Nei regimi totalitari niente del popolo e dei sudditi è segreto. Persino il capo condomino di un fabbricato ha l'obbligo di origliare e di riferire sulle abitudini e sui sospiri degli inquilini. E’ riservato, invece, l’esercizio incondizionato del potere ed è riservata la conoscenza della realtà sociale ed economica dello Stato.
I regimi illiberali si reggono sul ricatto e sulla discrezionalità degli apparati. Tutto deve essere convergente per l'esercizio indiscusso ed esclusivo del potere. Nei paesi totalitari, nelle dittature militari o in quelle populiste o, ancora, nelle altre emanazioni politico-amministrative di estrazione etica e fondamentalista, c'è l'odio e la repressione per tutto ciò che è plurale: non esiste la libera espressione del pensiero, né l'autonomia della propria coscienza. C’è la necessità dell'omologazione totale del pregiudizio verso gli avversari. Questa componente ideologica è come se fosse la sostanza stessa dell'azione politica e della strategia sociale e culturale del Paese. Si odia il capitalismo piuttosto che il liberalismo, ed i regimi diventano centri di rieducazione e divulgatori dei principi dell’etica e della morale.
In democrazia, invece, soprattutto il giudizio che incide sulla "dignità" delle persone, cioè sulla sua sfera individuale, non può ridursi ad un voto di opportunità politica, quanto, invece, ad una espressione ragionata della propria coscienza. Pensare e dire, come ha fatto Epifani, per il voto in Giunta sulla decadenza di Berlusconi, che il PD, compatto, voterà si alla decadenza del leader del centrodestra lo fa apparire, invece, come un mero voto di opportunità politica.
Ma la Giunta per le immunità schierata come riflesso dei partiti a che serve?
Se non servisse far prevalere la coscienza dei componenti la Giunta, basterebbe far votare i capigruppo con il peso dei propri parlamentari ed il gioco sarebbe già fatto, senza perdere ulteriore tempo e denaro.
Se il Parlamento, però, perdesse, anche formalmente, la sua funzione di rappresentare i cittadini, la nostra non sarebbe più democrazia. Potremmo anche deputare alla magistratura, scalpitante e bramosa di esercitare un potere, il compito di pensare e di agire per tutti! Così diverrebbe anche tutto più evidente. Sarebbe la traduzione visibile di ciò che sta avvenendo oggi in Italia. Ed il regime che si sta instaurando nel nostro, invece di apparire e di dirsi democratico, per onestà intellettuale, sarebbe più visibilmente autoritario e illiberale.
Mi chiedo ancora a cosa valga una Giunta per le immunità il cui Presidente si è espresso prima ancora che fosse stata convocata la Giunta, se non una parvenza di democrazia, ove l’azione democratica sarebbe sola quella di ratificare ciò che già si è stabilito?
Quella del senatore Stefàno è solo una smania di protagonismo, alla "Esposito", o è una forma d’incultura della democrazia?
Nel primo caso, l'Italia alla "Esposito" avrebbe un che di burlesco che non può piacere, anzi sarebbe disgustosa, nel secondo dovremmo incominciare a chiederci se 65 anni di retorica democratica ed antifascista non siano serviti che a reincarnare l'orrore.
Se quello della giunta diventasse un voto politico, con i segretari dei partiti che indicassero la strada da seguire, il ruolo del segretario del PD sarebbe doppiamente ingannevole. Epifani renderebbe visibile la doppia intenzione del PD: liberarsi dello scomodo avversario politico, dopo averci provato per 20 anni - senza riuscirci - e bocciare l'alleanza di governo con il Pdl a guida di un uomo dello stesso PD.
Quando c'è il PD di mezzo la confusione regna sempre sovrana, e se non c'è il saccheggio materiale del Paese, c'è quantomeno il consueto tentativo del saccheggio delle coscienze e della democrazia liberale. E siccome non si fidano dei loro uomini, come accade a tutti i dittatori, ad Epifani piacerebbe il voto palese sulla decadenza di Berlusconi, per potere esercitare il potere di condizionamento del partito sulle coscienze dei suoi senatori.
