03 ottobre 2006

Voglia di stupida vendetta


Le proteste di piazza sono politicamente pericolose se a richiederle sono dal centrodestra, mentre sono legittime quando la sinistra le utilizza come clava politica contro il centrodestra. Sembra sia questo il significato dell’avvertimento di Prodi. La piazza ha un significato di forte monito e di valutazione degli umori su temi di grande portata. In passato è stata invocata per gli aspetti più disparati e gli scioperi generali su temi politici sono stati usati per pressione politica e per fomentare un sentimento comune di odio e contrapposizione tra schieramenti. Questa volta, invece, viene richiesta per far sentire la voce del popolo su di un tema che certamente gli appartiene: la pressione fiscale e la sensazione di una politica vessatoria verso gente operosa. E' la piazza che si muove per affermare il principio dell’uguaglianza dei diritti e contro le discriminazioni sociali. La piazza a cui si fa ricorso perché non si mortifichi lo sviluppo per andar dietro a politiche punitive e penalizzanti. Quanto c’è di più democratico e popolare, quanto affermare il diritto di protestare quando si è colpiti in maniera pesante da un governo che ha assunto, non solo l’aspetto di una squadraccia punitiva contro una parte del popolo che non l’ha votato, ma anche quello di capovolgere i valori e la vocazione etica e culturale del Paese? Il manifesto di Rifondazione comunista sui muri delle città italiane “anche i ricchi piangano” è forse la sintesi più appropriata per comprendere lo spirito di questa finanziaria. Ci sono già tante ragioni per piangere, e sembra davvero assurdo che la legge fondamentale del governo debba servire a far piangere qualcuno e non a creare i presupposti dello sviluppo nella sicurezza. La minaccia di Prodi è da respingere con decisione: è la minaccia di un bugiardo recidivo. Le sue menzogne e falsità ci portano verso la dissoluzione dei valori di società compatta e laboriosa. Si ode già nell’aria voglia di fuga. Si ritiene il Paese già incamminato verso una fase di declino e di disfatta.
Non ho mai ritenuto la piazza luogo idoneo per parlare di politica. Ho ritenuto sempre che quella gridata sia la negazione stessa della politica. Essa non rappresenta gli italiani nella loro interezza ma solo la parte più arrabbiata e chi grida non ha sempre ragione: spesso è il contrario. Ho sempre creduto che la dialettica politica si debba svolgere in Parlamento, in quanto questo sintesi di un potere rappresentativo demandato dal popolo. Continuo a pensarla così e sono tuttora contrario al ricorso alla piazza. Il percorso di questo governo, però, non induce a confidare nella capacità del Parlamento di garantire il rispetto delle regole fondamentali di garanzia. Il ricorso sistematico alla fiducia al Senato, ne sta svilendo la funzione. Il voto obbligato in Parlamento, unito all’unico collante di questa maggioranza che è l’antiberlusconismo, rende più incerta la ratio delle scelte, tant’è che il ricatto di rifondazione comunista, che rappresenta il 7% degli italiani, in questa finanziaria ha prevalso sulla logica. Al grido di “anche i ricchi piangano” si sono accodati tutti. Scenderò in piazza anch’io, se sarà necessario, a difendere la nostra Italia dalle menzogne e dalla schiacciasassi autoritaria di una voglia di stupida vendetta.
Vito Schepisi

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