo delle tessere, brogli di ogni tipo). Tu del resto conosci Rutelli e penso che sai che da questo signore puoi aspettarti di tutto.
Allontanatevi da questa gente che mortifica la vostra storia. Attrezzatevi a riprendere con dignità il vostro percorso liberale. Attualmente reggete il moccolo ad un metodo politico che è definibile quale una moderna dittatura: è una nuova forma di reprimere le libertà e sopire le coscienze.
Caro amico i tempi cambiano, non si possono reprimere le informazioni, esiste internet, e nuove forme di dittatura sorgono: oggi li chiamano anche "pluraliste"
Quale alternativa copernicana Marco? Non vedi che prevale il tolemaico dappertutto! Vi hanno relegato a ruolo di comparsa.
Con immutato affetto. Vito

19 ottobre 2006

Giorgio Bocca dal fascismo nero all'(anti)fascismo rosso


Giampaolo Pansa
Giornalista, scrittore, editorialista della
"La repubblica".
Autore della trilogia sulla lotta antifascista con i libri pubblicati: "Il sangue dei vinti" , "sconosciuto 1945" ed ultimo "La grande bugia"
Giorgio Bocca vorrebbe una legge che impedisca di scrivere contro la resistenza. In riferimento al libro di Giamapaolo Pansa “La grande bugia” afferma che non sia tollerabile che democratici si schierino a fianco di Pansa. Se la prende con tutti Bocca, anche con coloro che confessano i misfatti sui fascisti da parte dei partigiani, ed anche contro coloro che ammettono che i partigiani non fossero tutti eroi immacolati e che le loro gesta, spesso, sono precipitate in bestialità superiori a quelle del fascismo.
Giorgio Bocca ha origini fasciste ed anche razziali, non perdona a Pansa l’averglielo fatto notare. Nel 1940 Bocca sottoscrive anche il “Manifesto in difesa della razza italiana” e nel 1942 attribuisce le responsabilità dell’andamento disastroso della guerra alla congiura ebraica. Non ha abbandonato la sua animosità faziosa neanche nel dopoguerra, sempre ferocemente impegnato a seguire gli animi più accesi di una contrapposizione spesso apparentemente irrazionale ma spesso ben valutata, come quando lavorò per Fininvest e Berlusconi, salvo essergli acerrimo nemico a lavoro ultimato. I suoi libri saturi di odio e portatori di ferme e gridate convinzioni vendono copie, non mancando un pubblico che si esalta al richiamo della ferocia.
Il nostro passa all’antifascismo nel 1943, dopo l’8 settembre. Rincomincia da zero ed aderisce al fotofinish a Giustizia e Libertà. A posteriori bisogna dire che nel suo interesse non poteva fare scelta più assennata. “Che razza di democrazia è questa, dove ci sono dei democratici che prendono le parti di Pansa?” Il riferimento di Bocca è al coro di solidarietà ricevuto da politici di destra e di sinistra e persino dal Presidente della Repubblica per la gazarra organizzata da un gruppo di giovani di sinistra in occasione della presentazione a reggio Emilia del suo ultimo libro. Bocca contesta che si possa avere idee differenti, contesta i fatti provati e storicamente documentati di una resistenza dal doppio volto. Uno pieno di ideali ed in lotta per la libertà e l’altro bieco, asservito, fatto di odio e di rancore maturato nelle cellule dei pregiudizi marxisti. In verità ci sarebbe ancora un altro aspetto della lotta partigiana fatto da delinquenti comuni e da banditismo organizzato ma è l’aspetto storicamente meno evidente ed in effetti meno importante.
Un percorso nella storia d’Italia quello di Bocca, un percorso indecente su di una realtà che fa trovare milioni di antifascisti in sostituzione di milioni di ex fascisti, la storia di un trasformismo infido, viscido, opportunista: fatto di furbizie e convenienze. Una storia che fa ritenere che al fascismo del ventennio negli anni si è andato sostituendo una sorta di antifascismo che in molti casi non è altro che fascismo rosso.
Vito Schepisi

