17 settembre 2012

Rien ne va plus



La spesa pubblica è arrivata al 60% del Pil. Il Pil come sappiamo è l'intero fatturato italiano.
Per capirci meglio bisogna pensare che se in questo momento comprassimo un chilo di pane, pagando 3 euro, nello stesso momento, in termini teorici, ma con effetti pratici, lo Stato spenderebbe 1,80 Euro.
Vale a dire, ancora, che tutto ciò che si fattura in Italia, compresi i salari, trova una spesa corrispondente per 3 quinti di costi pubblici.
E parliamo sempre di costi primari, cioè non teniamo conto dei costi degli interessi sul debito che al momento s’attestano sugli 80 miliardi di euro l'anno.
Questo concetto deve essere chiaro, se si vuole capire cosa ci troveremo dinanzi dopo le elezioni politiche di primavera.
Il rapporto spesa pubblica/Pil è insostenibile e, infatti, l'Italia non riesce a bloccare la dinamica del debito sovrano.
Il debito per suo conto è insostenibile perché ci espone ai venti della speculazione. A giugno di quest'anno, nonostante la cura da cavallo di Monti, ha raggiunto il record di 1.972, 900 miliardi di euro. Non si può pensare di continuare così. Bisogna bloccarlo. Per bloccare il formarsi del nuovo debito sono note solo due strade: 1) abbassare le spese; 2) aumentare le entrate. Non se ne conoscono altre, tutt’al più la combinazione tra le due azioni. La terza, invece, sarebbe il fallimento.
Spero che tutto questo sia chiaro. E spero che sia chiaro che nonostante il recupero record del 2011 dell'evasione fiscale il debito sia aumentato ugualmente. Così si risponde in anticipo ai molti imbecilli che dicono di avere, beati loro, la soluzione in tasca.
Spiegare perché, a volte, se si spreme il contribuente e si contesta il sommerso, si finisce col contrarre le entrate fiscali, anziché aumentarle, può apparire complesso, ma non è così. Facciamo un esempio. Se una piccola impresa riuscisse a sopravvivere e a pagare i salari alle maestranze, lavorando nel sommerso - nel mezzogiorno ci sono migliaia di piccole imprese che lo fanno - creerebbe ricchezza e metterebbe in circolazione risorse per i consumi. Se chiudesse, invece, creerebbe disoccupazione e bisogno sociale, e sottrarrebbe risorse alla domanda.
Il saldo tra le due cose è positivo nella prima ipotesi ma negativo nella seconda. E' per questa ragione che l'alta pressione fiscale crea povertà al Paese e finisce col criminalizzare i piccoli lavoratori autonomi che dinanzi alla scelta tra sopravvivere o capitolare scelgono la prima.
Da questo ragionamento, per concretezza, proviamo a trarre delle conclusioni.
In primavera si vota. C'è chi è incazzato e a votare non ci andrà. C'è chi è anche lui incazzato e, per protesta, andrà a votare i comici che s’improvvisano politici - sarebbe come se, per curare un dente, si andasse dal ciabattino - c'è, invece, chi andrà a votare e farà le sue scelte.
Dico subito che sono contro la protesta sterile. Il voto è un diritto, ma anche un dovere. La democrazia si forma attraverso il consenso e, se la politica per alcuni è diventata un espediente per vivere bene alle spalle di altri, la colpa è anche di chi non sa fare le scelte.
Le scelte!
Destra, sinistra, centro, francamente, sono tutte sciocchezze. Gli imbecilli e le persone per bene ci sono dappertutto. Non c’è il partito degli onesti o quello dei disonesti. E spesso quelli che si dicono onesti si organizzano per il consenso in modo “mafioso”, ma questa sarebbe già un’altra storia! Le etichette sono arnesi della vecchia politica e servono per alimentare le polemiche, distraendo i cittadini dalle scelte da cui dipendono la nostra vita quotidiana e il futuro delle giovani generazioni: ciò che la partitocrazia, per il proprio vantaggio, sta distruggendo.
E’ da premettere che tutto si può dire, anche garantire un salario a tutti, dare una casa a chi non l'ha, ed anche far sposare Vendola con il suo amichetto. Le parole non costano!
La scelta fondamentale da fare, però, è tra il tagliare la spesa o aumentare le entrate (tasse), perché è necessario scegliere ciò che ci serve per essere liberi di realizzare ciò che vogliamo.
A tal fine, il quadro è più chiaro di quanto non si pensi. Possiamo dire che i due schieramenti, anche se divisi all’interno, sono perfettamente rappresentativi di queste due strade.
Quella, infatti, che si definisce sinistra, centrosinistra, movimenti di protesta o partito delle manette (Grillo e Di Pietro) prevalentemente va verso la strada dell’aumento delle entrate (le tasse), per sostenere la spesa.
Quella che si definisce destra, centrodestra e altri movimenti nascenti (Giannino e Montezemolo) punta invece a contenere la spesa e ridurre le tasse.
Quando si ragiona, si capisce cosa serve all’Italia, altrimenti, se si vota per istinto e pregiudizio, è un po’ come andare a puntare al casinò.
Fate il vostro gioco! Rien ne va plus!
Vito Schepisi

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