E’ uno strano partito quello Democratico. E’ stato voluto da Prodi e sembra che ora il Professore ne sia già fuori. La tessera numero uno di De Benedetti non è stata mai consegnata ed ora il finanziere e coeditore del gruppo Repubblica-L’Espresso mostra di non gradirla più. Il responsabile politico del Partito parla, ma c’è chi lo precede per dire cose diverse o lo smentisce prefigurando scenari e strategie differenti. Il Partito è frantumato in tanti di quei gruppi che è persino difficile contarli.
Rivendica scelte coraggiose Veltroni: “abbiamo fatto – sostiene – un’operazione di grande europeizzazione della vita politica italiana", ma ha il vizio di inciampare sugli esiti. Il coraggio, infatti, richiede la coerenza che è mancata quando ha scaricato Boselli per imbarcare Di Pietro e che non mantiene quando non chiede, anzi non pretende il tavolo delle riforme.
Se Veltroni non riesce a dare respiro europeo al suo partito non potrà mai contribuire a darlo alla politica italiana! Persino il rotocalco Newsweek qualche settimana fa lo ha ignorato nel far l’elenco dei leader contemporanei della sinistra Europea.
E’ uno strano partito. Sembra un partito omertoso. Alla ripresa dell’attività politica dopo l’estate, per parlare di strategie per l’autunno, nessuno ha preso la parola per tratteggiare i differenti punti di vista, tranne Parisi che ha definito il PD un “partito schizofrenico e depresso”.
Il nuovo partito della sinistra italiana sembra, così, più un luogo di chiacchiericcio e di pettegolezzi che una forza politica che si prefigge obiettivi ambiziosi. Si ha l’impressione che la fusione tra ispirazioni e tradizioni diverse consigli a tutti di tenere a freno la bocca, anche se non riesce a smorzare delusioni e preoccupazioni. E c’è chi già pensa a scissioni.
Non ha fatto in tempo D’Alema, alla conferenza dei giovani di Confindustria a Capri, ad esprimere apprezzamenti a Tremonti ed al Capo del Governo sulla cautela e prudenza nella gestione della crisi finanziaria mondiale che altri, come Bersani e lo stesso Veltroni contestano, invece, al Governo la sottovalutazione della crisi ed il pericolo di un fenomeno più pericoloso della crisi del ’29.
L’impressione è che la guerra sia totale e che le battaglie vengano affrontate senza esclusione di colpi anche se investono questioni delicate, come si è visto per Alitalia, o se finiscono col soffiare sul fuoco della crisi finanziaria che è, e deve restare, invece, al di fuori del confronto politico.
La Legislatura è ancora lunga ed alla fine emergerà solo la capacità di adeguare il Paese alle mutazioni sempre più veloci di una società globale. L’invidia ed il risentimento possono poco se confrontate con la strategia delle riforme e con le rivoluzioni sociali; ed a nulla valgono le accuse di autoritarismo se il Governo va avanti per la sua strada sostenuto dal consenso degli italiani.
D’Alema, ad esempio, sembra abbia compreso che col 25 ottobre non si esaurisce l’attività del PD, al contrario di Veltroni, che dovrebbe essere un po’ più smaliziato del Di Pietro che prova ad inseguire. Pensiamo che non sia a torto che si accredita capacità intellettuali più raffinate.
Un furore quello del ’buonista” del vecchio pci che appare sproporzionato, se alimentato solo dalla manifestazione del 25 ottobre. E’vero che la politica è fatta per gran parte di episodi ma è anche vero che alla politica non possano mancare obiettivi ed indicazioni di più largo respiro. Un grande partito non può limitarsi a vivere alla giornata e preoccuparsi solo degli effetti speciali, perché ci sono anche quelli normali. Le emozioni che una formazione politica fa emergere finiscono con essere la sostanza di una credibilità più duratura. Le ragioni dei riferimenti ideali sono le fondamenta su cui un partito d’origine popolare deve costruire il nocciolo duro del suo consenso.
Anche i sillogismi verbali richiedono allo stesso tempo dell’effetto immediato la logica della loro interpretazione futura. Il fatto che in piazza scendano solo quelli più inclini alle parole d’ordine ed ai messaggi forti non può far esimere il segretario di un partito responsabile dal riflettere sulla preclusione nei futuri rapporti e sull’opportunità o meno di condurre lo scontro verso un punto di non facile ritorno. Nessuno gradisce sedersi a discutere intorno ad un tavolo dove uno dei presenti usa arringare la folla contro gli altri partecipanti.
C’è già Di Pietro, dentro e fuori del Parlamento, ad occupare lo spazio dell’intolleranza e della opposizione pregiudiziale, e Veltroni deve saperlo che Di Pietro come “Il Feroce Saladino” è più credibile di lui.