18 ottobre 2006

Velo islamico/ Il pensiero debole di Prodi



E' davvero misero il nostro presidente del Consiglio Prodi. In Inghilterra non è riuscito a giustificare la sua contrarietà all'uso islamico di coprirsi il volto che in nome del buon senso, l'ultimo rifugio della morale e dell'intelletto prima di arrendersi alla povertà di spirito. Non gli è venuta in mente nessuna ragione più eclatante, nessun moto d'animo più nobile. Non ha fatto nessun riferimento ai valori della sinistra, nessuno a quelli del cattolicesimo liberale. Si è dimenticato di tutto. E forse non ci ha mai creduto fino in fondo. Come tutto il resto della sinistra. Che ha voluto giocare con le proprie idee fino a smarrirle.
E adesso fa i conti con il pensiero debole di cui ha voluto nutrirsi ridotta all'ombra di sé stessa. Orfana di un apparato etico e intellettuale con cui giustificarsi. Il gioco gli è sfuggito di mano e il prezzo da pagare è alto: l'assenza di un'identità. Nel confronto con il pensiero forte islamico, e davanti a qualsiasi integralismo, non ha nessuna chance di vincere. Ma soprattutto uccide la passione che c'è dentro di noi. In nome del buonsenso non si ergono barricate, non si scende in strada, non si soffre. In nome del buonsenso non si regalano sogni alle donne del mondo. Non si dà loro gli strumenti per emanciparsi. Che se ne fa una donna dell'Islam poi del buonsenso occidentale. Che se ne fa contro un iman, contro i suoi mariti e i suoi fratelli. Come può ergere il suo volto con fierezza e dire no. No a tutto, proprio a tutto. In nome del buonsenso occidentale i suoi occhi non brilleranno di audacia e di coraggio. In nome del buonsenso occidentale nessuno si commuoverà alle sue parole. In nome del buonsenso occidentale non sarà in grado di spiegare nulla. Ne di opporsi a nulla. Contro la razionalità islamica si ritroverà senza armi. Bestia in gabbia costretta alla propria esistenza senza neanche avere gli strumenti intellettuali per spiegare l'ingiustizia che sente dentro di sé e raccontarla ai suoi carcerieri.
E invece la grandezza del pensiero occidentale, e ancor più di quello di sinistra, sta proprio in questo: aver dato voce razionale alla rabbia interiore. Averla trasformato in energia attraverso la parola e aver fatto della parola lo strumento con cui cambiare il mondo. Prodi ha cancellato in un solo colpo tutta la nostra eredità culturale. Tutta la tensione creativa del logo occidentale. Ha cancellato le tracce dello sforzo intellettuale e dialettico che ci ha consentito di costruire un mondo migliore - perché quello occidentale è un mondo migliore di tutti gli altri. Prodi non si è accorto che il buonsenso di cui nutre la sua ideologia e al quale si è appellato ha avuto bisogno di secoli per maturare. Per arrivare là dove nessuna altra civiltà è giunta: giustificare la totale libertà delle donne a scegliere come condurre la propria esistenza. Prodi si è dimenticato di chi è e da dove viene. E così facendo ha tradito tutte le donne del mondo.

