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23 febbraio 2009

L’avversario del PD non è Berlusconi, ma il Paese


Ma a Franceschini non ha detto niente Veltroni? Non ha spiegato i veri motivi per i quali è andato via, lasciando tutto il centrosinistra con il cerino acceso in mano? Ha fatto credere anche al suo vice che abbia mollato perché si è sentito incompreso dai suoi compagni, infastidito dalle tante vicende interne, indebolito dalla questione morale e dai tanti no ricevuti? Vuol far credere d’aver abbandonato la barca soltanto sull’onda della delusione per la pesante sconfitta in Sardegna, dove il PD è stato distanziato di ben 18,5 punti percentuali dal PDL?
Dal persistere di Franceschini sulla stessa linea, temiamo che sia stato così e che Veltroni abbia detto anche al suo successore le solite cose che va dicendo in giro. Pensiamo che abbia detto che i motivi vanno ricercati nei presunti disvalori di Berlusconi, i cui pericoli non è riuscito a far comprendere agli elettori (naturalmente ignoranti!). E si sarà riferito alla sua delusione per le continue delegittimazioni all’interno del PD, per iniziativa ora di D’Alema, ora di Cacciari e poi di Soru, di Chiamparino, di Parisi e di Bersani. Avrà detto solo ciò che vuol far credere a tutti, con la sua retorica e l’irritazione per il fuoco amico. La verità, però, è un’altra ancora!
Veltroni ha mollato tutto ed è scappato via perché si è accorto che da quando ha assunto la leadership del PD il suo avversario non è stato Berlusconi ed il centrodestra, ma il popolo italiano. Veltroni deve aver compreso, finalmente, che lottare contro il buonsenso finisce col danneggiare l’immagine di chi ci si cimenta.
Veltroni ha portato il PD a battersi contro il Paese. L’ex segretario del PD ha perso più di Soru in Sardegna, anche se ha cercato di nasconderlo con le dimissioni. La perdita del PD è stata una vera disfatta, la distanza dal Pdl è stata pari al doppio di quella subita del Presidente uscente. La sconfitta maggiore è stata quindi quella di tutto il progetto PD.
In Sardegna ha perso l’illusione di poter fronteggiare il centrodestra senza avere un programma di governo, senza proporre obiettivi realizzabili e senza fornire risposte di governabilità alle emergenze che si presentano non solo nell’isola, ma nell’intero Paese.
Se ad un partito di natura popolare vengono meno le motivazioni, la sconfitta è inevitabile.
Un partito con sensibilità plurali finisce con lo sfaldarsi se non riesce a cavalcare le istanze popolari; finisce col ridursi alla somma dei rancori, degli odi e delle intolleranze, se non riesce ad interpretare la concretezza dell’elettorato maturo, quello sordo ai richiami ideologici, pragmatico e poco incline alle fumosità retoriche, ma interessato alle questioni della sua vita quotidiana ed alle prospettive future, e che chiede principalmente efficienza, lavoro e sicurezza.
Cos’è un partito se non un insieme di idee che si reggono sulle gambe di quegli uomini che progettano e si impegnano ad affrontare il futuro delle comunità nazionali? E cosa sono quegli uomini di partito che non comprendono i timori, le ansie, le speranze e le emozioni del Paese?
L’intervento all’assemblea PD a Roma, ed ancor più quello a Ferrara, è stato in perfetta continuità con la linea del suo predecessore: il neo segretario si riduce soltanto a ricalcare le orme di Veltroni.
A che serve il cambiamento su una linea perdente? Agli italiani non interessa il tasso dell’antiberlusconismo del segretario del PD: è una misura non indispensabile per la guida del Paese! Ci vuole bene altro! Non serve un PD che da correre dietro a Di Pietro, con Franceschini sembra addirittura volergli camminare a fianco, mano nella mano.
All’elettore interessa, invece, sapere se siederà al tavolo delle riforme, se la Costituzione, che va difesa nei suoi principi democratici, verrà modificata per rafforzare la governabilità e per rendere trasparenti i poteri dello Stato e se sarà adeguata ai tempi delle decisioni veloci. Il clamore di atti, nel versante della giustizia, che stridono contro il buon senso, fa chiedere se la riforma dell’Ordinamento Giudiziario vedrà ancora il PD appiattito sulla reazione scomposta di Di Pietro.
Gli elettori si chiedono se il Partito Democratico saprà dotarsi di una proposta politica complessiva che prescinda dal no pregiudiziale o se continuerà a criminalizzare il Paese che concede la sua fiducia al centrodestra di Berlusconi. L’Italia ha bisogno di una opposizione democratica e di uscire dalle sabbie mobili del pregiudizio. Il PD deve così fare la sua scelta se stare con la democrazia. o a rimorchio del reazionario Di Pietro.
Vito Schepisi

