Partire dalla realtà
superando i sogni dei programmi ambiziosi che restano sulla carta - quando non
sono solo castelli di sabbia che si sfaldano senza lasciar traccia - per recuperare
risorse per la ripresa, per rilanciare i servizi e per dotare la Città di un
assetto urbanistico efficiente.
Bari è una Città da far
rivivere. Non è quella delle cronache degli ultimi anni. Non può vincere la
rassegnazione nel considerare compromessi i valori tradizionali delle società
civili, come la legalità, l’attenzione ai bisogni sociali, la sicurezza
pubblica, l’igiene, la cultura, il futuro dei giovani. Non può essere la Città
incapace di amministrare un prestigioso Teatro, come il Petruzzelli, senza
lasciarsi coinvolgere nelle politiche
clientelari e negli sperperi.
C’è un gruppo di donne e
uomini liberi che ci vogliono provare. Si sono incontrati con il passa parola.
Si sono detti: “proviamoci, chiamiamoci Rinascibari”.
E “Rinascibari” sta
diventando un’idea per Bari: vuole essere un metodo che rompa con il passato e
con la consueta politica utile alle famiglie dei palazzinari che realizzano le
fortune di pochi, assorbendo le risorse da utilizzare per le necessità di
tutti.
A Bari c’è la sofferenza
delle famiglie e delle imprese: le prime inquiete per le difficoltà quotidiane
di vita, tra i costi e le tasse in aumento e la mancanza di prospettive per
l’occupazione dei figli; le altre preoccupate dai fatturati in progressiva
flessione, oltre che dalla burocrazia assillante e dagli insopportabili
balzelli fiscali.
Le difficoltà del Paese
inducono a pensare che non si potrà contare su trasferimenti di risorse
statali, si potrà contare, invece, su quei progetti che includano la Città in
programmi mirati di sviluppo strategico. Occorrono, però, idee e intelligenze
perché si realizzino benefici strutturali che durino, invece di alimentare
clientele e distribuire risorse agli amici.
Bari, con la sua
prospettiva di Città Metropolitana, ha da spingere su proposte e su progetti di
crescita e di integrazione, componendo tavoli di intesa sul territorio, con i
Comuni della sua area, ed iniziative congiunte con le Istituzioni e la
Regione.
Nessuna opportunità di
crescita e d’investimenti andrebbe tralasciata, ricordando che i posti di
lavoro si creano, e soprattutto si mantengono, in un rapporto compatibile tra
iniziativa e mercato e che le risorse sono opportunità per lo sviluppo e non solo
soldi da spendere.
La dimensione di Città
Metropolitana e di Città Regione deve spingere a ricercare le ragioni di
un’attenzione più costante, perché, nell’acquisizione di una dimensione plurale
di centro direzionale dell’intera Regione, il Capoluogo barese sia da traino
nella strategia di espansione dei servizi e delle opportunità della Puglia e
del Mezzogiorno.
Le risposte, di una Città
come Bari, per rinascere, devono essere ricercate, ancora, nella riscoperta
della sua antica vocazione commerciale e nella capacità di far sistema, per
cogliere le opportunità di lavoro, puntando sul mantenimento e sulla creazione
della rete d’imprese, e tra queste, soprattutto, quelle formate da giovani.
L’impresa, infatti,
andrebbe vista come fonte di occupazione e di ricchezza di una comunità.
A
Bari, invece, chiudono gli esercizi commerciali, sfiancati, oltre che dalla
crisi, anche dalla concorrenza sleale di chi utilizza flussi finanziari diversi
dai capitali propri o da quelli delle banche, perché denaro riciclato della
criminalità organizzata. Non è tollerabile, però, che al commerciante onesto,
sopravviva chi sfugge al fisco e chi ha lavoratori in nero.
Le
Istituzioni, collaborando tra loro, devono impegnarsi per monitorare il mercato
e i suoi fenomeni. La legalità, a beneficio dei cittadini onesti, deve essere
la prima delle risorse da utilizzare, ma le regole, iniziando dalle imposizioni
e dalla burocrazia comunale, devono anche garantire che ci sia spazio per
l’impresa e per il lavoro, che si possa sopravvivere e che non ci siano
vessazioni dannose e carichi burocratici asfissianti.