Da "Affari Italiani" 18 ottobre 2006
Alessandro Luigi Perna

Fiducia per battere la sfiducia

Si affaccia lo spettro del voto di fiducia sulla legge finanziaria. Prodi, incapace di essere uomo di equilibrio della sua maggioranza, pensa così di blindare i contenuti della legge. Non è una novità, anche in passato con maggioranze numericamente più forti, sulla finanziaria si è dovuto far ricorso alla conta parlamentare sulla permanenza del Governo e sulla verifica della maggioranza che lo sostiene. Questa volta, però, è diverso. Non si tratta di cancellare migliaia di emendamenti che ne ritardano l’approvazione e di ostruzionismi che infilano mazze di ferro tra le ruote degli ingranaggi parlamentari. Questa volta si blinda la finanziaria per poca fiducia nella finanziaria stessa.
E’ una fiducia contro la sfiducia.
Ad una opposizione compatta nel criticarne i contenuti, si è aggiunta in modo trasversale una maggioranza che su alcuni aspetti è fortemente critica. Sono sorti tavoli composti da parlamentari di forze politiche di maggioranza e di opposizione che non fanno mistero di voler far ricorso ad emendamenti opportuni a correggerne il tiro. Il “tavolo dei volenterosi”, come hanno voluto definirsi, può far rendere prevalente la tesi dell’opposizione.
Non si tratta, come per il passato, di una fiducia contro i franchi tiratori che votavano emendamenti utili a focalizzare gli interessi dei loro collegi elettorali, o emergenti dalla pressione delle lobby attive nel Paese. In verità anche queste si sono fatte sentire, e nel caso dei magistrati l’hanno avuta vinta. In un clima di generale austerità e di generale rigore negli impegni di spesa di tutti, viene meno quello dei magistrati che invece si possono aumentare gli stipendi, già lauti e spropositati rispetto al loro impegno, viste le sorti della giustizia nel Paese.
Non si tratta, quindi,di bloccare emendamenti che possano snaturare la portata della finanziaria: si tratta di timore di uno scivolone grande al Senato, in particolare, ma con problemi anche alla Camera.
Questa indecente legge finanziaria, sostenuta a spada tratta solo dal Governo e dalla Cgil, mentre Cisl e Uil si mantengono defilati, con contro tutti i settori produttivi, dalla Confindustra, ai commercianti, agli artigiani; con contro tutti i liberi professionisti, con contro una gran parte di opinione pubblica, con distinguo della Banca d’Italia e forti critiche della Corte dei Conti, con dubbi della Commissione europea, questa legge finanziaria si sottrarrà dal confronto in Parlamento.
Una legge instabile nei contenuti e nelle finalità, un provvedimento elastico che giorno per giorno si allarga nelle proporzioni, e che in un giorno solo s’ingrossa del 15%, per ben 5.300 milioni di Euro in più. Un decreto economico che avrebbe bisogno di condivisione e di confronto, si sottrae alla discussione. Una scena già vista, sin troppo vista. Al Senato in particolare l’attività del Parlamento è diventata superflua. Prodi, se non fosse stato per i suggerimenti del Presidente della Repubblica, non avrebbe neanche riferito sulla questione Telecom e sul piano Rovati.
Questa maggioranza debole per l'opposizione di almeno il 50% degli italiani , oltre alla pretesa di occupare lo Stato, pretende anche di governarlo senza confronto.
Il tasso di democrazia in Italia è in sensibile discesa e la democrazia stessa è in serio pericolo.

Vito Schepisi

16 ottobre 2006

Regina Silenziosa







Vive la natura,
come luce attraverso le foglie,
nella penombra
di un bosco
che a volte
l’autunno
colora di un giallo spento.
Vive sola
Aspettando il tramonto,
col suo respiro affannoso
in silenzio
nel suo canto perpetuo
e con il vento
e le ombre
a farle l’inchino.

Erica Di Febo

14 ottobre 2006

Tornate a casa


Gli italiani vi faranno grazia dal pagarla la tassa per il vostro indecente percorso fuori dalla strada dello sviluppo, purchè ritorniate in fretta alle vostre case.
Quando andrete via non fate come al solito: lasciate l'arredo dei sanitari e non distribuite l'argenteria ai vostri amici. Fate come se i luoghi pubblici che occupate siano sacri come casa vostra.

13 ottobre 2006

Pluralismo?


Sembra che questa volta vogliano fare sul serio. Spaventati dalla vittoria elettorale del centrodestra del 2001 dopo i disastri dei tre governi di quella legislatura, la sinistra vuole chiudere la partita con l’opposizione. Nel mentre, poco prima della finanziaria, si parlava di una nuova legge sul conflitto di interessi in cui Berlusconi dovesse addirittura essere ineleggibile, ecco arrivare un disegno di legge severo nella misura e determinato nella pena.
Anche l’ex magistrato di mani pulite Di Pietro, noto per la sua rozza durezza, ci ha messo del suo: le frequenze della rete espropriata saranno gestite a metà tra l’autority e lo stato. E' da leggere come una destinazione incontrovertibile della linea editoriale delle frequenze espropriate. Come per Telecom, anche in questa circostanza l’indirizzo è chiaro: condurre nella disponibilità dell’esecutivo l’operazione.
Chi saranno i favoriti? Sicuramente i soliti noti. Ma non finiscono qui i regali agli amici, in quanto l’operazione ne ha anche per la carta stampata in gran parte amica. Il tetto del 45% delle risorse rivenienti dalle entrate pubblicitarie, previsto dal ddl, favorirà le entrate pubblicitarie dei mezzi di informazione stampati. Rcs e l’editrice l’Espresso, grosse realtà editoriali, i cui riferimenti editoriali sono ben noti, ne trarranno grossi vantaggi. Il patron del gruppo l’Espresso Carlo De Benedetti ha anche la proprietà di Rete A. Che sia destinatario prossimo di un grosso regalo?
La sensibile riduzione pubblicitaria, invece, per Mediaset che non pretende il pagamento di un canore, non potrà non ripercuotersi sui bilanci dell’azienda e di conseguenza sulla qualità dei programmi e sull’occupazione.
Anche i soggetti rilevatori dell’Auditel cambiano. Non più i partecipanti alla diffusione dei programmi, quindi i soggetti interessati a valutare i reali indici di ascolto ma una società esterna. Si immagina già come formata e come potenzialmente utilizzata.
Tutto questo, udite, nel nome del pluralismo.
Vito Schepisi