05 dicembre 2008

Veltroni e le chiacchiere

Come nei giorni precedenti alla data del 25 ottobre scorso, quella fissata per la manifestazione del PD al Circo Massimo di Roma, quando tra interviste e dichiarazioni sembrava che dovesse conquistare almeno la Florida da assegnare al suo “alter ego” Obama, anche in questo periodo, in previsione della riunione della direzione PD del prossimo 19 dicembre, Veltroni fa autotraining.
“Adesso basta con le confessioni anonime – afferma Veltroni in un’intervista a Repubblica - basta con i retroscena, basta con i veleni". Si carica, s’impone ottimismo, mostra i muscoli, si vuole convincere che sia un vincente, che può farcela, che si può fare. E dichiara d’esser disposto al più banale e ritrito dei modi di dire, mutuato dall’ipocrisia dei tanti manager e dei parolai che vogliono far breccia: Veltroni è pronto a “mettersi in gioco se questa si rivelerà la soluzione più condivisa”.
Nell’intervista rilasciata a Repubblica si attribuisce grandi successi politici, fra questi, naturalmente, anche la vittoria di Obama negli USA, oltre che il successo nel lancio della tv satellitare Youdem, rete televisiva del PD, naturalmente, con assonanza “americana”. Si loda per il successo della manifestazione di Roma e per la conferma del candidato in Trentino, spacciata per conquista elettorale ( è stato rieletto l’uscente, ma con calo dei consensi - ndr).
Omette, però, al contrario di Prodi e D’Alema, di citare tra i suoi successi la rimozione della spazzatura di Napoli, dimostrandosi persino più modesto dei suoi due compagni della sinistra. Non ha parlato neanche delle amministrative di Roma, dove era sindaco uscente, perse in malo modo dal centrosinistra e dal suo predecessore Rutelli. “A Veltrò….te possano” è stato il commento più sereno di un uomo di sinistra romano che mi è capitato di ascoltare e che aveva votato Rutelli, ma solo per “fede a sinistra” come ci ha tenuto a precisare.
Il leader del PD nell’intervista non ha fatto, naturalmente, cenno alla scivolata sulla questione Sky ed ha svicolato sui focolai di difficoltà nelle situazioni locali in cui il PD è presente a livello di gestione amministrativa. Realtà locali che interessano l’Italia in modo trasversale dal sud al nord e viceversa, investite da vicende diverse che vanno da quelle giudiziarie emerse ed emergenti, a quelle di crisi per questioni di lotta nella gestione del potere locale, con ampi dissidi interni al PD, ed anche alle tensioni nei rapporti con le altre formazioni politiche della sinistra.
Sembra che sia come se, dinanzi ad un incendio dirompente che sta distruggendo la casa, ci si compiaccia d’aver salvato l’album delle foto di famiglia. Va bene che è un’importante testimonianza dei tempi della vita, ma diviene difficile compiacersi dinanzi alla distruzione di tutto il resto.
Veltroni, però, è fatto così! Per recuperare risorse, può sempre scrivere un libro, magari questa volta, invece dell’alba, sarebbe bene che scoprisse il tramonto, e ricomprarsela la casa, come per quella per la figlia che studia cinema, non nelle università italiane (quelle sono per il popolo e per l’onda anti-Gelmini - ndr), ma tra i grattacieli di Mahanattan dove vivono i vip di New York.
Arturo Parisi del 2008 del PD ha un’idea differente. Commentando l’intervista di Veltroni a Repubblica, infatti, osserva: “quest'anno io me lo ricordo completamente diverso, ma soprattutto non riesco a dimenticare il disastro delle politiche e la sconfitta di Roma, dove lui era il sindaco uscente. Evidentemente dobbiamo ripassarci il calendario insieme”. Bene! Fatelo!
Leggendo l’intervista del leader del PD si scopre che “Berlusconi è impegnato in un attacco contro di noi che non ha precedenti”. I toni sono apocalittici, ma gli italiani hanno avuto l’impressione che sia accaduto l’esatto contrario e che sia stato invece Veltroni, con Di Pietro, per il gusto di mettere in difficoltà Berlusconi, ad agire cinicamente persino contro il Paese.
C’è uno sciopero generale il 12 dicembre prossimo, indetto dalla Cgil da sola, di cui Veltroni non parla, e che è uno sciopero contro l’Italia. Il leader del PD dovrebbe sapere che la recessione non è altro che la flessione del Prodotto Interno Lordo, e sapere anche che uno sciopero generale incide proprio sul PIL. Tutto il resto “so’ chiacchiere”.
Vito Schepisi