Rivendica scelte coraggiose Veltroni: “abbiamo fatto – sostiene – un’operazione di grande europeizzazione della vita politica italiana", ma ha il vizio di inciampare sugli esiti. Il coraggio, infatti, richiede la coerenza che è mancata quando ha scaricato Boselli per imbarcare Di Pietro e che non mantiene quando non chiede, anzi non pretende il tavolo delle riforme.
Se Veltroni non riesce a dare respiro europeo al suo partito non potrà mai contribuire a darlo alla politica italiana! Persino il rotocalco Newsweek qualche settimana fa lo ha ignorato nel far l’elenco dei leader contemporanei della sinistra Europea.
E’ uno strano partito. Sembra un partito omertoso. Alla ripresa dell’attività politica dopo l’estate, per parlare di strategie per l’autunno, nessuno ha preso la parola per tratteggiare i differenti punti di vista, tranne Parisi che ha definito il PD un “partito schizofrenico e depresso”.
Il nuovo partito della sinistra italiana sembra, così, più un luogo di chiacchiericcio e di pettegolezzi che una forza politica che si prefigge obiettivi ambiziosi. Si ha l’impressione che la fusione tra ispirazioni e tradizioni diverse consigli a tutti di tenere a freno la bocca, anche se non riesce a smorzare delusioni e preoccupazioni. E c’è chi già pensa a scissioni.
Non ha fatto in tempo D’Alema, alla conferenza dei giovani di Confindustria a Capri, ad esprimere apprezzamenti a Tremonti ed al Capo del Governo sulla cautela e prudenza nella gestione della crisi finanziaria mondiale che altri, come Bersani e lo stesso Veltroni contestano, invece, al Governo la sottovalutazione della crisi ed il pericolo di un fenomeno più pericoloso della crisi del ’29.
L’impressione è che la guerra sia totale e che le battaglie vengano affrontate senza esclusione di colpi anche se investono questioni delicate, come si è visto per Alitalia, o se finiscono col soffiare sul fuoco della crisi finanziaria che è, e deve restare, invece, al di fuori del confronto politico.
La Legislatura è ancora lunga ed alla fine emergerà solo la capacità di adeguare il Paese alle mutazioni sempre più veloci di una società globale. L’invidia ed il risentimento possono poco se confrontate con la strategia delle riforme e con le rivoluzioni sociali; ed a nulla valgono le accuse di autoritarismo se il Governo va avanti per la sua strada sostenuto dal consenso degli italiani.
D’Alema, ad esempio, sembra abbia compreso che col 25 ottobre non si esaurisce l’attività del PD, al contrario di Veltroni, che dovrebbe essere un po’ più smaliziato del Di Pietro che prova ad inseguire. Pensiamo che non sia a torto che si accredita capacità intellettuali più raffinate.
Un furore quello del ’buonista” del vecchio pci che appare sproporzionato, se alimentato solo dalla manifestazione del 25 ottobre. E’vero che la politica è fatta per gran parte di episodi ma è anche vero che alla politica non possano mancare obiettivi ed indicazioni di più largo respiro. Un grande partito non può limitarsi a vivere alla giornata e preoccuparsi solo degli effetti speciali, perché ci sono anche quelli normali. Le emozioni che una formazione politica fa emergere finiscono con essere la sostanza di una credibilità più duratura. Le ragioni dei riferimenti ideali sono le fondamenta su cui un partito d’origine popolare deve costruire il nocciolo duro del suo consenso.
Anche i sillogismi verbali richiedono allo stesso tempo dell’effetto immediato la logica della loro interpretazione futura. Il fatto che in piazza scendano solo quelli più inclini alle parole d’ordine ed ai messaggi forti non può far esimere il segretario di un partito responsabile dal riflettere sulla preclusione nei futuri rapporti e sull’opportunità o meno di condurre lo scontro verso un punto di non facile ritorno. Nessuno gradisce sedersi a discutere intorno ad un tavolo dove uno dei presenti usa arringare la folla contro gli altri partecipanti.
C’è già Di Pietro, dentro e fuori del Parlamento, ad occupare lo spazio dell’intolleranza e della opposizione pregiudiziale, e Veltroni deve saperlo che Di Pietro come “Il Feroce Saladino” è più credibile di lui.
Vito Schepisi
1 commento:
Caro Vito.
Mi trovi d' accordo!
Il Partito Democratico è nato con un "peccato originale", quello di essere il frutto di una fusione fredda tra Democratici di Sinistra e Democrazia è Libertà-La Margherita, senza un vero coinvolgimento dal basso, dalla gente comune.
Saluti Azzurri.
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