11 ottobre 2006

IRAN: punizione ad un piccolo ladro

Scene agghiaccianti




























C' è conflitto di civiltà? Non ci può essere conflitto tra civiltà ed inciviltà!

10 ottobre 2006

I sogni inconfessati di Fassino


Siamo al paradosso! Anni di feroce protesta contro la falsa omologazione dell’informazione durante il governo Berlusconi. Sono passate presidenze Annunziata e Petruccioli e Vigilanze Rai a presidenza di sinistra. Gli osservatori delle presenze in TV hanno registrato presenze sempre privilegiate per la sinistra in confronto al centrodestra. Una rete televisiva monopolizzata fino alla faziosità dalla sinistra e le altre, più equilibrate negli spazi, ma sempre pronte a non smentire l’utilizzo privato del mezzo pubblico del periodo di Zaccaria. Trasmissioni costruite per intrappolare gli avversari politici con conduttori pronti a togliere la parola e far partire filmati costruiti alla bisogna. Arte, quella della manipolazione, oramai tanto riconosciuta alle pratiche disinformatrici della sinistra, la cui scuola è ben nota.
Ecco Fassino, invece, a “Porta a Porta” perdere le staffe contro Vespa che ha mandato in onda un filmato delle proteste dei sindaci contro la finanziaria. “E’ fazioso iniziare in questo modo” quasi che le proteste dei sindaci fossero argomento provenienti da un mondo diverso: da lunatici! Non si è fermato lì Fassino ed ha aggiunto “si poteva iniziare in un altro modo, ad esempio dicendo che questa è una Finanziaria per far ripartire il Paese”.
Questa indicazione la dice lunga su cosa Fassino intende per trasmissione politicamente corretta. Per essere tale deve essere cassa di risonanza dell’azione di Governo, solo però quando governa la sinistra.
E’ un modo vergognoso di concepire l'informazione pubblica!
E' opportuno ripetere che, se l’avesse fatto Berlusconi, ci sarebbero state manifestazioni di piazza, scioperi Rai, interrogazioni parlamentari, proteste dell’ordine dei giornalisti e dichiarazioni di fuoco contro la libertà di stampa?
Alcuni avrebbero persino richiesto l’intervento del Presidente della Repubblica contro l’attentato alla libertà di opinione. Il giornalista rimproverato avrebbe ribadito la sua completa autonomia ed il richiamo alla deontologia professionale, contro il tentativo “squadrista” e la minaccia al libero svolgimento della professione. Si sarebbe insomma compiuto il rito che tutti siamo stati soliti osservare nei 5 anni del passato governo.
Non so se Vespa farà come Santoro o Biagi o altri professionisti “colpiti nell’onore". Ho il sospetto che è proprio ciò che Fassino ed altri vorrebbero. Vespa è scomodo perché non allineato e non manovrabile. E’ un vecchio ed autorevole giornalista democristiano che ha saputo nel tempo mantenere dritta la rotta della sua convinzione politica. Se il suo modo d’esser giornalista sia utile o simpatico a certi settori politici lo è, non per servilismo ma per la sua convinzione dell'essere il suo il metodo più giusto di fare pubblica informazione. Svolge, infatti, da sempre il suo mestiere con meticolosa e puntuale imparzialità. Lascia, come dovrebbe fare ogni giornalista di un servizio pubblico, parlare i protagonisti della politica pur non tralasciando gli stimoli al dibattito ed al confronto.
Non sto a difendere le tesi di coloro che agli effetti positivi di questa finanziaria non ci credono, anche perché la tesi di una finanziaria per lo sviluppo è insostenibile. E’ un’altra bugia, come quella del “non sapevo niente” di Prodi nella questione Telecom.
Fassino la pensi come vuole, e sappiamo anche quanto spesso è in malafede. Pretendere però che il Paese si stenda alla voglia di vendetta di questa maggioranza, ci allontana dal metodo democratico. Supponendo che niente avvenga per caso, almeno a certi livelli, prepariamoci alle vere epurazioni ed anche alla censura.
Fassino dopo una banca vuol diventare padrone anche della Rai e forse persino di tutta l’informazione. E’ questo il suo sogno inconfessato.