07 ottobre 2008

Il Feroce Saladino

E’ uno strano partito quello Democratico. E’ stato voluto da Prodi e sembra che ora il Professore ne sia già fuori. La tessera numero uno di De Benedetti non è stata mai consegnata ed ora il finanziere e coeditore del gruppo Repubblica-L’Espresso mostra di non gradirla più. Il responsabile politico del Partito parla, ma c’è chi lo precede per dire cose diverse o lo smentisce prefigurando scenari e strategie differenti. Il Partito è frantumato in tanti di quei gruppi che è persino difficile contarli.
Rivendica scelte coraggiose Veltroni: “abbiamo fatto – sostiene – un’operazione di grande europeizzazione della vita politica italiana", ma ha il vizio di inciampare sugli esiti. Il coraggio, infatti, richiede la coerenza che è mancata quando ha scaricato Boselli per imbarcare Di Pietro e che non mantiene quando non chiede, anzi non pretende il tavolo delle riforme.
Se Veltroni non riesce a dare respiro europeo al suo partito non potrà mai contribuire a darlo alla politica italiana! Persino il rotocalco Newsweek qualche settimana fa lo ha ignorato nel far l’elenco dei leader contemporanei della sinistra Europea.
E’ uno strano partito. Sembra un partito omertoso. Alla ripresa dell’attività politica dopo l’estate, per parlare di strategie per l’autunno, nessuno ha preso la parola per tratteggiare i differenti punti di vista, tranne Parisi che ha definito il PD un “partito schizofrenico e depresso”.
Il nuovo partito della sinistra italiana sembra, così, più un luogo di chiacchiericcio e di pettegolezzi che una forza politica che si prefigge obiettivi ambiziosi. Si ha l’impressione che la fusione tra ispirazioni e tradizioni diverse consigli a tutti di tenere a freno la bocca, anche se non riesce a smorzare delusioni e preoccupazioni. E c’è chi già pensa a scissioni.
Non ha fatto in tempo D’Alema, alla conferenza dei giovani di Confindustria a Capri, ad esprimere apprezzamenti a Tremonti ed al Capo del Governo sulla cautela e prudenza nella gestione della crisi finanziaria mondiale che altri, come Bersani e lo stesso Veltroni contestano, invece, al Governo la sottovalutazione della crisi ed il pericolo di un fenomeno più pericoloso della crisi del ’29.
L’impressione è che la guerra sia totale e che le battaglie vengano affrontate senza esclusione di colpi anche se investono questioni delicate, come si è visto per Alitalia, o se finiscono col soffiare sul fuoco della crisi finanziaria che è, e deve restare, invece, al di fuori del confronto politico.
La Legislatura è ancora lunga ed alla fine emergerà solo la capacità di adeguare il Paese alle mutazioni sempre più veloci di una società globale. L’invidia ed il risentimento possono poco se confrontate con la strategia delle riforme e con le rivoluzioni sociali; ed a nulla valgono le accuse di autoritarismo se il Governo va avanti per la sua strada sostenuto dal consenso degli italiani.
D’Alema, ad esempio, sembra abbia compreso che col 25 ottobre non si esaurisce l’attività del PD, al contrario di Veltroni, che dovrebbe essere un po’ più smaliziato del Di Pietro che prova ad inseguire. Pensiamo che non sia a torto che si accredita capacità intellettuali più raffinate.
Un furore quello del ’buonista” del vecchio pci che appare sproporzionato, se alimentato solo dalla manifestazione del 25 ottobre. E’vero che la politica è fatta per gran parte di episodi ma è anche vero che alla politica non possano mancare obiettivi ed indicazioni di più largo respiro. Un grande partito non può limitarsi a vivere alla giornata e preoccuparsi solo degli effetti speciali, perché ci sono anche quelli normali. Le emozioni che una formazione politica fa emergere finiscono con essere la sostanza di una credibilità più duratura. Le ragioni dei riferimenti ideali sono le fondamenta su cui un partito d’origine popolare deve costruire il nocciolo duro del suo consenso.
Anche i sillogismi verbali richiedono allo stesso tempo dell’effetto immediato la logica della loro interpretazione futura. Il fatto che in piazza scendano solo quelli più inclini alle parole d’ordine ed ai messaggi forti non può far esimere il segretario di un partito responsabile dal riflettere sulla preclusione nei futuri rapporti e sull’opportunità o meno di condurre lo scontro verso un punto di non facile ritorno. Nessuno gradisce sedersi a discutere intorno ad un tavolo dove uno dei presenti usa arringare la folla contro gli altri partecipanti.
C’è già Di Pietro, dentro e fuori del Parlamento, ad occupare lo spazio dell’intolleranza e della opposizione pregiudiziale, e Veltroni deve saperlo che Di Pietro come “Il Feroce Saladino” è più credibile di lui.
Vito Schepisi