Senza
un ambiente sano in cui far sviluppare l’iniziativa e l’impresa, dopo la
tempesta economica che ha sconvolto i mercati, non può rilanciarsi una Città
come Bari, così articolata e complessa, che vive di rapporti commerciali,
d’intermediazione, di terziario, di studi, cultura e formazione.
Se lo sviluppo della Città
è condizionato dalla sua capacità di fare impresa, però occorrono
principalmente tre cose. Due sono quelle fondamentali come i capitali e il
mercato, ma la terza, non meno importante, è poter contare su una burocrazia
amica e su un sistema impositivo locale non vessatorio.
Il peso delle sanzioni
delle amministrazioni locali, per far cassa, fanno parte di una mentalità
feudale. L’esagerazione della fiscalità locale ricorda l’ingloriosa tassa sul
macinato del 1870, con la differenza che, al rigore usato da Quintino Sella,
per il pareggio del bilancio statale, si è sostituita la vessazione sulle
attività produttive della Città, per trarre sempre maggiori risorse che
finanzino la crescita della spesa.
Anche
i vecchi mestieri artigianali, che fanno parte della tradizione della nostra
terra, andrebbero ripresi e incentivati nella consapevolezza che, oltre a poter
essere utili fonti i reddito, dovrebbero essere indirizzati al recupero delle
arti e dei mestieri della nostra cultura popolare.
Bari
deve ritrovare la sua tradizionale borghesia: quella che, con passione,
spingeva e portava nelle piazze e nei luoghi della cultura e del confronto la
vocazione dei baresi a essere protagonisti della vita cittadina. La Città deve
recuperare lo spazio che compete alla popolazione civile, perché è l’ora di
reagire e di reclamare il diritto di poter partecipare alle scelte. Troppo
protagonismo individuale, infatti, mortifica la democrazia, il pluralismo e le
coscienze.
I rapporti clientelari e
la ricerca di un posto fisso nella pubblica amministrazione, come l’economia
assistita e la parcellizzazione delle professioni, sono oramai retaggio di
abitudini passate. Le giovani generazioni a Bari, come altrove, ne stanno,
infatti, subendo tutti gli effetti negativi. Subisce, però, anche la Città che
vede emigrare, in cerca di lavoro e di fortuna, i suoi giovani migliori: è una
perdita che Bari non può più assolutamente permettersi.
Il dovere di una nuova
classe dirigente, oggi, pertanto, non può che essere quello di recuperare la
fiducia dei giovani e di ricercare con loro le nuove opportunità per sbocchi
lavorativi e per la stabilizzazione delle nuove famiglie. La sfiducia verso la
politica, infatti, deve trovare il suo esito in un rapporto di lealtà
soprattutto con le giovani generazioni. La democrazia senza la politica non è
più tale: una ragione di più, pertanto, perché la politica diventi finalmente
cultura del vivere con e tra la gente, e si trasformi in rapporto leale di
intenti con le popolazioni.
Dopo
alcune settimane di riflessione, un gruppo di amici di area moderata e
liberale, un po' pensatori, un po' sognatori, ma anche ben determinati, ha
pensato di dar vita ad un movimento di opinione, senza pretesa di trasformarlo
in partito, né di appiattirsi sulle derive qualunquiste e della incomunicabilità
della politica.
L’idea
è di stimolare energie nuove, ma anche di risvegliare quelle che cedono alla
rassegnazione. L’idea è di tornare a pensare alla politica come unico e
indispensabile strumento per organizzare una comunità civile. Lo scopo è di far
sviluppare un confronto sereno con la gente, di comprenderne le inquietudini,
senza pretendere di avere le soluzioni per tutto, ma con l’umiltà di impegnarsi
a ricercarle insieme con tanti. E’ tempo, infatti, di porre fine al
paternalismo e alla presunzione. L'arroganza, infatti, è lo strumento
dell'esercizio del potere, non la carta d'identità della responsabilità
amministrativa.
Gli
amici di Rinascibari sono disposti a dialogare con tutti, senza distinzioni e
pregiudizi, ma sono anche così determinati a respingere ingerenze, furbizie,
strumentalizzazioni, fughe in avanti, trapezisti della politica, personalismi e
fomentatori di veleni.
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