Vito Schepisi

07 ottobre 2006

Il Partito Democratico



A corto di argomenti politici, sommersa dai fischi di una Italia delusa, la maggioranza si avvolge nel fumo di un progetto di ingegneria elettorale che serva a mischiare le carte, a ripulire i post comunisti dalle incrostazioni massimaliste ed a liberarsi di Romano Prodi. Fosse per l’ultimo proposito l’Italia forse ci starebbe ma è una finzione, un modo per sollevare polveroni e coprire le vergogne di una maggioranza divisa e senza identità. Anche Prodi, che sa bene che il Partito Democratico lo coprirebbe di naftalina, finge di crederci per avere un luogo dove nascondere la sua impresentabile faccia.
La stragrande maggioranza degli italiani lo ritiene, infatti, un bugiardo ed un imbroglione.
Il Partito democratico è una finzione storica prima che politica. L’idea di creare un partito unico della sinistra riformista si scontra contro tre realtà nello stesso tempo. La prima è che la sinistra che lo promuove è per molti versi conservatrice. L’incontrario della definizione che a questo nuovo soggetto politico si vuole dare. La seconda è che le anime che lo animerebbero sono in antitesi storica. La terza realtà è che questo partito sarebbe una sintesi di almeno tre, se non quattro, correnti di pensiero espresse in Europa. Se così fosse nella Comunità, dove liberali, popolari e socialisti rappresentano la stragrande maggioranza, non ci sarebbe confronto ma pensiero unico. I nostri parlamentari dell'Unione andrebbero a rappresentare un’Italia onnicomprensiva in cui le diverse visioni della società si semplificano, per svuotamento ideale, per unificarsi. L’anima popolare dovrebbe rinunciare ad un po’ della sua visione etica e solidale per abbracciare un po’ della visione liberale ed illuministica della società. Quest’ultima liberale dovrebbe accettare quella di natura dirigistica e un po’ statalista che, a sua volta, rinuncia ad un po’ della visione a stadi organizzati, e con percorsi programmati, e condividere scelte di mercato aperto, di rischio imprenditoriale ed anche di populismo moderato,il tutto accompagnato dal sentimento etico. Che pastrocchio! Un partito di cattolici popolari, uniti a liberali o sedicenti tali di sinistra ed ai socialisti scaglionati a più livelli, dai quelli riformisti e moderati ai post comunisti, ai neo comunisti ed anche ai comunisti alternativi. In verità non è di questa confusione che l’Italia ha necessità! L’Italia, al contrario, avrebbe bisogno di due schieramenti moderati che riflettano due visioni laiche del percorso politico. Da una parte spinte di scelte di libertà e di mercato, con le garanzie proporzionate allo sviluppo e, dall’altra, spinte di scelte di solidarietà e con lo sviluppo proporzionato alle garanzie. E’ così semplice!
Vito Schepisi

05 ottobre 2006

Caro Marco Pannella


Questa mattina ho ricevuto una mail da Marco Pannella con la quale mi informava delle difficoltà, in seno alla RnP, per la coabitazione con lo SDI. Gli ho risposto come segue:
"Caro Marco,Ti invito ad uscire da questa maggioranza e da questo governo. Penso sia la contraddizione di tutta la tua vita. Una scelta, se me lo consenti, scellerata. La tua immagine e quella dei radicali viene vista a fianco della parte più ostile al liberalismo radicale: il cattocomunismo. Siete serviti solo a raccogliere voti contro la cdl. Vi usano solo nelle grandi occasioni come paravento. Avete perso la vostra identità. Nel Paese è come se non ci fosse più il vecchio partito radicale. Tollerate che la politica economica e finanziaria del governo sia determinata da Visco, con Padoa Schioppa a far da paravento. Tollerate la politica estera equivicina, in senso unilaterale, di D'Alema. Avallate con la vostra presenza le bugie di Prodi su Telecom, dove ben sapete si voleva perseguire la restaurazione (similIRI) della politica dirigistica del'economia. L'occupazione delle poltrone, l'intolleranza verso l'opposizione, le bugie quotidiane sulla politica economica, le false promesse. Vorrei ricordarti che Prodi è impresentabile ed insostenibile per ragioni che conosci più di me. E' la negazione delle nostre e delle tue battaglie.Ti chiedo una spinta d'orgoglio e di coraggio. Riscatta la tua storia, sfodera il tuo orgoglio, fai ammenda del tuo errore.Ti saluto con cordialità. Vito "

