10 marzo 2013

Sviluppo, Giustizia, Istituzioni



L'Italia ha bisogno di un Governo che abbia la possibilità e la forza politica di raddrizzare la barca. Ha bisogno di un esecutivo che si occupi di almeno tre cose con urgenza.

La prima in assoluto è lo sviluppo puntando sulla liberalizzazione del mercato del lavoro, sulla ricostituzione del potere di acquisto delle famiglie, sulle defiscalizzazioni per le imprese, sull'azzeramento degli oneri a carico dei datori di lavoro per le nuove assunzioni e sugli incentivi per alcuni settori strategici. Tra le priorità si pensi ad un piano casa per le nuove famiglie; si pensi all'abbattimento dell'IMU sulla prima casa; si pensi a riportare l'IVA al 20%.

Bisogna porre riparo ai guasti di Monti.

La seconda questione è la giustizia. Peggio di così in Italia non può andare. Non è un caso che la giustizia italiana sia agli ultimi posti al mondo. La peggiore in Europa. La giustizia è diventata una "variabile indipendente" nella galassia di un concetto mal interpretato di democrazia. E’ un bastimento carico di zavorra che affonda trascinandosi l’intero Paese. Mancano regole e limiti, manca responsabilità, manca il carattere democratico del suo Ordinamento. E’ pervasa dall’arroganza di protagonisti incapaci di rispettare le regole della legalità ed i principi dell'uguaglianza.

La terza questione attiene alle riforme. L'Italia ha bisogno di un assetto istituzionale che gli garantisca la governabilità e il rispetto della sovranità popolare. Va rivista la legge elettorale e vanno introdotte alcune forme di democrazia diretta. E’ sempre necessario, però, un quadro parlamentare di riferimento che abbia carattere di continuità e che garantisca l’impegno e il sostegno politico all'esecutivo scelto dagli elettori. Non è pensabile, invece, proporre il sistema assembleare in cui prevale sempre il più prepotente e chi grida di più. Né è possibile, infine, farneticare sulla democrazia del web, conoscendone, invece, le sue derive autoritarie e la sua predisposizione a essere veicolo di rozze e odiose parole d'ordine. 
Vito Schepisi

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