15 settembre 2008

E' la sinistra che "ha rovinato economicamente, politicamente e moralmente l'Italia"

Ha le idee confuse Walter Veltroni! Cosa centra la lotta per l’integrazione negli Stati Uniti di Martin Luther King negli anni 60 con la situazione italiana? Cosa centra il pregiudizio etnico di 40 e passa anni fa negli USA contro la popolazione di colore con le preoccupazioni del popolo italiano per un’immigrazione incontrollata, spesso violenta e dedita al malaffare? Non si accorge il leader del PD che c’è un’immigrazione che per gran parte non chiede integrazione, anzi la rifiuta per imporre usi e principi lontani dalla nostra civiltà? Il martire della popolazione di colore americana chiedeva uguaglianza nei valori della democrazia e del pluralismo. E Veltroni invece che chiede? Forse il cedimento alla prepotenza e la libertà di infrangere le leggi?
Veltroni è tanto lontano dal senso comune di una politica di immigrazione, compatibile con la cultura e le tradizioni del Paese, e dal concetto stesso del multiculturalismo, inteso come tolleranza e comprensione per le diversità, da non accorgersi che la legalità, tanta evocata nei rapporti dei cittadini con la legge e con la pubblica amministrazione, non possa essere solo un’opzione da applicare per denigrare l’avversario politico ma un insieme di comportamenti di tutti che pongano in sicurezza le nostre famiglie e le nostre città.
La legalità è un concetto di base che va applicato sempre ed in ogni circostanza e non come piace a Di Pietro, ad esempio, incline a consentire a se stesso ciò che non consentirebbe ad altri.
Siamo nell’autunno meteorologico ed a Veltroni invece che di meditare sugli errori di questa opposizione pregiudiziale, non viene altro da sostenere se non richiamarsi al pericolo di un “autunno della democrazia e della libertà”. E naturalmente, per l’ex sindaco di Roma, questo pericolo proviene dall’azione della maggioranza che invece sta lavorando per il Paese, al contrario della precedente che sembrava lavorasse contro la sua popolazione.
Sembra un disco rigato quello dell’ex DS, un disco che salta e ripropone sempre il solito brano. Il leader dell’opposizione non riesce ad accorgersi che gli ideali di libertà e di democrazia siano invece il fulcro di una politica che si richiama ai valori del liberalismo della solidarietà e della partecipazione, al contrario di quelle politiche autoritarie e vendicative proprio di quella sinistra che oggi lui rappresenta, e che recentemente è stata rifiutata da un corpo elettorale stanco di subire le contraddizioni delle sue confusioni, stanco di assistere ai suoi riti e stanco di subire i suoi metodi invasivi e punitivi.
E’ stato Arturo Parisi, autorevole esponente del PD a riferire di un Berlusconi capace di sintonizzarsi col popolo ed è stato lo stesso Veltroni a sostenere che la maggioranza dell’Unione abbia spacciato per vittoria nel 2006 ciò che non era stata tale, anche se ha avuto la furbizia di omettere che in seguito a quella finta vittoria la sinistra ha invaso, come un’armata militare di occupazione, ogni spazio del Paese, invadendolo di nomine per gli amici invitati al banchetto della politica degli sprechi.
Ed il Veltroni che sostiene ora che “La destra sta rovinando economicamente, politicamente e moralmente l'Italianon è credibile neanche un poco.
Si chiama faccia tosta ma è anche ipocrisia e disinformazione, oltre ad essere un insieme di malanimo, se si pensa che per colpire l’avversario politico il leader dell’opposizione ed i suoi compagni non si tirano indietro su nulla, neanche sulla consueta abitudine di questa sinistra italiana di perseguire politiche di sfascio e contro l’interesse del Paese, come la spinta contro il recupero della compagnia di bandiera italiana.
Con Veltroni si ha l’impressione d’essere tornati alla politica del “tanto peggio, tanto meglio”, altro che il suo impegno elettorale al dialogo ed alla reciproca legittimazione.
"Solo noi – ha detto il leader del PD - possiamo essere l'alternativa nuova di cui il Paese ha bisogno” . Ma che alternativa? Alternativa a se stessi ed alla politica fatta di falsi in bilancio, come ha fatto rilevare la Commissione europea, di aumento della pressione fiscale, di occupazione di poltrone, di sperpero di pubblico denaro per favorire amici e parenti, della spazzatura di Napoli o di atti autoritari e di inaudita illegittimità, come quelli di Visco e la Guardia di Finanza di Milano o quelli della rimozione di un consigliere Rai non gradito da Prodi?
Quale altra parte d’Italia Veltroni e compagni vogliono immergere nel degrado?
No, grazie Veltroni! ma l’Italia preferisce andare avanti, rinnovarsi nella sua immagine, recuperare efficienza e senso del dovere, estirpare il malcostume, rendere impotenti le caste, recuperare la legalità sostanziale fatta di diritti e di libertà, impadronirsi del suo territorio, pretendere efficienza, snellire la burocrazia, rendere efficiente la giustizia, alleggerire la pressione fiscale e ripensare la spesa pubblica per porla al servizio dei cittadini.
La sinistra italiana ha già dato ed i risultati sono parsi del tutto deludenti.
Vito Schepisi