03 ottobre 2006

Voglia di stupida vendetta


Le proteste di piazza sono politicamente pericolose se a richiederle sono dal centrodestra, mentre sono legittime quando la sinistra le utilizza come clava politica contro il centrodestra. Sembra sia questo il significato dell’avvertimento di Prodi. La piazza ha un significato di forte monito e di valutazione degli umori su temi di grande portata. In passato è stata invocata per gli aspetti più disparati e gli scioperi generali su temi politici sono stati usati per pressione politica e per fomentare un sentimento comune di odio e contrapposizione tra schieramenti. Questa volta, invece, viene richiesta per far sentire la voce del popolo su di un tema che certamente gli appartiene: la pressione fiscale e la sensazione di una politica vessatoria verso gente operosa. E' la piazza che si muove per affermare il principio dell’uguaglianza dei diritti e contro le discriminazioni sociali. La piazza a cui si fa ricorso perché non si mortifichi lo sviluppo per andar dietro a politiche punitive e penalizzanti. Quanto c’è di più democratico e popolare, quanto affermare il diritto di protestare quando si è colpiti in maniera pesante da un governo che ha assunto, non solo l’aspetto di una squadraccia punitiva contro una parte del popolo che non l’ha votato, ma anche quello di capovolgere i valori e la vocazione etica e culturale del Paese? Il manifesto di Rifondazione comunista sui muri delle città italiane “anche i ricchi piangano” è forse la sintesi più appropriata per comprendere lo spirito di questa finanziaria. Ci sono già tante ragioni per piangere, e sembra davvero assurdo che la legge fondamentale del governo debba servire a far piangere qualcuno e non a creare i presupposti dello sviluppo nella sicurezza. La minaccia di Prodi è da respingere con decisione: è la minaccia di un bugiardo recidivo. Le sue menzogne e falsità ci portano verso la dissoluzione dei valori di società compatta e laboriosa. Si ode già nell’aria voglia di fuga. Si ritiene il Paese già incamminato verso una fase di declino e di disfatta.
Non ho mai ritenuto la piazza luogo idoneo per parlare di politica. Ho ritenuto sempre che quella gridata sia la negazione stessa della politica. Essa non rappresenta gli italiani nella loro interezza ma solo la parte più arrabbiata e chi grida non ha sempre ragione: spesso è il contrario. Ho sempre creduto che la dialettica politica si debba svolgere in Parlamento, in quanto questo sintesi di un potere rappresentativo demandato dal popolo. Continuo a pensarla così e sono tuttora contrario al ricorso alla piazza. Il percorso di questo governo, però, non induce a confidare nella capacità del Parlamento di garantire il rispetto delle regole fondamentali di garanzia. Il ricorso sistematico alla fiducia al Senato, ne sta svilendo la funzione. Il voto obbligato in Parlamento, unito all’unico collante di questa maggioranza che è l’antiberlusconismo, rende più incerta la ratio delle scelte, tant’è che il ricatto di rifondazione comunista, che rappresenta il 7% degli italiani, in questa finanziaria ha prevalso sulla logica. Al grido di “anche i ricchi piangano” si sono accodati tutti. Scenderò in piazza anch’io, se sarà necessario, a difendere la nostra Italia dalle menzogne e dalla schiacciasassi autoritaria di una voglia di stupida vendetta.
Vito Schepisi

