05 settembre 2013

I licenziamenti e la corsa degli idioti


I partiti godono di mille privilegi, vivono tra l'altro con i soldi dei contribuenti e non hanno tanti obblighi se non quello di presentare un bilancio alla presidenza delle Camere, ma senza che si possa entrare nel merito, né nella destinazione e né nella congruità delle poste, tanto che c'è stato chi si è comprato alcuni appartamenti e li ha affittati al partito, pagando con i ricavi le rate del mutuo. 
Ma questa è altra storia che da una parte la partitocrazia, vera fabbrica degli impuniti, e dall’altra la magistratura, braccio armato della casta, hanno consentito in modo selettivo.
Per restare impuniti in Italia occorre un requisito essenziale, consigliato a voce, al massimo per telefono: abbaiare contro Berlusconi. 
Il "non ci sto" è riservato solo ai pochissimi personaggi - a cui sono anche stati permessi passati torbidi - che assolvono con conveniente merito il loro meretricio compito. 
Non è consentito, però, né a voce e né per telefono, licenziare un dipendente. 
E' vero che nel nostro Bel Paese ciascuno può fare ciò che crede, purché lo faccia dalla parte giusta, mentre se lo fa dalla parte sbagliata prima o poi gli arrivano guai giudiziari, ed è anche vero che, sempre in Italia, spesso son guai anche per chi non fa niente di male, ma non tace, anzi scrive, denuncia e protesta, ma non bisogna esagerare. 
Sarebbe stato consentito ad un partito licenziare un dipendente per iscritto, motivandone le ragioni, ma non farlo a voce e per telefono. Avrebbero fatto una brutta figura politica, ma con una corretta procedura legale. A voce, però, non ci sarebbe stata traccia: forse così l’hanno pensata. 
Se il partito di Berlusconi, ad esempio, licenziasse un dipendente per telefono la cosa farebbe cadere il mondo. Il leader del centrodestra sarebbe accusato d’essere un padrone freddo e insensibile, abituato all’arroganza e all’abuso, ed il Pdl di tollerare la trasgressione e l’illegalità. L’episodio avrebbe alimentato il clamore, scatenando sentimenti di odio, quantunque non possa essere considerata una vera notizia per un Pdl già ampiamente tratteggiato dalla stampa come un partito di trasgressori della legalità. 
La verità è che tutti i partiti lo sono (trasgressori della legalità) perché i vuoti di legge ed i privilegi di cui godono agevolano gli abusi. Non dovrebbe far notizia, come quella classica della scuola di giornalismo del cane che morde il suo padrone, mentre farebbe invece notizia quella del padrone che morde il suo cane. 
Ma se lo facesse il partito di Epifani, vecchio e duro sindacalista della Cgil, dovrebbe far notizia, dovremmo, invece, trovarci nella seconda ipotesi, in quella del padrone che morde il suo cane. 
Perché invece non la fa? 
Anzi, dovrebbe far notizia due volte: la prima perché il suo partito, il PD, si comporta da datore di lavoro che senza giusta causa, adotta un atto discriminatorio verso un suo dipendente; la seconda perché un partito che si dice dei lavoratori dovrebbe sapere che licenziare a voce, addirittura per telefono, è contro ogni interpretazione delle leggi sul lavoro e non può essere consentito a nessuno. Neanche al PD. Neanche ai prepotenti e agli amici dei media e dei giudici. 
Ma del PD oramai non ci meraviglia più niente. Le contraddizioni sono tante e le domande da porsi altrettante. Non ci meraviglia, pertanto, neanche assistere periodicamente alla sagra nazionale della corsa degli idioti. 
Cosa è questa novità? Ve la spiego. 
A differenza delle sagre strapaesane in cui si organizzano le corse coi sacchi, tra scene buffe e agonismo vero, nella corsa degli idioti è tutto buffo, ed anche l'agonismo è falso. E' come un concorso immediato. C'è la corsa a chi scatta prima. 
Se c'è qualcuno in odore di “santità”, si verifica uno smottamento umano. 
I concorrenti partono in tutte le condizioni in cui si trovano: alcuni ancora con le mutande tra le gambe, perché sorpresi mentre già fornicavano con altri. 
E’ un po’ la filosofia della “cosa” nuova. La storia si ripete sempre. 
In Italia, però, la chiamano diversamente: la chiamano la corsa sul carro del vincitore. Non cambia, però, la sostanza, e soprattutto non cambiano i protagonisti: gli idioti. 
Vito Schepisi

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