Come ad un Kim Yong qualsiasi.
Vito Schepisi
I regimi illiberali si reggono sul ricatto e sulla discrezionalità degli apparati. Tutto deve essere convergente per l'esercizio indiscusso ed esclusivo del potere. Nei paesi totalitari, nelle dittature militari o in quelle populiste o, ancora, nelle altre emanazioni politico-amministrative di estrazione etica e fondamentalista, c'è l'odio e la repressione per tutto ciò che è plurale: non esiste la libera espressione del pensiero, né l'autonomia della propria coscienza. C’è la necessità dell'omologazione totale del pregiudizio verso gli avversari. Questa componente ideologica è come se fosse la sostanza stessa dell'azione politica e della strategia sociale e culturale del Paese. Si odia il capitalismo piuttosto che il liberalismo, ed i regimi diventano centri di rieducazione e divulgatori dei principi dell’etica e della morale.
In democrazia, invece, soprattutto il giudizio che incide sulla "dignità" delle persone, cioè sulla sua sfera individuale, non può ridursi ad un voto di opportunità politica, quanto, invece, ad una espressione ragionata della propria coscienza. Pensare e dire, come ha fatto Epifani, per il voto in Giunta sulla decadenza di Berlusconi, che il PD, compatto, voterà si alla decadenza del leader del centrodestra lo fa apparire, invece, come un mero voto di opportunità politica.
Ma la Giunta per le immunità schierata come riflesso dei partiti a che serve?
Se non servisse far prevalere la coscienza dei componenti la Giunta, basterebbe far votare i capigruppo con il peso dei propri parlamentari ed il gioco sarebbe già fatto, senza perdere ulteriore tempo e denaro.
Se il Parlamento, però, perdesse, anche formalmente, la sua funzione di rappresentare i cittadini, la nostra non sarebbe più democrazia. Potremmo anche deputare alla magistratura, scalpitante e bramosa di esercitare un potere, il compito di pensare e di agire per tutti! Così diverrebbe anche tutto più evidente. Sarebbe la traduzione visibile di ciò che sta avvenendo oggi in Italia. Ed il regime che si sta instaurando nel nostro, invece di apparire e di dirsi democratico, per onestà intellettuale, sarebbe più visibilmente autoritario e illiberale.
Mi chiedo ancora a cosa valga una Giunta per le immunità il cui Presidente si è espresso prima ancora che fosse stata convocata la Giunta, se non una parvenza di democrazia, ove l’azione democratica sarebbe sola quella di ratificare ciò che già si è stabilito?
Quella del senatore Stefàno è solo una smania di protagonismo, alla "Esposito", o è una forma d’incultura della democrazia?
Nel primo caso, l'Italia alla "Esposito" avrebbe un che di burlesco che non può piacere, anzi sarebbe disgustosa, nel secondo dovremmo incominciare a chiederci se 65 anni di retorica democratica ed antifascista non siano serviti che a reincarnare l'orrore.
Se quello della giunta diventasse un voto politico, con i segretari dei partiti che indicassero la strada da seguire, il ruolo del segretario del PD sarebbe doppiamente ingannevole. Epifani renderebbe visibile la doppia intenzione del PD: liberarsi dello scomodo avversario politico, dopo averci provato per 20 anni - senza riuscirci - e bocciare l'alleanza di governo con il Pdl a guida di un uomo dello stesso PD.
Quando c'è il PD di mezzo la confusione regna sempre sovrana, e se non c'è il saccheggio materiale del Paese, c'è quantomeno il consueto tentativo del saccheggio delle coscienze e della democrazia liberale. E siccome non si fidano dei loro uomini, come accade a tutti i dittatori, ad Epifani piacerebbe il voto palese sulla decadenza di Berlusconi, per potere esercitare il potere di condizionamento del partito sulle coscienze dei suoi senatori.
Come ad un Kim Yong qualsiasi.
Vito Schepisi
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