02 ottobre 2006

Il conto lo paga il contribuente


Non è credibile Romano Prodi quando afferma che sia una finanziaria coraggiosa e di grande portata. Non è coraggiosa perché non ha affondato il bisturi sul tumore che frena la crescita ed assorbe le risorse. E’ lungi dall’essere di grande portata perché produce futuri disastri sul lato dei conti pubblici. La ripresa produttiva del sistema Europa, spinta dal rialzo USA, come si sa, è prevista di breve durata. Allineare il Paese alle esigenze di contenimento dei margini di incremento del disavanzo di cassa, in situazioni di crescita limitata o di PIL pari a zero, scenario previsto per il prossimo futuro, richiede un intervento deciso sul fronte della spesa. Questa finanziaria, invece, ha uno sguardo sul presente ed ignora il futuro. Lo scopo è far cassa subito per consentire nuove spese. Nessun intervento, infatti, è previsto sul fronte delle uscite, anzi, con l’aumento dei fondi da destinare al pubblico impiego si è fatta una scelta precisa, nel verso dell'aumento della spesa corrente, che è poi la scelta di sempre della sinistra. La macchina burocratica dello Stato, ossatura del consenso del centrosinistra, incassa nuovi stanziamenti per i rinnovi dei contratti. Viene perseguita la linea del mantenimento e non quella della razionalizzazione. Il progetto del centrodestra di ridare efficienza alla pubblica amministrazione, con l’informatizzazione e lo snellimento delle pratiche burocratiche, registra un passo indietro. Epifani esprime soddisfazione, dopo aver minacciato il ricorso alla piazza. Bertinotti diffonde la sensazione che questa sia la manovra finanziaria alternativa, come per anni durante il Governo Belusconi è andato ripetendo. “Piangano i ricchi” è lo slogan sui muri delle città. Purtroppo sarà l’Italia a dover versare lacrime amare: quell’Italia operosa fatta di tante piccole imprese e di tante piccole famiglie di operai, impiegati, piccoli imprenditori. Si sta distruggendo economicamente quella parte del Paese che non vota a sinistra. Anche il risparmio cambia la sua vocazione: da virtuosa capacità di costituire fonte di sicurezza per la famiglia, diviene, come sempre inteso dall’immaginario comunista, fonte di rendita parassita. Le famiglie, che spesso si formano sul risparmio dei genitori parsimoniosi, avranno sempre più difficoltà a formarsi. Il comunismo che nel mondo è fallito per la sua inadeguatezza dottrinale, in Italia, grazie a Prodi, riprende quota.
Dopo l’occupazione di tutte le “Istituzioni” del Paese, dopo la conquista dei media e l’occupazione di tutte le reti della RAI, i propositi di rendere ineleggibile Berlusconi e l’avvio del tentativo di far tacere le sue televisioni, la vendetta si abbatte sulle famiglie. Quelle da cui Berlusconi ed il centrodestra hanno tratto gran parte di quel consenso che è forte del 50% degli italiani. I poteri forti spingono all’omogeneizzazione di ogni cosa perché tutto sia “politicamente corretto” e nessuno disturbi il "manovratore".
Come si faccia a dire che questo non sia il governo delle tasse è davvero da mendaci! Sono previsti aumenti del gettito fiscale per oltre 18 miliardi di Euro, nonostante il Governo, parli di 13 miliardi e senza che, come nella precedente legislatura, sia previsto un aumento della base contributiva. Un aumento dovuto ad una serie di balzelli su ogni cosa e questo solo per la gestione Stato. Non finirà, però, solo con le tasse nazionali. Gli aumenti degli estimi catastali comporteranno anche incrementi nelle imposte comunali per gli immobili (ICI) e sono previsti aumenti anche per le addizionali. Un aumento considerevole delle entrate che in sostanza andrà a finanziare la spesa pubblica in buona parte parassitaria. Si sta instaurando quella “lotta di classe” che è poi lotta al buonsenso. Assieme alla rinascita dei miti sociali del comunismo si imbalzama il nostro sistema produttivo, si secolarizzano i poteri delle grandi famiglie che, lungi dal favorire la crescita con investimenti ed innovazione, si fondono, si inglobano, si incorporizzano, si impegnano in scalate finanziarie. Orfani dell’assistenzialismo di stato si industriano alla ricerca di acquisizioni attraverso i sistemi più disparati dell’ingegneria finanziaria. Flussi di cifre da capogiro che passano attraverso partecipazioni di società non capitalizzate. Tutto è sulla carta e poi il conto lo paga il contribuente: a piè di lista.
Vito Schepisi