08 settembre 2008

Alla fiera dell'est del PD

Siamo quasi alle comiche. Arturo Parisi che riconosce i meriti di Berlusconi offende il PD: per Veltroni è, infatti, “offensivo ed irresponsabile”. La Festa del Partito Democratico si trasforma nella fiera dell’est dove per due soldi Veltroni un topolino comprò.
Se l’ideatore dell’Ulivo, amico di Prodi, avesse detto che le soluzioni politiche proposte da Berlusconi sono risultate efficaci, al contrario di quanto va sostenendo il PD, o se di questo avesse criticato la sterile e strumentale opposizione, sarebbe diventato il Giordano Bruno del ventunesimo secolo e condannato al rogo per eresia dall’inquisitore Walter Veltroni.
E’ blasfemo ed eretico per il segretario PD chi possa pensare che la maggioranza che sostiene il Presidente del Consiglio sia animata da strategie di sviluppo e che l’azione del governo s’interseca con la domanda che emerge dal Paese, al contrario della confusione isterica che anima invece l’opposizione.
Parisi, però, al contrario dell’esegeta dell’antipolitica Di Pietro (che fa politica ed ha un partito personale), non contesta a Veltroni arrendevolezza o convergenze programmatiche nei confronti del Cavaliere. L’ex ministro della difesa del governo Prodi assume solo posizioni critiche sulla validità della strategia veltroniana che fa apparire Berlusconi un vincente ed, al contrario, il segretario del PD un perdente. Parisi contesta a Veltroni l’abbandono della strategia dell’Unione che univa tutta la sinistra, ritenendo forse utile, per poter prevalere, l’utilizzo dell’unico collante capace a tenerli insieme che è l’antiberlusconismo. Una posizione pazzesca e sterile, inutile al fine di riformare e rilanciare il Paese ma legittima nella dialettica democratica.
Finora le posizioni critiche ed il confronto sulle strategie all’interno di un movimento politico erano considerate un segnale di vitalità, un valore aggiunto per la capacità di alimentare il dibattito interno. Il confronto delle idee e delle proposte, infatti, ha sempre una valenza di partecipazione e democrazia. Ma questo PD con Veltroni dove conduce?
E’ la Fiera dell’est dove alla fine resta di certo solo che Veltroni per due soldi un topolino comprò.
Sarebbero da considerare criticità, invece, tutte quelle azioni che mirano a scavare buche sotto i piedi del segretario per questioni di poltrone e/o di leadership, più che le posizioni di aperto dissenso sulla gestione e sulla strategia del Partito Democratico, che invece favoriscono la crescita culturale e la maturazione di un partito. A Parisi non viene riconosciuta neanche la lealtà di essere critico apertamente e senza sotterfugi, come si conviene nella sincerità dell’impegno politico. Viene liquidato con scherno “il partito è molto più avanti dei suoi rappresentanti”. Ma di questo, in verità, nessuno se n’era mai accorto!
Da Firenze ci si aspettava una indicazione ed un orientamento più preciso. La Festa del Partito Democratico, dopo le elezioni di aprile, e dopo un periodo di confusione e disorientamento dovuto alla difficoltà di assestarsi in un ruolo di opposizione serio e riconoscibile, era attesa come un momento di riflessione e di chiarezza. Doveva essere l’occasione per un nuovo passo avanti che stabilisse il rilancio del metodo della legittimazione reciproca. Doveva marcare la definizione di un nuovo comportamento, simile a quello delle grandi forze democratiche europee. E’ vero che non era un congresso e non poteva, pertanto, offrire nuove indicazioni di linea politica, ma dall’assise non è emerso nessun segnale di recupero per l’immagine di una sinistra moderna e riformista.
