23 ottobre 2006

Etica e politica



Benedetto Croce

Nella storia della filosofia il dualismo etica-politica ha percorso chilometri di inchiostro e spesso in una visione astratta ed ideale dei fenomeni.
Per la strada che va da Platone "Il bene sta al mondo delle idee come il sole (ratio essendi) sta a quello sensibile (ratio cognoscendi)" a Kant con “La Ragion Pratica” contrapposta alla “Ragion Pura”. La morale utilitaristica per cui Kant sostiene che "l'etica non è fondabile razionalmente ma che è un imperativo categorico che ogni io deve darsi liberamente" e, pertanto, "come se la massima della tua azione dovesse diventare per mezzo della tua volontà una legge universale".
Da Aristotele in cui le virtù etiche sono intese come "habitus" a comportarsi secondo la "Mesotes" termine greco che indica la capacità di usare il giusto mezzo. Aristotele esclude anche tra le virtù etiche le posizioni estreme. A Croce in cui originale ed unica è la sua forma di concepire l’utile, che considera razionale, come diritto che, per essere in contrasto con gli interessi degli altri, non sarebbe morale ma che nella realtà, essendo lo stato formato da individui, rientra tra i diritti e quindi riacquista il suo valore etico. Il diritto quindi per essere individuale sarebbe immorale, in una teorica visione etica, in quanto in contrapposizione agli interessi degli altri. Ma la politica per Croce, per essere scontro/incontro di interessi, spesso in conflitto deve essere intesa come luogo individuale di formazione di pensiero ed azione, e quindi al di fuori di una visione etica.
Da Marx (dalla prefazione al suo Materialismo Storico): "Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere ma è, al contrario, il loro essere sociale a determinare la loro coscienza". In politica, dunque, Marx privilegia la ragione sociale all’etica. A Popper che, attirato in un primo tempo dall'ideale socialista, diviene presto scettico sul carattere scientifico del marxismo e sulla sua legittimità etica, interpretandolo come modello di "società chiusa", a cui oppone l'ideale liberale di una "società aperta", senza abbandonare l'idea di giustizia sociale ed un certo ottimismo riformista: "chi potrebbe propugnare il governo del "peggiore" o del "più grande stolto" o dello "schiavo nato"?..."Ma ciò ci porta a un nuovo approccio al problema della politica, perché ci costringe a sostituire alla vecchia domanda...chi deve governare?... la nuova domanda... come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?... da "La società aperta ed i suoi nemici".
In Hegel è complessa la visione di stato ed eticità. E' il suo "Spirito oggettivo" in cui la libertà dello spirito concreto si realizza nelle forme di governo del sociale sotto forma di "Diritto, Moralità ed Eticità". Per Hegel il Diritto è ciò che è consentito dalla legge e viene applicato quando la volontà coincide con quanto stabilito dalle leggi. L’individuo è considerato dal "Diritto" di Hegel quale "persona" soggetto di diritti e doveri. Tale condizione si concretizza nel compimento del possesso di una cosa, al di fuori della sua persona, che entra a far parte della sua proprietà. Questa è, però, tale solo in virtù del riconoscimento reciproco fra le persone, ossia in conseguenza di un contratto. Violare il contratto determina il delitto, ed ogni delitto deve avere una pena adeguata con lo scopo di ripristinare il diritto violato. L’individuo, però, non riconosce il "Diritto" come una legge propria ma solo come una regola esteriore. Quando la legge diventa interiore viene invece avvertita come propria: come se fosse un dovere da adempiere. Così Hegel introduce la fase successiva: la moralità. Questa però ha un limite: mantiene la differenza fra l’essere e il dover essere e siccome le buone intenzioni non sempre vengono realizzate non si raggiunge il vero bene. E' il momento, così, dell’eticità. Con questa si realizza il superamento della scissione fra interiorità ed esteriorità, tra la soggettività ed il bene. L’Eticità realizza l’inserimento attivo, in collaborazione con gli altri, dell’individuo in una comunità per perseguire il bene comune. Essa si attua nelle istituzioni come “la Famiglia”, “la società civile” e “lo stato”. La politica dunque per Hegel è il mezzo per attuare le fondamenta dei valori etici.

La filosofia, come le scienze matematiche, spesso cerca di dare spiegazioni compiute alle domande ed ai fenomeni che attraversano il pensiero umano. Spesso tutti noi ci poniamo delle domande e sovente capita che ci diamo più di una risposta. E tra le risposte è ricorrente pensare che ce ne sia una che corrisponde a ciò che è verosimile che accada e l’altra a ciò che sarebbe bene che accada. Tra l’una e l’altra, quasi si fosse in fisica, c’è la dispersione della forza che nella scienza può essere definito attrito. Nel nostro caso quando si parla di politica l’attrito è rappresentato vuoi dalle opportunità, vuoi dalle convenienze. Ma non è il solo limite alla differenza tra ciò che si ottiene e ciò che si vorrebbe perché, come si sa, anche la mancanza di conoscenza, o la presunzione del sapere costituiscono spesso limiti invalicabili alla realizzazione dell’auspicio. Pensare che le idee od il pensiero siano quindi contenitori del bene è un’utopia. E dire come fa Sartre che "L'uomo ha una responsabilità etica che lo coinvolge nelle attività politiche e sociali del suo tempo", non implica una necessità politica prioritaria ma la conseguenza di un giudizio etico sul suo operato."Nella politica, più che in altri campi, è stridente il contrasto tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è". Spesso dalla sinistra la politica è stata rappresentata come lotta di classe. Si vuole che la definizione di questa lotta non sia determinata da un interesse? E può l’interesse di parte rappresentare valori etici universali? Ritornando a Croce: "lo stato non ha nessun valore filosofico e morale, è semplicemente l'aggregazione di individui in cui si organizzano relazioni giuridiche e politiche". Sembra che questa possa essere la conclusione: uno stato laico in cui la politica "per essere scontro/incontro di interessi, spesso in conflitto" sia luogo "individuale" di formazione di pensiero ed azione, e quindi è al di fuori di una visione etica. Se considerassimo la politica come azione non disgiunta dalle questioni etiche ci ritroveremmo in Macchiavelli dove la politica è intesa come assoluto: "il fine giustifica il mezzo". Non si pensa però che sia questo il sentire prevalente. Si ha l’impressione che in modi diversi e, si sottolinea, da posizioni diverse da quelle generalmente di sinistra in cui, nella formazione della propria idea speculativa, nel confronto, prevale il peso che essa attribuisce a valori etici soggettivi, anche da un’ottica liberale si abbia un modo non radicalmente diverso di avvertire le necessità. Quei valori etici che si chiedono alla politica in sostanza rientrano nel giudizio politico dei soli giudici della democrazia che sono gli elettori. Il confronto politico, però, deve svilupparsi nella proposizione di contenuti e nella formulazione delle idee.



Vito Schepisi

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