Se guardassimo verso il cielo potremmo vederci il riflesso dei nostri sentimenti e, se lo volessimo, la stessa cosa potrebbe accadere guardando il volto di un bambino, piuttosto che gli occhi di una persona amata, un rivolo d’acqua che scende dalla montagna, una goccia su d’una foglia, la neve che cade, un cielo nuvoloso o i riflessi del sole tra i rami di un albero. Potremmo! Accade solo quando si desidera esporre l’animo alle emozioni generate dalle sensazioni. E’ un fatto intimo.
E’ una banalità, pertanto, dire, come fa il politico poeta pugliese Vendola: “La poesia è nei fatti”. La poesia, volendola trovare, è dappertutto, ma è anche vero il suo contrario, come lo è, ad esempio, l’idea, pur molto diffusa, che la poesia non faccia parte del mondo reale.
Il vezzo di predisporsi a dar di se un’immagine poetica, se non mistica, pur svolgendo funzioni che con la poesia hanno poco a che fare, diviene un modo per usare i sentimenti e le ansie della gente. Per dar mostra di estro poetico, non si faccia il politico di professione e l’amministratore pubblico!
E quando il modo è già strumento, come si vuole che l’azione sia sostanza?
La politica non è l’illusione del bello, se poi davvero è ciò che si vuol dare a vedere, non è il tormento dei sentimenti in un conflitto esistenziale, e non è la fantasia variopinta di una natura sorprendente. La politica, piuttosto, è necessità pragmatica; è sofferenza, scelta, sacrificio; è ricerca e può essere persino involontario, necessario e inevitabile cinismo. Vendola non sfugge ad usarlo!
Non si può pensare di moltiplicare i pani senza possedere la quantità di grano sufficiente. E non si può pensare di far pesare sempre sugli altri le responsabilità della mancanza di volontà e delle scelte di vita diverse dall’impegno, dal lavoro e dal sacrificio quotidiano. Ciascuno è il protagonista del proprio futuro. Si può pensare di garantire i più sfortunati, perché tutti abbiano un minimo di opportunità, ma pensare ad uno Stato o ad una funzione pubblica che sia tutrice non è possibile. Non lo è, non solo per una questione di etica e di rigore istituzionale, ma anche per questioni di mercato, di costi, di sviluppo e di risorse.
Esiste in politica un modo che vorrebbe eludere i fatti e ignorare le soluzioni più semplici, per dar parvenza che vi siano forme diverse per trovar soluzioni alle cose. E’ un po’ come chi, dinanzi a ciò che altrimenti parrebbe impossibile, si rivolge alla Divina Provvidenza.
Ci sono differenti modi di affrontare le criticità. In situazioni di sofferenza, ad esempio, per un evento traumatico, c’è chi si affida a maghi, fattucchiere e guaritori, facendosi spillare tutti i risparmi, e c’è chi, invece, a medici e specialisti che propongono cure e interventi chirurgici. L’ultima soluzione è senza dubbio legata al buon senso e, anche se comporta grandi sacrifici fisici, è l’unica che può risolvere il problema. Anche per la politica è la stessa cosa. Non è mai bene andar dietro alle chiacchiere di chi propone ricette illusorie, carpendo, con effimera efficacia verbale, la buona fede di chi ascolta. Il rischio è di ritrovarsi dopo un po’ dinanzi agli stessi sintomi ed accorgersi che la malattia è diventata nel frattempo più grave.
E se poi sono i fatti che non sono poesia?
La Puglia per 2000 anni dopo la nascita di Cristo è stata terra dominata dalla natura. Il vento, il sole, il mare, le sue campagne, le masserie fortificate, le distese di alberi di ulivo, le case in pietra, i muretti a secco, le tradizioni popolari hanno mantenuto le loro forme e il loro fascino. La composizione del territorio è stata per migliaia di anni sintesi di bellezza tra la natura morfologica delle sue forme e l’intervento sapiente dell’uomo. Questi ha pensato al suo uso, per soddisfare i suoi bisogni primari, senza l’idea dello sfruttamento, ma integrando esigenze e lungimiranza, senza mai distruggere, ma sempre trasformando, per rendere efficace la forza della natura e per mettere i suoi prodotti a disposizione dei bisogni primari delle comunità.
Sono bastati pochi anni, meno di dieci, inseguendo il furore ideologico, ad esempio di un ecologismo ottuso, per recare danni incalcolabili al territorio pugliese. Campagne dissestate, agricoltura abbandonata, piantagioni abbattute e, dappertutto, distese di pannelli di grigio silicio e giganteschi mostri, con enormi pale che girano lentamente, che dal Salento al Gargano deturpano il panorama, offendono lo sguardo e calpestano ogni buon senso.
Vito Schepisi
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