Non ci sono state definizioni né sulle strategie di un eventuale dialogo con la maggioranza sulle regole dello Stato e neanche indicazioni sulle riforme ritenute necessarie. Un partito riformista che è orientato alla conservazione su temi di grande rilievo sociale come ad esempio, la giustizia, la scuola, la sicurezza, la pubblica amministrazione, la qualità della vita nelle città, il decentramento federalista, fallisce nel suo ruolo e tradisce la sua missione.
Cos’è mai così un partito riformista che non propone riforme? Cosa un partito che sulle riforme crea ostacoli e politiche disfattiste, inseguendo magari Di Pietro e le sue strumentalizzazioni?
Sembra solo un Veltroni degli anatemi quello che è apparso a Firenze. Un uomo preoccupato per la sua poltrona. Più un Veltroni del non si può fare. Eppure è appena tornato da Denver negli Usa, dalla Convention del suo profeta Obama, dal suo “yes, we can”!
In verità, si ha la strana impressione che tra i democratici Usa s’incominci a temere la iella Veltroni!
Accusa Di Pietro di averlo tradito e prende le distanze dall’alleanza con l’ex magistrato. Gli sta scomoda l’Idv che gli ruba la scena catalizzando l’attenzione di coloro che si contorcono le budella dell’antiberlusconismo. Gli fa ombra il condottiero dell’assalto all’arma bianca contro il governo e la maggioranza. Il leader PD soffre la concorrenza del nuovo "signor no a prescindere". Questo finisce con essere un brutto sintomo di debolezza: un leader di un grande partito non può, infatti, temere la concorrenza di un uomo senza precisa fisionomia: un po’ fascista un po’ barricadiero e per giunta incapace di esprimersi.
Anche l’osservazione sugli errori di Prodi per aver spacciato nel 2006 per vittoria quella che invece non è stata tale, appare oggi strumentale. L’accusa all’Unione di aver respinto le proposte di convergenza con l’opposizione, per aprire una stagione di dialogo, non regge se il PD di Veltroni, adesso, non riesce a cogliere il valore di un serrato confronto sulla necessità di modernizzare lo Stato. Se non si avverte la necessità di intervenire laddove sacche di privilegi e di sprechi sottraggono le risorse per migliorare i servizi e per favorire il rilancio di iniziative utili all’ ammodernamento del Paese, si è fuori dalla sintonia con il popolo. Se si è indifferenti e si ostacolano le realizzazioni delle grandi opere che, oltre a segnare il tempo evolutivo della storia, favoriscono l’occupazione e lo sviluppo economico del Paese, non si è progressisti e riformisti bensì biechi conservatori.
Continua solo a mietere uno scarso raccolto il Veltroni dello stucchevole “ma anche”, come quando afferma che è pronto al dialogo con la sinistra alternativa, ma anche all’attenzione verso l’Udc di Casini con cui creerà “con intelligenza le condizioni di prossimità, a livello locale e nazionale”. E nel frattempo continua a rivendicare il successo alle ultime elezioni politiche per aver riscosso il 34% dei consensi.
Qualcuno gli spieghi che per vincere occorre avvicinarsi al 50%!
Alla fiera dell’est per due soldi Veltroni un topolino comprò.
Vito Schepisi

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